Come raccontare questi tre giorni? Cosa volete sapere di Margaret Atwood? Vi dico quel poco che capisco dopo una manciata di ore che rimarranno preziose nella mia memoria. Che è una donna di straordinaria fantasia e straordinaria cultura, e che quel che è, e sa, non è mai un peso per l’interlocutore: anzi, c’è sempre un fondo di divertimento e ironia nelle sue parole e soprattutto in quegli occhi da stregatta che sembrano conoscere tutto, anche quello che pensi davvero, e magari è così. Che è una donna curiosa, e che vuole conoscere i luoghi e le persone, dai vigneti delle Langhe alle chiese torinesi. Che la sua lectio magistralis è un capolavoro: e che ti porta alla polla delle storie a cui tutti ci abbeveriamo (cit.) attraverso almeno tre passaggi.
Il primo, entrare nella storia da lettore. Il secondo, saper guidare chi entra, da scrittore.
Ogni lettore di un libro è un Dante che si immerge nelle tenebre. Poi appaiono spettacoli mirabili – è nostra speranza che siano mirabili – e si verificano fatti emozionanti – è nostra speranza che lo siano – e si manifestano verità in merito alla natura umana – è nostra speranza che siano vere. Il tutto si svolge in un linguaggio inventivo e sorprendente – è nostra speranza che il linguaggio sia inventivo e sorprendente.
E ogni scrittore di romanzi è un Virgilio per il Dante lettore.
Ma a sua volta ogni scrittore ha il suo Virgilio. E ogni volta che scrive compie un atto di magia.
Per quanto possa essere lugubre e pessimistico il contenuto di uno scritto, l’atto stesso di scrivere è intrinsecamente pieno di speranza, perché dà per scontata la presenza di un futuro lettore. Anche chi scrive diari in codice presuppone un simile lettore. Altrimenti perché scriverli, o perché non bruciarli? Lo scrittore e il lettore si trovano sempre in momenti diversi: scrivere è l’azione magica di scagliare la propria voce al di là di un vuoto, quello che separa l’atto di scrivere dall’atto di leggere.
Il terzo livello è quello che mostra come si fa una storia. Ovvero, la sua riscrittura di una novella del Decameron.
Ho scelto di dare una versione alquanto diversa della Pazienza di Griselda. Il narratore è un alieno che ha le fattezze di un polipo, mandato da un altro pianeta a intrattenere dei Terrestri infelici in quarantena – sono loro gli uditori, il pubblico. La storia che viene raccontata non è la Pazienza di Griselda, bensì l’Impazienza di Griselda.
Cosa altro posso dire? Che è una scrittrice generosa e incantevole, che ama le sue lettrici e i suoi lettori, che non si sottrae a nessuna domanda. Che è un onore aver incrociato qualche passo con lei. Che è una donna immensa, e che è bellissimo avere un mito, conoscerlo, e trovarlo anche straordinariamente simpatico.