E’ possibile accostare il patrimonio e la storia di Radio Radicale, nel giorno della scadenza della convenzione, e il finale di Game of Thrones? Credo proprio di sì, se avrete la pazienza di seguirmi in una riflessione che, evidentemente, contiene spoiler (sul Trono di Spade, non su Radio Radicale) e che non riguarda solo l’abbondanza di doppie Erre in questa vicenda.
Dopo otto anni, chi ha seguito la serie e letto, magari, le Cronache del ghiaccio e del fuoco, sa che la storia non poteva che chiudersi in questo modo, al netto del gossip da social prontamente ripreso dai quotidiani come faccenda da fanatici. George R.R. Martin ha sempre dichiarato di aver guardato a J.R.R. Tolkien nel concepire la propria saga. E l’ultimo episodio è quasi gemello alla conclusione del Signore degli Anelli, perché nelle due storie chi usa il simbolo del potere (l’Anello o il Trono) da quel potere viene consumato.
In Tolkien, Frodo scampa al proprio destino solo per la presenza di Gollum, che è destinato (direbbe Bran Stark) a essere in quel luogo, il Monte Fato, in quel momento. In Martin (perché è sciocco pensare che Martin non abbia approvato il finale della serie, credo) Daenerys subisce quella sorte ineluttabile, e ogni azione compiuta prima di allora la porta al proprio destino E’ Jon Snow che lo evita, di sua iniziativa, e sarà Jon Snow che chiuderà il proprio viaggio da dove tutto ha avuto inizio, sulla Barriera e oltre.
Nei due casi, l’oggetto del potere viene distrutto nel fuoco: quello del Monte Fato, quello di Drogon.
Nei due casi, resta la fiducia negli esseri umani, nonostante la corruttibilità del loro animo: nasce una nuova era, quella degli Uomini in Tolkien, quella di un nuovo modo di governare (rischioso, certo, in entrambe le situazioni, ma tant’è) in Martin.
Nei due casi, la magia fugge altrove: gli elfi partono dalla Terra di Mezzo, l’ultimo drago vola via, e anche se Bran suppone di ritrovarlo, non si auspica che il ritrovamento porti conseguenze, ammesso che avvenga.
Nei due casi, un libro chiude la vicenda. Il Libro rosso dei confini occidentali passa nelle mani di Sam e da Sam verrà donato alla primogenita Elanor. Un libro che si intitola Cronache del ghiaccio e del fuoco viene consegnato a Tyrion nelle ultime scene della serie.
Nei due casi, l’unico potere salvifico è proprio quello delle storie: una storia attraverserà i secoli, una storia verrà consegnata a chi verrà, una storia, e la memoria dei fatti avvenuti e del sangue versato, potrà servire alle generazioni che non avranno attraversato il fuoco, il sangue, il dolore, affinché ricordino.
Nei due casi, infine, chi si chiama fuori dal gioco del potere e della vendetta può aspirare, se non alla felicità (non chiedete troppo alle storie, non sono fatte per rassicurare, ma per appassionare), a qualcosa che si chiama libertà: di attraversare la barriera, di attraversare i mari, forse per cercare altre storie, forse, semplicemente, per vivere il meglio che si può, con i compagni che si sono scelti o da soli, finché non si compie il destino comune (Valar Morghulis).
E’ evidente che le due saghe sono diversissime, ma è altrettanto evidente che camminano su una strada affine, che è quella che prima ancora aveva raccontato Shakespeare, e prima ancora le grandi narrazioni del nostro passato remoto. Per questo, forse, discutere sul finale che avremmo preferito non ha molto senso: il finale della Torre nera di King ha lasciato scontento in moltissimi lettori. Ma è giusto, e non poteva andare diversamente.
E Radio Radicale? Ebbene, ha assolto in altro modo la stessa funzione: ha raccontato il potere e la complessità e la voracità del potere medesimo. Qui, per esempio, trovate il dibattito alla Camera post Tangentopoli sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi. E’ l’aprile del 1993. Ascoltare può fare riflettere. Perché le storie, quelle vere e quelle fantastiche, servono a questo, ed è per questo che le amiamo appassionatamente, da qualunque livello di realtà provengano.
Valar Dohaeris.
Posso vivere un settimana senza cibo, tre giorni senza acqua e nemmeno un giorno senza una storia. Più o meno. Non sono tanto sicuro di aver azzeccato i giorni. Spero non sia vero che chi non conosce la storia è condannato a riviverla perché non ho seguito GOT – come ha invece fatto Crepascola – ed il mio neurone ossidato e senescente al momento non regge storie più lunghe delle quattro vignette con cui Snoopy tenta di dare un senso ad una notte buia e tempestosa, ma sono e sarò sempre in cerca della prossima storia che mi appassioni e mi faccia riflettere. Crepascolino – dieci anni di amore radicale per le storie – mi spinge ogni sera ad inventare una nuova fiaba della buona notte che sia un ulteriore passo avanti in un universo che confermi la sua idea che tutte le cose sono in equilibrio dinamico come un clown colle scarpe lunghe e buffe su di un asse di legno che poggia su di una pallina colorata.