CARTOONS ON THE BAY

Difficile fare un resoconto di quattro giorni decisamente intensi e interessanti. Mi limito a qualche piccola considerazione.
Questione di genere. Sul sito della Stampa trovate un ottimo resoconto di Guido Tiberga a proposito della ricerca Doxa sulle bambine. Aggiungo che, nella discussione con Annamaria Testa e Giovanna Cosenza, sono emersi alcuni punti noti: primo, la distinzione in generi, alla luce degli stessi dati forniti, ha poco senso. Annamaria ricordava, per esempio, la teoria del Red and Blue Ocean, che potrebbe rivelarsi preziosa per chi decidesse di indagare su altre suddivisioni (per esempio, quella tra consumatore attivo e passivo). Giovanna ha sottolineato come le differenze di comportamento tra bambini e bambine fossero minime. Una bella discussione, proseguita da Alessandra C. nel dibattito sui videogiochi: unico caso in cui le bambine risultano svantaggiate secondo la Doxa (ma non sarà che a una certa offerta corrisponde la creazione di un bisogno? A forza di proporre Cookingmama, per esempio…).
Questione Tomino Yoshiyuki. Ovvero l’autore di Gundam. Sul cappellino e l’occhio gelido avranno riferito altri. Quel che ha colpito me è l’affermazione, sconcertante, sui suoi giovani colleghi che scrivono manga e anime: “Non riescono a creare una vera storia e questo è piuttosto spiacevole. Ormai gli anime sono pieni di violenza, sesso e storielle di ragazzine”.
Era Tomino-san o il giornalista del Corriere della Sera che parlava?
Questione personale: la vostra eccetera ha finalmente conosciuto Ekerot ed è molto felice.

17 pensieri su “CARTOONS ON THE BAY

  1. Devo giustificare io Tomino-sensei?
    Ha avuto pure lui un periodo in cui scriveva storie di grande cupezza e violenza (ricordo con angoscia gli episodi Zambot 3, campi di concentramento e bombe umane, ero piccolissimo! Ma anche vari Gundam ci vanno giù pesante), ma la colpa del suo periodo da “sterminatore” viene comunemente attribuita a una lunga depressione clinica.
    Come ogni “ex-qualcosa”, prende le distanze da ciò di cui si è liberato, per marcare il proprio affrancamento… ma in ogni caso, non fa mai piacere sentire un maestro versare luoghi comuni.

  2. Ekerot? Il “nostro” Ekerot? Ma era in carne e ossa o in versione ologramma inoltrato dalla sua postazione canadese?

  3. Il “nostro” Ekerot è di molto a Roma da due mesi (ahimè!).
    Anche se la versione presente al Cartoons era assai prossima all’ologramma viste le decine di ore di sonno accumulate nell’ultima settimana.
    Insomma tra me e il buon “Morte” Ekerot non passavano troppe differenze!
    – – –
    La mia esperienza al Cartoons è stata molto breve molto intensa e molto incazzosa, ma per altri motivi visto che ero in concorso.
    – – –
    L’incontro con la Mitica (e Alessandra C.) è stato favoloso! Due ore tra videogames, anime, manga, horror e verdure grigliate!
    E in pieno stile “Lipperatura”, il maschietto ha pure scroccato il pranzo alle donne!

  4. Mio figlio, dieci anni e grandissimo fan dei videogiochi tipicamente maschili, adora Cookingmama. Glielo avevo preso perchè ci si divertiva con quello delle cugine, e adesso guai a chi glielo tocca. Sicuri che i gusti e la personalità siano una questione di genere, e non di educazione?

  5. Ciao Tatalla,
    come da sempre sostengo è una, spinosa, questione di educazione.
    Addirittura nel caso specifico di Cookingmama, in Giappone, era stato proposto come un videogioco da hardcore gamers. In europa, invece, è stato targhettizzato.
    Scusa… ma sei sarda?
    Perchè Tatalla è un nome tipico dell’Isola
    Pre Ekerot…
    ricordati che, comunque, mi devi una birra!

  6. Sarò anacronistica e retorica, ma l’idea che mio figlio possa avvicinarsi ai videogiochi un giorno mi dà la nausea. Sarà che la fenomenologia del giocatore è ai miei occhi piuttosto avvilente: completamente assente dal mondo, ha espressione facciale e gestualità convulsamente diretti a scopi e realtà inconsistenti. Come quelle novità per cui puoi giocare con una specie di telecomando a tennis, senza la palla né il campo da tennis: ma a guardare chi vi gioca, non posso che vederci schizofrenia e un che di ridicolo.

  7. Il trucco, per banalizzare, è non guardare il dito ma la luna.
    A guardare la tv dove i due virtualplayers si stanno sfidando a tennis non credo dia impressioni di schizofrenia e ridicolo.
    E soprattutto giocandoci, ci si diverte.
    Io trovo che il gioco sia invece il più sano utile ed appagante trai divertimenti possibili.
    Certo finché resta gioco, le manie sono tutt’altra roba.
    Ricordo che vent’anni fa quando iniziai a giocare a D&D mio padre era piuttosto scandalizzato. Le ire dei sapienti sociologi e psicologi dell’infanzia si scatenavano contro le nostre sessioni ammazzaorchi.
    E invece non è successo proprio niente di male.
    Anzi…

  8. Concordo con Ekerot, in pieno. E aggiungo la vecchia frase di Eco: Mai parlare del juke box se non ci hai messo dentro il gettone, almeno una volta.
    Entraci, nei videogiochi, e ne riparliamo. Mi permetto di aggiungere, Denise, che sentire nausea per qualcosa che a tuo figlio potrebbe dare felicità, intelligenza, abilità narrativa, a me fa venire qualche brivido. Sempre banalizzando, naturalmente.

  9. Acc, a saperlo prima nelle due presentazioni di Bologna avrei scroccato la cena pure io 😉
    Su Yoshiyuki non so che dire, se non che il fronte degli autori di manga, chiaramente, è molto più variegato di quanto possiamo immaginare noi qui in Italia, dove il manga non è, come in Giappone, una forma espressiva ampiamente diffusa ed accettata, e i commentatori negativi tendono a fare di tutta l’erba un fascio. Secondo me anche la Takahashi potrebbe avere, nei confronti dei mangaka più giovani, una opinione simile, visto il suo percorso artistico, e lei qua è chiamata ancora, da alcuni, la “principessa del manga”, nonostante abbia ceduto da parecchio ormai lo scettro (se mai lo ha detenuto). Insomma, sono come gli scrittori degli anni ’60 o ’70 che criticano le nuove leve, e ne sappiamo qualcosa.
    Denise, generalmente quando si scrive al pc si ha una notevole faccia da triglia: ma saresti felice che qualcuno ti giudicasse così dopo averti visto digitare a computer il tuo messaggio?

  10. Non è una teoria antivideogioco, né una idea settaria: comunicavo solo una percezione “estetica”. Esteticamente, lo trovo grottesco. Non sono una conservatrice incallita e non vedo nelle tecnologie una minaccia, come dimostra il mezzo con cui parliamo.
    Poi, io non ho letto studi o altro sul fenomeno, e confesso di averci giocato talvolta, a qualche videogioco: nessuna felicità, solo un senso di alienazione ho provato. Ma magari è un mio limite, eh. Se dia “felicità, intelligenza, abilità narrativa” non lo so, so solo una cosa (e scusate se sono banale, ma io ci rifletterei) : in una persona che ha letto molti libri queste qualità in genere sono evidenti, in una persona che ha giocato a molti videogiochi è più facile non incontrarle. E’ che vedendo tanti ragazzini completamente rimbecilliti popolare le nostre città, cresciuti anche a suon di videogiochi, ho difficoltà a scorgere in loro felicità, intelligenza, e abilità narrative (non saprei).
    Se degli studi lo attestano, ho il dubbio (sono sincera: è solo un dubbio, posso sbagliarmi) che, avendo spesso gli studi un ruolo non irrilevante nell’orientare i gusti delle masse, non forniscano punti di vista del tutto disinteressati.
    Anghelos, mi hai fatto ridere, ma non credo che leggere e comunicare con altre persone sia pure nel modo più tradizionale sia da “triglie” 🙂

  11. Ma Denise, esteticamente anche un lettore di libri è grottesco. E ti assicuro che conosco molti lettori forti che sarebbe troppo generoso definire alienati. Non è il mezzo a fare la differenza, è la persona: e la persona è frutto di tante circostanze. Quanto al rimbecillimento dei ragazzini: se davvero fosse tale – e non credo – lo attribuisco più all’ossessione genitoriale che da un decennio in giù li ha trasformati in specie protetta che a uno sparatutto.
    Ultima precisazione: non sto parlando di studi, sto parlando di esperienza personale e di punto di vista altrettanto personale. Però, non è casuale che alcuni dei migliori narratori che conosco siano, anche, ottimi giocatori.

  12. Su Yoshiyuki Tomino:
    una sintesi rivelatrice del suo pensiero sui suoi anime è nel libro di Peter Carey «Wrong About Japan», edito in Italia col titolo «Manga, fast-food e samurai», penso da Feltrinelli, che vale davvero l’acquisto. Carey intervista Tomino e quest’ultimo rivela molte cosette interessanti. Anche io ho commentato a lungo l’intervista e in generale vari temi dell’animazione giapponese in merito a questioni come l’identità nazionale, il nazionalismo, la guerra, lo sguardo sull’alterità (in«Il Drago e la Saetta», un minaccioso volume di 664 pagine, argh). Però non posso dire se il mio, di libro, l’acquisto lo valga. La lettura però sì! 🙂
    Marco

  13. Non capisco bene la questione Tomino…
    mi pare ovvio che anche il mercato dei manga e degli anime abbia dei momenti di stallo creativo. Dopotutto se ne producono molti, e la maggior parte di essi per motivi strettamente commerciali, e segue dinamiche a noi occidentali spesso ignote (ci metto i robot per vendere i modellini, ci metto una mascotte per vendere i peluche, ci metto ambiguità sessuali per avere più pubblico femminile). Ho comunque la sensazione che anche ai suoi tempi la situazione poteva essere simile, a quanti anime siamo affezionati solo per il loro aspetto affettivo che per il reale valore artistico?
    Quanto ai videogiochi: Cooking mama lo usa anche mio cugino decenne, con risultati eccellenti.

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