Se qualcuno avesse nutrito dubbi su cosa sia X di Elon Musk, posso garantire che ho passato parte del pomeriggio e della serata di ieri a bloccare fascisti. Per meglio dire: account in gran parte finti con nickname improbabili. Quelli che seguono sono nomi reali, i profili non so: odioicomunisti, cavalierenero, asciabipennesemperinvictus, odiolezecche, comunistiemmerd, comemigrano. Alcune delle bio recitano: “Siamo allo scontro finale o ci si piega ai fanatici che vogliono rieducarci secondo una nuova”rivoluzione culturale”sul modello maoista o si vince eliminandoli”; “Se l’immigrato non si considera un ospite… farà il padrone a casa tua. Sappilo!”; “Il futuro appartiene a Noi”.
Non scrivo niente di nuovo, ovviamente. Né sto dicendo di lasciare X: sono stata sempre convinta che i territori, sia pur virtuali, vadano presidiati. Anche se costano la piccola fatica di premere il pulsante “blocco”: ovviamente, non si discute con i Bot.
Ah, cosa avevo scritto per far infuriare questi signori e signore? Avevo postato la vignetta di Gianluca Costantini su Christian Raimo, che come forse è noto ha ricevuto tre mesi di sospensione dall’insegnamento per aver paragonato la politica scolastica del ministro dell’Istruzione Valditara alla Morte Nera di Star Wars. Su cui ci sarebbero parecchi ripassi da fare, e parecchia memoria da rievocare, perché, se ricordate, quell’arma di distruzione che era la Stazione Orbitale da Battaglia DS-1, detta in originale Death Star, è simile a una luna oscura ma ha un cannone laser così potente da poter distruggere un pianeta in pochi secondi. Basta vedersela orbitare sopra la testa per essere terrorizzati.
Star Wars a parte, ci sono parecchie cose su cui riflettere in questa vicenda. Che è la seconda che riguarda Raimo. In proposito, riposto qui quanto avevo scritto per L’Espresso il 3 maggio.
Ma bisognerà parlarne. E non su X, dove questo post non verrà pubblicato, evidentemente.
“Proprio non ti capisco, eppure sei un professore!”. Così si sente apostrofare Immanuel Raat, detto Unrat (ovvero Spazzatura), ne L’angelo azzurro, che Josef von Sternberg trasse nel 1930 dal romanzo di Heinrich Mann. La storia è quella di un insegnante tirannico che cade vittima della malia amorosa per una ballerina, smarrendo senno e lavoro per aver agito contro il decoro, pur avendolo considerato indispensabile durante il suo insegnamento: perché ogni risata o distrazione era per lui “una ribellione al potere pubblico”.
La frase “eppure sei un professore” probabilmente non ci sarà nell’istruttoria interna che riguarda Christian Raimo, insegnante e scrittore. Ma, ci scommettiamo, il decoro sì. L’indagine disciplinare è stata annunciata all’inizio di aprile dopo la sua partecipazione alla trasmissione L’aria che tira, quando aveva affermato: “Che cosa bisogna fare con i neonazisti? Per me bisogna picchiarli”. Non è malizioso pensare, però, che probabilmente l’approfondimento disciplinare riguarderà soprattutto i numerosi articoli e post su Facebook dove Raimo prende le distanze dall’orizzonte pedagogico di Valditara: in questo modo potrebbe essergli contestato un danno d’immagine al ministero. Perché, e questo è il bello, esistono articoli del codice etico che impongono di astenersi su giornali e social “da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza”. Ma le modifiche apportate un anno fa a quel codice sono state impugnate da FLC-Cgil davanti al Consiglio di Stato perché ledono i diritti e le libertà dei singoli, specie nei “ luoghi della conoscenza, che hanno nella libertà di parola e di insegnamento sancita dagli articoli 21 e 33 della Costituzione, il senso alto della loro funzione”.
Comunque vada a finire, è certo che il ministro è un appassionato della parola decoro: “Mi batterò perché quella del docente torni a essere una figura autorevole, caratterizzata dal rispetto, dalla dignità e dal decoro”, aveva promesso nei giorni dell’insediamento. Certo non è il solo: da quando, nel 2017, viene varato il decreto Minniti in materia di ‘Sicurezza delle città’, dove il decoro diviene sintomo di decenza di facciata, fino al famigerato decreto anti-rave, o anti-raduni. Ma a Valditara piace particolarmente: nel febbraio scorso ha lanciato l’idea dei novecentomila “studioli” da assegnare agli insegnanti dove poter preparare le lezioni, per “dare dignità e decoro al lavoro dei docenti”. La parola torna nella riforma in discussione alla Camera, quella che, stando alle numerose interviste del ministro, dovrebbe riparare ai guasti del 68 grazie alla centralità del voto in condotta, e che introduce “misure a tutela dell’autorevolezza e del decoro delle istituzioni e del personale scolastico”.
Per questo, la cosa preziosa di oggi usa “amore” in luogo di “decoro”, ed è Studiare per amore di Nicola Gardini, appena uscito per Garzanti. Vi si racconta che lo studio non si lega al merito ma alla trasformazione e alla comprensione. “Credi davvero di cambiare qualcosa con tutto il tuo studiare?”, chiede un amico allo scrittore. La risposta è sì. Gardini aggiunge: “la scuola, quando rinuncia a far da polizia, è il luogo ideale per l’affermarsi dei doni”. Il doni sono le nostre predisposizioni, quelli che James Hillman chiama daimon. Con la D, proprio come Decoro”.
Mi spiace, ma non sono d’accordo. Si perde solo tempo a credere di poter “presidiare” un social, sopratutto in declino. In realtà e solo un vano tentativo di cercare di comunicare con bot informatici e “bot umani” che non quando di collegano a internet scollegano il cervello.
Per me è molto produttivo cercare di convincere chi non ne fa parte a non entrarci.
Errata: che non quando di collegano a internet scollegano il cervello
Corrige: che quando si collegano a internet scollegano il cervello