DI MADRI, DI EDITORIA

Punto primo.
Non ho visto il film di Cristina Comencini, di cui molto si parla oggi nelle cronache per le contestazioni a Venezia. Non posso, dunque, esprimere giudizi, ma posso pormi, e porre, una domanda:  quanto conta il fatto che in Quando la notte si parli di una madre imperfetta? Le risposte, con ogni probabilità, saranno negative, figurarsi, e si impernieranno su eventuali pecche tecniche o drammaturgiche. Eppure, il sospetto rimane: perchè ogni volta che si va a intaccare il mito del materno si solleva un putiferio. Non solo in Italia.
Ricito Badinter (rassegnatevi, di questo saggio parlerò ancora molto):
“In una civiltà in cui l’io innanzitutto viene eretto a principio, la maternità è una sfida, persino una contraddizione. Ciò che per una donna che non ha figli è considerato legittimo, non lo è più quando diventa madre. La preoccupazione per se stessa deve cedere il posto al dimenticare se stessa e il voglio tutto viene sostituito da gli devo tutto“.
Non è vero? Sicuri?
Punto secondo.
Maurizio Bono riferisce, su Repubblica, dei mutamenti in atto alla Mondadori (a proposito, in tutt’altro contesto, quello delle collane da edicola, Gialli, Urania ecc., era già avvenuto un cambiamento in luglio, con l’addio di Alan D. Altieri e l’arrivo di Franco Forte).
Così:
“Nuovo strappo a Segrate tra autori importanti e direzione della Mondadori. Stavolta per l´allontanamento di Andrea Cane, uno degli editor di più lunga carriera, per anni responsabile del settore della saggistica, dove finora l´amplissimo e autorevole catalogo è riuscito a far convivere studi di valore internazionale e bestseller, ma soprattutto nomi politicamente e culturalmente variegati. Così, mentre tra i saggi in corso di pubblicazione nei prossimi mesi la casa editrice guidata da Marina Berlusconi annuncia titoli come La mafia uccide d´estate di Angelino Alfano (a novembre) e Che ci faccio qui del vicepresidente della Camera Pdl Maurizio Lupi (ottobre) a fianco a quelli di Jeremy Rifkin e Pietro Ichino, l´allontanamento di Andrea Cane, maturato nel corso di una ristrutturazione degli organici in atto da mesi, provoca la protesta di quattordici autori, con la lettera pubblicata in questa pagina. Alcuni tuttora capisaldi della saggistica di Segrate, da Carlo Fruttero a Pietro Citati, altri già decisi a cambiare editore come Augias (a gennaio il suo nuovo libro uscirà da Rizzoli), lo stesso Mancuso e Zucconi, che paventano l´offerta di una consulenza proprio per il settore della saggistica all´autore di casa ed ex ministro dei Beni culturali Sandro Bondi . Così vanno dritti al punto: «Non vorremmo leggere nella combinazione di questi eventi i sintomi di una deriva che non sarebbe all´altezza delle tradizioni (e della storia) di Mondadori». Questo episodio si aggiunge all´abbandono della casa editrice nell´agosto 2010 da parte di Vito Mancuso dopo la legge “ad aziedam”, al successivo scontro tra il presidente Marina Berlusconi e Roberto Saviano concluso la scorsa primavera con la pubblicazione per Feltrinelli dei monologhi di Vieni via con me e alle manifestazioni di solidarietà verso Saviano di molti scrittori del gruppo, Einaudi compresa. Così l´ultima puntata di oggi sembra ripartire proprio da lì: dopo l´uscita di Saviano molti autori avevano identificato negli editor della Mondadori una ragione per “resistere”, ora è l´estromissione di un nome di riferimento, nell´ambito di un riassetto gestionale, a preoccuparli. Ed è ciò che trasforma un episodio interno alle dinamiche aziendali di Segrate in un motivo di allarme.
Andrea Cane, anglista di formazione e rappresentante colto del mestiere, è stato editor alla Mondadori dal 1984 al 1994, tra il 1998 e il 2000 alla Rizzoli, poi di nuovo a Segrate responsabile della saggistica dal 2002. Qualche mese fa, dopo l´uscita da Segrate del numero uno della divisione libri Gian Arturo Ferrari, l´arrivo alla direzione generale di Ricky Cavallero e il trasloco alla Rizzoli di Massimo Turchetta, la responsabilità della saggistica era passata a Fancesco Anzelmo (editor tra gli altri del libri di Mario Calabresi, Concita De Gregorio e Federico Rampini). Ma i rapporti di Cane con l´azienda, raccontano in diversi, si erano andati deteriorando, fino all´allontanamento, venerdì scorso. Contribuendo ai dubbi per un mutamento di indirizzo che una battuta sarcastica (di corridoio) riassume con «da Saviano ad Alfano»”.
Ps. Domani, per chi c’è, sono a Mantova.

22 pensieri su “DI MADRI, DI EDITORIA

  1. aspetto con impazienza,quasi non ci dormo,la pubblicazione di un saggio travestito da romanzo edito a segrate di qualche comunista liberato da silvio nel quale si disvelano i meccanismi precisi per cui il matriarcato non percepito avrebbe rovinato il maschio italiano trascinandolo sui marciapiedi e in certi locali dal fascino equivoco nei quali nessuna delle vittime un giorno avrebbe mai pensato di potere mettere piede(il riferimento a montecitorio è puramente casuale)
    http://moransa.com/music/ADAM%20AND%20THE%20ANTS-VERY%20BEST%20OF-SiLvErDuSt-sEcTiOn8-320%20kbps/03%20Dog%20Eat%20Dog.mp3

  2. su Comencini: a questo punto c’è da sperare che, comunque sia il film, tutto ciò incuriosisca la gente a vederlo e a fare i conti con il tema.
    Le risate saranno state un modo di difendersi, anche se il film fosse malfatto certi argomenti “arrivano” per forza.

  3. Sil gruppo Mondadori.
    Niente paura. Abbiamo sempre una gloriosa schiera di intellettuali rivoluzionari che lottano e fanno esplodere le contraddizioni “dal di dentro”.
    E ribadisco, niente paura. Il dissenso e persino il conflitto sono la merce più preziosa e ambita che l’industria culturale è om grado di spacciare.
    La critica dello spettacolo, divenuta lo spettacolo della critica.
    Mondadori (Einaudi) non si sognerà di rinunciarvi.
    Lo sapevate che il Caimano ha sborsato un milione e mezzo di euro per acquisire i diritti dell’opera omnia di Ernesto Che Guevara, dopo il successo de “I diari della motocicletta?”

  4. Se gli spettatori hanno riso, un motivo ci sarà: potrebbero sbagliare loro e potrebbe aver sbagliato Comencini. Non basta appigliarsi alle dietrologie sociali per difendere i propri errori. E’vero che Medea, anche se non passa mai di moda, si presta facilmente al grottesco. Sarebbe consigliabile proprio per questo, molto talento e molto carisma. Insomma l’aiuto di un Consulente. A questo proposito, ricordo uno spettacolo di Branciaroli. Gli avrà chiesto una mano, Comencini?
    Comunque si può anche sbagliare. Non è la fine del mondo.

  5. fischiare i film italiani a Venezia durante le proiezioni stampa sta diventando una (triste) abitudine da parte di alcuni nostri critici e giornalisti cinematografici, comunque mi piace segnalare che in una sezione collaterale del festival è stato proiettato Maternity blues di Fabrizio Capponi, tratto dal testo teatrale, From Medea di Grazia Verasani, e ha ricevuto un’accoglienza decisamente migliore.
    Non ho visto nessuno dei due film quindi mi astengo da ogni giudizio anch’io, ma da appassionato di cinema mi trovo d’accordo con Tozzi: ridere durante un film drammatico mi sembra quantomeno fuori luogo, se vuoi “tirare i pomodori” li tiri alla fine della proiezione non durante

  6. “ogni volta che si va a intaccare il mito del materno si solleva un putiferio. Non solo in Italia.”
    Loredana ti va di nominare qualche altro romanzo o film sul tema che ha fatto discutere? A me viene in mente solo “Lettera ad un figlio mai nato”, ma erano davvero altri tempi…qualcosa di più recente?

  7. Uno è recentissimo. Un libro di Deborah Papisca, “Di materno avevo solo il latte”, che parla di depressione post partum. Su Vanity Fair, il (povero) Giorgio De Rienzo, scomparso da poche settimane, lo commentò con queste parole “Peccato, ci si aspettava un bell’infanticidio”.

  8. Non so Loredana – come te non ho visto il film.
    Però penso al target, al target di quel pubblico – perchè vedi io ci sono stata una volta al Festival e la sensazione che ho avuto è che se dici che sei incinta e sei contenta ti sputano in entrambi gli occhietti. Il festival costa, il festival è radical chic, e il lessico del festival e delle signorine che lo popolano è fieramente ostile al materno. Mi sembra difficile che il problema sia stato questo in quel contesto – non credo che sia stato il primo film sulla questione. Forse hai ragione non so. Lo devo vedere a sto punto.
    Le narrazioni comunque cambiano. La psichiatria era convinta fino a poco tempo fa che siccome c’era la prolattina ti pare che una si deprime se è incinta? E invece ora si scopre che si deprime e la prolattina facile che non ce la fa. Ma è interessante constatare come per gli psichiatri vale sempre una presunta legge di natura costruita narrativamente, e non l’esperienza singola ricostruita narrativamente.

  9. a proposito di latte e derivati c’è anche “Latte nero” di Elif Shafak, sottotitolo “storia di una madre che non si sente abbastanza”, in cui l’autrice si racconta a partire dalla sua depressione post partum.

  10. Beh, Alice Munro e Michael Cunningham gran belle storie di cattive madri le hanno scritte, però ci sono in giro parecchie ciofeche sull’argomento: che secondo me è abbastanza di moda, vivaddio, nel senso che se ne parla parecchio, ma è un po’ come l’anoressia, o la droga, non basta averne esperienza per scriverci un bel romanzo.

  11. Francesca: in questo caso, però, non è in discussione l’estetica ma il contenuto. E noto che anche su questo blog, in passato, è stato sufficiente toccare l’argomento per suscitare interventi appassionati. Ripeto, non mi interessa se romanzi e film siano brutti o belli. Mi interessa che la rappresentazione tocchi o la madre meravigliosa o la Mater Terribilis. In mezzo, ci sta al massimo la madre superaffaticata.
    In questo ha perfettamente ragione Zauberei, specie nella sua frase finale.

  12. No, Lipperini, in questo caso è in discussione non il contenuto ma l’estetica. “Quanto conta il fatto che in Quando la notte si parli di una madre imperfetta? [..] Eppure, il sospetto rimane: perchè ogni volta che si va a intaccare il mito del materno si solleva un putiferio. Non solo in Italia.”
    La risposta è che non conta nulla. Questa volta possiamo tirare un sospiro di sollievo: i soliti sospetti non sono i colpevoli.
    Per questo magari ognuno di noi dovrebbe perdere il vizietto di partire per la tangente delle proprie ossessioni (ha già scordato il caso Strauss-Kahn?)
    I fischi al film della Comencini non dovrebbero essere presi a pretesto per buttare là l’argomento, perché l’argomento è troppo serio per essere collegato a un film orrendo (orrendo per come è fatto non certo per cosa tratti e quando uscirà al cinema potrete urticarvi anche voi con la sceneggiatura da fiction, della recitazione rupestre e dei violini didascalici).
    Senza cadere appunto nella sineddoche, in quella parte-per-il-tutto, che lei ci ha acutamente spiegato nel suo post precedente.

  13. Mah! A me Mondadori pare che pubblichi sempre più robetta che vale poco o niente, o meglio che vende tanto ma la qualità è bassissima, tolti pochissimi autori. E per robetta intendo autori contemporanei che valgono quanto un’unghia incarnita o meno ancora.
    In ogni caso non mi è mai sembrato che la Mondadori da edicola degli ultimi anni, ma anche prima, fosse chissà quanto rivoluzionaria. Semplicemente l’azienda Mondadori acquista e mette sul mercato autori di destra e sedicenti autori di sinistra, purché vendano: quindi non stupiamoci che in catalogo c’è Che Guevara, ad esempio. E’ cosa più che normale per una azienda che mira a vendere e a vendere tanto, al di là della qualità e dell’appartenenza politica. Non credo dunque in una fantomatica redazione di uomini liberi, di editor e scrittori, che dall’interno scardinerebbero il sistema: diciamo che fanno parte dell’azienda e che sin tanto che riusciranno ad avere un seguito di pubblico l’azienda non li sbatterà fuori.
    Il film della Comencini non l’ho visto né nutro interesse di vederlo, per cui…

  14. Bondi consulente per la saggistica…è una battuta o una bestemmia?
    La Mondadori è specchio del proprietario attuale, che vuole pubblicazioni di un certo tipo per evitare di dare spunti di riflessioni e dubbi alla gente. Dubbi che non sia mai, potrebbero portare a mettere in discussione il suo operato. Ma ormai non servono libri per far nascere una coscienza: la realtà è talmente palese che solo chi vuol difendere l’indifendibile perché è della sua stessa pasta può non vedere.
    La Mondadori tornerà a essere una casa editrice quando non apparterrà più alla famiglia Berlusconi: ora è soltanto una sua appendice.

  15. “in questo caso, però, non è in discussione l’estetica ma il contenuto” – vorrei specificare che per brutto o bel romanzo -o film- non intendo la bella scrittura, ma proprio il contenuto, cioè il modo in cui è trattato l’argomento. Anche delle madri imperfette (come dei vampiri, o della droga, o dell’anoressia, o di un delitto, o della guerra…) si può scrivere per parlare del nostro lato oscuro, si può restituire la complessità e la problematicità della questione, la sua irriducibilità, in modo che l’opera interroghi il lettore; oppure banalizzare, semplificare, servirsi di cliché e retorica, confezionare una storiella di facili risposte, consolatoria, moralista, o compiaciuta ecc..

  16. Non apprezzare o addirittura fischiare un film può avere tante motivazioni,
    ma se durante la proiezione di un film drammatico (qualunque sia l’argomento) sgorga spontanea la risata è probabile che qualcosa nel film non abbia funzionato e dal drammatico sia scaduto nel grottesco e caricaturale.
    Non vedo perchè la risata debba essere considerata una mancanza di rispetto, trovo ben più cafoni i fischi piuttosto che una reazione spontanea (forse sono ingenua?).
    Capisco la delusione per l’insuccesso e il volersi difendere, ma a volte mi piacerebbe sentire un regista italiano che fa autocritica e si fa sfiorare dal dubbio di aver aver sbagliato qualcosa invece di partire a ruota con la storia dei critici contro e dell’avversione a tavolino.

  17. …anche io, pur essendo d’accordo sul fatto che il tema della “madre imperfetta” sia piuttosto scottante, credo che forse biosgnerebbe prima vedere il film presentato a venezia per capire il pechè delle critiche…
    sarà che poco fa ho rivisto “la bestia nel cuore”, sempre della comencini e come la prima volta l’avevo trovato grottesco e pesante in molti suoi pezzi, ho rivissuto le stesse sensazioni alla seconda visione,
    come ad esempio la scena del parto in cui lei rivive il suo passato ed è il momento catartico in cui soffrendo si “libera” dei suoi fantasmi
    ecco, forse io ho interpretato male, ma questo mettere sempre il parto come momento clou della vita di una donna, evento che scioglie tutti i nodi irrisolti, va molto di moda ma secondo me, boh, forse è eccessivo
    ricordo che mia cugina, due figli, madre a tempi pieno, mi ha detto quando mi sono laureata di godermelo, che sarebbe stato un giorno di cui mi sarei ricordata per sempre…un giorno veramente “mio”…
    insomma, forse che la comencini ha esagerato nel drammatizzare e anche tutto questa enfasi sulla figura della madre, alle volte, è stata trattata in modo pesante? e due risate, non vedo cosa ci sia di male…io alla visione del cigno nero ne ho fatte di fragorose, il film l’ho trovato orrendo ma almeno mi son sfogata…

  18. Francesca: Sta per uscire, per Nutrimenti, un romanzo dal titolo “L’amore imperfetto” di Irene Di Caccamo sul tema maternità. ed è una maternità difficile, non desiderata, quasi subita. Un percorso complesso, raccontato a mio avviso splendidamente, che di idilliaco non ha proprio nulla e che racconta di tutte quelle donne che l’istinto materno non sanno proprio dove andare a pescarlo.

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