Giustamente Gianni Biondillo segnalava, nei commenti a Contro la perfezione, un bell’articolo di Teresa Ciabatti per Diario. Teresa ha raccolto l’appello e me lo ha inviato. E’ qualcosa in più di un semplice articolo, come potrete vedere. Metto qui sotto l’incipit, e ancor più sotto il file da scaricare.
“Non lo sopporto!”
“Addirittura?”
“Dieci al giorno, mi soffoca!”
“Innamorato.”
“E chi se ne frega” mi risponde Sara, 16 anni.
“Dovresti essere felice di un ragazzo così premuroso”.
Sara, seduta sul letto, sta pettinando con una spazzola rosa il ciuffo di Britney Spears. Il suo cane. Uno schitztu bianco e nero.
“All’inizio lo amavo. Colpo di fulmine” Continua.
“Da quanto state insieme?”
“Cinque giorni”.
“E perché non lo ami più?”
Sara fa la codina a Britney Spears. Le mette un nastrino rosa.
Britney Spears dorme in camera sua. Ha una cuccetta con una coperta rosa a fiori lilla e tantissimi giocattoli di gomma.
“Per un sacco di tempo – risponde Sara – tipo un mese, lo amavo. Lui non mi si filava. Nemmeno si era accorto che esistevo. Poi a una festa mi ha baciato e quella è stata la fine”.
Britney Spears salta giù dal letto e corre alla porta. Vorrebbe uscire. Sara va a riprenderla e se la riporta sul letto.
“Fuori una macchina la può mettere sotto. Nella cuccetta invece non le succede niente” Mi spiega.
“Perché dopo il bacio è finita?”
“Cinque telefonate al giorno, dieci sms, insomma, mi sono disamorata, capita, no?”
Capitava anche a noi. Amare solo chi non ci voleva. Quelli a cui piacevamo erano delle merde.
Tranne poi, dieci anni dopo, guardare le foto di classe e scoprire che erano carini. E ricordarsi che erano anche intelligenti e simpatici.
Eravamo proprio sceme!
Anche loro lo sono.
Chissà perché da adolescenti non si vedono mai le cose nel modo giusto.
Sara, 16 anni, studentessa, Roma. Altezza 1 e 70, peso 41 chili.
Il corpo.
Il nodo è lì. Il nostro corpo non ci piace.
Si chiama “dismorfofobia”. È il termine scientifico per indicare quel modo di vedersi deformati. Bruttissimi e grassissimi.
“5 chili di merda. Non chiedo tanto, puttanaeva. È possibile che solo io non ci riesca?! Giuro, 5 chili. 5 chili mi separano dalla felicità”.
Dice Extasi (nickname dietro cui si nasconde una ragazza di 18 anni, altezza 1.65, peso 41 chili).
Leggi tutto: Download ana.doc
Vi consiglio vivamente di scaricarlo e di leggerlo attentamente.
G.B.
Perché preoccuparsi tanto del corpo, visto che ha trovato moglie persino Biondillo?:-)
Il testo della Ciabatti mi ha richiamato alla mente un’altra riflessione sull’anoressia, ne posto un estratto senza indicare l’autore (per ora).
«L’anoressia è una politica, una micropolitica: sfuggire alle norme del consumo per non essere a propria volta oggetto di consumo. Si tratta di una protesta femminile, di una donna che vuole possedere un corpo che funziona e non soltanto delle funzioni organiche e sociali che la consegnano alla dipendenza. […] L’anoressico è un appassionato: vive in più maniere il tradimento o il doppio distoglimento. Tradisce la fame perché la fame lo tradisce, asservendolo all’organismo; tradisce la famiglia perché la famiglia lo tradisce asservendolo al pasto familiare e a tutta una politica della famiglia e del consumo (sostituire a questo un consumo ininterrotto ma neutralizzato, reso asettico); infine tradisce il cibo, perché il cibo è traditore per natura (idea dell’anoressico che il cibo sia pieno di larve e veleni, vermi e batteri, essenzialmente impuro, da cui la necessità di fare una ceernita, estraendone le particelle o risputandolo).»
Lucio, non vorrei sembrare serioso, ma l’argomento è grave e non si può liquidare con una battuta come quella. Piuttosto non scrivere nulla, come faccio io.
simpaticamente,
Alberto
Alberto, tesoro, trovo più comiche affermazioni del tipo: “L’anoressico tradisce la fame perché la fame lo tradisce, asservendolo all’organismo; tradisce la famiglia perché la famiglia lo tradisce asservendolo al pasto familiare e a tutta una politica della famiglia e del consumo”.
Il vero problema, purtroppo, sta nel fatto che l’anoressico ***non sa*** quello che fa.
una volta ho letto un libro molto bello “susan bordo, il peso del corpo” tratta un pò i messaggi che passano nella società di un modello femminile e della normalizzazione della donna
tutto molto interessante. mi viene da pensare:
– ma perchè queste malattie e/o nevrosi sono tipicamente femminili?
– colpa della stupidità degli uomini o di quella della donne?
[di sicuro disfunzioni tipiche dei paesi ricchi e decadenti nell’antichità paffuto = bello]
Angelini, TU non sai quello che fa l’anoressico: lui/lei lo sa benissimo, perché gestisce per anni la propria condizione a partire dalla propria percezione del mondo. Al limite (ma neanche tanto raramente) l’anoressica diventa persino cuoca o modella. Il mio post è un tentativo di interpretare questa organizzazione del proprio corpo. Il punto non è quello di giudicare l’anoressico (o l’autistico), è di cercare un punto di contatto con la sua logica: perché è una logica, indipendentmente dal fatto che non la si veda come tale o non la si valuti come tale.
Girolamo, la tua interpretazione risolve solo il TUO problema rispetto all’anoressico, non il suo.
Si può dire che l’anoressico si desustanzi per sunstanziarsi, o che voglia paradossalmente rimpicciolire per FARSI meglio TROVARE e bla bla bla, ma lui delle nostre belle analisi non sa che farsene. Il vero, eventuale approccio NON PASSA certo per le parole.
Nulla di essenziale passa per le parole, Angelini. Ma tradurre cose ed emozioni in parole è ciò che ci rende diversi (non migliori, ma diversi) dai calamari, dalle penne stilografiche e dai finferli. Anche saper ritornare dalle parole a ciò che c’è dietro, forse. La sai la storia della luna, del dito e dell’unghia sporca, no? E di quello che cerca la limetta per le unghie, e di quell’altro che dice che non esiste una “limetta per le unghie” perché la limetta non è fatta di parole e con le parole lo sporco sotto le unghie non va via?
Bando alle ciarle, girolamo, bravo come sempre. da dove hai preso il bel-ver pezzettino che hai postato di sopra? faccio un’ipotesi.
No, non è un nuovo concorso: vorrei davvero che si discutesse del contenuto senza stare a pensare a quanto è importante (se lo è) l’autore. Poi stasera ve lo dico. Per la cronaca: io non lo so se sono d’accordo, è uno dei motivi per cui vorrei sapere da altri cosa ne pensano. E che altri pensieri hanno sull’anoressia.
io sono d’accordo sull’anoressia come lotta, come vendetta, come tentativo di dialogo non dialogico, di modo di discussione. come pratica corporea di lotta. sono d’accordo. non compatisco e rispetto. punto.
il post sopra è di MTT. non c’etrano i concorsi. devo andare a (non) mangiare.
Ecco: è una reazione
‘esagerata’ a una situazione di disagio. e l’anoressica non è MAI l’unica creatrice del suo disagio. l’unica disturbata. l’anoressica è la ‘parte sensibile e appassionata’ – sono d’accordo con chi scrive – di un groviglio di botte e risposte. l’anoressica è colei che dà una risposta estrema. che agisce (prevedendo la morte e fregandosene, come in altre forme di disagio si verifica) in una lotta, che quasi mai è stata lei (può anche essere un lui, credo?) a cominciare.
L’anoressia e la bulimia. Un’infinità di gradi in mezzo ai due estremi. Secondo me, per ciò che vedo e sento, tutte noi donne soffriamo di un disturbo alimentare. Tutte. E anche se si può guarire dalla forma più grave, dalla patologia, nella mente rimane sempre quella piccola “falla”.
Conseguenza della quale sono anche il ricorso alla chirurgia plastica (sapete qual è uno degli interventi più alla moda ultimamente fra le donne sopra i quaranta?)la palestra eccessiva e tanto altro.
Tutto questo non dipende da come ci vogliono gli uomini (o noi pensiamo che ci vogliano), né dal modello che propone la tv. Molti medici dicono che la causa principale sia la madre. Il modello femminile che lei ci rimanda, da cui anche e soprattutto l’idea del sesso che lei ci trasmette.
Riflettiamo sul fatto che oggi l’età delle malattie alimentari si è abbassata: molte bambine di sei, sette anni sono anoressiche/bulimiche.
Aggiungo che l’anoressia è, insieme a tante altre cose, anche una forma di teatro. Non si dà anoressia senza un adeguato e trepidante pubblico di spettatori. Tiè.
Anche intervenire su un blog per esprimere la propria opinione è una forma di teatro.
Comunicare ad un amico che si ha l’influenza o si sta attraversando un periodo di grande malinconia è una forma di teatro.
Scrivere un libro, non ne parliamo neanche.
Insomma, il teatro, come lo intendi tu, può essere l’intera nostra vita, o no?
Meglio considerare ciò che ci muove. Richiesta o esibizione?
Diciamo anche che ci sono spettatori del tutto fuori luogo. di quelli che guardano guardano, e non capiscono se ridere o piangere, per esempio. succede anche questo. darei pienamente ragione a TC. siccome tutti diamo spettacolo, e tutti possiamo sbagliare, cerchiamo almeno di capire cosa c’è dietro. almeno prima prima di ridere. o di piangere.
spettatori. come si fa a essere spettatori di una sparizione celata da quattro strati di vestiti? come si fa a essere spettatori se l’anoressica non mangia in pubblico, vomita e caca chiudendosi a chiave nel bagno, lasciando scorrere l’acqua perché nessuno possa sentirla?
una volta le persone che soffrivano di disturbi alimentari cercavano conferme e conforto nei libri, trovavano supporto e comprensione in cliniche nelle quali imparavano solo nuovi modi per farsi male: adesso c’è la rete, e chiunque può inciampare in questi scambi, che fanno parte della malattia come il tagliuzzare in mille pezzi una fetta di mela, come tastarsi compulsivamente le ossa.
chiunque può inciampare in questi scambi e chiunque si sente in diritto di sputare sentenze su ciò che non conosce. siamo tutti psicologi (e scrittori, e navigatori e santi).
due piccole precisazioni sull’articolo: la dismorfofobia è un’altra cosa, e sono i capelli, a cadere. i peli crescono, non cadono: sul corpo della persona denutrita si sviluppa una fitta peluria, si chiama lanugo.
Oh, finalmente, dopo un argomento dove tutti, anzi, tutte sapevano tutto (quello “contro la perfezione”)uno, purtroppo ben più drammatico, dove nessuno sa granchè. Si respira, le granitiche certezze mi fanno mancar l’aria. Posto che io ne so meno di tutti (di tutti quelli che ne soffrono o hanno parenti e amici) non ci penso neanche a intervenire sulla questione.
Vorrei invece dire qualcosa sul dibattito girolamo-angelini , visto fra l’altro che girolamo chiede esplicitamente un giudizio sul brano proposto.
Beh, propenderei più per la visione angelinesca, il brano citato mi pare un pastrocchio terrificante volto più a soddisfare l’ego di chi lo scrive e giustificarne l’ideologia che un sincero tentativo di capire cosa c’è dietro questa malattia.
Sbaglierò senz’altro, ma quando sento parlare di “doppio distoglimento” già avrei voglia di buttar tutto nel cesso.
Non son neanche d’accordo che “nulla d’essenziale passi per le parole”, sono “quelle” parole del brano che non contengono nulla d’essenziale per la comprensione del fenomeno, generiche e pompose come sono.
Per esempio quelle di TC o di Esther qualche piccola luce la gettano.
Fra l’altro TC mette in dubbio il luogo comune secondo il quale la causa della corsa alla perfezione fisica sia nel soddisfare le aspettative dei maschi o seguire i modelli TV. Molti medici, dice, ne ritengono responsabile l’influenza della madre.
Non si sa se è vero, ma dubitare dei luoghi comuni fa sempre bene.
Il brano postato è di Gilles Deleuze, da *Conveersazioni*. ‘notte
la prima volta che ho letto il titolo mi è sembrato piccole donne cagano
l’anoressia e la bulimia sono considerate malattie.
le cause delle malattie che hanno a che fare con la sfera psichica sono spesso imperscrutabili; non per questo, però, non sono autentiche.
la maggior parte delle malattie provengono da concause che hanno a che vedere con lo “stile di vita”.
come dire, insomma, che siamo un tutt’uno: il vecchio, abusato, corpo-mente-anima.
GLi esseri umani di tutte le epoche hanno sempre avuto problemi nel confronto della propria immagine con la realtà sociale. Nel cinquecento si arrivava a farsi strappare i denti laterali per avere una bocca più piccola o a mangiare cenere per avere il colorito pallido che andava di moda allora. E’ noto che alle bambine cinesi venivano fasciati i pedi stretti perchè rimanessero piccoli. La moda, l’immagine sociale, provocano storture da sempre e le donne sono quasi sempre le vittime predestinate. Neanche gli uomini però se la sono cavata meglio. Nei secoli, per sostenere l’immagine di virilità e coraggio che dovevano necessariamente avere erano costretti a battersi in duello,andare in guerra, affrontare il dolore e la morte con la maggiore dignità possibile. Il risultato è che l’inseguimento dell’immagine sociale è fonte di stress mostruosi da sempre e non è una scoperta moderna. Purtroppo il bisogno di essere riconosciuti dal “branco” è connaturato alla vita umana. E’ fisiologico. Anche ribellarsi fa parte dello stesso meccanismo. E la ricerca della bellezza è altrettanto connaturata, con tutte le ingiustizie e le sofferenze che questo comporta per moltissima gente. Non riconoscerlo e farne una questione ideologica è semplicemente ipocrita. E’ per questo che Nautilus (per quanto possa dare fastidio) non ha tutti i torti. Va detto che, anche se in misura diversa, anche i maschi hanno gli stessi problemi.
Intanto un grazie di cuore a Girolamo: sono andato a cercare questo Deleuze, scoperto ch’è un filosofo (ecco il linguaggio iniziatico!), che era una mente superiore e una persona brava e onesta, almeno da qualche sua frase che ho letto. Quindi il suo ego non c’entra nulla, era il suo modo normale di esprimersi per degli interlocutori suoi pari.
Riconosciuto ciò, mi sorge il problema (che girolamo artatamente ha creato): visto che ora so che mentalmente e culturalmente è tanto superiore a me, accoglierò il suo brano in modo diverso ?
Purtroppo o fortunatamente l’effetto che mi fa è sempre lo stesso: tante parole erudite che definiscono il quadro ma non mi avvicinano alla verità.
Sarò scemo io ? O troppo profondo colui ? O ha enumerato un sacco di definizioni inutili, come pare a me ? Inutili per es. a fronte dell’opinione di quei medici che fanno risalire alle madri i disagi delle figlie, il che consentirebbe di inquadrare il problema con maggior riferimento alla realtà, per me.
Ringrazio anche il sig. Villivà per la frase:
“Non riconoscerlo e farne una questione ideologica è semplicemente ipocrita”,
che poi è quel che trovavo di criticabile nell’argomento e in certi commenti.