Sui giornali leggo dell’iniziativa di un’associazione studentesca barese che, su Facebook, annuncia di voler accogliere Silvio Berlusconi, sabato, a suon di bambole gonfiabili con le sembianze di Patrizia d’Addario.
Evito di commentare, per ora, le caratteristiche della protesta e approfitto per raccogliere il testimone passato ieri da Giovanna Cosenza con il suo post sulla piazza. Ne abbiamo discusso a Pesaro: l’idea è quella di lanciare una discussione sull’argomento, come altre volte avviene in rete con le famose catene (quali sono i libri che ami? quali film? eccetera). Stavolta, proviamo a farlo con le idee.
Perchè la piazza? Perchè, dall’esplosione del caso Noemi, e dunque dall’improvvisa consapevolezza dei media cartacei che esiste una questione di genere nel nostro paese, sono iniziati anche gli interrogativi. Dove sono le donne, ovvero, e perchè tacciono? (Risposta: non tacciono, ma fin qui gli old media non si erano accorti che stavano parlando) O anche: perchè non si vedono in piazza? (Controdomanda: quanto serve la piazza?).
Alla controdomanda risponde Giovanna nel suo post e, nei commenti, anche Annamaria Testa (“non mi preoccupa questo momento di silenzio. Non è un silenzio “vuoto”. Stanno lentamente nascendo nuovi linguaggi, più semplici e concreti. Diamoci un po’ di tempo. Un po’ di fiducia, soprattutto”).
Il mio pensiero sulle manifestazioni di piazza è molto simile: non servono, o meglio, non servono da sole e non più come prima, e negarlo significa essere ancorati a modalità rituali che stanno svanendo. Il che non significa che non ritenga importante partecipare alle manifestazioni, e scendere in quella piazza. Sapendo, però, che contemporaneamente va fatto altro.
Ovvero, convergenza, ancora una volta. La piazza non basta come, da sola, non basta la rete: e vale anche per la letteratura, non solo per la politica. Oggi comincia il Festival di Mantova e le piazze si riempiranno di scrittori e di lettori: benissimo, se il fine è quello di riconoscersi fisicamente come comunità. Meno bene se il fine è quello di aumentare il numero di persone che leggono. Un discorso speculare a quello fatto, un paio di mesi fa, su aNobii: straordinaria la possibilità di incontrarsi e discutere in rete dei libri amati e odiati, ininfluente per quanto riguarda la vendita dei libri medesimi.
Dunque? Dunque è ovvio che ci vogliono entrambe, piazza e rete: ma ci vuole anche altro. Il web serve ad allargare la conoscenza dei propri affini e spesso a creare nuove affinità. Poi serve la vita reale. E serve, soprattutto, il famigerato lavoro sull’immaginario: non si modifica una cultura se non costruendo nuove narrazioni. In rete, in televisione, in radio, nei libri, nei giornali, in pubblicità, a scuola, in metropolitana e anche nelle bocciofile.
I media sono strumenti, perdonate l’insistenza: non ci sostituiscono, vanno capiti e vanno usati. Così come vanno capiti (bene) e usati (bene) i simboli: quello della bambola gonfiabile, tanto per essere chiari, è pessimo.
Ieri sera a Milano le associazioni GLTB hanno manifestato in piazza (anzi, in strada) per i loro diritti. La piazza serve, non tanto per farsi vedere in tv (non c’erano le istituzioni e le telecamere, oggi i giornali nemmeno ne parlano a fondo), ma per essere presenti a sé stessi come massa. Per sapere che esiste davvero un’identità comune, al di là dei dibattiti e delle tavole rotonde per pochi intimi, un’identità che nello specchio dei mass media non trova spazio. E lo specchio di internet è frammentato, non è unico come quello televisivo. Non è così banale come sembra, soprattutto per i più giovani che in genere non sono abituati a rappresentazioni collettive dei loro bisogni, se non in occasioni ludiche…
sono d’accordo con il post; il rischio di contarsi fra convertiti e consolarsi così è, forse, secondo me, un guaio che è capitato negli ultimi anni e ha contribuito al disastro di oggi
Spiegami perchè il simbolo della bambola gonfiabile non sarebbe adatto a rappresentare lo squallore e la perdita di dignità d’essere umano
Passo la parola a lui.
http://www.fusiorari.it/lakoff.htm
Solo per segnalare che “perché” è sempre scritto con l’accento grave nel post.
Intervento fondamentale, Stella.
Il problema è che per rendere reale una contestazione, ormai, sembra che l’unico mezzo sia la mediatizzazione. QUindi scendere in piazza è un pò finalizzato a questo: ci daranno attenzione, ci prendiamo la voce in capitolo che altrimenti non avremmo.
Tutta colpa del fatto che in Internet ci sono quattro gatti! Anche Internet è un media, più potente della TV, più versatile, ma evidentemente piace ascoltare i discorsi dal balcone di un Signor Qualcuno in massa e stando zitti (questo è la TV, comunicazione rigidamente unidirezionale. E’ vero che in Internet il bello e cattivo tempo lo fanno pochi provider, ma finchè ci sarà un tasso per nulla garantito di democraticità in Rete qualunque persona civile e non i soliti potrà fornire contenuti. E’ che guardare non costa niente, scrivere e parlare è già uno sforzo che i cittadini stufi la sera sul divano non hanno voglia di fare). Qualcuno, non mi ricordo chi, una volta commentò: “Se tutti sono ammessi a parlare l’opininone di ciascuno non vale nulla”. Ciò significa che la selezione che opera la TV viene ancora percepita come una prova a cui sopravvivono i più autorevoli, i più degni, i più importanti. Quello che si tralascia è che si può essere degni secondo molti parametri, anche secondo il parametro dei faciloni, degli allupati, del pubblico stanco e desideroso di ilari sciocchezze. Invece semplicemente parla chi può perchè era lì da prima. Famosi per esser famosi, ovvero “piove sempre sul bagnato”. Come con Paris Hilton. Comparsi in TV, a che titolo non importa, comparsi oggi dunque degni di esser visti domani
Scusate ma mi focalizzo in modo monomaniacale su un dettaglio.
Mi domando: perché brandire come segno di protesta una bambola con le fattezze nude di una delle donne del B. e non un bambolotto con le fattezze nude del B.?
D’accordissimo sul discorso del frame. Ma siamo sicuri che questo sarebbe lo stesso frame?
@stella: posso sempre scusarmi dicendo che sono milanese (ma non è vero)
@valeria Perchè Berlusconi non è l’oggetto delle voglie di nessuno, ma “l’utilizzatore finale”
Ecco appunto: considerare gli ‘utilizzatori finali’ non facenti parte del problema è un problema.
“Dunque? Dunque è ovvio che ci vogliono entrambe, piazza e rete: ma ci vuole anche altro. Il web serve ad allargare la conoscenza dei propri affini e spesso a creare nuove affinità. Poi serve la vita reale. E serve, soprattutto, il famigerato lavoro sull’immaginario: non si modifica una cultura se non costruendo nuove narrazioni. In rete, in televisione, in radio, nei libri, nei giornali, in pubblicità, a scuola, in metropolitana e anche nelle bocciofile”.
Se fosse vero che per modicare una cultura bastasse “soprattutto”
costruire nuove narrazioni, dovremmo poter stare già tranquilli, visto che non mi sembra che manchino queste narrazioni. Certo, servono anche queste, ma non è sufficiente. Occorrono nuovi metodi – e possibilmente non eterodiretti, occorre che ogni individuo sviluppi quella soggettività di cui parla magnificamente Alain Touraine in La Ricerca di sé. Dialogo con il soggetto. E il lavoro di Danilo Dolci con la sua maieutica dolciana mi sembra il più appropriato in questo senso.
Frattocchie 2.0 post e, di palo in frasca, a seguito, son arrivata sul tuo blog e seguendo i link a proposito delle ‘piazze’…
mi sto affacciando a questo quanto, che son facente parte di quella new entry del PD detta ’società civile’ che ha voglia o balena comunque l’intenzione del ‘partecipare’ e mettersi a confronto, chiaro senza lo storico personale, solo quello mutuato dalle desinenze proprie e degli ambienti, e ora anche come ‘donna’, e mi definisco ‘wonder uoma del terzo millennio’, non tanto per la mantellina il costumino o il rossetto sui bicipiti quanto per il carico complessivo addosso e le consapevolezze, femminilità innervatamente compresa, e che richiedon sentitamente super poteri e mix di genere.
son nuova/vecchia degli argomenti, libera professionista di quei mestieri che fan tanto innovazione e la fanno veramente, mai discriminata in quanto donna che quà è un ‘isola felice’, qualche esperienza internazionale
e d’alto livello, due figli/separata come consuetudine impone, un babbo in questa capsula di salvataggio post terrore da stalking matrimoniale (si chiama così adesso vero?) e quindi sarò badante tra non molto, il classico nuovo fidanzato principe azzurro pantofolato, insomma la quintessenza dei cammelli addosso, quelli di sempre.
a me, che son figlia degli anni 80, pareva molto semplice l’aver ‘naturalizzate’ l’esperienze delle donne/generazioni in piazza, e la mia vita è stato un presentarmi molto decisamente come ‘persona’ lungo il tempo, proprio al di là dell’appartenenza al genere, e non mi verrebbe neanche a mente d’andarmene in piazza, che sto impegnata e sempre più.
volevo dire? bello il dibattito in quest’epoca di rinnovo di coscienze, appassionante l’affacciarsi dell’umanesimo del terzo millennio, tutto bene, tutto figo, semplicemente, non ce la faccio a stargli dietro… non ho rimedio… seguo un filo, come tutti, per tenermi accesa sapendo perfetto che non so neanche dove vado…
quanto all’effettualità, solo per documentarmi su come cosa quando sta dietro a tutto questo ‘piccolo’ quanto – e parlo del pd, delle donne, di frattocchie, l’unità, della segreteria della mia città, dei documenti consiliari, dei siti che curo, dell’informazione personale, i regolamenti del congresso, delle mozioni e sub mozioni che son apparse questi giorni, del feisbùk che mi tampina al telefono che son rientrata per continuare a studiare il fenomeno ma è micidiale, dei ‘vostri’ blog, dei post e dei commenti, dell’essere o rendersi volano primo nelle circostanze della vita e, ciliegina finale, l’introduzione dello studio della comunicazione della ‘concorrenza’ –
arg!!!…
nè questa ha da essere intesa come mera lamentatio, semplice messa in campo di argomento e chiaro settoriale, targettizzato, fermo restando che mio padre, comunista prima ora con fazzoletto rosso incorporato al collo, va dicendo in giro guarda questa, s’è buttata n’politica’… aò, ma te dà da magnà? poi per me, arrivare e giustamente in piazza (a Roma!) il 19 potrebbe risultare complesso come un carpiato triplo da fermo…
ma sto in fiducia, che dire di più?
e per rendere maggiormente esplicito il concetto: in questo momento sto con 6 programmi aperti sul desktop – è il mio lavoro – mando mail a parigi e al servizio traduzioni, il browser fermo sulle dieci pagine di documentazione più recenti e per due che una è la ‘politica’ l’altro il mio lavoro sul web, il cell lampeggia chissà che c’ha da dire, skype è aperto urka/per fortuna nessuno mi cerca, devo consegnare della roba per stasera, mi prendo un attimo per ‘comunicare’ con qualcuno, in questo caso tu che ti conosco appena
ma si vede che viene dall’interno, mi padre me chiede tanto per cambiare che se famo da magnà stasera e sto montando delle ruote con un cacciavite micronizzato nella macchinina di mio figlio mamma, è importantissimo! mentre l’altra mi chiede un euro ah e la lavatrice, da svuotare/riempire, ehehehehe…
vado a dormì, e meglio… fermo restando che tra poco, tacchi in resta e trucco/phon al posto di sto pigiama pareo che lavoro – fortuna/sfiga – a casa, andrò a parlare col segretario di federazione di quel progetto che m’è venuto a mente a frattocchie l’altro giorno e li son prossimamente tutti tutti tutti cavoli miei… scusa l’intrusion, ma ‘innescare nuove modalità di stare in piazza e/o allargare le piazze virtuali’ … questa, ci stava bene…