DO IT SIMPLE

Scrivo un post semplice, senza giri di parole e di pensiero, dopo la bufera sollevata ieri sul “sacco verde della differenziata” , l’abito di Silvia Romano al suo rientro in Italia secondo una femminista storica come Nadia Riva, e secondo non poche altre.
Detta, appunto, con semplicità: non mi riconosco in un femminismo bianco, vecchio, borghese, conservatore, indifferente alle mutazioni (e spesso anche alle differenze di classe, come si diceva un tempo)  che espelle la complessità di pensieri e di pratiche, che non prende neppure in considerazione le femministe islamiche, le femministe cattoliche, le transgender, e tutto quanto non può essere ricondotto a “femminismo bianco, vecchio, borghese, conservatore”.
Penso che chiudersi al mondo significhi non solo condannarsi a morire, ma pesare come macigni sulle giovani donne e sulle molte battaglie che fanno e faranno. Perché comunque sia quello in cui si muovono e si muoveranno ancora per un po’ è un mondo maschile, bianco, borghese, conservatore e in questa pandemia si è capito che lo diventerà ancora di più.
Penso che l’equivalenza tra femminismo e potere, sia pur piccolo, sia pur quello di arrogarsi il diritto di esprimere un giudizio su una ragazza tornata da oltre un anno di prigionia, sia tossica. E in modo tossico si esprime.
Penso che naturalmente sono necessari, e ci sono, e grazie al cielo ci saranno, discorsi complessi sul punto, come quello che fa Donna Haraway, per fare un solo nome. Ma mi vengono un po’ i brividi se penso che Manifesto cyborg, che da noi arrivò nel 1995, prefigurava con chiarezza l’insensatezza dell’opposizione natura- cultura. Meglio cyborg che dee, appunto.
Non ho altro da aggiungere: mi auguro invece che parlino le giovani donne, religiose (e di qualunque religione) e no, nere, bianche, latino-americane, queer, transgender, tentacolari come il pensiero dello Chtulhucene, coraggiose e soprattutto realmente desiderose di essere solidali fra loro, e non di essere le cecchine le une delle altre.
(Il pensiero bello è che stasera alle 19 comincia il Salone del Libro, in forma Extra, o Ibrida, o Tentacolare, pensato da donne e uomini cercando di dar conto, appunto, di Altre forme di vita, e non di quelle che conosciamo già. Ci si ritrova qui).

11 pensieri su “DO IT SIMPLE

  1. Grazie, Loredana.
    Sempre dalla parte delle bambine, delle donne, delle persone.
    Il giudizio, se deve essere espresso (e di solito no, non deve essere espresso affatto!) si rivolga alla persona singola, in quanto individuo, e non in quanto appartenente a una (supposta) categoria.
    Un po’ di aria buona, tra tante narrazioni tossiche.
    Leggerò Manifesto Cyborg, grazie a te, sperando si diventi persone, sperando di riscoprire un’umanità Umana.
    Grazie, Loredana.

  2. Viene anche una reazione tipo “gut feeling response”, ma non è necessariamente quella che guida un comportamento, civile e rispettoso..

  3. Io credo che quel femminismo non sia affatto conservatore. Ha solo molto chiaro che ci sono alcuni diritti irrinunciabili, se si vuole difendere la libertà delle donne. Uno è la libertà sessuale. In altro è l’autodeterminazione. Quel velo le nega enrrambe. Non ha niente di libero, niente di progressista, niente di emancipatiorio. Non vedo proprio perché mai dovremmo apprezzarlo. Dice che il tuo corpo non è tuo. Il femminismo, che io sappia, o difende la nostra libertà o non è. Non la libertà di essere schiave: quella ce la hanno contrabbandata per secoli (le religioni e la cultura) come la dimensione propria del femminile. Ce ne eravamo liberate. Ricascarci e definire questa resa un femminismo più attuale mi sembra una mistificazione pericolosa. Per quanto mi riguarda, inaccettabile.

  4. Cara Loredana capisco il tuo pensiero, ma credo sia necessario un chiarmento: il femminismo non ha una sola voce ed è interessante la pluralità di pensiero, per questo non fermiamoci a definizioni sul femminismo, ma parliamo di singole persone pensanti. Naturalmente sono d’accordo sul fatto che giudicare una persona come Silvia da un abito sia perlomeno superficiale e non vado oltre. Grazie sempre per le tue riflessioni che leggo molto volentieri

  5. Sono d accordo con quando espresso da Lorena Currarini. Il velo è un imposizione religiosa che nega il corpo femminile e l’autodeterminazione della donna. Secoli di battaglie per tornare al punto di partenza? Se la prospettiva passa dai dogmi religiosi siamo di fronte a una enorme distorsione in cui libertà, emancipazione e secolarizzazione vengOno cancellate con un colpo di spugna.

  6. Come per ogni fatto nell’era globalizzata anche, e soprattutto, i corpi delle donne contano molto. Penso sia importante ragionare, per chi ha sempre pensato nel femminismo che il simbolico abbia grande valore nell’analisi della realtà, anche a partire dal simbolico di questa pesantissima vicenda. Il pezzo di Cinzia Sciuto, che trovate qui http://www.animabella.it/2020/05/12/la-conversione-di-silvia-romano-e-la-battaglia-simbolica-dellislam-politico/?fbclid=IwAR3FSGc_SZBkvVErvpuDOH4Qwwl4wFQBnkLa0JOeyKB4ND7f4KM3cwmgVWc mi pare questo faccia, perchè non voler vedere anche il corpo di Silvia Romano sarebbe farle torto. E’ proprio sul suo corpo che si sta giocando una partita pesante, e oltre a difendere la sua privacy sono convinta che sia necessario evidenziare alcuni fattori, come fa l’articolo. Altrimenti si rischia di fare la solita prosopopea sulla nuova religione, quella della ‘scelta’ che serve solo a giustificare ogni azione senza responsabilità.

  7. In quel ‘sacco dell’indifferenziata ‘ c’é una giovane donna liberata tre giorni,giorni!, fá da una prigionia di 18mesi. Ma qui si ha fretta di aprire dibattiti sul significato di quel pezzo di stoffa che Silvia ha deciso di non togliere, poco importa che difficilmente potrá prendere parola in questo urgentissimo dibattito. Eh giá ci si dimentica che questa ragazza in questo momento ha tanti bisogni e urgenze che non sono precisamente quelle di rispondere al ‘caloroso’ benvenuto che le é stato riservato da tanti e tante a lei sconosciuti/e. Ci si dimentica che il suo non é stato il viaggio di una femminista alla ricerca dei simboli in cui identificarsi e col velo sia tornata pronta ad affrontare un dibattito. Ma che poi mi viene da chiedere sarcasticamente: l’avete invitata a dire la sua?no,vero?e spero che nemmeno lo farete. Abbiate rispetto e lasciatela in pace,i dibattiti magari un’altra volta e se dovranno essere proprio sul suo velo, almeno abbiate la pazienza di aspettare che sia lei a parlarne. In tutta questa faccenda di un violento rapimento e una crudele accoglienza da parte di alcuni,credo il ‘Sacco verde dell’indifferenziata’ sia proprio l’ultimo dei problemi. Che delusione aver letto quel post; é proprio vero pietá lé morta.

  8. Il femminismo italiano (solo quello italiano?) ha “dimenticato” almeno un paio di cose nell’elaborare pensieri e soprattutto nell’agire azioni: l’empatia (anche ammesso che il pensiero di Nadia Riva sia condivisibile, andava espresso così, stante la vicenda che ha vissuto quella ragazza!? Ben diversi i toni di Cinzia Sciuto, citata giustamente da Monica Lanfranco) e una riflessione seria sul potere. E non è un caso che anche personalmente abbia ricevuto feroci attacchi ogni volta che ho tentato di evocare quest’ultimo punto: forse perché è la cosa che brucia davvero nel mondo femminil-femminista (ma non solo in quello: analoga cosa vale per il mondo LGBT+, ad esempio)?

  9. Posso dire anch’io (citando Diego Bianchi) che: “sono in Italia da cinquant’anni e non sono ancora diventato cattolico”. Detto questo, penso semplicemente che in una persona, la religione e ogni altra questione identitaria (?) siano in fondo solo dei dettagli. L’importante è COSA la persona faccia con la sua fede, o il suo ateismo, il suo femminismo e così via. L’importante è come trattiamo gli altri (tutti gli altri).
    Pensiero semplice ma non semplificante spero…
    Grazie Loredana, per questa Lipperatura e non solo!

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