Qui da noi, ieri, si discuteva dell’intervista a Bernardo Bertolucci in cui il regista diceva, a proposito della famigerata scena di sodomia che costò il rogo a Ultimo tango a Parigi:
“L’idea è venuta a me e a Brando mentre facevamo colazione… A un certo punto lui ha cominciato a spalmare il burro su una baguette, subito ci siamo dati un’occhiata complice… Abbiamo deciso di non dire niente a Maria per avere una reazione più realistica, non di attrice ma di giovane donna. Lei piange, urla, si sente ferita. E in qualche modo è stata ferita perché non le avevo detto che ci sarebbe stata la scena di sodomia e questa ferita è stata utile al film. Non credo che avrebbe reagito in questo modo se l’avesse saputo… Sono cose gravi ma è anche così che si fanno i film: le provocazioni a volte sono più importanti delle spiegazioni… E’ anche in questo modo che si ottiene un certo clima, non saprei come altrimenti. Maria aveva vent’anni. Per tutta la vita è stata rancorosa nei miei confronti perché si è sentita sfruttata. Purtroppo succede quando si è dentro un’avventura che non si comprende, lei non aveva i mezzi per filtrare quello che succedeva. Forse sono stato colpevole ma non potranno portarmi in tribunale per questo”.
Infatti, non è questione di tribunali. La questione è semplicissima: una ragazzina senza tutele è stata costretta a girare una scena che non voleva interpretare, perché in quel contesto era il soggetto debole (una giovanissima donna, sconosciuta, fra un mostro sacro e un regista affermato) e ritenuta incapace di comprendere il progetto artistico, quindi la sua volontà è stata ignorata e poi schiacciata. Detto questo, essendo stata fra coloro che all’epoca hanno difeso il film dal rogo (e lo rifarei), trovo becerissimi i soloni che strillano “perbeniste! L’arte è arte!” alle donne che hanno reagito con sgomento alle dichiarazioni. Perché sembra che non aspettino altro, onestamente, e si comincia a essere un po’ stanca di tutti questi (presunti) libertari che vivono attaccati al computer aspettando il momento giusto per bastonare la femminista.
Non è finita.
Qui da noi tocca leggere risposte di direttore di magazine femminili (si chiama F, Cairo editore), che potete consultare al link di Un altro genere di comunicazione. Io ho una sola parola: ignobile.
Ecco, queste sono alcune delle cose che accadevano ieri e di cui si discuteva sui social network. Invece, in Francia, accadeva un’altra cosa: si votava lo stop ai concorsi di bellezza per minori di sedici anni. E ne parla il New York Times. E non so quanti soloni alzino il ditino per dire “perbeniste!”, da quelle parti.
Ci tengo a dire che le giustificazioni di Bertolucci sono indegne: neanche l’ultimo regista di B-movies tiene all’oscuro un’attrice di un cambiamento tanto importante. Quando si girano scene di questo tipo gli attori coinvolti lo sanno già da prima non vengono tenuti all’oscuro e informati all’ultimo minuto, è così che si lavora..Bertolucci ha deciso di comportarsi diversamente commettendo una grave ingiustizia.
Posto anche qui ciò che ho scritto su facebook: Brando e Bertolucci decisero di loro iniziativa quel cambiamento che nel copione non c’era senza informare per tempo la Schneider, e ciò è stato gravissimo: una scena di quella portata e di quel tipo e una modifica così importante va discussa con tutti gli attori coinvolti a maggior ragione con un attrice giovane e alle prime armi. Ho amato Io ballo da sola e The Dreamers e non smetterò di amarli, si può essere grandi registi e pessimi esseri umani, una cosa non esclude l’altra nè la implica
L’avessero fatto Tinto Brass o Joe D’Amato si sarebbe parlato solo di cinici sfruttatori (come più o meno sono sempre stati considerati) in realtà non credo abbiano mai avuto bisogno di fare certi imbrogli, e non potevano promettere l’ingresso nel cinema che conta.
I registi di genere non avevano soldi né tempo da perdere, quindi tendevano a essere estremamente franchi e brutali già dai provini.
La scena del burro è roba da “sexpoloitation” come dicono gli amanti dei b movie anni 60-70. Anche se gli “Autori” finiscono sempre per aggiungere un sacco di smaronamenti esistenziali per giustificare lo sfruttamento del filone.
Provocatoriamente: se l’attrice fosse stata un attore, Bertolucci si sarebbe comportato allo stesso modo?
Non ho capito una cosa: le persone che all’epoca difesero questo film erano al corrente di questa cosa (cioè del fatto che fosse praticamente uno stupro) o no?
No. Solo molti anni dopo Maria Schneider, prima di morire, disse che era stata costretta a girare la scena contro la propria volontà.
peraltro l’ultimo tango è un colpo mortale alla gioia di vivere(e scrivo così solo perchè dire che “è una cagata pazzesca” mi sembra indelicato).E per quel film,ripeto solo per quel film(il resto della produzione è interessante)viene quasi il caso di citare il bukowski di pulp quando mette in bocca a un camus redivivo un commento a proposito delle capacità artistiche del Thomas Mann della montagna incantata:”quell’uomo pensa che la noia sia un’arte
concordo con Elena Elle. Assolutamente.
Rilancio poi sui concorsi di bellezza per bambine.
Negli Stati Uniti sono molto in voga: richiesti da donne, gestiti da donne e affollati di bambine (le loro figlie) a partire dai 5 anni di età e sottoposte a ogni sorta di tortura per apparire belle e vincere.
Non ho mai letto su siti, blog o testate femministe una sola parola contro queste donne. Al contrario, sono sempre presentate come vittime, loro stesse, di una “cultura maschilista”.
Quando parliamo di ipocrisia, parliamo anche di questo.
Su Bertolucci: i suoi film – da decenni a questa parte – sono penosi. Fantasie onaniste di un vecchio. Quando ho visto l’ultimo Tango, era una roba da ridere. Sembrava una parodia, con Brando con l’eyeliner e l’ombretto, e quei silenzi evocativi seguiti da frasi a effetto pseudo-psico-filosofiche. Giusto ai francesi, può piacere roba del genere.
“è stata ferita (…) e questa ferita è stata utile al film”
Ipse dixit.
Ma certo se è in nome dell’Arte allora cambia tutto… 🙁
A me sembra indicativo il fatto che una non-notizia susciti clamore: che si fosse trattato di uno stupro era già noto, ma l’aveva detto l’attrice (=donna), dunque notizia passata in cavalleria. Adesso lo dice il Grande Regista (=maschio), e sembra uno scoop: rifletterei anche su questo.
Quanto al Grande Regista, al suo secondo o terzo film Goffredo Fofi (d’accordo, gusti ostici e palato difficile, ma quando ci prende ci prende alla grande) lo definì “il nuovo ju-ju della borghesia” (vado a memoria, il giudizio è in “Capire il cinema”) e nulla di quel che Bertolucci ha fatto, prima e dopo quel giudizio, mi ha fatto cambiare idea: aveva ragione Fofi, ogni film di Bertolucci è fatto per poterne discutere in salotti radical-chic.
Grazie della risposta. Girolamo, io per es. non ne sapevo nulla di questa cosa, put avendo visto il film; me lo fece vedere il mio ragazzo dell’epoca e si scandalizzò perché non mi piacque. Be’, vedo qui che sono in buona compagnia e sono contenta che non mi sia piaciuto. Questo post mi ha fatto tornare in mente l’indignazione che ho provato tutte le volte che fior di persone difendono Polanski sminuendo lo stupro di cui si è reso responsabile. La violenza è violenza e non c’è arte che tenga, anche perché l’arte nel mettere in scena la violenza se ne distacca, non la agisce realmente.
Lo so che non è il punto della questione, ma visto che lo dicono in tanti mi aggiungo anch’io: Ultimo Tango lo andai a vedere facendo quasi a botte per entrare, appena tolsero la censura e mi annoiai mortalmente. Era il 1986, mi pare. Successivamente, a cena, dovetti sostenere il disappunto di tutto il resto della comitiva, essendo l’unico a cui non era piaciuto. Bello scoprirsi dopo tanti anni in numerosa compagnia! E il fatto che il regista, in nome di una superiore quanto autocertificata sensibilità artistica, si autoassolva da un’azione così brutta gettando ulteriore fango sulla vittima, di cui denigra post mortem l’intelligenza e la sensibilità, lo qualifica come niente più che un pezzente. Artisticamente e umanamente.
Il caso di Bertolucci, noto da anni come dice girolamo, è l’ennesimo di un filone inauguratosi molti decenni fa: ossia il maschilismo imperante nel nostro cinema.
Sia chiaro: ha (aveva) ragione Monicelli quando dice che non era pensabile negli anni ’50-’60 mettere in scena una donna che non “esisteva” nella realtà.
Il problema è, come sempre, non il “cosa”, ma il “come”. E lo sguardo di molti dei registi dell’epoca era “connivente” con il maschilismo. In pochi si sono sganciati. E certo Bertolucci, che pure ha diretto un paio di film eccezionali, non è stato tra questi.
E’ un argomento difficile da sollevare, persino le autrici di oggi evitano di parlarne. Perché vivono in un ambiente quasi completamente maschile, e non è facile far venire fuori questa tema senza rimetterci (in termini di contatti e di carriera).
mi è tornato in mente un curioso episodio che può giovare alla causa.Durante le riprese del maratoneta un giorno il grande laurence olivier chiese all’ottimo Dustin Hofman come mai passasse tanto tempo a prepararsi correndo come un matto.-“e’ per entrare nella parte”,rispose lui,”Metodo Stanislavskij. Perchè tu che altro faresti?”,aggiunse vedendolo forse un po scettico.A quel punto Laurence Kerr lo fulminò con un perentorio:”Beh,per esempio potrei sempre mettermi a recitare.”Orientativamente
http://www.youtube.com/watch?v=JN2Vo8PPjS8
@ Maurizio
Era il 1987, lo ricordo bene perché è la prima (e credo unica) volta che mi sono addormentato al cinema. “Ultimo tango” è pornografia, non perché contenga scene di sesso all’epoca “hard” (suppongo), ma nel senso in cui DFW definisce pornografia film incentrati su 3-4 scene a effetti speciali (non importa se “tecnologici”, come “Terminator 2” o “Titanic”, o “nature”) che bastano a basire lo spettatore pollo, senza uno straccio di narrazione filmica che colleghi le scene-pivot per la restante ora e mezza. L’unica differenza con “Novecento” o “L’ultimo imperatore” è che dopo la scena della sodomia non arriva una banda (non importa se suona l’Internazionale o Sakamoto) a spiegare allo spettatore che la scena è stata un capolavoro e bisogna mentalmente applaudire e raccontarla come un capolavoro. Bertolucci è, dal punto di vista filmico, l’ABC della ruffianeria (non a caso cercò di convincere, per fortuna invano, Sergio Leone che avere Claudia Cardinale in “C’era una volta il West” e non farla “accoppiare” con Charles Bronson sarebbe stato uno spreco). Resta che anche se stessimo valutando un artista, e non un costruttore di ipertrofici apparati di produzione di noia a mezzo noia, lo stupro di Maria Schneider non sarebbe comunque giustificabile – ma questo va da sé.
per dire che Bertolucci si è comportato in maniera indegna come neanche il più tiranno dei suoi colleghi (che è vero) non c’è nessun bisogno di demolire il suo cinema con un accanimento degno di miglior causa, a mio parere
(en passant: la definizione che DFW da’ di pornografia è assai discutibile con tutto il rispetto, e come si faccia a dire che i film di Cameron, tra i migliori registi di blockbuster in circolazione, non hanno una narrazione filmica..io non lo so)
@ Paolo1984
La tesi “Si, ma è arte” si compone di due affermazioni: “è arte”, (dunque) “gli è consentito”. Beh, non gli era consentito, e (secondo me) non era neanche arte. E la totale incomprensione delle soggettività femminili, sempre piazzate lì nei film come figurine a tesi, da parte di Bertolucci ha molto a che fare col suo disprezzo verso l’attrice.
Il film, per la cronaca, è del 1972…e comunque la violenza in quel film si spreca, non c’è solo quell’episodio di violenza fisica…ne trasuda.
Purtroppo a volte basta un po’di prurito a fare di una storiaccia un capolavoro…
Credo sia il caso di specificare chiaramente che la scena di sesso è simulata, NON SI TRATTA DI UNO STUPRO IN DIRETTA altrimenti a quest’ora Bertolucci sarebbe in carcere. Pero’ si tratta di una grave violenza e di una manipolazione, di un’effrazione al libero arbitrio di una persona.
Credo sia il caso di specificare, usando le parole dell’attrice che la scena della sodomia non era reale. “«Mi sono sentita un po’ violentata da Brando» confessò al Daily Mail nel 2007 «Quella scena non era prevista. Mi sono arrabbiata ma non ho potuto dire di no. Avrei dovuto chiamare il mio agente o il mio avvocato perché non si può obbligare un attore a fare qualcosa che non è nella sceneggiatura. All’epoca ero giovane, non lo sapevo. Marlon mi disse: “Maria, non ti preoccupare, è solo un film”, anche se sapevo che quello che faceva non era reale, ho pianto lacrime vere. Mi sono sentita umiliata e un po’ violentata, sia da lui che da Bertolucci. Dopo la scena non mi consolò».
Mi sembra evidente, perdonate, Caterina e Barbara. La violenza, però, non è soltanto fisica, no?
No, certo che la violenza non è soltanto fisica. Non qui, ma nel resto della rete il dibattito è sullo stupro. Che ci sia stato un comportamento scorretto, violento è ok ma uno stupro è un’altra cosa.
Visto che su Bertolucci mi ritrovo nelle parole di molti qui, e in particolare di Girolamo, mi limito a ribadire la gravità, per me, dell’umiliazione e della violenza nel veder negata la propria libertà di scelta, e questo proprio nella rappresentazione di uno stupro. Lasciando da parte le mie opinioni personali sui suoi film, io qui sto proprio giudicando il suo comportamento e non mi sento per nulla perbenista nel sentire violato, oltretutto, il mio rapporto di fiducia di spettatrice, fatto che anche se secondario alla violenza subita da Maria Schneider a me non pare da poco. (Ed è un discorso generale, indipendente dal momento in cui vengo a saperlo.)
Ma vorrei spostarmi sull’altro argomento del post, i concorsi per bambine. Quest’estate sono stata negli USA, e per ben due volte io e mio marito siamo stati invitati a fare indossare alla nostra figlia più piccola, di otto anni, un reggiseno (in realtà un reggi-idea-di-un-seno-che-non-c’è-ancora), una volta in una piscina comunale in una cittadina del Midwest, una seconda volta a Chicago, dove una poliziotta l’ha avvicinata mentre giocava nell’acqua in un parco chiedendole chi fossero i suoi genitori e poi ci ha intimato di farle indossare qualcosa per coprire il seno. Per loro era “indecent exposure”, ci hanno detto in piscina, o forse ci accusavano di esporla a sguardi potenzialmente pedofili. A noi è proprio il coprirla che è sembrato una forma di sessualizzazione precoce, per non dire che la consideriamo una discriminazione grave, ma lì nessuno pare ribellarsi. I concorsi sono, a mio avviso, solo un passo ulteriore, e che in Francia si faccia qualcosa e negli Stati Uniti invece molte madri si coalizzino a difenderli (ho appena trovato un servizio della ABC in proposito), a me conferma che il perbenismo e il moralismo – decisamente più diffusi negli USA – sono proprio da parte di chi non trova da ridire sui concorsi e sulle immagini che influenzano e costruiscono l’immaginario collettivo. Incluso quello delle madri. Dire questo non significa assolverle, ma, come sempre, non prendere in considerazione gli squilibri di potere rende a mio avviso inutile e anzi estremamente dannoso ragionare in termini di corresponsabilità. Il che vale per tutti e tre i casi citati.
Ho sentito parlare di responsabilità della vittima di violenza (“tanto quanto” è l’espressione che ha usato) perfino da parte di una aspirante volontaria di un centro antiviolenza, di recente, per dire quanto è dura uscire da questo stereotipo.
Ultimo Tango è in assoluto uno dei film che amo di più. Un sentimento che non mi impedisce quì di affermare che proprio le due scene di sodomia (non viene mai ricordato che Brando/Paul, successivamente alla scena del burro, si fa penetrare con le dita da Schneider/Jeanne) rappresentano forzature narrative che non aggiungono alcun valore alla storia.
Sicuramente hanno attirato l’attenzione del pubblico e dei censori….
Il significato attibuito all’atto è inevitabilmente cripto-cattolico (vedere il dizionario medico del Paolo Mantegazza, inizi ‘900, per un confronto): Brando punisce Schneider per il suo essere piccolo-borghese, sodomizzando in realtà quell’idea di famiglia.
Allo stesso modo, si fa punire da Jeanne quando tra loro iniziano a parlare d’amore e le vuole dimostrare quale sacrifici quella dimensione comporti.
In entrambi i casi, non credo si possa fraintendere il senso dell’azione.
Sulla querelle post-lavorazione con l’attrice, credo questa meriti il rispetto del silenzio dovuto a chi non c’è più.
Quella scena poteva anche essere una furbata commerciale e sicuramente ha contribuito alla notorietà del film. Vantaggio del quale hanno, ai tempi, usufruito tutti.
Il valore di Ultimo Tango è altrove, nell’atmosfera tenuta dalla luce di Storaro e le musiche di Barbieri, per dirne una. In certe parti secondarie, come quella di Massimo Girotti. L’idea stupenda di questo amante copia conforme del marito venuto a noia.
E’ un film struggente, triste e maliconico, ispirato e sincero. Di fronte a tanta generosità, certe sbavature sono trascurabili.
Lo penso tutte le volte che lo rivedo.
Arrivo consapevolmente in ritardo e forse mi sto anche un po’ sfogando, di questo mi scuso anticipatamente.
Ho vissuto tutto questo dibattito sulle dichiarazioni di Bertolucci con profondo disgusto e con un senso di impotenza che non riesce ad abbandonarmi nemmeno dopo giorni.
Eppure ho un sacco di cose da fare e di pensieri da pensare ma è come se si fosse innescato un corto circuito nella mia testa e non riuscissi a superarlo.
Suppongo che a pochi/e in questa storia importino le parole di Maria Schneider che per tutta la vita (inascoltata) ha ribadito la simulazione delle scene sessuali, suppongo non siano così importanti perchè nella rete si parla di violenza carnale vera e sui social network volano parole grosse: “mani nelle mutande”, “polsi tenuti fermi” e un sacco di persone frugano morbosamente da giorni nella differenza tra verità e finzione.
Così come inascoltate sono state le parole di Maria Schneider sul fatto che sia stata avvisata poco prima di girare la scena (il tempo utile per attuare il raggiro) mentre il grande regista a cui abbiamo dato tanta importanza in questi giorni dice di non averla avvisata affatto.
Io continuo a chiedermi che senso abbia tutto questo, che servizio abbiamo reso a Maria Schneider che è morta e non può più nemmeno ribattere, che utilità abbiamo per le donne se non sappiamo nemmeno ascoltarle.
Maria parla di manipolazione, noi gridiamo allo stupro e all’abuso.
Grazie per la pazienza, Loredana.
http://www.dailymail.co.uk/tvshowbiz/article-469646/I-felt-raped-Brando.html
Un pensiero che mi nasce da quest’ultimo commento e riguarda la capacità di ascoltare le vittime di violenza, e la sua relazione al loro sentirsi libere, capaci di riconoscere e dire la violenza. Ho scritto sopra che giudico, e invece in realtà più che giudicare ho risposto alle parole di Bertolucci, e come me tutti quelle e quelle che non sono rimasti indifferenti a quelle parole. Qualcuna in rete si è chiesta perché parlarne, da parte di Bertolucci, proprio ora. Forse, mi viene da pensare, perché è finito il silenzio che finora ha reso la società sorda, e cieca, di fronte alle innumerevoli violenze che si consumano quotidianamente. In questo senso è stato davvero un silenzio assordante, e io spero che continuiamo a parlarne come si sta facendo qui, e non con le frasi fatte della maggior parte dei media, perché la ritengo la strada che può finalmente condurcene fuori.
Se c’è un dubbio che ho a proposito della parola femminicidio, senza per questo metterne in dubbio l’importanza e l’utilità, è che rischia di far trascurare ai più – e sottolineo ai più, non, ovviamente, a chi se ne occupa – tutta la violenza che magari non finisce “male”, non finisce sui giornali, quella in cui una donna non subisce violenza fisica, ma subisce tutto il resto del repertorio elencato nei centri antiviolenza: intimidire, abusare emotivamente (denigrare, colpevolizzare, umiliare, confondere), isolare, minimizzare, abusare dei privilegi del proprio ruolo, abusare economicamente, usare imposizioni e minacce.
Se non è creduta chi denuncia violenze fisiche, figuriamoci nel caso in cui le violenze non lasciano segni visibili. Riesce difficile ai più crederci, e fa fatica a crederci, a vederla per quello che è, anche chi subisce, forse anche in virtù di una dissonanza cognitiva che le permette di non soccombere del tutto quando non percepisce vie di uscita. E le vie di uscita sembrano chiuse proprio perché chi denuncia non è creduta.
Ecco, io non credo che il dibattito sia inutile o dannoso, anzi. Che un uomo abbia ripensato oggi, seppure in termini molto ambigui, abbia riletto e ridefinito una certa situazione, a me sembra un frutto del lavoro faticoso di uscita dal silenzio e dalla prigione invisibile della violenza di genere.
Non credo affatto che Bertolucci, confessando quanto accaduto sul set di “Ultimo tango a Parigi”, volesse in qualche modo fare ammenda del comportamento tenuto nei confronti di Maria Schneider. La frase “Forse sono colpevole, ma non potranno portarmi in tribunale per questo”, mi sembra anzi di un’arroganza sconcertante: prima di tutto per la presenza di quel “forse”, poi per la certezza, nel momento in cui “confessa”, che tanto non pagherà per quello che ha fatto.
Per giunta, il racconto di come sia nata l’idea di raggirare l’attrice è offensivo quanto lo stesso stupro simulato: due vecchi bavosi davanti a una baguette che si lasciano andare a fantasie senza freno che già sanno di poter realizzare, a causa della loro posizione di potere rispetto alla giovane e inesperta Maria Schneider.
Se davvero Bertolucci fosse stato un regista degno della sua fama, non avrebbe dovuto far ricorso a un trucchetto tanto squallido per ottenere che le urla e le lacrime della Schneider fossero reali: si sarebbe preoccupato di dirigere la scena anche per ore e ore, fino ad ottenere l’effetto voluto, oppure, più semplicemente, si sarebbe dovuto preoccupare di assumere un’attrice più esperta: ma in quel caso, probabilmente, si sarebbe esposto a dei “No” molto più convinti di quelli opposti dall’attrice, appena ventenne.
La follia più assurda, in tutto questo, è sapere che il film e il regista sono stati condannati per l'”offesa al pudore”, ma nessuno pagherà per l’offesa a Maria Schneider.
@Eva Giusto a scanso di equivoci, magari non stai chiarendo a me, ma sono d’accordo con te. L’ambiguità a cui mi riferivo riguarda proprio l’arroganza della sua autoassoluzione. Resta che ne ha parlato e per me è importante continuare a farlo a partire dal fatto che un dubbio è emerso, quasi certamente per via del grande dibattito in corso sulla violenza.
«Detto questo, essendo stata fra coloro che all’epoca hanno difeso il film dal rogo (e lo rifarei)…» Il punto è che ora, sapendo che le scene che allora furono con ragioni sacrosante difese in nome della libertà dell’arte, oggi vanno denunciate in nome della libertà della persona. ha senso difendere un film che è stato la violenza contro una donna? se no, anche gli snuff movies sono arte.
Bertolucci non era per nulla famoso, aveva trent’anni ed era poco più grande della Schneider che, a quell’epoca, non era una ragazzina, ma una donna adulta di 21 anni in grado di intendere e di volere, con un contratto fatto con una agenzia e un compenso equivalente a quattro anni e mezzo di lavoro di un’operaio medio italiano. In Italia purtroppo una donna di 21 anni è considerata una ragazzina dal mammismo nostrano, mentre all’estero già vive da sola da diversi anni. Non c’è stata alcuna violenza contro una donna, ma un abuso, se vogliamo, sul posto di lavoro per una prestazione di lavoro. La violenza sessuale si definisce tale quando si tratta di un atto di libidine, ma qui non vi è atto di libidine, ma un atto recitativo. La scena è stata girata di fronte a decine e decine di tecnici, compresa Git Magrini, la costumista, che era classe 1914. Nessuno si è accorto che c’è stata una “violenza sessuale”. Maria Schneider stessa non si è recata dalla polizia a denunciare nulla, ha difeso il film promuovendolo e non chiedendo che la scena venisse tagliata anche dopo. Semplicemente, nel corso degli anni ha cambiato idea…anche per le sue approfondite simpatie politiche. La polemica montata oggi e montata dalla Schneider è semplicemente strumentale.
Se quelle urla e quelle lacrime erano vere, come lo stesso Bertolucci sostiene, allora di abuso si tratta: vogliamo parlare di “abuso sul lavoratore”, benissimo così. Del resto, quando il capo palpeggia la segretaria che ha paura di perdere il posto è abuso sessuale o sul lavoratore?