Ripensando alle discussioni della settimana scorsa, peraltro non nuove, provo a sottolineare l’importanza della questione maschile. Con un suggerimento di lettura: il bel saggio, appena uscito per Donzelli, dell’antropologa Sandra Puccini, autrice di Nude e Crudi. Puccini illumina contemporaneamente le due facce della medaglia della questione di genere, e sottolinea come la trasformazione del corpo femminile nell’immaginario abbia un’esatta controparte maschile. Più in ombra, ma i cui effetti possono essere devastanti.
Perché se è vero che le donne sono svantaggiate per quanto riguarda l’occupazione, la rappresentanza politica, l’accesso a ruoli di responsabilità, la retribuzione, è vero anche che il modello maschile proposto oggi a giovani e giovanissimi è spaventoso. E’ come, scrive Puccini, “se non si potesse che essere o maschi o femmine secondo gli standard convenzionali di consuetudini ormai travolte dalle trasformazioni, senza scoprire doti nuove, senza rimescolare e rifondare le appartenenze, senza poter intraprendere percorsi inediti e originali per le identificazioni, inventare altri specchi, guardarsi da altri punti di vista”.
Con la differenza che, mentre i discorsi sulle donne sono tornati a uscire in primo piano anche sui media tradizionali, quelli sugli uomini continuano ad essere pochi, timidi, isolati. Invece, bisognerebbe cominciare, magari, a guardare e analizzare i modelli che dei due sessi sono stati proposti negli ultimi venticinque anni. Se con Drive In, scrive Sandra Puccini, irrompe una nuova immagine femminile incarnata dalle ragazze Fast food, quella maschile viene immessa nell’immaginario subito dopo, con i serial. In Dallas e Dinasty si diffondono contesti e modelli “che hanno dettato a Berlusconi le retoriche e gli scenari delle sue campagne mediatiche, incardinati al mito del miliardario donnaiolo e del self-made man”. Gli eroi dei serial sono alti, aitanti, abbronzati, muscolosi, “con i tratti del viso talmente enfatizzati da apparire quasi una parodia della bellezza virile”.
Dopo Ridge, l’attenzione narcisistica per il corpo trascorre da un sesso all’altro, per culminare nei reality: i partecipanti sono ipermaschi e iperfemmine: sempre più muscolosi i primi, sempre più procaci le seconde, entrambi esibizionisti e fragili, e soprattutto eternamente giovani. La vecchiaia, in questa rappresentazione dei due sessi, viene nascosta, la decadenza naturale del corpo mascherata, ogni raffigurazione degli anziani quasi cancellata.
Anche le riviste rivolte al pubblico maschile esaltano il corpo. Simona Puccini le sfoglia e analizza, verificando come i temi trattati siano tradizionalmente “femminili. Come raggiungere “un fisico da spiaggia” in sessanta giorni. Come combattere la calvizie. Quali sono i cibi afrodisiaci, quali le diete che aumentano la virilità. L’erotismo diviene ossessione, la forma fisica un dovere morale.
Non è dunque un caso che a uomini e donne le fotografie di moda propongano ben altri modelli. Non più bambolotti e bambolone, ma ragazzini e ragazzine appena usciti dalla pubertà, sempre con aria sofferente, difficilmente distinguibili per sesso se non grazie ad acconciature e abiti. Una cancellazione dell’identità di genere che spinge l’autrice a chiedersi se la problematica non sia ancora un’altra, e se “sotto la patina di modernità e spregiudicatezza, dietro l’ostentazione narcisistica di una raggiunta maturità sessuale” non si nascondano “bambini (e bambine) spaventati dall’idea di dover crescere”. Confinati in un’adolescenza interminabile fino alla vecchiaia, per poi scomparire in una zona morta che prelude alla morte reale: il dramma degli uomini e delle donne, oggi, è esattamente questo.
interessante la ‘rimozione’ dell’identità di genere. e mi sembra si possa collegare, come nel testo che le segnalavo in un commento al suo post del 4/11, all’idea di un profilo maschile ideologizzato: alla domande di maturità del maschio, una possibile risposta viene dal truce modello del ‘maschio dominante depilato’, che promette successo e affermazione con una corposa dose di stereotipi a base di discriminazioni di genere e una certa predilezione per il fucile. risposta, per fortuna, minoritaria, ma non per questo meno pericolosa.
a mio avviso, un pericolo comune ai due sessi – soprattutto nei più giovani – è quello della percezione del corpo come bene di consumo, quindi spendibile, modificabile all’occasione, utilizzabile come merce di scambio o come spazio per affissioni pubblicitarie. Quello che manca è un senso di “sacralità” del corpo, di rispetto della sua unicità, di valore delle differenze individuali, e non solo di genere. Ancora una volta, si tratta di fare 100 passi indietro dalle pressioni del mercato, e cominciare a percepirsi come opera d’arte, non replicabile.
Oh si, mi preoccupa assai la scomparsa dell’anziano, della sua fisicità sghemba non levigata patinata ma appassita e ammaccata. ne vediamo sempre meno di vecchi veri, ad esclusione dei nostri cari. Per strada sempre meno, e associati nei destini invisibili al filippino che li accompagna. Qualcuno viene ammesso in tv ma solo se lampadato coiffato liftato: alla comparsa di un vecchio peloso e cieco che biascichi frasi insensate saremo presi dal panico. Non solo dall’idea di invecchiare ma proprio dalle fattezze dell’anziano in sé, messaggero di morte. L’im-potente, il condannato, il reietto…sarebbe poi così criticabile la disperata tentazione di usare quell’unico potere residuo, quello di terrorizzare? Sogno una falange di anziani “inglorious bastards” che faccia irruzione nella casa del grande fratello e prenda tutti in ostaggio 🙂
Mi piace molto la questione della rimozione dell’identita di genere come fuga regressiva dalla maturità. Ci ha molti addentellati questa idea. Io ora ho un mal di testa infernale per cui faccio fatica a scrivere. Ma penso a questa cosa della crescita come processo di individuazione, che corrisponde a un trovarsi come soggetto identitario e parallelamente nel saper individuare dei gusti delle scelte nelle cose della vita e nelle relazioni. Quando gli uomini sono anagraficamente adolescenti, l’avere dei modelli standardizzati per il se, o per la relazione – il fico palestrato che sceglie la fichissima longilinea – ci sta: corrisponde a un se immatura che prende in prestito soggettività dai modelli dominanti. Non è mica sempre sto dramma, quando il contesto lo aiuta questa piattaforma di partenza è una zona di negoziazione psichica. Il problema è che ci si fermano sopra, ci si arenano.
In un vecchio libro di Nancy Chodorow, la “funzione materna”, lei che appunto nasce come antropologa e verso i quarant’anni diventa anche analista, metteva in relazione la rigidità con cui i bambini aderiscono a modelli maschili culturalmente veicolati, con l’assenza di modelli maschili disponibili in casa. Secondo Chodorow tanto più la figura paterna latita, tanto più il bambino mancando di un maschile concreto con cui negoziare e confrontarsi fa ricorso a un maschile sociale. Non so ancora se mi convince, in tutti i casi, ma meriterebbe una riflessione
Hai profondamente ragione che delle volta rischia di sfuggire il modello maschile che propiniamo ai ragazzini, maschi e femmine.
Non solo abbiamo già la sfiga del principe azzurro che prende in mano la tua vita e ti risolve tutto, a inciamparci nella costruzione di un rapporto uomo-donna. O comunque anche solo un rapporto adulto con il sé stesso che vogliamo diventare.
Sulla figura paterna latitante, sarò una privilegiata, ma vedo tanti quarantenni sinceramente impegnati ad inventarsene una. Mi dicono persino che ce ne sono certi che addirittura cambiano pannolini senza farlo passare come un favore eccezionale e condiscendente ala mamma.
Forse l’evoluzione della specie allora esiste.
Anche io sono stata colpita dal saggio della Puccini, soprattutto nella parte che delinea gli stili di vita delle ragazze, mutuate dai modelli televisivi….faccio l’insegnante di scuola superiore e ho assistito negli ultimi anni alla mutazione davvero antropologica delle modalità comunicative, soprattutto attraverso il corpo e il linguaggio, scritto e parlato, delle giovani donne con cui ho avuto un contatto quotidiano. Nude e crudi mi ha aiutato a decifrare meglio i fenomeni a cui ho assistito
la mia lettura del libro su http://www.monnaelisa.it o su http://www.sololibri.net
Come ti accennavo, Zauberei, questa è un po’ anche l’analisi di Zoja, che parla dei grandi dittatori del XX secolo come sostituti dei modelli paterni falliti (e disastri connessi, perché ovviamente il Padre della Patria come modello non era poi sto padre evoluto, integrato e individuato).
E purtroppo, per vari casi, somiglia parecchio a ciò che vedo in vari bambini…
per me ci sono due spinte culturali intrecciate e convergenti:
la prima punta a rimuovere le differenze di genere: si parla di ipermaschi e iperfemmine. il tratto comune è che non sono più nè maschi nè femmine. Del resto: gli uomini si depilano, si fanno ricrescere i capelli, si profumano e puntano a scoprire il corpo. Le donne vanno in palestra a potenziare la muscolatura, assumono spesso atteggiamenti aggressivi (basati sull’ostentazione del corpo, il che le rende oggetto ma quello che passa è un’aggressività che i maschi prendono molto male).
La seconda spinta: verso la giovinezza eterna, sia del corpo che delle emozioni: esplosive, incontrollate, narcisistiche.
queste due spinte convergono nel definire il modello dell’infanzia: eternamente fanciullo, assolutamente indifferenziato nel genere