Ho notato una cosa, leggendo i libri di Håkan Nesser e di Kjell Ola Dahl, con cui ho chiacchierato sabato sera a Cagliari (qui la cronaca dell’incontro): c’è meno pudore, nei loro romanzi, nel delineare la fragilità emotiva dei personaggi rispetto a scrittori (non solo di genere) di altri paesi.
La stessa cosa si può dire di tutt’altro libro, La mia lotta, di Karl Ove Knausgård.
Quello che colpisce in questo caso, almeno nel primo di sei volumi a disposizione in Italia, è il mettersi a nudo con la scrittura senza sconti e, soprattutto, senza il minimo autocompiacimento. Cosa rarissima, nello scivoloso terreno dell’auto-fiction: laddove, in moltissimi autori italiani, prevale comunque il segreto piacere di parlare di se stessi. In questo caso, semmai, c’è la disperazione di non poterlo fare in altro modo. E fa la differenza, garantisco.
Forse conta la società da cui provengono? Una logica diversa che fa dell’autocompiacimento un disvalore, una zavorra? Comunità dove è possibile lavorare con gli altri, per gli altri e vederne i risultati?
Eh no. Abbiamo anche noi un campione assoluto di autofiction:
http://www3.lastampa.it/libri/sezioni/il-libro/articolo/lstp/363802/
Ammetto di non aver colto cosa si intende con “il mettersi a nudo con la scrittura senza sconti e, soprattutto, senza il minimo autocompiacimento”, nè cosa significhi che ” c’è meno pudore, nei loro romanzi, nel delineare la fragilità emotiva dei personaggi rispetto a scrittori (non solo di genere) di altri paesi”.
Lo prendo come un pretesto per leggere questi autori che non conosco affatto.
@Loredana
“il segreto piacere di parlare di se stessi”
Non credo sia così semplice. E’ una forma di narcisismo ma più sottile: non la volontà di diffondere la propria biografia ma di esibirne l’esemplarità muove l’auto-fiction. Si vorrebbe essere l’Ortis, il Werther o il Des Esseintes o le Zeno Cosini della propria epoca, anche in negativo, laddove il tipo esibito è quello di una tipica mediocrità. E’ un caso che questo tipo di narrativa sia nato con l’avvento della società di massa? Elevare il proprio sè a oggetto d’identificazione se non di emulazione, è il vero riscatto dall’anonimato, che la pura e semplice autorialità non garantisce più.
Se io avessi ragione, non un eccesso ma una mancanza di sincerità sarebbe il reale difetto di questa letteratura, dove sincerità non è fedeltà alla propria biografia ma alla storia, evitando la tentazione di contraffare mitica mente sè e il mondo.
Ma ormai, per leggere dell’autofiction, non basta fare un giro fra i blog? 🙂
Per una volta condivido il self-centered binaghi:-)
L’esemplarità, in letteratura, è tutto.
@G.L.: appunto. E poi il segreto piacere si parlare di se stessi? Il palese piacere, almeno questo. E senza il bisogno di far paragoni con Proust, come accade per questo autore. Gli scrittori italiani, non parlan d’altro, bene o male, lei e lui, il padre e la madre, tre nel lettone e mamma non lo sa, le riflessioni rovinose mentre papà muore di cancro. Piccolo cabotaggio, altro che “madeleines”.
Vincent: gli scrittori mainstream, parlano di quella rottura di scatole lì. Quelli di genere, no.
Immagina il blog di Proust!!!
Quelli di genere sono troppo impegnati ad adattare pedissequamente i più recenti modelli americani a un contesto italiano (con i modesti risultati che si sa) e non hanno tempo per fare dell’auto-fiction.
Lippa!
Io non ho capito sto Diego cosa doveva fare. E soprattutto…chi è???
cara Loredana,abito lavoro in Padova-
Succede che a Napoli per i fuochi della nettezza urbana tutti i tg delle tv parlano di Napoli.
In altri borghi paesini paesotti basta un fatto di violenza carnale e la musica si ripete-
Ma la Sardegna non è Italia?
c’è il più alto tasso di disoccupazione italiano eppure della Sardegna quasi non si parla a meno che non accadano fatti di crinaca nera.
La Sardegna pare non esista eppure è Italia.
Perchè ignorare questa regione che con dignità sopporta povertà
con dignità senza urlare dare esempio negativo.
Bisogna essere violenti e dare cattivi esempi per fare parlare di se, insomma si esiste solo se si è negativi?_
grazie e scusa per l’intrusione.
dario.
il
credo che oggi proust vorrebbe un reality tv stile hulk hogan,e non scriverebbe più,visto che nessuno legge.o quasi.forse però si suiciderebbe,visto che oggi l’ego è enorme in tutti.spesso nei minimi addendi del mercato anche in maggiore quantità.