Cose di archivio. Una cosa preziosa di aprile, uscita sull’Espresso. Sul Male. Sulla guerra.
Vent’anni fa, nel libro Un terribile amore per la guerra, lo psicoanalista e filosofo James Hillman citò una scena di Patton, generale d’acciaio, vecchio film diretto da Franklin Schaffner. La scena è quella in cui Patton passeggia per il campo di battaglia dopo lo scontro, osserva i cadaveri, gli scheletri dei carri armati in fiamme e dice: “Come amo tutto questo. Che Dio mi aiuti, lo amo più della mia vita”. La guerra, sosteneva dunque Hillman, è insita nella dimensione umana, come il Male. Lo sappiamo. E sappiamo anche che a volte è molto comodo identificare un solo colpevole per pensare di aver vinto tutto il male esistente. Lo dimostra un altro film, Midsommar, girato da Ari Aster nel 2019: cinque studenti visitano una comune svedese, l’Hårga, per una festa di mezza estate che si tiene una volta ogni 90 anni, e scoprono che la festa prevede una serie di riti via via più spaventosi, culminando infine nel sacrificio umano per propiziare i raccolti. Esattamente come raccontava Shirley Jackson nel suo famosissimo racconto del 1948, La lotteria.
In queste ore oscure, con la guerra che si espande riproponendosi come costante delle nostre vite e, nel piccolo, con i neofascisti che minacciano di morte una scrittrice per aver scritto un romanzo su Acca Larentia, siamo tutte e tutti molto bravi e compunti nel deprecare, ma molto meno a chiederci se si poteva fare qualcosa prima.
Per esempio, per capire lo stato delle cose, si può partire da una notizia giudicata secondaria dai media italiani. Il 9 aprile scorso Jennifer e James Crumbley sono stati condannati a 10 e 15 anni di carcere per omicidio colposo. Sono i genitori di Ethan, il ragazzino quindicenne che tre anni fa sparò in una scuola del Michigan e uccise quattro compagni di classe. Ethan è già stato condannato all’ergastolo, mentre i genitori sono stati ritenuti colpevoli e, peggio, complici, per non aver capito che il figlio era in procinto di commettere una strage, ignorando un suo disegno violento e omettendo di custodire con attenzione una pistola presente in casa. Un precedente per tutto il paese, hanno commentato i giuristi. Lo è, ma non soltanto per il diritto: intanto manca, fra i colpevoli, il governo degli Stati Uniti e la sua politica nei confronti delle armi, da anni così ottusa da tollerare che il quaranta per cento delle famiglie possieda almeno una pistola. Peggio: condannare per omicidio colposo i genitori significa considerare la famiglia una monade impermeabile al mondo, e dunque togliersi un problema, trovare il famoso capro espiatorio e, come faceva il generale Patton, continuare ad amare l’orrore e le macerie che si provocano. Nessuna pietà, come recitava il titolo dell’audiolibro che nel 2009 raccontava attraverso storie e canzoni le catastrofi del Novecento. Altri tempi.
Per questo, la cosa preziosa di oggi è La biblioteca di Raskolnikov: esce per Einaudi a cura di Simonetta Fiori e raccoglie gli interventi sulla democrazia di studiosi e scrittori, da Luciano Canfora ad Anna Foa. “Il tempo del fervore democratico è passato”, avverte Gustavo Zagrebelsky. E Nicola Lagioia ricorda che se la democrazia non può immergersi nell’abisso, la letteratura deve farlo, e poi riferire quel che ha visto. “La democrazia farebbe bene ad ascoltare quel racconto”. Se vuole dirsi tale, sì, mille volte sì.
Aggiungo un dettaglio: negli USA esiste la possibilità aberrante di processare i minorenni come fossero adulti, se il crimine commesso è grave abbastanza. Nelle nazioni giuridicamente civili (anche nella nostra bistrattata Italia, per ora almeno) questo è impossibile. Ethan è stato processato come adulto, per questo è stato condannato all’ergastolo [per la precisione: “life in prison without the possibility of parole”, il che significa che non avrà MAI la possibilità di uscire per buona condotta]. Ora, delle due l’una: o è adulto, dato che è stato processato come tale, oppure non lo è, e allora i genitori sono almeno parzialmente responsabili al posto suo. Tertium non datur. E invece no, il sistema che ha mostrificato un ragazzino di 15 anni si fa beffe della logica e dipinge come mostri anche i genitori, così da mantenere intatta la facciata dell’innocenza per la società nel suo complesso, come Loredana ha ben spiegato.