DICO A TE. STO PARLANDO CON TE.

Nel frattempo, le iniziative contro la violenza si moltiplicano (e questo è bene). Oggi, per esempio,  è il blogging day indetto dall’Aied, che fino al 28 aprile raccoglie contributi sul tema, soprattutto – ma non solo – su social network.
Provo a dire la mia, che è poi quanto ho raccontato due giorni fa durante l’incontro di cui al post di ieri.  Continuo a essere convinta che le due strade (immaginario e azione sociale e politica) si intreccino, e che la seconda non possa essere efficace senza la prima.
Ma agire sull’immaginario significa rivolgersi in primo luogo ai ragazzi. Ai giovani maschi. Significa non solo lavorare sulla loro cultura, a partire dall’infanzia, ma trovare, davvero, le parole per dirlo e persone disposte a dirlo. Persone di cui hanno stima.
Significa che di violenza sulle donne dovrebbe occuparsi, per esempio, un canale televisivo come DMAX, e non solo  magazine femminili benemeriti.
Significa che una presa d’atto della questione andrebbe fatta nei luoghi dove i giovani maschi, o almeno molta parte di loro, si ritrovano e crescono: il calcio, come suggeriva settimane fa Iaia Caputo, alcuni fumetti (esiste una ricerca italiana simile a questa, che parla di una larghissima maggioranza maschile fra i lettori?),  la stessa letteratura (scriverebbero mai, un Camilleri e un Faletti, un romanzo come Rose Madder, dove di centri anti-violenza si parla?).
Significa anche, però, che di narrazione si deve discutere, e non di interventi didascalici o politicamente corretti (e dunque destinati a essere poco efficaci). Significa che bisogna trovare il linguaggio, e provare a liberarlo da toni colpevolizzanti o, viceversa, vittimistici.
Esempio possibile. Questo video: il tema, nel caso, è il bullismo.  Non è perfetto (e cosa mai lo è?) ma potrebbe pur essere uno spunto.
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Ps. I discorsi sulla cultura e le donne intrapresi all’inizio di questa settimana possono, come si vede, andare di pari passo. Li riprendiamo, comunque, lunedì.

19 pensieri su “DICO A TE. STO PARLANDO CON TE.

  1. Concordo su tutta la linea, a partire da immaginario e narrazione; già lo sai, ma ribadirlo non fa mai male.
    E anche: finché la maggioranza dei maschi non sentirà come ‘affar loro’ la violenza verso le donne, una svolta radicale non sarà davvero possibile.
    Quindi, al lavoro. E sì, partiamo dalle storie, da ascoltare e da condividere.

  2. Le esperienze di lettura e di animazione a partire dai piccoli delle scuole dell’infanzia sono fondamentali : essi assorbono dal contesto(familiare, sociale, educativo) la linfa e le strutture che poi forgiano le loro radici culturali. Fondamentale che le azioni – quelle anche gia’ in essere, strutturate e diffuse ( penso a Nati per leggere) – diano una mano nell’educare gli educatori a scegliere le storie da raccontare e attraverso tali letture prendere spunto per dialogare con i piccoli che – garantisco – sono pronti gia’ in tenera eta’ a recepire le informazioni sulla parita’ di genere e non solo.

  3. Ottimo spunto NPL.
    Penso anche che i padri potrebbero diventare destinatari importanti per una campagna di sensibilizzazione. A partire già dai corsi preparto per le nuove famiglie…

  4. Grazie Loredana per aver dedicato spazio alla nostra iniziativa “No Violenza – Contro lo stalking, il femminicidio ed ogni altra forma di violenza sulle donne”.
    Chiediamo a tutti di partecipare e di spingere forte il messaggio in rete, pubblicare l’iniziativa sui propri spazi (Facebook, Twitter, blog, siti) dedicando attenzione e stimolando la discussione su proposte concrete mirate a contrastare un fenomeno che interessa tutti da vicino.
    Siamo d’accordo con te, agire sull’immaginario significa parlare in primo luogo ai ragazzi, fin da piccoli, trovando il giusto linguaggio e le persone più adatte ad essere voce, persone di cui si ha fiducia.
    Solo così potranno crescere con un senso di rispetto e comprensione profondo.
    Grazie!
    AIED

  5. sono d’accordo dobbiamo rivedere la narrazione le filmografia e lavorare sui giovani nei luoghi in cui si aggrgano e si incontrano
    Bisogna poi pensare ai comportamenti
    quali sono le reazioni di fronte ad un alcolizzato uomo o donna sono le stesse?
    e di fronte ad un gigolo o una escort sono le stesse?
    di fronte ad una donna costretta a scegliere tra lavor e famiglia sono le stesse che si hanno nie confronti degli uomini?
    segnalo questo spot fatto in Francia contro le violenze ricordando che nel 2010 fu la grande cause nationale
    e nel 2011 il ministero della Pubblica istruzione ha lanciato una campagna contro il bullismo
    questo è uno dei video a mio avviso più efficaci
    http://www.youtube.com/watch?v=Wq_YCTaxu_I
    http://www.dailymotion.com/video/xbll1v_campagne-contre-les-violences-faite_news

  6. lavoro da due anni in un centro diurno per minori con problemi familiari e questo è un lavoro che sto tentando di fare ma c’è come una dissociazione (anche nelle femmine, pur se non in tutte) che li porta a fare una narrazione (attraverso la discussione o il digital storytelling), ad informarsi, a cercare immagini, ma nello stesso momento a riaffermare stereotipi e pregiudizi come se fossero gli unici attraverso cui sentirsi esistere, sentirsi vivere.
    A volte penso che per far sì che i due stati si sovrappongano occorrerebbe, più che altro, un’esperienza, una pratica di nonviolenza con le giuste tecniche. Le parole incidono la superficie. Sotto ribolle l’angoscia, la rabbia e il deserto di sostegno.

  7. Per non generalizzare sull’atteggiamento dei maschi segnalo a chi non l’avesse letto il romanzo di Gianrico Carofiglio Ad occhi chiusi

  8. Morgaine, non vorrei che quanto ho scritto venisse frainteso. Non intendo dire che gli scrittori italiani ignorano l’argomento. Peraltro, a giugno uscirà anche un romanzo di Giampaolo Simi sul tema della violenza contro le donne. Quello che auspicavo è che uno scrittore – un autore MOLTO famoso, e MOLTO letto, per quello ho citato Camilleri e Faletti – seguisse prima o poi l’esempio di Rose Madder e di Insomnia dove King pone AL CENTRO della storia non semplicemente la violenza maschile, ma il lavoro dei centri antiviolenza americani e del movimento femminista in supporto delle donne abusate. Un autore maschio e popolarissimo. Questo era il concetto.

  9. Devo dire, anche con un certo orgoglio, che il fumetto popolare italiano è riuscito a parlare di questo tema. Penso, per esempio, a storie di Diabolik (e di Eva Kant: ne ho scritte un paio anch’io, che ritengo importanti) o di Dylan Dog e altri bonelliani. All’appello manca Tex, è vero, ma la questione è delicata: in un fumetto western, così classico, è difficile raccontare questo tema con efficacia, senza forzature. Ho sempre pensato che una storia non debba nascere da un messaggio, semmai viceversa. Il messaggio, se c’è, deve scaturire in modo naturale dalla storia. Questo lo renderà efficace. E va anche detto che Sergio Bonelli era contrario, in Tex, alla rappresentazione della violenza sulle donne, per una sorta di pudore in un senso davvero buono del termine, un senso sano, che io capivo.
    Per inciso, il fumetto popolare italiano è molto letto da entrambi i sessi. Diabolik e Dylan Dog, già citati, hanno moltissime lettrici.
    Purtroppo, si tratta sempre di più di un pubblico adulto.
    I ragazzi leggono sempre meno fumetti, e sempre meno fumetti sono fatti per loro. Difficile distinguere quale sia la causa e quale sia la conseguenza, in questo circolo vizioso. Quindi non è (più) il mezzo più efficace per parlare ai giovani. Un vero peccato. E qui si aprirebbe la strada per altre riflessioni, fuori luogo in questo ambito.

  10. Ringrazio di cuore Tito Faraci, valoroso sceneggiatore di fumetti, per l’intervento. Perfettamente d’accordo sul fatto che il messaggio non deve mai calare dall’alto ed essere introiettato dal narratore. Altrimenti perde d’impatto. Sarebbe interessante – e importante – che molti autori raccogliessero la sfida. Che non è semplice, e che non può essere calata in ogni contesto. Eppure, credo che occorra provarci.
    Altro discorso quello che riguarda il target. Ma anche gli uomini adulti (cui, mi sembra di capire, si rivolgono i fumetti italiani) ne trarrebbero, credo, giovamento. Spero che nel mondo degli sceneggiatori e dei disegnatori questo discorso si diffonda. Grazie, ancora.

  11. Il tuo incoraggiamento è giusto. È vero che si è fatto qualcosa… ma, in questo caso, non è mai abbastanza.
    Mi piacerebbe tornare su questo argomento, sia con le mie storie sia con la mia testimonianza di autore. Sto pensando come.

  12. Vorrei segnalare che violenza sulle donne, omofobia e mancanza di educazione sessuale/affettiva ai ragazzi sono stati due dei temi sviluppati nei free style di MTV Spit delle ultime due settimane. Se si calcola che l’ambiente hip hop e’ normalmente considerato abbastanza misogino e omofobo (a volte a ragione), mi sembra un bel passo avanti – paradossale comunque che in Italia questi temi trovino terreno fertile nella cultura da strada del rap e non cosi’ di frequente nei luoghi della cultura istituzionale o della tv generalista.

  13. La musica pop (per rimanere a questa) un linguaggio eccellente l’ha sempre adottato per comunicare messaggi contro la violenza. Vengono in mente due casi storici: Bad di Michael Jackson e Mother of Violence di Peter Gabriel (ma un possibile elenco sarebbe sterminato).

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