Vorrei scriverne più a lungo, potendo.
Mi limito a rimandarvi all’intervento di Giuseppe Genna su Bolzaneto, e a chiedervi di meditarlo.
Ps. Tanto per ricordare le parole del rapporto di Amnesty International su Genova: la definizione esatta fu “una violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste in Europa nella storia recente”.
L’ho meditato. E mi sembra un discorso “di destra”. I fatti di Bolzaneto sono dovuti ad una mancanza dello Stato, ad una privatizzazione del monopolio della violenza. Oggi, per dirsi di sinistra, bisogna recuperare il senso dello Stato e della cittadinanza, invece di argomentare con improbabili antropologie.
Saluti
Ricordo che in quei giorni ero all’Elba con gli amici, come ogni estate, a raccattare sbronze giocando a D&D.
Mancava soltanto uno di noi.
Che aveva deciso di andare a Genova.
La domenica mattina leggemmo su Repubblica che qualcosa era andato storto. Vedemmo le foto.
Chiamammo il nostro amico.
Era in ospedale. Gli avevano spaccato la testa col manganello, perché durante una carica non era riuscito a correre velocemente.
Quando lo rivedemmo aveva una cicatrice orribile.
Ma soprattutto lo sguardo terrorizzato, anche dietro le spesse lenti da vista, come per chi ha fissato “l’orrore”.
E non siamo più potuti essere amici come prima.
Questo non so se sia mancanza dello stato, o presenza illecita dello stato. Sono dissertazioni linguistiche rilevanti.
Ma penso che alla fine, il dato di fatto è che se qualcuno ha ridotto il mio amico così perché non aveva le gambe da corridore, e se questo qualcuno si fregia di essere il tutore dell’ordine, allora dal mio misero punto di vista tutto questo significa due cose:
1) o quel poliziotto ha fatto una cazzata enorme e allora deve pagare, e sette volte tanto perché ha ucciso Caino, e lo stato deve essere il primo a garantire la propria reputazione
2) o quel poliziotto ha fatto quello che lo stato gli ha ordinato, e allora sento i brividi dietro la schiena e me ne frego della cittadinanza e della sinistra; e soprattutto mi chiedo se vale la pena di vivere in un paese in cui il tutore dell’ordine, massimo rappresentante del senso civico, mena – perché glielo ordinano – un altro essere umano. La risposta è ovviamente no.
p.s. c’è qualche vizio nella forma…
Ah, nel caso dei facinorosi picchiatori e lanciatori di molotov sui poliziotti, il discorso cambia. Si passa alla legittima difesa di sé e degli altri. E il poliziotto non ha scritto sull’elmo “sacco tirapugni”.
Ma mi pare evidente che il caso della Diaz e delle vie di Genova abbia raccontato tutt’altro.
Chiediamoci anche questo: a chi tocca fare giustizia, quando chi dovrebbe farla non la fa?
mah … sono perplesso.
la vicenda di genova appare come il luogo della violenza repressiva da parte dello stato. così ci è sembrata (o ce l’ hanno fatta sembrare). capisco che Lipperini dica che correbbe scriverne più a lungo, potendo. ma il ritmo forma l’ opinione. e io non ce l’ ho e vorrei formarmela.
lo stato: il suo atteggiamento feroce, il lato violento sarebbe quello di genova. la polizia, quindi, è violenta. la giustizia la giustifica: quindi anche il volto garantista dello stato è violento (correo, direbbero loro, i giudici). la politica è mandante, copertura della polizia e, conseguentemente, della giustizia. che poi i rapporti tra questi poteri correi siano così idilliaci lascia perplessi: politica e magistratura (elenco di tensioni lunghizssmo anche a considerare solo l’ ultimo ventennio -oddio che parola.), magistratura e polizia (tese nell’ eterno gioco di carcerare e scarcerare i ladri che le guardi prendono), polizia e politica (coi suoi tagli in finanziaria o piano triennale).
poi ci sono gli anarchici che fanno riferimento a B. Franklin, padre della patria USA (quella del Vietnam, di Guantanamo, dell’ impunità dei ìmilitari coinvolti nella strage del cermis tanto per ricordare a caso).
criticare le sentenze si può, si deve. criticare gli atti di polizziotti anche. avversare tesi, atteggiamenti o politici idem.
ma è un rischio generalizzare: il “sistema democratico” è fondato sulle responsabilità dei singoli e non prevede che da queste si possa risalire a quelle delle “corporazioni” di riferimento. neanche per gli scrittori o x gli anrchici. cioè si parla di uomini. se le somma del comportamento degli uomini ha una deriva (difficile ricollegarla al mestiere come catalizzatore: che dire dei medici milanesi che operavano quando non necessario, degli scandali imprenditoriali come parmalat, ecc) non si può saltare a conclusioni sullo stato, nè sugli uomini (spero). e nemmeno sugli italiani: davvero gli altri (da Mugabe a Putin) sono così diversi?
A chi non era a Genova sette anni fa (la maggioranza degli italiani) è stato fatto credere quello che i media hanno voluto. Per questo oggi vedo tanta confusione, che non vorrei vedere. Oltre a qualcos’altro che non vorrei vedere, ovvero dei magistrati intimoriti.
E quello che non vorrei vedere è anche tanta pochezza politica, sia nei politici “di professione” sia negli abitanti della polis. E tanta pochezza culturale: ad esempio, sarà certo un lapsus ma dovrebbe venir corretto: Genna confonde la Diaz e Bolzaneto. Fare confusione è indice di pressapochismo, un difetto nazionale che sta diventando una voragine di incompetenza.
Il sistema democratico, scrive michele, è fondato sulle responsabilità dei singoli: giusto, tanto più quando si tratta di questioni processuali. Ma è fondato anche sulla politica, su comportamenti collettivi, su responsabilità istituzionali. La politica e le istituzioni su Genova sono state silenziose e, se di opposizione, inefficaci. Questo non può essere sottoposto ad un processo in tribunale ma a una valutazione politica sì.
@caracaterina:”Genna confonde la Diaz e Bolzaneto.”
Il lapsus di Genna è quasi comprensibile: Diaz o Bolzaneto, cambiando l’ordine… per la proprietà transitiva il risultato (due massacri) purtroppo non cambia.
Lo so bene che è comprensibile, e che costituiscono due atti della stessa tragedia, con lo stesso autore e lo stesso regista. Resta l’approssimazione, resta il sintomo del pressapochismo e, personalmente, non sono più disposta ad accettarli in nessun discorso pubblico su temi rilevanti, da nessuno, tanto meno da intellettuali patentati.
Caracaterina è quella che ce l’ha con gli intellettuali patentati, mi dice la memoria…
“Un morto a Genova” è la poesia, anzi il rap che Arbasino scrisse e che fu pubblicata dai giornali nei giorni gravidi d’attesa che precedettero il massacro.
Segno che tutto era ampiamente previsto e prevedibile, come conseguenza logica della sconfitta elettorale che a sx generò un ingenuo spirito di revanche:”Abbiamo perso ma ora..TUTTI A GENOVA”
E dall’altra parte i vincitori, che specularmente pensarono:”POTETE LEVARVELO DALLA TESTA ! Di darci problemi con le manifestazioni di piazza men che mansuete.”
Le forze dell’ordine si sobbarcarono l’onere di chiarirci le idee, l’obiettivo era terrorizzare ed è stato raggiunto in pieno.
Altra sconfitta elettorale, anzi disfatta, ora è arrivato il momento dello scontro finale con la magistratura, quella di Genova sembra già intimidita e preoccupata di non prestare il fianco ad accuse, già pronte e collaudate, di stare dalla parte dei “no global” contro la polizia.
Il resto, compreso quelle pur suggestive di Genna, son solo parole.
Qui si parla di G8 e di massacri, non della tua memoria distorta. Chepalle.
“Genna confonde la Diaz e Bolzaneto”
Eggià. Non sono affatto lo stesso atto, e quasi sicuramente sono diversi gli imputati.
Si vuole commentare una sentenza? Non è difficile: si prende la sentenza, si legge con attenzione, si scrive ciò che si deve, ricordandosi nel testo pubblicato di rendere accessibile a tutti, con un link, la sentenza commentata. Questo non è chiedere un rigore particolare, è chiedere il rigore minimo necessario per essere chiari, per non scrivere stupidaggini e anche per essere convincenti.
una cosa è quello che è successo al G8 e una cosa è il giudizio penale su quei fatti.
invece di sgolarsi contro lo stato in quanto tale, è sufficiente chiedere giustizia.
però è certamente vero che negli ultimi sessant’anni, vale a dire per l’intera durata dell’italia democratica, stato e giustizia si sono sempre esclusi e vicenda.
e questo è un fatto.
altro fatto è l’orribile inerzia, o meglio la sostanziale complicità con l’ingiustizia, o forse con la non-giustizia, della cosiddetta opposizione.
Anonimo
“è sufficiente chiedere giustizia”
sarebbe sufficiente se, chiedendola, la si ottenesse. qualche decennio di storia di questo paese dimostrano il contrario.
una precisazione: la mia era solo una battuta dai toni tristi, a supporto della definizione data da Amnesty (concisa e tremenda) riportata nel post.
Ho VOLUTAMENTE confuso i fatti avvenuti alla caserma in Bolzaneto con i fatti avvenuti presso la scuola Diaz, poiché per me si dà un continuum. E del resto, pochi giorni dopo l’intervento che non vi ho chiesto io di commentare, tale continuum è stato ribadito. Il discorso è un altro e, mi si permetta, tutt’altro che di destra. Qua destra e sinistra non c’entrano assolutamente nulla, poiché entrambe, immesse nell’arco parlamentare o rimaste fuori per esiti elettorali, sono comunque espressioni di una politica statalista, i cui esiti sono per me (ripeto: per me; poi ognuno può pensarla come vuole) vergognosi. Io metto in discussione l’idea che esista soltanto una politica statuale e non una politica punto e basta. Se si è disabituati alla potenza dell’utopia, se si manca di empatia, se l’alterità è considerata come un’oggettività da irregimentare, ripeto il saluto: buon futuro a tutti voi, citoyen…