HO UN IMPEGNO

Culturapocalisse1   Sul Sole 24 ore  di ieri (no, non c’è una rettifica di Pacchiano, spiacente) Goffredo Fofi sostiene che dopo una stagione di disimpegno torni la “narrativa civile”. 
La tesi è la seguente: è praticamente impossibile, scrivendo, astrarsi dalla realtà in cui viviamo (gli scrittori che provano a farlo, dice Fofi, “finiscono per dare la stessa impressione di immensa fatica e quasi sempre di fallimento che danno i romanzi di fantascienza quando vogliono inventare entità e sentimenti non riconducibili in alcun modo all’umano”). In particolare, questa realtà viene raccontata in molta parte attraverso “lo scontro tra individui e gruppi di potere, tra individui e gruppi tra loro, tra l’individuo e, con la maiuscola, lo Stato”.

Però, aggiunge Fofi, c’è un problema. Ovvero: “Nell’epoca della globalizzazione e dell’omologazione, dei poteri occulti, della difficoltà per ciascuno di capire e scegliere e di contrapporsi, di un potere mediatico capace di assorbire tutte le contraddizioni in un flusso apparentemente disordinato di avvenimenti e notizie tra loro lontani che finisce per travolgere e depotenziare ogni positiva differenza, della difficoltà di pensare modelli di opposizione e soprattutto di proporre modelli alternativi concretizzabili, che cosa può fare lo scrittore, il romanziere, l’elaboratore di narrazioni, mondi e scritture per reagire alla violenza di una storia che sembra in grado di tramortire ogni dissenso, o di costringerlo alle sole alternative di cui il potere, zona per zona, impone l’accettazione?”.

Per Fofi, sono pochi gli scrittori che affrontano di petto la questione. Fra questi, mette John LeCarré, perché i suoi romanzi sono “esemplari dello sforzo di denunciare ciò che egli ritiene di aver capito del funzionamento del potere, e soprattutto del superpotere parallelo”.
Insieme al medesimo, c’è, almeno parzialmente, Ian McEwan. Ci  sono due libri e due scrittori su cui Fofi si dilunga: Amitav Ghosh de Il paese delle maree e Karl Marx Show di Juan Goytisolo. E, in Italia, “solo Giuseppe Genna ha cercato di rubare qualcosa a LeCarré ma restando tutto nel genere. Allo stesso modo, i migliori autori del noir hanno, per un certo tempo, rubato al miglior noir Usa l’attenzione alla centralità del legame fra crimine e politica, prima di perdersi nelle furbate della denuncia giornalistica dimenticando l’importanza della detection, cioè della rivelazione dei meccanismi di funzionamento di una società, anche se la politica è tornata a essere presente in tanti romanzi nei quali fa da sfondo più che da protagonista”.

Fin qui, il riassunto dell’articolo (il titolo, per la cronaca, era “Il romanzo scende in piazza”). Non so come, ma ho la sensazione che il discorso sui generi, per quanto possa essere venuto a noia a parecchi, vada ogni volta ricominciato. Sul fatto che Genna “resti tutto nel genere” mi sembra che ci sia moltissimo da confutare (semmai ha cercato e cerca, soprattutto nell’ultimo romanzo, di squartarlo, il genere). Sul fatto che Genna sia solo, non sono affatto d’accordo: mi sembra anzi che il numero di coloro che tentano di “affrontare di petto la questione”, in Italia, sia assolutamente in crescita, così come i romanzi dove la politica è protagonista. Però, forse, bisogna intendersi su questa parola: tanto per citare di nuovo il romanzone che ho in lettura (quasi terminata), Il collare di fuoco   di Valerio Evangelisti, come si fa a sostenere che non sia, in ogni sua virgola, un romanzo totalmente politico? E infine: ma gli scrittori italiani che si cimentano con “l’impegno”, vengono letti o no da chi di impegno scrive?

81 pensieri su “HO UN IMPEGNO

  1. Wu Ming 1. Nella nostra polemica di mesi fa sostenevo che talentuosi ***un po’ si nasce e un po’ si diventa***. Tu, invece, che talentuosi si diventa soltanto.
    Quando dico “si nasce” non alludo, naturalmente, a un “dono delle fate o del fato”, ma a un preciso biochimismo di partenza che alcuni si ritrovano, altri no. Senza quella base, non c’è affinamento che tenga. E’ possibilissimo che tuo fratello (non so se ne hai uno) scriva da cani. Bye.
    Le attitudini o ‘vocazioni’ di partenza esistono eccome! Senza che se ne abbia alcun merito, ma senza le quali nessuno arriva da nessuna parte.

  2. Ad uno sguardo retrospettivo, noto che in questi ambiti (blog letterari di un certo rilievo) riesce effettivamente ad attuarsi un certo “scambio”: attraverso i discorsi, riescono a “passare” agevolmente i fatti, ovvero una grande ricchezza di descrizioni, ed anche, in buona misura, le emozioni con cui tali descrizioni sono connotate. Non “passano”, se non in misura irrilevante, gli “schemi logici”, cioé quei presupposti impliciti, quegli “a priori” sui quali invisibilmente si sostengono quei brevi archi di argomentazione logica che è possibile rinvenire nei discorsi stessi. Prevale così l’impressione di una comunicazione per affabulamento retorico, piuttosto che per trasmissione integrale e critica di saperi – come in fondo ovvio per l’ambito letterario. La cosa è in fondo del tutto comprensibile: le descrizioni sono condivisibili per via dell’estrema uniformità e precisione del nostro apparato cognitivo (una bandiera rossa è sostanzialmente rossa per tutti – anche se per i daltonici si tratterà di una convenzione). Le emozioni, almeno la loro gamma essenziale, si riconoscono (cioè comunicano nel senso di “notizia”) facilmente e senza sforzo alcuno, “per simpatia” (evocarle negli altri invece è difficile, e rappresenta l’essenza stessa dell’abilità artistica o poetica). Tutt’altra cosa per i presupposti impliciti del pensiero, del discorso “razionale”: essi sono per lo più inconsci e spesso del tutto ignoti a chi li adopera, la loro enucleazione richiede strumenti complicati e socialmente controversi, ed è estremamente faticosa e frustrante. C’è allora da stupirsi se questi scambi finiscono invariabilmente per assestarsi su qualche livello di “malinteso” reciprocamente accettabile?
    In quest’ottica, si può contemplare il tentativo di un certo insieme di letterati di aprirsi, di essere utili alla società (trasformandosi in “intellettuali”) in tutto il suo aspetto patetico, che è anche profondamente tragico. Essi si allungano spesso verso la scienza, alla ricerca di autorità e riconoscimento (promettendo in cambio agli scienziati un po’ di “glamour”, una patente di completezza, da uomo rinascimentale, almeno presso il proprio pubblico di creduloni) ma, non potendosi accollare alcuno dei meccanismi “punitivi” (principalmente della disonestà intellettuale) che rendono la scienza così “efficace” (per lo meno in alcuni ambiti) non riescono a far altro che creare ulteriore confusione, dando così l’impressione di ricercare semplicemente visibilità e quarti di nobiltà intellettuale, cosa che magari riesce presso il proprio pubblico, ma ha ben poche chance di approdare a qualcosa di più della notorietà elargita da qualche mass-media complice nell’operazione. Tuttavia, come dimostra la storia dell’arte contemporanea, ovvero il “laboratorio” per molti versi più avanzato di queste tematiche, ciò può diventare condizione sufficiente ad un successo personale “definitivo” (ovviamente sulle nostre scale temporali) – non trovo quindi biasimo alcuno da poter muovere verso tutto questo.

  3. Ah, naturalmente il “linguistic turn”, riducendo la scienza ad una particolare retorica, risolverebbe ogni problema, eludendo anzi la possibilità stessa di porsi simili problemi. Si tratta comunque di fazioni in lotta, staremo a vedere chi la spunta.

  4. non vorrei che la sintesi risultasse troppo brutale, ma da quello che dite se ne deduce che la buona letteratura è la letteratura buona
    🙂
    (possibilmente di sinistra – quelli di destra bravi sono di sinistra e non lo sanno, gli altri tutti reazionari intimisti brrr – sinceramente democratica, magari romanticamente comunista o moltitudinaria scic, ma soprattutto impegnata e civile, magari sofferente e sofferta, programmaticamente maledetta ma sempre intensamente pudica, evangelicamente attenta ai deboli, desiderosa di rovesciare il mondo verso il bene o almeno di denunciarne il male.
    In due parole: moralista e bigotta 🙂
    [senza offesa eh, si parla di parole])

  5. @ roquentin sentenzia: “Talentuosi si nasce”, a parer mio, è un’affermazione che non riguarda il talento: la maggior parte delle teorie dell’ “innatismo del genio” sono pacchiane elucubrazioni per giustificare l’esistenza di elite intellettuali a cui non tutti possono accedere: per natura, appunto. E’ in nome della natura che si sostengono le più tronfie idiozie”. quindi, nel tuo caso, o illuminato olimpico roquentin, si deve desumere che trombone hai scelto tu di diventarlo? è una grande peso che ci togli. possiamo tornare allora a sperare nel libero arbitrio. e smettiamo pure di lamentarci del nostro destino e dei doni che la natura ci ha dispensato. se non siamo tutti diventati dei piccoli mozart è solo perché non lo abbiamo voluto, nevvero? o grande incommensurabile filosofo dei mie due, ma perché non te ne torni alle tue unità di crisi e ci lasci discutere di romanzi?

  6. “quindi, nel tuo caso, o illuminato olimpico roquentin, si deve desumere che trombone hai scelto tu di diventarlo?”
    L’avvento del comico.
    Puoi desumere quello che ti pare: non sono io a dedurre per conto tuo (come è evidente, per fortuna). Non ti costringo ad alcun pensiero, uomo libero:)
    “possiamo tornare allora a sperare nel libero arbitrio.”
    Non vedo il nesso, ma io ero già libero, perciò non mi preoccupo.
    ” e smettiamo pure di lamentarci del nostro destino e dei doni che la natura ci ha dispensato”
    Tutti, smettiamo, tutti quanti in coro, trallalà.
    “se non siamo tutti diventati dei piccoli mozart è solo perché non lo abbiamo voluto, nevvero?”
    Ti consiglio la lettura di “The mismeausure of man [1981]” di Stephen Jay Gould: uno peggiori tromboni degli ultimi decenni, come sai di sicuro. In più, è opportuno precisare che gli unici studi sull’ereditarietà di caratteri complessi sono firmati Sir Cyril Burt, un lestofante letteralmente sputtanato da Leon Kamin (ti consiglio di prendere qualche informazione su quest’altro emerito sconosciuto, trallalà); che il dibattito più interessante sull’ereditarietà dell’intelligenza avvenne tra Leon Kamin e Hans J. Eysenck, e ti consiglio di leggerlo, perché non l’hai letto.
    “o grande incommensurabile filosofo dei mie due, ma perché non te ne torni alle tue unità di crisi e ci lasci discutere di romanzi?”
    Concludo: ho la netta sensazione che tu sia sempre lo stesso anonimo e che stia cercando si stabilire il primato mondiale in uno strano decathlon di figure di merda. Ma adesso parliamo pure di libri. Trallalà. Bla:)

  7. @ wu ming tu scrivi
    “Ho la capacità di fare certe cose, e l’inettitudine a farne altre”.
    Definizione esatta. Per te l’altro è il falegname ma direi che la definizine si adatta a meraviglia anche ai diversi scrittori;-)
    L’innatismo del talento è un argomento delicatissimo e irrisovibile (come se è nata prima la gallina o l’uovo) quindi del tutto inutile discuterene, se non per dire cose ovvie. Nascerci è chiaro che non basta (è solo lo 0,0000000-1) però è anche vero che non tutti hanno lo stesso talento o sviluppano la stessa ossesione. Va a spiegare il perchè, ma è chiaro che se uno non è alto non sarà mai un campione di palla canestro;-), ovvio che essere alti poi non basta.
    Non vedo proprio perchè il talento letterario, o artistico, dovrebbe essere un unicum.
    georgia

  8. dharmayoga, adesso mi hai stufato.
    Primo, evita gli insulti, non ti sto rispondendo, ti sto quasi coccolando.
    Secondo: puoi trovare per te stesso tutte le prove che vuoi (non so: ti sovviene il nome di una patologia, per caso?). Anzi, ti consiglio di postare tra altri venti minuti con un altro pseudonimo per darti ragione, poi di andare al bar e di offrirTI un bel caffè, di stringerti la mano, di controllare d’essere vivo, e poi di meditare sull’unico problema filosofico consistente secondo Camus. Può darsi che il mondo si alleggerisca, di lì a poco:) Trallalà.
    @ Georgia: “L’innatismo del talento è un argomento delicatissimo e irrisovibile (come se è nata prima la gallina o l’uovo) quindi del tutto inutile discuterene, se non per dire cose ovvie.”
    Beh, a dire il vero, per quanto ne so, con la dovuta professione di modestia, prima che mi tirino di nuovo le orecchie (non sto sfottendo te, Georgia), azzardando, spremendo qualcosa dalle mie misere letture, mi risulta che si debba parlare di “talenti differenti” se si passa dal piano discorsivo a quello scientifico (a dire il vero, non credo sia necessario); e per il resto, l’argomento non ha soluzione, come dici tu. Ma si può parlare di talento senza farsi ossessionare da Dharmacoso o dagli eccessi della precisione, se il parlamento è d’accordo, se nessuno s’indigna, etc.:)
    Coro
    [AL PASSAGGIO DI Dharmayoga questo messaggio di autodistruggerà.]
    “Nascerci è chiaro che non basta (è solo lo 0,0000000-1) però è anche vero che non tutti hanno lo stesso talento o sviluppano la stessa ossesione. Va a spiegare il perchè”
    Già, mi sa che non si può, ma si può continuare a usare il termine talento nel senso “corrente”.
    ” è chiaro che se uno non è alto non sarà mai un campione di palla canestro;-)”
    Con delle eccezioni, Georgia, la volontà conta eccome, a dispetto delle infondate credenze di Dharmacoso:
    Spud Webb, 1.67, che vinse anche la gara delle schiacciate, era un campione.

  9. Le differenze genetiche all’interno di una popolazione, a meno di mutazioni particolarmente favorevoli che istituiscano (retrospettivamente) una sottospecie, di solito si dispiegano in tranquille “campane di Gauss”. Invece i “paesaggi di potenziale” che vengono a crearsi entro le complessità di una cultura, possono istituire dei dislivelli assai più rilevanti. Determinare come una differenza genetica possa andare ad influenzare le traiettorie di esplorazione di questi inafferrabili paesaggi, sta ancora aldilà delle possibilità umane, mentre è facilissimo vedere che laddove non ci sono i necessari presupposti sociali non può sorgere genio alcuno. Quindi io sono sostanzialmente d’accordo con Roquentin. C’è però da considerare anche la dimensione simbolico-mitologica, quella che ci fa considerare un eroe semidivino il vincitore della gara olimpica con 9.99″, ed una nullità un secondo classificato con 10″ netti, mentre è evidente che si tratta suppergiù della stessa cosa.

  10. Portate un po’ di pazienza se posto questa cosa un po’ lunga:
    “Mattia provava a ripetere ora le stesse azioni, a godersi appieno tutta la libertà di cui disponeva; si fermava a ricercare i sogni di quell’età, i profumi di quella giovinezza.
    Seduto davanti all’Orto botanico, al laghetto della leggenda, quante volte aveva aperto i suoi libri e ogni tanto aveva affogato i suoi occhi in quelle acque ricoperte di foglie, aveva ascoltato il canto degli uccelli, contemplato i loro giochi, il loro svolazzare da una pianta all’altra, il loro sparire dentro i rami della grande magnolia!
    Ma della giovinezza gli mancavano ora il vigore, la curiosità, la folla dei desideri e delle speranze.
    Era vero dunque che quella, e unicamente quella, è l’età più bella della vita.
    Lo aveva raccomandato tante volte ai suoi figli mentre la stavano vivendo; li aveva spronati a gustarla senza paure, tentennamenti. E aveva provato una grande gioia quando li aveva visti sciogliersi, naufragare nell’ebbrezza della loro età.
    Un giorno gli avevano domandato se li considerasse ragazzi intelligenti.
    Mattia era rimasto sorpreso di quella richiesta rara, preziosa, intima.
    E non era stato facile rispondere.
    Con calma, studiandosi di non turbarli, aveva principiato col dire che ogni essere umano è intelligente, e l’intelligenza si coltiva come molte altre cose che appartengono all’uomo; la loro età soprattutto richiedeva questo esercizio e aveva raccomandato l’impegno assiduo non solo nello studio ma anche in tutto ciò che facevano, vedevano, sentivano nelle loro giornate; li aveva stimolati a non respingere lo sforzo che la mente richiede allorché si sente impacciata a capire: mai ritirarsi, adagiarsi nel torpore, nella lusinga della rinuncia.
    E poi aveva lasciato intendere, con tutta la delicatezza che gli era stata possibile, che possono esserci vari gradi di intelligenza.
    Quando il vostro insegnante spiega, aveva esemplificato con il sorriso sulle labbra, voi vi accorgete che qualcuno dei vostri compagni subito apprende, mentre altri assimilano con più fatica; altri ancora invece si smarriscono, si perdono.
    Successivamente, l’insegnante alza il livello delle difficoltà; la mente viene sollecitata ad uno sforzo maggiore.
    In queste occasioni, solo una parte di quelli che prima avevano compreso è in grado di seguire il professore; alcuni per la prima volta perdono il passo, hanno bisogno anche loro di meglio assimilare.
    Ecco perché si è portati a credere che ci siano più gradi di intelligenza.
    Ma la vita la si può godere sempre e in ogni condizione, aveva concluso sorridendo; e non è poi quella grande fortuna che si dice essere intelligenti più degli altri.
    I figli gli avevano dato ragione; avevano sorriso con lui.”
    Bart

  11. “se non siamo tutti diventati dei piccoli Mozart è solo perché non lo abbiamo voluto, nevvero?”
    Sì, Dharmayoga, è proprio così: e tu devi averlo voluto *molto* intensamente. Sei riuscito solo a diventare un codardo. Chiamalo “brutto karma”, peccato che il tuo “brutto karma” abbia un IP.

  12. ah … poi … naturalmente c’è anche la predisposizione del nome che non va sottovalutata. Ad esempio:
    GIAnni biondiLLO = GIALLO
    Putroppo la genialata non è mia, ma del bravissimo Tramutoli che l’ha scritta su NI 🙂
    in precedenza ne aveva scritta un’altra bellisima:
    Re-noir .. il più luminoso degli impressionisti. Che ossimoro (ossario arabo). Franz, mi solletichi il velopendulo del non-sense. Degenerare i generi. E’ un chiodo fisso… di pelle. E per restare sul sintetico direi che mi sveglierò domani, alcantara del gallo, perchè la vita è bella se aviaria
    cfr. qui

  13. Il fatto è che il titolo del post è stato profetico: sono dovuta letteralmente volare a Torino senza preavviso e posso collegarmi solo saltuariamente e velocemente. Userei il singolare, Rob: e inviterei dharmayoga a moderare i termini. A meno che il suo scopo non sia quello di dimostrare che i blog sono una manna per linciatori. Se così fosse: abbiamo capito, grazie, a risentirci.

  14. ….E poi aveva lasciato intendere, con tutta la delicatezza che gli era stata possibile, che possono esserci vari gradi di intelligenza.
    Bart
    forse è meglio dire che l’intelligenza non è una. Molti pensano che sia ‘varia’ e che possa variare per molti motivi.
    Non ho prove (come credo nessuno ne abbia a garanzia di opposte tesi), ma mi piace pensare che in questo ci sia un fondo di verità.
    Che poi le discriminazioni che ci inventiamo (che convengono e meglio omettere l’-a chi-)ne facciano una questione di misure e numeri e performances, vabbè. Che poi molte situazioni sociali portino all’abbrutimento di qualsiasi intelligenza/talento (a volte pure di quelle sorrette da forti volontà), vabbè. Che poi ci integriamo vicendevolmente e (mi auguro) piacevolmente, vabbè :-). Che a noi tutti spetti il compito di promuovere e creare condizioni per lo sviluppo di qualsiasi tipo d’intelligenza (talento?), vabbè pure questo.
    Una cosa che mi piacerebbe veder declinare e poi sparire (ma, nonostante la longevità familiare, non credo mi sarà dato di vivere così a lungo) è la brutta mania di quantificare e rendere circense/museale/performance l’intelligenza (sempre e solo una, poverina: che solitudine).
    Non aspiro all’aurea mediocrità, ma a un ambiente che promuova lo sviluppo umano e che spinga Tutti a coltivare i propri talenti (che ‘attingono da’ e portano arricchimento alla collettività)e a non considerli superiori o inferiori rispetto a metri posticci e interessati.
    Sì, forse sto dormendo e questo è un sogno, però non svegliatemi.
    besos
    ps.direi che pur’io mi situo nella scia wuminga ivaniana ecc..e….. apprezzo pure gli intermezzi trallalleri di Ivan. Che ti è successo, figliolo? stai decisamente migliorando 🙂
    Ps.s. Lolip quando cerco di postare da altra postazione il tuo blog mi scambia per uno spammer. Prima che anch’io mi aggreghi al corteo di Angela, puoi chiedere alle limpide kataintelligenze di fare qualcosa?
    ‘notte

  15. Grazie, spettatrice, di aver avuto la pazienza di leggere quel lungo brano.
    Come dici tu, parlare dell’intelligenza non è facile. Io mi sono azzardato a fare un’ipotesi legata alla vita di tutti i giorni.
    Mi piacerebbe pensare, invece, che tutti si sia dotati dello stesso livello di intelligenza e che una parte possa restare atrofizzata in qualcuno per ragioni diciamo di educazione ambientale, e che sia possibile in qualche modo recuperarla (non certo alla mia età!), ma come?
    Bart

  16. Bart, a parte alcune plateali eccezioni, penso che quello che dici sia vero e che cioè tutti (più o meno) siamo dotati della stessa intelligenza (il talento poi, se dio vuole, è diversificato), la cosa sicura è che tutti abbiamo il diritto (e anche dovere) di usarla al meglio.
    Come fare?
    Beh, cercando di redere politicamente e socialmente effettivo PER TUTTI l’articolo 3 della nostra Costituzione:
    Art. 3.
    Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
    qui

  17. che a uno che si firma dharmayoga venga dato del codardo perchè usa un nickname da uno (o una?) che si firma col nickname babsi mi sembra davvero il colmo. io, babsi chi lei sia non lo so. forse sono il solo. comincio ad avere infatti il sospetto che siete i soliti quattro gatti e vi conoscete tutti tra di voi. così se uno fuori del gruppo s’inserisce nella discussione e si permette di sfotticchiare uno del gruppo, nella fattispecie il prode filosofo roquentin (non è un altro nickname pure questo?) che per parlare di romanzo di genere – ovvero un genere “particolare” di romanzo – pretende dal dialogatore di turno la definizione di “tutto” (sob), ecco che il povero dharmacoso viene accusato addirittura di fomentare il linciaggio: eppure cara lipperini loredana (cognome e nome certificati!) sfogliando il suo blog mi pare che ci siano state missive ben più violente e volgari della mia. quanto ai sospetti che babsi ha su di me sono assolutamente azzeccati. sì, lo confesso: io volevo diventare un piccolo mozart e, purtroppo, non ci sono riuscito – non mi resta che sperare nella società di uguali profetizzata dal vate roquentin, dove tutti saremo dei sommi geni. quanto a lei, signor o signorina babsi, che invece a leggre quello che mi scrive non ambisce a nessuna grandezza, anche non essendo a conoscenza del suo IP – diesel o senza piombo? – mi permetta di rassicurarla: lei è e rimane un piccolo stronzo o una piccola stronza. ah, l’ambiguità dei nickname! Non li ho mica inventati io, nè sono il solo ad usarli. mi pare.

  18. che a uno che si firma dharmayoga venga dato del codardo perchè usa un nickname da uno (o una?) che si firma col nickname babsi mi sembra davvero il colmo. io, babsi chi lei sia non lo so. forse sono il solo. comincio ad avere infatti il sospetto che siete i soliti quattro gatti e vi conoscete tutti tra di voi. così se uno fuori del gruppo s’inserisce nella discussione e si permette di sfotticchiare uno del gruppo, nella fattispecie il prode filosofo roquentin (non è un altro nickname pure questo?) che per parlare di romanzo di genere – ovvero un genere “particolare” di romanzo – pretende dal dialogatore di turno la definizione di “tutto” (sob), ecco che il povero dharmacoso viene accusato addirittura di fomentare il linciaggio: eppure cara lipperini loredana (cognome e nome certificati!) sfogliando il suo blog mi pare che ci siano state missive ben più violente e volgari della mia. quanto ai sospetti che babsi ha su di me sono assolutamente azzeccati. sì, lo confesso: io volevo diventare un piccolo mozart e, purtroppo, non ci sono riuscito – non mi resta che sperare nella società di uguali profetizzata dal vate roquentin, dove tutti saremo dei sommi geni. quanto a lei, signor o signorina babsi, che invece a leggre quello che mi scrive non ambisce a nessuna grandezza, anche non essendo a conoscenza del suo IP – diesel o senza piombo? – mi permetta di rassicurarla: lei è e rimane un piccolo stronzo o una piccola stronza. ah, l’ambiguità dei nickname! Non li ho mica inventati io, nè sono il solo ad usarli. mi pare.

  19. Darma,
    non so se faccio parte di questa congrega blogghesca. Probabile.
    Però sono una mite e tranquillona, vorrei lo fossi pure tu.
    Visto che quì non si prendono cura di te e che tu fai tanti sforzi per ottenere un minimo di decente attenzione, mi sento in dovere di darti il benvenuto.
    Lo faccio con una dotta estrapolazione dal blog di Lucio Angelini.
    http://www.lucioangelini.splinder.com/
    è solo una piccola parte, per non intasare il blog Lipperinico, l’interessante seguito lo trovi al link di cui sopra.
    Benvenuto, anche a nome di Scialpi.
    L’IOE L’ES
    E’ LA PRIMA VOLTA CHE
    VENGO NELLA TUA CITTA’
    MA CHE STRANO EFFETTO FA
    QUESTA PIAZZA QUESTA VIA
    IO LE HO CONOSCIUTE GIA’
    MA NON IN QUESTA VITA MIA
    MISTERO CHE NON POTRO’
    SPIEGARE MAI
    L’IO E L’ES VIVO FUORI
    E DENTRO ME
    ecc ecc..

  20. @ dharmayoga
    mi dispiace tanto che lei non sia riuscito a diventare un mozart, ma forse è meglio, vivrà certamente più a lungo e più felice.
    Sul fatto che ci conosciamo tutti … beh io non conosco nessuno e non provo neppure curiosità.
    Quindi non faccia la vittima affetta dalla sindrome dell’intruso che è cosa un po’ fastidiosa, anch’io sono stata ripresa dalla lipperini e, da quando frequento questi luoghi, devo riconoscere che io e lei siamo stati gli unici ripresi, anch’io avevo detto qualcosa a ivan 😉 (ma credo che la cosa sia solo una delle tante coincidenze della vita e della rete), per la verità io non avevo usato il suo linguaggio offensivo e volgare, ma mi ero solo limitata a lamentarmi (più divertita che offesa) di aver ricevuto, in puro stile stalinista, l’accusa di essere una “tara intellettuale”. Per il resto nulla da ridire il blog di loredana lipperini è libero e interessante e si può dire quello che si vuole, anche noi (il noi non è riferito anche a lei per carità!) “tare”, quindi la smetta di fare la vittima;-).
    georgia

  21. @ georgia
    Se avessi saputo della tua esistenza nel 1995 quando scrivevo “Cencio Ognissanti e la rivoluzione impossibile”, ti avrei scelto come fidanzata del mio Cencio, al posto di Federica (mica ti chiami così?). Se Cencio avesse avuto accanto una moderna Dolores Ibarruri, chi sa che non avrebbe reso la rivoluzione da impossibile a possibile, facendo di se stesso, anziché uno sconfitto, un trionfante vincitore.
    Senti, georgia, devo proprio regalartelo il mio romanzone. Mandami in e mail il tuo indirizzo e faccio una salto in soffitta a prelevarne una copia, da dedicarti con affetto.
    Chi sa che non troveremo il modo di discutere di politica, accendendoci ed esalatandoci un po’.
    Bart

  22. “Quindi non faccia la vittima affetta dalla sindrome dell’intruso che è cosa un po’ fastidiosa, anch’io sono stata ripresa dalla lipperini e, da quando frequento questi luoghi, devo riconoscere che io e lei siamo stati gli unici ripresi, anch’io avevo detto qualcosa a ivan ;-)”
    Georgia, non è che tu avessi detto qualcosa a Ivan…e sulla questione della tara intellettuale si è discusso su NI, e non qui, con tanto di spiegazioni, chi le vuole leggere le legga, la tua versione dei fatti è francamente “difettosa”, ma possiamo discuterne in mail o altrove, mi pare, visto che non si tratta di un argomento di interesse generale (precisazione a uso e consumo dei lettori di passaggio)

  23. @ ivan
    come il solito sbagli ;-)la mia versione dei fatti è precisissima, quando ho tempo te la copio inocollo.
    Sì, ne abbiamo discusso in NI, ma poi qui io ho fatto una battuta su di te riguardo alla storia della “tara” e sono stata ripresa, nulla di male, anzi mi ha divertito 😉
    Dai figuriamoci se ho voglia di discutere di una simile bischerata per e-mail.

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