Poco fa, rispondendo a un mio status su Facebook dove parlavo ancora della piazza torinese (eh, sì, mi dà tanto da pensare questa faccenda), che ormai le sette organizzatrici hanno caratterizzato definitivamente come piazza SìTav (qui i loro sette punti: sette come i nomi di Dio), un commentatore mi ha fatto i complimenti per non aver lasciato trasparire in trasmissione la mia “appartenenza grillina”. Come se essere contrari al Tav ti qualificasse automaticamente come esponente di questo o quello schieramento, e non fosse possibile criticare la scelta suicida di fare del SìTav la bandiera dell’opposizione nel momento in cui tutto porterebbe in altra direzione.
Facciamo un ripasso.
A febbraio di questo stesso anno, Maurizio Pagliassotti pubblica sul Manifesto un articolo dove si dice una cosa molto semplice:
«Non c’è dubbio,infatti, che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di questi anni, che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni e nessuna persona di buon senso ed in buona fede può stupirsi di ciò. Occorre quindi lasciare agli studiosi di storia economica la valutazione se le decisioni a suo tempo assunte potevano essere diverse. Quello che è stato fatto nel presente documento ed interessa oggi è, invece, valutare se il contesto attuale, del quale fa parte la costruzione del nuovo tunnel di base, ma anche le profonde trasformazioni attivate dal programma TEN-T e dal IV pacchetto ferroviario, richiede e giustifica la costruzione delle opere complementari: queste infatti sono le scelte che saremo chiamati a prendere a breve. Proprio per la necessità di assumere queste decisioni in modo consapevole, dobbiamo liberarci dall’obbligo di difendere i contenuti analitici delle valutazioni fatte anni fa»
Questa è la pagina 58 del documento dal titolo: «Adeguamento dell’asse ferroviario Torino – Lione. Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia fase 1 – 2030» pubblicato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. In pratica, dice, abbiamo sbagliato le previsioni:
“Gli studi di Ltf del 1999 prevedevano un incremento tra il 2000 e il 2010 del 100%, ovvero da dieci a venti milioni di tonnellate. Riviste nel 2004, a causa della chiusura del tunnel del monte Bianco che spostò sul Frejus il traffico merci, ebbero una virile ascesa: da otto milioni del 2005 a quaranta (40) nel 2030. Questo perché le merci in transito verso l’Austria o la Svizzera sarebbero state attratte, chissà perché, dalla Torino – Lione. Oggi, dall’attuale tunnel del Frejus, ammodernato solo pochi anni fa, passano tre milioni di tonnellate di merce. Se si sommano i flussi merce sull’autostrada parallela si arriva a tredici. Alla base della rivolta del territorio valsusino vi erano, e vi sono questi dati.
La responsabilità sarebbe dell’Unione Europea che sbagliò i calcoli, par di capire dal documento governativo, ma ormai è tardi per tornare indietro. Chiosa enigmatica, perché al momento della Torino – Lione Av non esiste un solo metro, a meno che non si prenda in considerazione un piccolo tunnel geognostico costruito in val Clarea. Piercarlo Poggio, docente presso il Politecnico di Torino fa parte del gruppo di accademici che hanno contrastato sul piano scientifico la tratta Torino – Lione Av, commenta: «Sono parole, quelle del Governo, che provano l’approccio scientifico tenuto dal movimento Notav: non abbiamo mai avuto una posizione ideologicamente contraria. I nostri sono sempre stati studi corretti, che provano l’inutilità dell’opera. A maggior ragione oggi è momento per tornare indietro, non per andare avanti come se nulla fosse».
Il tunnel di base costerà 8,6 miliardi di euro ripartiti tra Francia e Italia nella misura del 42,1% e del 57,9%, al netto del cofinanziamento UE che copre il 40% del costo complessivo. L’Italia quindi spenderà tre miliardi di euro a cui si devono sommare 1,7 miliardi necessari per il potenziamento della linea storica: è il cosiddetto «Tav low cost».”
E allora, diranno i miei piccoli lettori, perché si va avanti Lo spiega molto bene, sempre in quel febbraio, Wu Ming 1 su Giap:
“La conclusione è dunque: si va avanti. A dispetto di ogni realtà, si va avanti. E nemmeno questa è una novità.
Si va avanti perché «ormai».
Si va avanti perché, come scrivevamo già nel 2013, «ci sono soldi già stanziati e spesi, impegni da “rispettare”, appalti, subappalti, nomi e cognomi messi in gioco, mani che stringono scroti».
(Ciò vale anche per altri progetti insensati, come il Terzo Valico e il Tav Brescia-Verona, e in generale per quasi tutte le grandi opere in Italia: utili esclusivamente a chi ottiene gli appalti per costruirle, inutili per tutti gli altri; monumenti allo sperpero e alla deturpazione del territorio).
Si va avanti perché bisogna tenere in piedi la facciata.
Si va avanti perché, come ha detto a un processo, uno dei tantissimi processi celebrati contro i No Tav, un PM oggi in pensione:
«il danno grave per il paese [è] il rischio della libera determinazione della pubblica autorità che [sarebbe] in crisi. Perché lì è il rischio per l’istituto democratico, ed è lì che ovviamente anche se [il governo] la ritiene inutile c’è una questione più forte, perché significherebbe rinunciare al principio di democrazia e quindi l’opera deve andare avanti a costo di impiegare l’esercito per farla andare avanti.»
Infatti l’hanno impiegato.
Maddalena ha detto chiaro e tondo quello che altre figure di potere tengono sottaciuto: non è nemmeno più una questione economica, ma principalmente una questione di dominio sui territori.
Bisogna far vedere chi comanda, occultare il più possibile la vittoria dei No Tav, evitare il “contagio” e una devastante crisi di legittimità.
Per questo hanno militarizzato un’intera valle.
Per questo hanno diffamato e criminalizzato l’intera popolazione di quella valle.
Per questo hanno inquisito, incarcerato, processato, condannato centinaia di persone.”
Che ora la memoria sia cortissima e che quelle persone vengano invariabilmente dipinte nel migliore dei casi come “grilline” e nel peggiore come terroristi con le bombe, è nell’ordine infelicissimo delle cose. Ma, almeno, non prendiamoci in giro.
Ora diranno che la Lippa blasta la ggente.
E certo Ekerot.
Loredana, se io mi mettessi a parlare di letteratura con la stessa competenza con cui lei parla di infrastrutture, allora discetterei della sapienza con cui Manzoni tratteggia il carattere di Achille nell’Orlando Furioso e di come Leopardi eccella nella Commedia dell’Arte allorquando narra l’allegra vicenda del Conte Ugolino.
Picobeta! Tornato fra noi ogni volta che si parla di Tav! Ma che fatica deve fare a monitorare la rete per trovare queste tre letterine e rispondere, poverino.
Ps. Guarda caso, non sono IO che ne parlo: nel post riporto ben altri pareri. Ma si sa, lei è il Tav in persona, sa tutto e a tutto provvede, purché il Tav si faccia. Che strano.