Appunti di viaggio. Apro l’agenda.
Ho visitato Palazzo Steri, mentre ero a Palermo, e mi sono venute in mente alcune cose che possono, forse, tornare utili anche per i tempi nostri. Palazzo Steri è uno dei simboli della memoria e dei rischi che si corrono quando la si cancella. Primo, perché quando l’ultimo dei Chiaramonte (la famiglia che fece edificare il palazzo) venne sconfitto dagli Aragonesi e decapitato in piazza Marina, proprio sotto la sua ex dimora, tutti gli stemmi vennero scalzati via. La stessa fine fecero, secoli dopo, gli strumenti di tortura e tutte le testimonianze relative agli orrori dell’Inquisizione, che vi ebbe sede dal 1605 al 1782. Tutto finì al rogo, per volere di Ferdinando di Borbone: atti, documenti, nomi, bruciarono come le carni di chi era stato condannato.
Si perse, appunto, memoria. Poi arrivò Giuseppe Pitré, ed era già il Novecento, e scoprì che sotto sette strati di intonaco, in quelle che un tempo erano celle, c’erano i graffiti dei detenuti, alcuni pii e probabilmente imposti, con martiri e sante ammonitrici, altri, quelli che magari venivano tracciati vicino alle latrine, molto più realistici (“Cavuru e fridu sintu ca mi pigla/ la terzuru tremu li vudella/ lu cori e l’alma s’assuttiglia”). Infine arrivò Leonardo Sciascia, a raccontare in “Morte dell’inquisitore” la storia di Fra’ Diego La Matina, che in quelle carceri venne rinchiuso e che, come Sciascia stesso prevedeva, non è ancora conclusa.
Pensavo a quei sette strati d’intonaco e agli stemmi a cui era stato sottratto ogni rilievo, ogni fiore o stella o spada. E alla facilità con cui ogni giorno, con apparente minor violenza, ci vengono sottratti materiali preziosi della nostra vita e della nostra storia con la loro semplice sostituzione con decine, centinaia, migliaia di altri materiali, destinati a svanire. La letteratura, certo, aiuta, come scriveva lo stesso Sciascia (“Poiché nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini, se la letteratura non glielo apprende”). Purché abbia coscienza di se stessa, e non partecipi a quell’opera di demolizione, spesso senza neppure saperlo.
Chiudo l’agenda.
Salve. A volte anche col solo ausilio del silenzio facciamo in modo che ci venga sottratto qualcosa a cui teniamo. Proprio come sta accadendo con la politica, in questi giorni infausti, facendo in modo che pure la dignità ci venga negata.