Tu, diceva il solito commentatore arguto, sei quella che ha fatto vincere Salvini parlando di Peppina. Io, già. Non quello di cui Peppina, con tutti i rischi che comportano i simboli, è l’emblema. Il disinteresse. La cecità burocratica. Il disprezzo neanche celato per la “gentaglia” (cit. Anna Casini, vicepresidente Regione Marche) che osa protestare perché vuole restare nella sua terra. L’astuzia miserabile di quella politica che si fa fotografare indistintamente con lo scrittore montanaro e “nonna Peppina” per acchiappare voti, persino riuscendoci, perché così siamo.
Peppina, dunque. Peppina Fattori e non “nonna Peppina”, perché rifiuto di identificare una persona con un’età anagrafica. “Nonna Peppina” è appellativo che hanno diritto di usare i suoi nipoti: per noi è Peppina Fattori, che aveva e ha il solo desiderio di morire dove è vissuta, a San Martino di Fiastra, dove le macerie suppongo siano ancora al loro posto, e comunque là stavano a novembre. Peppina Fattori, anni 95. La sua casa è crollata. Ha vissuto in un container. Le figlie hanno edificato una casetta provvisoria a loro spese, nel suo terreno. Quella casetta è stata sigillata, perché così decide la buona e brava gente della Regione, e, oh, noi siamo contro gli abusi edilizi, vorrete mica aprire un varco pericoloso?
Peppina non può entrare nella casetta, non può stare nel container. E adesso, via anche il contributo di autonoma sistemazione. Così scrive la figlia, Agata Turchetti:
“La casetta di legno, di nostra proprietà, è sotto sequestro giudiziario. Il container, di nostra proprietà, è stato rimosso dopo ventuno anni, per evitare ulteriori guai. Il contributo per l’autonoma sistemazione assegnato a mia madre è stato revocato. A San Martino di Fiastra le Sae non ci sono e non ci saranno mai”.
Peppina non può passare i suoi ultimi giorni dove ha vissuto. Peppina è un inciampo, un problema: l’autorizzazione paesaggistica che potrebbe farla entrare nella casetta provvisoria è perduta fra le carte, e dal momento che comunque è stata chiesta niente contributo, niente container, niente di niente.
Io, commentatore arguto che eventualmente ripasserai ad alzare il tuo probo ditino, non uso le persone per calcolo elettorale, anche perché a quel calcolo non partecipo. Ma finché le persone non saranno che inciampi, problemi, fastidi, finché le persone non saranno viste, considerate come tali, di quale onestà parli, commentatore arguto? Di quale politica parli? “Se ancora due uomini incontrandosi si inchinano l’uno all’altro, la civiltà è salva”, ebbe a dire un giorno Cristina Campo. Questa, per me, è politica. La tua, non so quale sia.