Quello che volevo dire sull’intervista di Michela Murgia è sulla Stampa di questa mattina.
Ci sarebbe molto altro su cui riflettere, e riguarda non Michela, ma le reazioni alle parole di Michela: qualcuno sostiene che essendo il suo un discorso pubblico è normale che si reagisca. Non obbligatorio, però, vorrei aggiungere.
Ma sarebbe lungo. Dico solo che le parole sulla morte o prima della morte hanno sempre suscitato angoscia mista a curiosità, o curiosità mista ad angoscia. Da sempre esistono e si moltiplicano le affannose ricerche (dei vivi) che spesso accompagnano la fine di un’esistenza, e che riguardano l’atteggiamento, l’espressione, dove possibile i discorsi di chi chiude la propria vita.
Non so per quale strana e tortuosa associazione, ho pensato a William Burroughs, che morì a 83 anni il 2 agosto 1997, nel Memorial Hospital di Lawrence.
Non si conoscono le sue ultime parole: per lui, parlano i 1200 vocaboli di Dutch Schultz, protagonista di una sua sceneggiatura costruita soltanto sul monologo finale del proprietario di un bar clandestino negli anni Trenta, meticolosamente annotato da uno stenografo della polizia nelle venti ore precedenti la sua morte.
Le ultime sono: Let them leave me alone.
Ognuno ha le sue. Michela le ha scelte prima. Non c’è altro da aggiungere.