Traggo da Carmilla l’intervento di Giuseppe Genna:
Le prime notizie parlavano di fatalità. Poi è spuntato l’ossimoro “fuoco amico”. Infine è subentrata una stanchezza perfino nei più ardui profittatori politici di quello che doveva essere un annuncio senza macchia: la liberazione di Giuliana Sgrena. Al tg3 si vedeva, nelle immagini di tripudio registrate al congresso di Rifondazione Comunista, l’attonito delegato interrotto dall’irrompere della insperata notizia: era lo scrittore Aldo Nove. Nel giro di pochissimo tempo, l’inversione a U dei sentimenti: la giornalista del Manifesto ferita al polmone, il mediatore del Sismi morto, altri due agenti feriti, di cui uno in gravi condizioni. Cade Nicola Calipari, per liberare Giuliana Sgrena. Si sa: la liberazione di un ostaggio è un momento delicato, può accadere di tutto. Di tutto: anche che quelli che stanno portando la pace e la democrazia si mettano a sparare a un checkpoint sull’auto che porta in salvo una donna tenuta sequestrata per un mese.
E’ la tragica metafora di quel che accade in Iraq.
Una metafora totale. Una contaminazione del peggio col peggio: il peggio che l’uomo è in grado di esprimere.
Mentre Al Jazeera riceve un grottesco video girato poco prima della liberazione, in cui Sgrena, immaginiamo sottoposta a questa pratica umiliante con chissà quali minacce, ringrazia i suoi rapitori, la donna è in auto con i suoi liberatori: funzionari del Sismi, gente che si trova a operare in un contesto di guerra, mentre alle italiche masse si racconta che siamo in “missione di pace”. Al Jazeera trasmette l’allucinante video della Sgrena mentre il polmone della donna si buca, trapassato da un proiettile che il corpo di Nicola Calipari non ha intercettato. Il funzionario dei Servizi Segreti è morto per salvare la vita a Giuliana Sgrena, facendole scudo.
I due fuochi tra cui si è trovato il minuscolo convoglio italiano sono i termini della metafora tragica di cui si diceva. Da un lato, i rapitori che si fanno ringraziare da una donna rapita, ripresa precedentemente mentre piange e prega il suo compagno di liberarla – lacrime e mani giunte. Dall’altro lato, gli assassini: i militari americani.
Questo impazzimento della truppa a stelle e strisce la dice assai lunga sullo stato d’animo e il sangue freddo con cui l’esercito dei neocon sta svolgendo la propria “missione democratica” – o, meglio, il loro missionarismo inquisitorio, degno delle prediche cristiane seguite da decapitazione sotto il dominio di Cortéz in Sudamerica. Questi nervi che saltano. Questo ribollire d’ansie che consente di sparare 400 colpi su un’automobile. Questa disorganizzazione, anch’essa latina, che attanaglia il popolo liberatore, nonostante il dispiego di armi e tecnologie, al culmine dell’impresa più crudele e dissoluta degli ultimi decenni.
A poco serve il rammarico del fu giovane Bush. A poco serve l’improvvisa iracondia del premier italiano (Sigonella era ben altra cosa). A poco serve tutto, nelle condizioni che si sono preventivamente pianificate e pervicacemente realizzate. Si fronteggiano lì e ora due angoscianti trasfigurazioni dell’umano: un popolo umiliato, l’irakeno, che fa trasudare sugna immorale in forma di resistenza, come naturalmente accade in contesti di sfascio e di tragedia nazionale, a base di sequestri, attentati, bombe tra i concittadini civili e innocenti, sgozzamenti; sul versante opposto, un esercito umiliante, che si ammanta di parole d’ordine senza senso lanciate in convitti odiosi da think tank inamidati, e che derealizza mediante strategie dell’orrore indicibili e infernali, carceri e detenzioni disumane, massacri taciuti e destinati a restare nell’ombra, calpestamento di simboli e dignità di una popolazione schiacciata tra due orrori. Due orrori dei quali non va scordato che uno (l’occidentale) ha creato l’altro.
Più trascorrono i giorni e più la storia di questa guerra, come quella di ogni conflitto, assurge a sintesi dell’infamia e dello schifo di cui la nostra specie è capace. Il volto stravolto, risucchiato, collassato di Florence Aubenas nel video trasmesso pochi giorni orsono fa il paio con le anonime stragi di campagna perpetrate dai liberatori wasp, quelle mai trasmesse da nessun media. Il sorriso spezzato di Enzo Baldoni, la testa decollata della reporter araba, i parenti dei poco famosi russi turchi curdi pakistani sequestrati e massacrati, il coltello alla gola degli ostaggi giapponesi, le immagini dall’hellreiser di Abu Ghreib, il sangue nero coagulatosi tra i mercatini polverosi, le desolanti inquadrature del convivio nuziale dilaniato dalle bombe, gli sguardi attoniti e postraumatici dei moltissimi bambini feriti e mutilati e devastati: tutto ciò non vale milioni di pollici tinti d’inchiostro, sollevati come testimonianza di partecipazione a una farsa elettorale, subito spesa per accreditare un’altra farsa elettorale, a migliaia di chilometri e due oceani di distanza.
Queste immagini, questo male fatto passare per naturale, questo girone dantesco di sofferenze e indegnità: è il prezzo che dovrà pagare in termini morali e – se ci crede – metafisici la coscienza di chi ha deciso, di chi ha perpetrato un simile, infinito orrore.
Viene riportata a casa una donna ferita nell’anima e nel corpo. Viene riportato a casa il cadavere di un uomo ferito nel corpo.
Il catalogo è questo.
scusate, vi leggo ma non posto mai, non ho mai creduto di avere cose più interessanti da dire di quelle che con piacere leggo. ma genna che si esalta per linee editoriali, che impazzisce, che gli viene fuori la bavetta per un commento sulla notizia, mentre ci sono lutti in giro, mi fa indignare. se questo è lo stato della letteratura e della critica letteraria in italia, mi sembra proprio non diversa dal bersusconismo o da emilio fede. d’altronde leggo sui miserabili che genna era consulente della pivetti quando la pivetti stava con berlusconi. per favore, siate più seri.
cara gl, scusa ma mi pare che la guerra ha fatto più forte il movimento pacifista, no? poi a il postodinonmiricordo.it dico che lo saprei io uno scrittore che fa bei personaggi femminili, ma mi hanno messo il bavaglio e non posso dirlo
Mi sono ricollegata al blog nel primo pomeriggio e ne sono fuggita visto l’incivile uso dello spazio per altri, e sicuramente incongrui, commenti.
Di solito mollo alla svelta, ma in questo caso credo che l’opinione o meglio le allusioni di azione in qualche modo mi indispettiscano. Chiedo scusa in anticipo, ma vorrei che anziché citare secoli di storia e filosofia palesasse in maniera esplicita i legami tra la violenza dell’invasione attuale e quella di saddam. Per quanto mi riguarda non dimentico che saddam è stato a lungo appoggiato e finanziato dagli attuali occupanti e che quando gasificava i kurdi era ancora in buoni rapporti con l’occidente. Però, ripeto, mi interessa anche conoscere le sue argomentazioni su cio’.
Purtroppo, da apocalittica qual sono, inquadro la guerra in afganistan, quella in irak e la lenta agonia delle molte guerre dimenticate in una logica di potere in cui i paesi ( o meglio le loro elites) ricchi e satolli lottano ormai per le risorse necessarie a mantenere livelli di vita e ricchezza in palese contrasto con le possibilità di vita sul pianeta. In parole povere due terzi dell’umanita’(non necessariamente distribuiti per area geografica viste le sacche di estrema miseria che albergano ovunque e che, non a caso, si liquidano come carne da cannone) sono di troppo se si vuole continuare ad avere un primo mondo in cui le elites vivono in ville e piscina e i ranghi bassi raccolgono le briciole di telefonino, tv ,auto ecc. La sto facendo piuttosto rozza e cruda, ma credo anche che i distinguo di cui spesso ci riempiamo la testa siano in qualche modo funzionali a occultare questa realtà, altrimenti saremmo in strada tutti i giorni a urlare anche contro la strage di Fallhuja, quella del Darfur e le altre che si consumano nella sostanziale indifferenza di tutti. Non è un’accusa, la mia pavidità rientra nella media, ma una provocazione sì e vale anche per me.
Ringrazio comunque andea c, genna, gilgamesh e gl per le cose che hanno scritto.
Un forte abbraccio a tutti
ma io proprio non capisco. la volta che genna scrive un’articolo che a me è parso bilanciato, la volta che ha scritto dimenticandosi, almeno un po di sé, la gente si indigna. io l’ho riletto e proprio non ci vedo niente di male. che ci siano “lutti in giro” non significa proprio niente, anzi, è proprio quando muore qualcuno che è il caso di prendere la parola. perchè la morte ci è stata rubata, la nostra cultura la combatte come fosse l’ultima piaga dell’umanità. la cancella. mi dispiace, ma non mi pare proprio il caso arroccarsi su posizioni moraliste, il lutto si elabora anche parlandone, e se vogliamo si fa onore a chi non c’è più riflettendo su cosa è successo.
e poi ripeto, secondo me, stavolta genna se n’è stato buono buono.
nel cesso della stazione ho letto: W piperno.
ma io non ho proprio niente da dirti di personale andrea c, ti voglio dire una cosa pubblica che non é bello offendere con questa storia dei muri dei cessi, questo é un luogo pubblico pulito non un cesso
andrea c, da filosofo: qual è il momento in cui ti dimentichi di te?
mestra ha cominciato lui!
luciano ti ho chiesto gentilmente di scrivermi delle email se vuoi dirmi qualcosa di pesonale, basta che clicchi sopra al nome, alcuni, vedi, la mettono apposta nel caso qualcuno abbia voglia di rivolgersi direttamente a l’autore del post. altri no.
andrea c troppo comodo fare gli spiritosi su un grande autore amato dai lettori. Loredana gentilissima per favore diglielo anche tu
Cara spettatrice, mi spiace averti indispettita, e mi spiace pure che chiami allusione la forma breve in cui si tenta a volte di scrivere un commento. Sarò perciò un po’ lungo, e un po’ pignolo.
Io non ho citato secoli, ecc.: secondo vecchia costumanza, quando cito, io cito tra virgolette. Ho solo osservato che il concetto di ‘guerra giusta’ non è un’invenzione recente. Mi sembra abbastanza inoppugnabile. Non volendo apparire allusivo, preciso il mio pensiero come NON sono abituato a fare, poiché non ho una grandissima considerazione delle mie opinioni. Io non considero giusta la guerra condotta contro Saddam, ma non considero campato in aria il concetto di ‘guerra giusta’; se ne può dedurre con facilità che ho più difficoltà ad accogliere l’applicazione del concetto di guerra giusta al caso della guerra contro Saddam, che non a rifiutare in principio il concetto di ‘guerra giusta’. Se può servire, aggiungo che trovo perfettamente valido e comprensibile l’orrore morale che il concetto di guerra giusta può suscitare e suscita. Ma a dar retta a certi filosofi e scrittori (mi voglio ricordare anch’io che siamo in un blog letterario, e non voglio apparire abusivo), l’essere stesso, l’essere tutto e intero, l’essente in totalità può suscitare un simile orrore, oppure nausea e disgusto – il che non toglie che l’essere sia, e (se se ne ha voglia) va capito così com’è.
I legami tra violenza saddamita e guerra. Spero che non mi si costringa ad esplicitare complicati presupposti storico-storiografici, e che si possa prendere per buona la seguente affermazione: nelle vicende storiche, i legami non sono infrangibili nessi causali. Ciò premesso, torno al punto che ho commentato. A Giuseppe Genna io volevo solo far osservare che le umiliazioni per il popolo iracheno sono cominciate prima dell’umiliazione inflitta dalla guerra. In prima fila ad umiliare il popolo iracheno, stava di certo Saddam. Anche questo, mi sembra abbastanza inoppugnabile. Tu apri (legittimamente, per carità) il capitolo delle responsabilità, e obietti: ma Saddam lo armavano gli americani (in verità più i francesi e i russi, mi pare). Non mi sembra però di avere scritto che Saddam NON lo armavano gli americani (o i francesi, o i russi). Da come comunque metti la cosa, mi sembra di capire che, incluse tutte le responsabilità, quindi anche quelle occidentali, nel mantenere gli iracheni sotto dittatura, anche tu consideri la dittatura saddamita un’umiliazione inflitta al popolo iracheno. E siccome mi sembra di capire anche che Giuseppe (certo io stesso, e credo anche tu – ti dò del tu, spero di non indispettirti) considera cosa brutta e intollerabile che un popolo sia umiliato, qualcosa perché l’umiliazione abbia fine bisognerebbe pur fare o aver fatto (e sarebbe anzi moralmente doveroso farla o averla fatta). Da qui all’affermazione che dunque bisognava far guerra, e la guerra è stata giusta, ce ne corre un po’. Ma questa corsa io non l’ho fatta. (Consentimi però di aggiungere che, in generale, se nessuno degli umilianti passati avesse titolo per intervenire a favore degli umiliati presenti, allora non si avrebbe titolo per intervenire mai e in nessuna forma: guerra o non guerra, ONU o non ONU, con armi o senz’armi. Un simile criterio, moralmente nobilissimo, è però del tutto impolitico, e condanna inevitabilmente gli umiliati, per dura legge di coerenza, a morire da soli).
Mi rendo conto che quest’ultima affermazione può ingenerare equivoci, e allora preciso: io non dò qui alcun giudizio sul livello delle corresponsabilità occidentali nello stato in cui versa il Medio Oriente, e segnatamente l’Iraq, dal punto di vista politico. A me interessano molto meno le questioni di fatto, e molto più le questioni di principio (su cui opino un po’ meno di quanto non opini sulle prime credo): spero si sia capito. E spero dunque che si prendano in tal modo le considerazioni che sono venuto svolgendo.
Questa è anche la ragione per cui non dico nulla sugli scenari apocalittici. Lascio a te, cara spettatrice, il compito di tratteggiarli: io non me ne ero occupato e continuo, qui, a non occuparmene. Infine, se davvero trovi i distinguo funzionali a occultare la realtà, allora temo che ti avrò indispettito ancora di più, con questo commento. Me ne scuso. Ma per me (non solo per me), pensare (argomentare) richiede sia acutezza che ingegno: distinguere dove altri non vedono distinzioni, e trovare analogia dove altri vedono solo differenze. Poi posso mancare dell’una e dell’altro, ma non vi rinuncio in partenza rinunciando ai distinguo. Mi hai chiesto le mie argomentazioni, spero di avere chiarito se non proprio come va il mondo, almeno il senso del mio abbastanza ovvio commento a giuseppe.
andrea c, per favore… Già c’era caduta il postoalias.it, ieri, adesso pure tu. Ma non lo vedi che questo luciano si diverte a prenderti per il culo? mannaggia, verrei lì e ti taglierei una mano…
Signora Loredana, cancelli tutti questi commenti, prima che questo posto diventi davvero un cesso.
scusate ho sbagliato nella foga, volevo dire Cammilleri non Ligabue. ma ne approfitto per dire che ecco un discorsone come questo di azioneparallela.it mi sembra sbagliato, mi sembra come quei personaggi del manzoni che discutevano di guerra dopo pranzo tranquilli come a risiko. parlare del passa parola era una proposta mia personale forse sbagliata ma poteva servire anche per capire come noi persone popolari possiamo far cambiare le cose, oggi nelle classifiche dei libri domani per la pace
beh, peccato, a me piacciono i luoghi sporchi, quelli in cui la gente piscia e caca, dove rimangono scorie, forfora, peli. non mi piacciono i posti puliti, ma fosse per te il mondo rimarrebbe immacolato, hai scritto qualcosa sull’articolo di genna? non mi pare, i tuoi interventi vanno via con un colpo di spugna. luciano basta. anzi sai che ti dico, ma vaffanculo tu e la tua correttezza, la tua educazione, il tuo animo sensibile alle offese, anzi vaffanculo tu e tutta la razza tua. io sono un maleducato, uno che bestemmia la madonna e non la fa bene manco a cristo. la tua “libertà” lede la mia, perchè io pensavo che qui, oggi, si sarebbe parlato dell’articolo di genna, di cui parlava quell’articolo, di un evento, o almeno di quello che potrebbe diventare un evento se se ne parla, se ci si riflette, ma tu me lo stai impedendo. tu (e altri) infesti questo blog con post su piperno, imponi le tue priorità (del cazzo) a chi, come me, ha deciso di stare alla semplice regola OGGI PARLIAMO DI QUESTO. tu svii, rendi faticoso seguire il filo del discorso.
leggi attentamente, luciano, molto attentamente, e scusate tutti se mi scaldo, leggi – dicevo – leggi attentamente, ti sto implorando, finiscila, smetti di intervenire a cazzo di cane, vuoi parlare di cosa è successo a giuliana sgrena? bene, dici che ci pensi e ti documenti. vuoi parlare di piperno? luciano vaffanculo.
io dopo vado via se disturbo così tanto ma dico l’ultima cosa. non mi piace parlare in questo modo retorico di questi fatti drammatici, per me non serve a niente parlarne così, opinione personale mia, io mi impegno nella mia vita per migliorare le cose anche se non so se ce la faccio. io pensavo che per le cose dette in questo blog in tutti questi giorni passati era un avvenimento eccezionale che noi lettori popolari abbiamo fatto arrivare primo in classifica uno scrittore italiano serio, non ho posti dove dirlo e sono venuto qui in un blog intellettuale sfortunatamente nel giorno della morte di Calipari. Ma questo è un blog che si chiama Lipperatura, dove dovevo andare a dirlo? è colpa mia se ieri ho letto le classifiche e c’era questa novità mai successa nella storia dei libri italiani a parte Eco e Ligabue? secondo me niente ci impedisce di parlare di due cose, non siamo mica animali che fanno solo una cosa alla volta, perfino sanremo ieri non si è fermato sì figurati, hanno fatto le loro canzonette lo stesso. io lo so non sono bravo a scrivere e sono emotivo sbaglio tutto non conosco le regole dei blog e le sto imparando un pochettino alla volta ma ho cercato con tutte le mie forze di farvi capire che era una cosa importante e che é inutile fare finta di essere bush o fini o l’ambasciatore dell’onu e scrivere gran discorsi, siamo tutti pieni di dolore per quello che é successo, ma noi non sappiamo niente dobbiamo informarci e combattere per la pace con tutte le forze ma non con questi discorsoni, non servono niente questi discorsoni facciamo solo ridere, allora secondo me é molto più onesto parlare delle classifiche del passa parola, solo questo volevo dire. scusa Loredana ti domando scusa
giusè, ma io ti faccio un complimento e tu t’incazzi? scusami, ma nel tuo articolo non ho trovato n’è toni apocalittici, n’è, ed è a questo che mi riferivo, quella particolare veemenza che trovo, a volte, nei tuoi articoli su “i miserabili”. mi spiego, spesso, i tuoi articoli sono inattaccabili, a meno, chiaramente, di non mettere in discussione il modo stesso in cui scrivi: “amo roth perchè lo odio”. per me questo non è un difetto. che tu ci sia nei tuoi articoli non è nè un bene nè un male, semmai, la cosa difficile è proprio che i tuoi articoli o si amano o si odiano, riempiono di felcità o fanno incazzare (come quello su carmagnola). altri scelgono di essere più esplicativi, almeno questa è la mia sensazione, prendi per esempio la singolar tenzone su “la macchia umana”.
sandro, scusa, non ti offendere, nonè la prima volta che mi sento dire, che non capisco. Ora, per carità, io capisco poco in tanti “settori”, ma non in quello, diciamo delle “presa per il culo”. Io anche dagli amici che frequentavo prima di avere il “vizio del blog”, ero considerata “una cretina” perchè parlavo con tutti, – alle feste, per strada – ma guarda che io so sempre abbastanza bene – come tutti – con chi sto parlando, mi accorgo se uno mi prende per il culo, se mi attacca … ma non è un mio problema. Mentre lui prende per il culo, attacca, fa, io cerco di dare un ordine ai discorsi che fa, a come li fa, a come li porta avanti…ecco. Finchè non mi stufo. Diciamo che non è la presa per il culo un mio problema. Sono così curiosa, di capire uno che sta cercando di dire, di fare, che se rischio solo una presa per il culo, diciamo che penso che ne valga la pena. Forse sbaglio? Non lo so.
…eco, sandro non ti offendere, dicevo… perchè sei poco originale. A me mi prenderanno per il culo, ma tu dici le stesse cose che hanno detto in 50. Forse anche 550 da quando ho 15 anni. “Non vedi che ti prende per il culo?”. E chi se ne frega? Chi se ne frega?
bene, finalmente luciano ha deciso di parlare della guerra in iraq. e la sua analisi mi pare non faccia una piega.
peccato che in quattro righe di discorsino abbia dimenticato che non esistono solo grandi manovre e una Storia dal corso inesorabile, ma tante piccole storie. già, è chiaro, bush vuole il controllo delle risorse petrolifere, ma non è questo che racconta, non è questa la storia che racconta lui. berlusconi è suo alleato perchè pensa di ricavarci qualcosa, ma non è questo che racconta. e quale storia raccontano i marines che sono in iraq? e i carabinieri? che cosa raccontano le madri di quelli morti a nassiria? e che cosa racconterebbero i morti alle loro madri? che cosa racconterà giuliana sgrena e cosa avrebbe raccontato calipari? e gli iracheni che raccontano? e noi?
a chi spetta raccontare, luciano? agli scrittori? ai giornalisti? ai politici? ne verranno fuori certi discorsoni. chi la deve scrivere questa nuova, leggendaria “collaborazione dell’umanità”? speriamo che la scriva in due righe, e si badi bene, che la scriva uno solo, uno preparato, sennò troppi galli a cantare non fa mai giorno.
nel frattempo, noi lettori popolari ci occuperemo di scalzare lo scrittore americano di turno dalla testa delle classifiche.
Scusa, spettattrice, ma nel fatto che le “elites dei ricchi e satolli… lottino per mantenere intatti i loro livelli di vita e di ricchezza” non ci vedo niente di originale rispetto a tanti altri secoli di storia. Quello che – a me pare – renda “diverso” – come ogni epoca storica lo è – il contesto attuale, e soprattutto la questione irachena – è la sua “non inevitabilità”. Il che rende tante morti molto più crudeli e insensate. Parliamo di paesi più poveri, dal punto di vista economico, di noi occidentali, quando parliamo dell’Iraq? No. Adesso, forse, sì, dopo la guerra. Chi l’ha voluta la guerra? Era inevitabile? Perchè? La gestione delle risorse di un paese,va o no lasciata ai cittadini dello stesso paese? Dici bene quando dici che Hussein faceva gli accordi con gli americani. Ma non si può con questo accusare Hussein – di tante altre cose sì – ma non di essersi trascinato con quegli accordi, in casa il “nemico”, no? E’ un po’ come la questione della mafia qui da noi. C’è o no una cultura che sorregge il sistema economico? Puoi eliminare uno se non elimini l’altro? No, io credo. E quello delle armi -americane – non è certo il modo migliore, no, per far cambiare mentalità a un intero paese, no? Stiamo parlando di come una cultura “diversa” dalla nostra, di occidentali – non sono disposta a definirla peggiore, fino al punto da giustificare quello che gli occupanti hanno fatto – sia stata vissuta “pericolosa”, fino al punto da rendere indispensabile, un intervento diciamo “pesante”. E perchè è stato fatto? Perchè passasse a tutti i costi “una visione del mondo” , per quanto mi riguarda non peggiore di quella “irachena”, ma non così tanto migliore di essa. E sono d’accordo con te sulla prima parte dell’analisi, le elites vogliono conitnuare a rimanere tali. Ma a differenza che in altri momenti storici – quando le risorse “per tutti” mancavano, erano carenti, mancava l’educazione, la possibilità di scambiarsi informazioni, oggi non è più così. E quindi la crudeltà è maggiore – come dicevo – proprio perchè certi gesti di forza non sono “inevitabili”. Io, ti dirò, proprio perchè amo molto la cultura americana, e lo vedo – il paese – sfaccettato, più che il nostro, molto di più, mi sento complice di quelli – e moltissimi sono americani – che questa guerra non la volevano.
amici é una cosa semplice, l’industria cresce, la cina cresce l’asia cresce il petrolio finirà, l’acqua finirà e le grandi potenze si stanno prendendo le parti ricche di materie prime per garantirsi il periodo di passaggio a altre forme di energia alternativa ancora difficili da applicare per adesso. per ora si copre tutto con la finta dell’islam e di saddam e dei terroristi, domani si farà la guerra per le ultime gocce di petrolio e di acqua senza la maschera di queste fiabe politiche. berlusconi ha dato una mano a bush in guerra perchè un domani l’america faccia la buona con noi e ci venda un po’ di petrolio come un secondo piano marshall di emergenza. c’é altro da dire? tutto il resto sono discorsoni inutili secondo me. dobbiamo impegnarci per cambiare consumi e passare da una mentalità di razziatori delle risorse degli altri a una nuova mentalità di collaborazione dell’umanità. onore al povero Nicola Calipari
scusa, ma non capisco. c’era bisogno di uno come genna per leggere queste cose? boh
no simona, non c’è bisogno, ma l’articolo di genna mi pare un ottimo pretesto (inteso in senso letterale, un qualcosa che venga proma del testo).
Caro luciano d, hai ragione: io discuto tranquillamente. Prima o dopo pranzo, ma anche durante.
dai, post.it, sei un cuore nobile, te l’ho già detto ieri, giuro che non ti stavo attaccando. magari ti rode un po’ dar retta a tutti, ma sono anch’io così, non ti preoccupare. è solo che vorrei metter le mani addosso a quel fake-spammer costassù.
cari posto e azione, grazie per le articolate risposte. Purtroppo per ragioni di tempo e impegni non posso rispondere, se riesco lo farò domani. Vi rimando intanto a alcuni interventi di cui avrei potuto fare copia/incolla e che vi daranno risposta in merito alla mia posizione sull’argomento (sempre che la cosa sia di qualche interesse). Sono i primi articoli che mi sono venuti in mente e viste le diverse aree di provenienza forse per una questione di par codicio.
Abbracci e buona nottata.
Evangelisti
http://www.carmillaonline.com/archives/2003/08/000384.html#000384
La Valle -Gallo
http://www.informationguerrilla.org/usairaq.htm
La Valle
http://www.socialpress.it/article.php3?id_article=559
caro andrea c, amico di polemica anche se sei stato permaloso, sono contento di quello che hai scritto e ti stringo la mano in segno di pace anche se non ce l’avevo con te. io non le so scrivere bene le cose ma quando sono semplici non c’é bisogno di fare tutto il fumo che ho letto in questo articolo e in molti commenti, scusate opinione personale
no, la guerra non ha fatto più forte il movimento pacifista, lo ha reso più visibile. e lo ha trasformato da movimento propositivo a movimento di reazione. per me non è bene.
muratet è divertentissimo, cara ilposto…
andrea c, non ero affatto incazzato! facevo solo una domana che, mi pare, c’entra con la tragedia bellica, ed era la domanda sull’io.
bene, gl, allora me lo cerco, Muratet. spettatrice, letto Evangelisti, e condiviso – molto – da tempo.
caro genna, lo so che non eri incazzato, e nemmeno io, spero si sia capito dal tono della risposta, me la sono presa.
la tua domanda è molto interessante, vorrei risponderti da filosofo, ma non lo sono. in realtà non sono proprio niente, a partire da domani, intorno alle 13:00 sarò finalmente dottore in lingue e letterature straniere, ma per ora, la burocrazia italiana mi qualifica manovale. per oggi, quindi, posso risponderti come tale.
mi sa che dovremmo fare una differenza fra io e sé, l’io è fortemente connotato dalla triade feudiana io-es-superio, altrimenti chi conosce la psicanalisi meglio di noi ci viene a bacchettare. mentre, se parliamo si sé siamo un po più liberi. ma, dovendoti rispondere da manovale, e soprattutto da manovale che è meglio che si prepara un breve discorso di presentazione della propria tesi di laurea, non vorrei dover mettere mano a testi. quindi, cercherò di andare a braccio. mi viene in mente una osservazione che ha fatto slavoj zizek durante una intervista con enrico ghezzi, il “gigante di lubiana” ha osservato che c’è una tendenza nella nostra cultura ad imporre uno stile di vita in cui viaggiano assieme l’emergenza globale e la banalità quotidiana, penso alla foto scattata durante il blackout di new york in cui uno studente ebreo ortodosso lavora in strada col suo portatile attaccato alla batteria dell’automobile. la cosa interessante è che questi due “costrutti”, vita quotidiana e emergenza globale, si allontanano sempre più, non si toccano, non si intrecciano più. secondo virilio è funzione dei media proprio la “gestione della paura”, convogliare le emozioni collettive e nello stesso tempo relegarle all’altrove. ma, si sa, e qui non c’è bisogno di scomodare freud, ciò che ci fa paura può essere tenuto lontano, ma prima o poi il suo spettro tornerà a perseguitarci, e allora, ci sono eventi, eventi luttuosi, che annullano ogni distanza. penso all’11 settembre, a livello globale, ma anche a giuliana sgrena. ecco che in quei momenti ci sentiamo coinvolti, a me, il giorno dell’attacco al WTC, mi è tornata per un attimo quella paura che avevo da bambino per la guerra atomica, per la fine del mondo. il lutto sconvolge un ordine che, per quanto precario esso sia, e pur sempre un ordine, cancella un punto di riferimento e ci getta in un mondo da riconfigurare cotringendoci a definire la nostra posizione.
forse più che dire che scrivendo l’articolo sei stato dimentico di te stesso, avrei dovuto dire che sono stato io, leggendolo che non vi ho trovato il genna che mi aspettavo (non che quello sia malamente). ma un genna che ridefiniva i confini, la rete del proprio sé rispetto ad un evento che ci porta tutti, filosofi o manovali a cercare di ristabilire i punti di contatto tra i vari piani su cui si svolge la nostra esistenza.
detto questo, passo e chiudo, o quasi…anche se mi rompo il cazzo, domani non mi sarà dato partecipare solo come uditore, devo spiegare che c’entra rumore bianco con le torri gemelle.