Non lo avevo fatto nei giorni scorsi, ma questa mattina sì, dopo aver letto gli articoli sulla morte secondo l’Osservatore romano, o per meglio dire su quale possa essere definito il punto di non ritorno, o per meglio dire ancora su chi possa definire la morte stessa.
Parlo, ad ogni modo, del testamento biologico di Giulio Mozzi, pubblicato già in febbraio, ripreso recentemente su Carmilla e rilanciato da Ilprimoamore.
Leggetelo anche voi: è importante. Soprattutto dopo anni in cui la nostra cultura ha ostinatamente espulso l’idea stessa del morire.
Ps. Sembra un dettaglio superfluo, ma quando sono stata a Torino, a luglio, sono rimasta colpita dai manifesti pubblicitari delle imprese funebri. In altre città, sono soltanto numeri facilmente memorizzabili a ricordare che la vita finisce.
A margine.
Dacci oggi i nostri libri quotidiani. Sfilo dalla solita pila traballante e metto in evidenza sul lato destro della scrivania: Michael Faber, La pioggia deve cadere, e Terry Brooks-versione graphic novel.
Dacci oggi il nostro Quadrilatero. Il post è di un anno fa, ma le cose sono semmai peggiorate.
Non so come mai in Italia nessuno parli mai della morte. Di quanto sia maledattamente difficile vivere pensando che un giorno finirà tutto.
Dice: ma che cosa bisogna dire della morte? Prima o poi tocca.
Invece la morte è un problema enorme. Perché, per esempio, tutti i tentativi di aumentare il periodo della vita qui sulla Terra compiuti dalla medicina, dallo sport, dalla buona alimentazione, cozzano, sempre per esempio, col fatto che se qui non ci diamo una regolata troveremo davanti a noi, in pochi decenni, un occidente di vecchietti.
Secondo me ostracizzando il tema, si finisce solo per aumentare la “paura”, il terrore della morte. Che per carità sono assolutamente legittimi. Ma sarebbe meglio riuscire ad integrarla nella nostra esistenza come passaggio naturale.
Quando vedo gente che da 20 anni è in coma vegetativo, mi nasce un moto di repulsione…
La Santa Chiesa è in grado di frantecarci le ginocchia parlando per mesi di un ottantenne che dovrebbe schiattare, ma la vita è sacra per cui bisogna fare tutto il possibile per salvarlo, quando poi ci sono migliaia di bambini che muoiono di FAME.
Forse bisognerebbe iniziare a riaggiornare l’argomento.
p.s. Terry Brooks continua a scrivere di Shànnara. Io mi fermai al settimo volume, so che ha scritto altre due trilogie. Ma qualcuno lo bloccherà? Sta scrivendo per soldi? Oppure sente il sacro fuoco di Paranor nelle vene?
Oi, Loredana. Vuoi fare testamento pubblico anche tu?