2. CONDUZIONE DEL CONFLITTO

In ogni conflitto le manovre regolari portano allo scontro, e quelle imprevedibili alla vittoria
Punto primo, la salute.  Breve rassegna degli interventi di Femminismo a Sud, Michela Murgia, Grazia De Michele, Chiara Lalli, Noi Donne nelle scorse settimane.
La prevenzione dei femminicidi.
La narrazione dei femminicidi.

Il manifesto collettivo sul cancro al seno.
La corte europea sulla legge 40

La lettera aperta sulla legge 40.
Sappiamo quel che occorre. Attraverso un clic possiamo leggere e ottenere le informazioni che desideriamo. Possiamo condividere quelle informazioni. Lo abbiamo fatto, in questi anni. Eppure, non basta.
Quando mi trovo a partecipare a discussioni la cui parte iniziale (spesso non breve) è occupata dai “quanto siamo state brave” mi infastidisco. Se un po’ di cammino è stato fatto, ce n’è molto altro davanti.
La domanda che mi sono posta due giorni fa, e che continuerò a pormi, riguarda ancora una volta le modalità. Siamo state e stati brave e bravi? Bene. E adesso? Cosa è stato ottenuto in materia di femminicidio, prevenzione del cancro al seno, diritto alla maternità (e paternità)? Informazione. Condivisione.
Per quello che mi riguarda, sono partita da queste due parole, nel 2007. Certo, occorre continuare, perché l’informazione non è definitiva, perché di  stereotipi i media vecchi, nuovi e futuribili non si saziano mai.
Allora, come affrontare la strada che abbiamo, appunto, davanti? Ribadisco che la rete non è sufficiente. Anzi. Che la rete rischia di convogliare indignazione e desiderio di cambiamento nelle 140 parole di uno status, e in questo modo di spegnerli. Nel continuare a cercare risposte, mi chiedo quante altre persone si stiano ponendo lo stesso interrogativo.

18 pensieri su “2. CONDUZIONE DEL CONFLITTO

  1. Allora, ne parlavo giusto ieri sera. Non ci si deve accontentare. Non basta quello che si è fatto, bisogna continuare, anche perché personalmente non trovo la situazione così rosea. Le donne, intese come la maggioranza di esse, provano disinteresse verso quelle battaglie che invece dovrebbero promuovere. Il femminismo è old-fashion e non va più di moda, anzi il termine è diventato quasi un insulto accostato a vecchie racchie che detestano moda/scarpe/pulizia etc etc. Come se per rivendicare la propria libertà, bisognasse nello stesso tempo abbandonare la propria identità. Sbagliato. Le donne si accontentano delle briciole che vengono date loro, si accontentano e anzi promuovono la cattiva immagine che i media osannano. Soprattutto, relegano come inezie cose invece importanti come per esempio la tematica del femminicidio in Italia. Sembra un nonnulla dire che l’omicidio è stato passionale, dettato da gelosia, o che la donna uccisa/stuprata era “sciupata”, stava “prendendo una brutta strada” etc invece è importante perchè denotano l’opinione comune che si ha di una vittima donna. Una vittima che poi tanto vittima non è.
    Quindi si è fatto tanto per com’era la situazione prima, ma ancora troppo poco per come la situazione per le donne dovrebbe diventare.

  2. E comunque troppe poche donne di pongono “lo stesso interrogativo”. That’s the problem. Va tutto bene e il pensiero comune è “cosa potrei fare io da sola?”. Se tutte queste solitudini si unissero sarebbe la miglior cosa che potrebbe succedere. E le cose cambierebbero. Oh, sicuro.

  3. Alessandra ha individuato l’empasse. Da anni discutiamo, eppure molte solitudini non si sono ancora unite. Si dice che settembre sia il momento dei bilanci. Spero sia anche quello dei rilanci.

  4. Loredana, grazie per aver indicato tra i punti anche il dibattito sulla legge 40. Sai quanto mi sta a cuore, e quanta poca consapevolezza ci sia in materia tra le stesse donne. Trovo importante che se ne parli, accanto agli altri temi basilari che hai elencato.

  5. Grazie a te Maurizio (e grazie Lorenzo). Bisogna anche trovare il modo giusto per parlarne. Per essere ancora più esplicita. In queste settimane ho letto giornali, visto televisione, navigato (silenziosamente). Mi sembra che stia prevalendo un’immagine quasi caricaturale di ogni battaglia, non solo femminista. L’antidoto immediato, quello in grado di svuotare di significati ogni discorso. Dunque, una vecchia tecnica di guerriglia è quella di spostarsi quando si rischia la prevedibilità. Il dove e il come sono da trovare. Ma presto.

  6. Mi piace questa nuova veste lipperiniana e settembrina ispirata al linguaggio della strategia militare: la vedo già col berrettino zapatista. Cos’ha letto quest’estate? Sun tzu? Cesare? Il Lenin di Sulla guerriglia? Mao Sulla Guerra di lunga durata? Giap? Lawrence? Guevara?
    Coinvolto dalla sua nuova passione colarata di mimetica, la lascio con una frase di Clausewitz che sembra scritta per lei e le sue battaglie:
    Non si può biasimare un metodo se non se ne sa indicare un altro migliore.

  7. Per ognuno di noi è in agguato (o in soccorso, chissà) qualcosa di imprevedibile, caro Matias: Clausewitz non aveva previsto il colera, per esempio.
    Ps. Se le interessa, ho riletto 2666 e letto, con interesse, “Il prestigio” di Christopher Priest, che le consiglio. Saluti.

  8. Io vado casa per casa, suono i campanelli e parlo alle persone, e dedico 30 ore al mese a questa attività. Ma per fare una simile attività non si può essere soli. Occorre una sede, materiale informativo, un giornale da distribuire e molto altro. In pratica occorre un partito, un ente, una associazione fortemente radicata sul territorio. Come la si crea? Brutto da dire ma lo si può fare solo ragionando sui costi e su come reperire i soldi necessari. E, ovviamente, una volta “partiti” c’é lavoro per tutti e di tutti i tipi, non si tratta certo di andare tutti a suonar campanelli. 🙂
    Poi certamente ci saranno altri modi per tentare di “cambiare il mondo”, ma io questo conosco. 🙂

  9. “Mi piace questa nuova veste lipperiniana e settembrina ispirata al linguaggio della strategia militare: la vedo già col berrettino zapatista.”
    Bah… che bizzarro commento, come se il pensiero strategico dovesse essere limitato esclusivamente all’ambiente militare.
    P.S. 1.
    @Lipperini: io quest’estate ho letto “L’arte della guerra di Boyd” (in realtà sto terminando la lettura in questi giorni: il saggio è corposo e complesso), un testo riguardante il pensiero dell’americano John Boyd, stratega coltissimo del xx sec. il cui approccio si colloca proprio nel solco di Sun Tzu, ma anche di Lawrence d’Arabia, Basil Liddel Hart e altri validi maestri (predilezione per principi a-lineari e non ortodossi, capacità di “riallineamento” continuo dell’essere umano all’imprevedibilità dell’esistenza, pervasività dell’incertezza, critica alle strategie lineari che possono condurre al caos i sistemi complessi, etc…)
    Un’elaborazione concettuale, quella di Boyd, capace di oscillare costantemente dalla dimensione strategica&tattica (ambito prettamente militare) alla riflessione sulla complessità che impronta la realtà incerta, conflittuale in cui siamo quotidianamente calati.
    Visto che conosci bene (e citi) Sun Tzu, è una lettura che mi sento di consigliarti.
    http://www.leg.it/editrice/maestri_guerra/arte_della_guerra_di_boyd.htm
    P.S. 2.
    *Il prestigio*: aaah, ma allora è stato tradotto?!

  10. Anna Luisa, grazie, lo cerco (sì, The prestige è stato tradotto e pubblicato da una piccola casa editrice, Miraviglia: e vale la pena procurarselo, anche se non se n’è quasi parlato – magari gli dedico un post).
    Valberici. E’ uno dei modi. 🙂

  11. Beh sì, non sarebbe male un post su *Il prestigio* visto che anni fa, proprio su Lipperatura, si parlò molto della pellicola tratta dal romanzo.

  12. Arriverà. Anche perchè in effetti si lega al discorso sulle strategie di lotta 🙂
    “Ogni numero di magia è composto da 3 parti o atti. La prima parte è chiamata “La Promessa”. L’illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino, o un uomo. Vi mostra questo oggetto. Magari vi chiede di ispezionarlo, di controllare se sia davvero reale, sia inalterato, normale. Ma ovviamente… è probabile che non lo sia. Il secondo atto è chiamato “La Svolta”. L’illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto… ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati. Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Per questo ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo “Il Prestigio”.”

  13. L’affermazione di Clausewitz (un altro le cui frasi, decontestualizzate, sono buone per tutte le stagioni, come i bigliettini dei baci perugina) è, presa così com’è, una sciocchezza sesquipedale. Lo logica della ricerca scientifica, per dire, fa esattamente l’opposto: biasima, con fondati argomenti, il sistema esistente, in attesa di trovare le risposte, cioè il nuovo sistema (un esempio: che in natura ci sia trasformazione, cioè nascita di nuove forme viventi non esistenti sin dalla creazione, è stato affermato sul finire del XV secolo; per la spiegazione, cioè il nuovo sistema dawiniano, ci sono voluti altri tre secoli e mezzo; i testi di Galilei sono pieni di affermazioni che l’autore lascia in sospeso, e che sono state comprovate solo più tardi – ad es. il calcolo della parallasse).
    John Boyd è coltissimo, certo: sa di Gödel, Heisenberg, teoria del caos ed epistemologia moderna. Come molti intellettuali del Novecento: fa cioè, per primo nel proprio campo, ciò che in altri campi si faceva da tempo. A rigore, non poi così all’avanguardia. Solo che applica il proprio sapere alla guerra (è stato lo stratega di Desert Storm). In un contesto nel quale la strategia retorica e mediatica da combattere è proprio quella di ridurre ogni questione a due solo schieramenti, e la ragione all’agone, la mossa giusta non dovrebbe essere quella di spiazzare il nemico cambiando gioco, piuttosto che cercare armi per giocare meglio di lui al suo gioco?
    PS: bentornata Lippa, sentivo la mancanza

  14. Già, tutto molto vero. Anche perché negli ultimi tempi si sta diffondendo l’idea che ” le donne non possono avere tutto” e questa frase, detta dopo un lungo periodo di lotte femministe sa tanto di triste conclusione, verdetto dettato da qualcuno. A livello di linguaggio è fin troppo facile per il femminismo essere attaccato e deriso, perché è un movimento talmente vasto e che ingloba così tante differenze di vissuti, classe, razza…si troveranno sempre delle ragioni più o meno argomentate per contrastarlo. A livello di disseminazione teorica, condivisione di esperienze e diffusione di consapevolezza e metodo di critica avete fatto moltissimo e di questo bisogna senza dubbio rendervene merito. Personalmente, l’aver conosciuto il pensiero femminista mi ha fatto cambiare molte cose in positivo nella mia vita, però ecco, all’interno della mia vita ma al di fuori non sento di aver mai fatto nulla che potesse essere d’aiuto e cambiare anche la situazione di altre vite o più ambiziosamente un sistema. Ho certamente dato consigli e suggerito reazioni e approcci femministi alle persone vicine a me però spesso ho sentito un senso di impotenza, o che non so, non riuscivo a far vedere le cose come io pensavo dovessero essere viste. Oppure spesso capitano quelle reazioni automatiche piene di stereotipi che hanno lo scopo di allontanarti. Probabilmente sono io che sono egoista, o che non sento di avere specifiche conoscenze e capacità utili allo scopo da offrire ma uno scoglio si sente. Non so cosa sia ma è come se non si riesca ad andare oltre uno spazio. Cos’è questo scoglio? Sicuramente si potrà superare arrivandoci da altri sentieri ma come trovarli? Non vedo l’ora che arrivi qualcuno in grado di rispondere alle domande che ci si pone, per poter finalmente dire: si può vincere!:-)

  15. @ Girolamo: ma sì certo, ho messo il link apposta (dove si parla esplicitamente del suo contributo alle guerre di nuova generazione). Insomma, niente fanatismi nei confronti dell’uomo, solo interesse per il suo articolato pensiero e sempre con i dovuti distinguo. Una delle cose che ho trovato interessanti nell’approccio di JB è, per esempio, la critica al fanatismo tecnologico: un’indicazione che, a parer mio, l’attuale orientamento statunitense non sembra tenere in considerazione… Ad ogni modo, come dicevo a Loredana, la mia lettura è ancora in fieri. Ti saprò dire.
    P.S.
    Decontestualizzare Clausewitz (spesso senza averlo letto) è uno sport talmente diffuso che prima o poi diventerà una categoria agonistica per i giochi olimpici.

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