129. STORIE DAI BORGHI. QUELLI CHE SCORAGGIANO, QUELLI CHE RESISTONO.

Guarda cosa racconta l’architetto Sandro Polci: non sarà possibile ricostruire com’era e dov’era, non fatevi illusioni.
“”Tra dieci anni – spiega l’architetto – secondo l’aspettativa di vita nei comuni del cratere (oltre 584 mila abitanti) avremo il 15% di morti di vecchiaia e circa il 37% di over 65”.
Si prospetteranno cioè esigenze funzionali e di servizio diverse, mentre la popolazione giovane avrà maturato “abitudini nuove in altri luoghi”, che forse difficilmente abbandonerà. Perciò, sostiene, dobbiamo “investire tutto su elementi credibili di futuro, come i nuclei familiari che restano realmente nel territorio o vogliono venire a insediarsi, le imprese con piani di sviluppo credibili (agricoli, turistici, manifatturieri, start up), e sui centri di eccellenza e poli universitari che creano gli enzimi della crescita”.Certamente vanno ricostruiti ”i simboli culturali, sociali e religiosi” dei luoghi, ma una riflessione seria va fatta sulle seconde case: chi oggi le frequenta lo fa in molti casi per legami con gli anziani e i luoghi dell’infanzia, condizioni che difficilmente ci saranno fra 10-15 anni.
L’idea di Polci è non investire per restaurare ”abitazioni dove si va sempre meno e sempre in meno persone”, ma piuttosto nella rinascita di edifici, beni culturali e parti di borgo significativi, nuova ricettività turistica.”
Guarda cosa raccontano (invece) quelli di genzianaproject, che la dea li benedica:
“Sasha ha 44 anni. È uno degli irriducibili di Visso. Uno di quelli che non se ne è mai andato. Sasha ha deciso di restare. Perché, ci diceva già dopo il 30 ottobre, quando l’unica sistemazione possibile rischiava di essere una tenda, «al freddo ci siamo abituati, quando arriverà sapremo affrontarlo ma l’importante adesso è non andarsene da Visso». A Sasha il terremoto non ha portato via solo l’abitazione. Gli ha reso inagibile anche il negozio di telefonia che mandava avanti in via Battisti. Ma Sasha non si è arreso. Si è comprato un prefabbricato in legno e ha chiesto le autorizzazioni per posizionarlo a pochi metri dalla sua attività. Stesso nome “Mondo Sasha”, stessa missione: telefonia. Almeno fino al 26 dicembre. Quando il suo vero lavoro è diventato un altro. Perché chiunque sia passato da Visso, o abbia avuto bisogno di raggiungere Ussita e Castelsantangelo sul Nera, non può non aver conosciuto Sasha. Il suo “nuovo” negozio, infatti, è diventata una tappa obbligata. È qui che si rilasciano i pass temporanei per il passaggio attraverso parte della zona rossa di Visso (a partire dalla transennata via Battisti); e questa è la sola condizione possibile per accedere ai Comuni successivi. Sasha ha dato la sua disponibilità ad aiutare. Così la sua missione è iniziata dopo il trasferimento del comune negli spogliatoi dell’ex piscina. È lui, semplice volontario, la prima “istituzione” che si incontra in paese. Di fatto svolge un servizio pubblico, non ha più un giorno libero: né sabati, né domeniche, nessuna festività. Controlla le tue credenziali, compila il modulo e ti saluta. Sempre sorridente. «Perché la gente deve poter tornare al proprio paese e le poche attività aperte tra Visso, Ussita e Castello – racconta – devono lavorare. È un impegno che porto avanti volentieri». Sasha aiuta così chi resiste. Come lui e gli altri Vissani del Bronx: le 25 persone che dal 30 ottobre hanno vissuto nelle roulotte posizionate nella zona del campo sportivo. Sono loro gli eroi silenziosi del terremoto. Eppure Sasha non è cresciuto a Visso. Ci è arrivato nel 2004. Ma fin dal primo giorno ha giurato che non se ne sarebbe mai più andato. E così è stato. Perchè da ottobre, giorno dopo giorno, con gli altri, porta avanti la sua resistenza. Per Visso. #genzianaproject
Guarda, e pensaci su.

2 pensieri su “129. STORIE DAI BORGHI. QUELLI CHE SCORAGGIANO, QUELLI CHE RESISTONO.

  1. Cara Loredana, grazie per l’ottimo lavoro che svolge con il blog.
    Consente anche a chi è lontano da qst drammatica esperienza di “rimanere sul pezzo”, cogliere desideri, umori, valori che muovono la vita di ciascuno di noi, desideri elevati alla massima potenza in chi ha visto spezzarsi le radici e perso affetti e oggetti.
    Attraverso “le lettere” che leggo ogni qualvolta che lei pubblica, mi sento vicina a Voi, e spero ardentemente che la situazione venga presa a cuore da chi ci governa.
    Un saluto affettuoso.
    Anna

  2. Posto anche qui ciò che ho già scritto a commento del testo dell’arch. Polci “Al di là delle aride verità dei dati statistici, si è valutato che la maggior parte delle attività commerciali e produttive di quelle zone vive grazie alle “seconde case”? E poi, che fine faranno i borghi? Diventeranno tante piccole Pompei dell’Appennino? Senza contare gli aspetti affettivi e patrimoniali”. Ma come si può pensare e scrivere cose del genere? Grazie a lei per il lavoro che fa. Il confronto tra le due esperienze vale più di ogni altro commento, compreso il mio

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