A PROPOSITO DI LIBRI INVISIBILI

Cose che avvengono in rete, da domani. Riporto l’articolo di Dario Pappalardo:
Non tutti i buoni libri entrano nel paradiso dei più venduti. La maggior parte, se non spinta dal passaparola, sparisce nel nulla. Ma ora c´è “Slowbookfarm” che on line mette in vendita i titoli “da salvare”. Infatti, per ovviare alla strage dei meritevoli, nell´aprile 2009 Alberto Casadei, Andrea Cortellessa e Guido Mazzoni, inventavano le classifiche di qualità. Ovvero una sorta di Gambero rosso della letteratura in collaborazione con la rassegna “pordenonelegge”, un elenco di titoli votati da una speciale giuria, aggiornato ogni due mesi sul sito.
Un anno dopo, il numero dei giurati – scrittori, critici, filosofi, artisti, redattori editoriali – tocca quota 140. E i libri presenti nelle nuove classifiche (“Narrativa”, “Poesia”, “Saggi”, “Altre scritture”), in Rete da domani, saranno tutti in vendita su Internet Slowbookfarm, il bookshop online che nasce adesso con lo scopo di rilanciare la piccola e media editoria di qualità. Ma non solo: i titoli segnalati verranno presto esposti nelle librerie Coop. E la rivista web Stephen Dedalus raccoglierà via via interviste agli autori “migliori” (Antonella Anedda, Mario Benedetti, Marco Belpoliti e Nicola Lagioia i primi) e articoli in cui i votanti motiveranno i loro criteri di valutazione. Insomma, l´esercito degli slow book si arma per fronteggiare i bestseller e per segnalare ai lettori i “cibi dell´anima” più interessanti.
«Trovo diseducativo che all´ingresso delle grandi catene vengano mostrati i dieci libri più venduti. È un invito al conformismo, all´omologazione», spiega Andrea Cortellessa. «Per questo, a un anno dalla nascita della nostra iniziativa, la collaborazione con le librerie, sia le Coop che Internet Slowbookfarm, rappresenta un grande risultato. Speriamo che presto altri punti vendita prendano l´iniziativa di segnalare i titoli non solo per la loro posizione in classifica, ma anche per la qualità che li caratterizza».
Qualità che – ha contestato qualcuno ai giurati, sia a mezzo web che sulla carta stampata – rappresenta tutt´altro che un criterio oggettivo: «È per questo che sulla nuova rivista online i giurati motiveranno le loro scelte», continua Cortellessa. «Siamo stati criticati anche perché la giuria è per lo più composta da autori che rischiano di votarsi da soli. Ma noi stiamo attenti ai “conflitti di interessi”. E poi rivendico il fatto che gli scrittori possano finalmente giudicare i loro colleghi. Così come agli Oscar gli attori votano per gli attori. Infrangiamo finalmente un tabù che una volta non c´era: prima chi pubblicava libri dava anche pareri espliciti sugli altri, non c´era questa finta correttezza. Le nostre classifiche comunque servono soprattutto a indirizzare i lettori. Sono un antidoto alle top ten dei più venduti che raramente intercettano anche opere di qualità. Ormai i titoli che diventano bestseller vengono proposti come “casi” ancor prima di uscire in libreria. Alcuni sembrano costruiti in laboratorio. Tutto questo con la buona letteratura c´entra poco».
I votanti di qualità, intanto, hanno appena stilato l´elenco delle migliori opere straniere tradotte nel 2009. Il podio è occupato ex aequo da Ingeborg Bachmann (Il libro Franza, Adelphi) e Arno Schmidt (Specchi neri, Lavieri). Per una volta hanno battuto Dan Brown e Stieg Larsson.

116 pensieri su “A PROPOSITO DI LIBRI INVISIBILI

  1. Posso dire che mi sembra una cosa piuttosto spocchiosa?
    Questa faccenda dell’opposizione tra ‘qualità’ e ‘quantità’ è vecchia e comoda – se le top ten raramente intercettano la qualità, buttiamo nel WC Stephen King e George Martin e Neil Gaiman, tanto per dirne tre dell’orticello che curo.
    Intendiamoci: trovo meritevole il fatto in sè di mettere a disposizione libri meno noti, quali che siano – quando l’offerta (e quindi la libertà) aumenta, è sempre meglio per tutti. Ma dire che queste, al contrario di altre, sono offerte ‘di qualità’ è una pura scelta di marketing. Non diversa, nè per complessità culturale nè per buon gusto, dal mettere due tette in copertina.

  2. Iniziativa senz’altro lodevole. Ho un solo problema (di natura personale?): se il meglio della narrativa italiana attuale è quello che si vede concentrato nella top ten, e in quell’ordine, a me un antidepressivo, subito.

  3. Caro Roberto,
    essendo l’opinione di “quasi 140 persone” (purtroppo abbiamo avuto un forfait dell’ultima ora, per questo non possiamo vantare cifra tonda), non è che la condivida al cento per cento (o al… centoquaranta per centoquaranta). Ma sono libri secondo me validi, estremamente più validi dei D’Avenia e delle Avallone prodotti dalle factories. Devi considerare, inoltre, che si tratta di libri degli ultimi sei mesi: quindi usciti da agosto 2009 a gennaio 2010. In ogni caso, il nostro obiettivo è proprio fare sì che questi risultati possano essere discussi: e ogni considerazione tua o di altri (a parte le tette in copertina) è per noi preziosa.

  4. Caro Andrea, ripeto: è un’iniziativa lodevole, e non riesco a trovare sinonimi più forti senza correre il rischio di esagerare.
    Per il mio “problema”, cui non a caso ho attribuito il carattere di “personale”, però niente si può fare: è il limite (intrinseco, necessario, ineludibile) di progetti come questo, che tendono inevitabilmente a generare una summa di qualcosa. E siccome tutti noi siamo abituati alla critica di una summa generata secondo criteri commerciali (le classifiche settimanali dei quotidiani), il prendere visione di una summa del genere, generata secondo criteri qualitativi, non la esime dal dar luogo, al pari della sua omologa commerciale, alla famigerata “visione d’insieme”. Ma se la visione d’insieme della classifica del corriere ci risulta meno urticante perché addolcita dall’anticorpo “ehi-ma-tieni-presente-il-paese-reale”, la visione della classifica qualitativa può lasciare basiti e, come nel mio caso, bisognosi di chimica riequilibrativa.
    Dicevo prima: niente si può fare. Ecco, invece forse qualcosa si può: aggiungere al più presto la sezione straniera.
    Baci, abbracci e, come usa dire, “vediamoci, qualche volta” (faccina).

  5. @ Francesco non so se ho capito la tua obiezione, ma la questione non è mettere a disposizione libri meno noti, bensì di segnalare, cioè di dare visibilità, a libri BUONI altrimenti sommersi nell’offerta editoriale attuale. E’ proprio una questione di quantità: quantità di copie esposte nella vetrina in libreria, di segnalazioni sui giornali, in tv ecc.. Se un libro non si sa manco che esiste, è difficile comprarlo.
    Per la scelta di qualità: i selezionatori non hanno interessi diretti dall’aumento delle vendite dei libri che segnalano, quindi la loro proclamazione che questi libri sono “belli” si può quantomeno dire disinteressata.

  6. Per me (personalmente) è già importante, ignoravo che fosse uscito Il libro Franza e lo cercherò subito.
    A me non funziona il link, a voi sì?

  7. A me sembrerebbe un’ottima inziativa per spingere autori che non possono usufruire del passaparola, senonché mi pare che aggiri piuttosto che superare l’ostacolo. Di fatto anche questa operazione reitera l’idea che i libri debbano andare venduti, piuttosto che letti. Mi sembra che questa classifica non faccia che applicare il sistema della spettacolarizzazione alla produzione letteraria cosiddetta minore (in questo contesto, nel senso che i libri sono editi da piccole case editrici). Tuttavia, si sa che quando un’opera prima ottiene l’attenzione degli addetti ai lavori si fanno avanti i grossi editori, e nella maggioranza dei casi un piccolo libro sostenuto adeguatamente con argomenti relativi alla qualità riesce a portare l’autore all’interno del grosso mercato editoriale (che poi venda o meno, non ne consegue: anche Rizzoli o Mondadori hanno le loro grane con le giacenze). Quindi mi chiedo se questa operazione non abbia alla fine della fiera l’obiettivo di aiutare gli autori meno venduti a salire alla ribalta per poi entare di fatto nel meccanismo del best-selling.
    Inoltre, guardo la classifica di Pordenone legge e vedo: Mozzi, Lagioia, Ballestra, solo per citare la narrativa, ma nella sezione saggistica: Crainz, Rizzante, Luzzatto, nella poesia.. Zanzotto! Stiamo parlando della migliore produzione letteraria che abbiamo nel paese. Ma allora a che pro questa inziativa? Io francamente Mozzi lo amo così com’è: venduto poco, letto molto, amato moltissimo. Non credo che riuscirei a sopportare lo spettacolo di Mozzi e Lagioia editi da Rizzoli ed esposti sul carnaio all’entrata di un chain-bookshop insieme a Paolo Coelho – detto che l’ultimo di Mozzi è GIA’ esposto all’entrata nelle librerie di qualità (e già edito da Mondadori, peraltro). Ma di cosa stiamo parlando allora? Non vedo Genna, non vedo Wu Ming, non vedo Paolin. Dove sono le vere piccole case editrici? Dov’è Sironi, dov’è Meridiano zero, per citarne due ottime? Non è che siamo all’ortofrutta, come al solito? (vedo un Fandango, un Transeuropa e un d’If, tutto il resto sono già grossi editori, inclusa l’ambitissima minimum fax).
    Parlo da interna al meccanismo sia della recensione che della critica letteraria, cioè due meccanismi diversi se non addirittura antitetici. Lavoro del recensore è leggere i libri che riceve dalle case editrici, ed elaborare, o evitare di elaborare – con qualche scusa: mai stroncare se non si vuole farsi dei nemici, e a nessuno in questo paese di ruffiani piace avere nemici – un consiglio di lettura. Lavoro del critico è produrre un’analisi di testi a cui si interessa perché vi identifica degli elementi che gli paiono siginificativi e utili a decodificare i tempi, indipendentemente dal fatto che questi testi incontrino o meno il favore del pubblico e del mercato.
    Mi chiedo allora se Cortellessa di mestiere faccia il critico letterario o il recensore, e se fa entrambi i mestieri come riesca allegramente a conciliarli (io per esempio non ci riesco).

  8. Condivido senz’altro questa iniziativa. Ho dato un’occhiata al sito Pordenonelegge Dedalus e ho trovato molti libri e case editrici di cui ignoravo completamente l’esistenza (e dire che frequento spesso le librerie!). Solo un suggerimento, se posso permettermi. Nelle ‘classifiche’ accanto al titolo del libro sarebbe opportuno aggiungere una breve descrizione del contenuto del libro (bastano una o due frasi) tanto per ‘inquadrarlo’. A volte non è sufficiente il titolo e la copertina per capire di cosa parla un libro (o sono io che non ci arrivo 🙁

  9. Ma che io so entusiasta! Viva viva viva!
    Il limite è intrinseco alla questione classifica sommata alla questione famosa der de gustibus, anche se applicato a 140 – mi interesserebbe sapere, ma non per polemica piuttosto per una passione per la sociologia selvaggia – il, criterio di selezione dei 140, donde sono pescati che curriculum hanno, per vedere se c’è un tratto comune che poi si rispecchia nella selezione.
    Tuttavia è un’altra classifica che va nei supermercati e soprattutto che risponde in maniera economica e non fuffica con un’altra etica rispetto a quella imperante.
    Si ecco. sono entusiasta.( Anche se la Bachman Dio Sassone me fa venì l’orticaria)

  10. Caro Roberto,
    a parte il proposito di vedersi, che spero si realizzi quanto prima, il mio invito a criticare la classifica – nomi e cognomi – non è formale. Come ho detto all’intervistatore di Repubblica, per me è solo sano e opportuno che siano proprio gli scrittori, come te, a dire (se possibile argomentando) che il tal libro in classifica è un equivoco, mentre è assurdo che il talaltro non sia presente (ma tra pochi giorni saranno disponibili sul sito di Pordenonelegge e credo anche altrove le classifiche complete, sino agli ultimi posti – quelli per uno come me più interessanti – e dunque magari certe assenze si constateranno essere solo relative ai primi posti). Quanto all’effetto choc del concetto di classifica legato alla qualità, lo hanno avuto in molti; ed è perfettamente comprensibile. Diciamo che c’è un certo tasso di mimetismo nei confronti dell’avversario. La differenza – decisiva, ai miei occhi – è che sul sito di Pordenonelegge i Lettori potranno motivare le proprie scelte e anche discutere quelle altrui; e quando avremo le risorse per farlo penso che la discussione, al riguardo, si potrà fare in quella sede senza limiti. Ma possiamo intanto farla qui, per esempio, e quando e dove vogliamo.

  11. @Francesca: è l’intera immagine di quest’operazione che va contro quasi ogni cosa in cui io creda. Quasi – perchè resta il fatto che trovo ottima e desiderabile la moltiplicazione dei punti di vista, da qualsiasi parte venga. Però l’idea che il punto di vista di un Critico sia più adatto a trovare la ‘qualità’ di quello del mercato è… beh, intellettualmente ingenua, al meglio, una difesa di posizione, al peggio. Non dico che il mercato ‘sia’ qualità, ovviamente. Dico solo che lo è quanto la Critica, non di meno, non di più – la Critica è a sua volta un mercato.
    E l’idea stessa di un corpo di saggi che pretende di decidere la ‘qualità’ di un prodotto artistico/artigianale mi mette i brividi. Se la cosa fosse fatta con altri toni (del tipo: “mi piace ma non se ne parla”, e non “questa è roba buona, maledetti ignoranti, leggetela e imparate”), mi interesserebbe di più. Ma non vorrei riprendere la polemica, perchè mi sembra di essermi già espresso. E ad ogni modo, ripeto, stringo i denti e dico che la moltiplicazione in sè è bene. Come, in sè, sono un bene le tette.

  12. Troppa filosofia (chiacchiera?) come al solito nelle questioni italiane.
    Questa classifica è nata con uno scopo essenzialmente pratico – molto ben illustrato, adesso e in passato, da Casadei Cortellessa e Mazzoni.
    Da parte mia, ho comprato in passato guide su ristoranti, bed & breakfast, vini, e consimili: leggendole a volte ho imparato cose buone a volte no, seguendone i consigli a volte ho avuto ottime esperienze a volte meno. In genere credo che mi abbiano aiutato non solo a “cavarmela nel contingente” ma anche a precisarmi meglio in quello che mi piace e in quello che mi piace meno – insomma, credo di dover riconoscere che hanno in qualche modo contribuito ad affinare il mio gusto.
    Mi piacerebbe che le discussioni tenessero conto non solo del bello buono brutto cattivo perfetto imperfetto giusto ingiusto ecc ecc…
    A me questa classifica è utile per conoscere pubblicazioni che mi sono per il momento sfuggite – ma anche per capire cosa legge e (un po’) cosa pensa un gruppo di persone con profondo interesse nella letteratura italiana di oggi.

  13. Claudia, la qualità è sempre opinabile, e le classifiche pure, manco dirlo. A me pare che il senso di quest’iniziativa sia anzitutto la varietà (senza la quale non si dà la qualità) e non la spettacolarizzazione – a partire dall’assunto che in Italia si pubblica di tutto e il problema è più a valle, nella distribuzione e visibilità, appunto, del libro. Per questo l’attenzione è rivolta, credo in maniera corretta, alle opere e non alle case editrici. Lo dico dal punto di semplice lettore, non di un addetto ai lavori, quindi posso sbagliare.
    Insomma, anch’io sto contento, che con vetrine e scaffali intasati di vespe, mocci e giallosvedesi le librerie sono supermercati, ormai, e non s’affrontano. Chiedere a un “libraio” mondadori o feltrinelli come lavora col faccione di vespa che lo guarda da ogni dove

  14. @ Claudia
    Se io riesca a conciliare il lavoro del critico con quello del recensore solo i lettori possono giudicarlo. Io ci provo, di frequente, da tredici anni a questa parte. E penso che sia giusto provarci (una volta era più o meno la norma, oggi l’eccezione).
    @ Zauberei
    L’elenco dei quasi-140 sarà online sul sito di Pordenonelegge da domani. Il loro profilo è quello citato nell’intervista: personaggi più o meno noti del mondo letterario (autori, critici, recensori, collaboratori di case editrici, mediatori culturali) ma anche ad esso esterni (storici, filosofi, sociologi, autori e attori dello spettacolo, ecc.; una ricchezza di provenienze che è nostro obiettivo allargare e accrescere nel tempo).
    @ Oberdan
    Fare un commento ad ogni libro citato è al momento al di là delle nostre forze. Per questo invitiamo i lettori a motivare le loro scelte sul sito. Però da domani cominciamo a mettere on-line delle approfondite interviste agli autori classificatisi ai primi posti; anche questo è un tipo di servizio che intendiamo istituzionalizzare e, col tempo, rendere un appuntamento fisso.
    @ Claudia di nuovo
    Se sono effettivamente i libri migliori (per es. Moroni s’è detto contrario a questa ipotesi), allora mi pare sia giusto citarli. Non mi pare che Zanzotto abbia mai figurato in una classifica di vendita, per es. Già questo è un elemento a favore della nostra iniziativa.

  15. “l’idea che il punto di vista di un Critico sia più adatto a trovare la ‘qualità’ di quello del mercato è… beh, intellettualmente ingenua, al meglio, una difesa di posizione, al peggio”.
    Finalmente qualcuno che lo dice. E’ il nondetto – il “culturame” di Renato Brunetta, insomma – che circola spesso, sommerso, in queste discussioni: facciamola finita co’ ‘sti critici, hanno rotto a sufficienza le scatole; diamo tutto in mano a dio mercato, alla Provvidenza secolarizzata, e chi vivrà vedrà.
    Ringrazio una volta di più Francesco Dimitri per rappresentare plasticamente, icasticamente ciò contro cui mi batto da sempre – e sempre mi batterò. Lo ringrazio, senza ironia alcuna, per la sua sincerità. E, beninteso, gli dichiaro guerra.

  16. Andrea: lo dico senza ironia, anche la tua, di sincerità, la apprezzo molto. Siamo in parti opposte della barricata – il che non significa non potersi battere da gentiluomini. E in nome della sincerità, una cosa: non ho mai invocato il dio Mercato, monoteista. Semmai credo ne esistano tanti, di mercati – quello dei critici tra (non su, non giù: tra) gli altri. Il problema è quando uno di questi dèi pretende di avere una posizione (culturale, storica, quelchesia) superiore a quella degli altri. Che siano le top ten, o le classifiche dei critici, poco cambia.

  17. Eh, Francesco, appunto: per te poco cambia. Per me sì, eccome. Io, da dinosauro del Novecento, resto convinto che il dio della critica (che quanto meno è un dio politeista, visto che i critici, quelli veri, non sono mai d’accordo su un tubo) sia ben più degno di fede di quello del mercato. Da gentiluomini: ci sto. In guardia.

  18. L’opinione di F.D. ha un buco logico, mi pare. Sostiene che quello dei critici è un mercato fra gli altri, di pari dignità. Ma nella pratica il mercato-mercato, quello delle classifiche di vendita, della pubblicità e delle pile di libri in evidenza, ha un’importanza chiaramente superiore, alla faccia della pari dignità astratta. Non è che ‘pretende’, ce l’ha.
    Criticare come arrogante, supponente, vecchia etc una iniziativa (valida o meno) per riequilibrare questa ineguaglianza, anche solo cercando di far conoscere libri di piccoli editori con scarsa presenza mediatica, di fatto è una scelta di campo: si sta con il più forte. In fondo, per dire, sui giornali che leggo io i difensori di Stephen King lottano fra di loro per esporsi per primi ai colpi di nemici inesistenti, mentre la Bachmann, per esempio, deve cavarsela da se’ ed è pure morta così non può andare da Fazio…
    Il passaparola dei lettori, anche quello del web, si dirige naturalmente verso quegli scrittori ed editori di cui già ‘si parla’ – l’idea, se ho capito, è suggerirgli qualche altro argomento di conversazione.

  19. @Cortellessa: perché mai un poeta del calibro di Zanzotto, su cui esiste oramai un numero sterminato di studi monografici, a cui si dedicano corsi universitari, di gran lunga il poeta italiano vivente più studiato in Italia e all’estero, dovrebbe figurare in una classifica di vendita. Cui prodest?
    @Paco: io invece temo che il senso di questa iniziativa sia di rispondere alle factories – come dice Cortellessa – di libri concepiti esclusivamente per il premio facile, con una lista di papabili; cioè di rendere visibile chi siano davvero gli autori che dovrebbero vincere premi e di conseguenza vendere. Rientra quindi questa classifica nella logica del mercato editoriale (e quindi della spettacolarizzazione della letteratura). Zanzotto è entrato a pieno titolo nella storia della letteratura italiana non grazie alle classifiche, bensì perché viva iddio esiste anche chi si produce analisi testuali, oltre a compilare classifiche.

  20. Sull’iniziativa della classifica di qualità espressi già le mie considerazioni.
    Ad esempio, non la considero una classifica (primo secondo terzo etc), ma un “consiglio di lettura”, con un rudimentale sistema di “pesi” (questo più importante di quest’altro) che non possono essere sommati tra loro. Forse sarebbe meglio sostituire i numeri con le lettere e lasciar perdere “il migliore” (già i “primi dieci” sono un’approssimazione).
    Aspetto di vedere come saranno le classifiche definitive, se terranno conto in qualche modo del “tempo di permanenza” in classifica, della data di pubblicazione, etc.
    Provocatoriamente mi chiedo perché non fare la stessa classifica utilizzando Anobii, con 140 “grandi lettori”, scelti a caso (ma perché non 1000, o 10000). O, più in generale, perché non valorizzare Anobii. Sarebbe interessante fare un confronto. Come vedete, non parlo di mercato.
    Cortellessa è onesto quando dice “c’è un certo tasso di mimetismo nei confronti dell’avversario”: alla fine, quel che permette alla classifica di finire negli scaffali Coop *è* l’elemento di marketing di una *classifica di qualità*. Il problema è che questo mimetismo condiziona la strategia d’assalto. Ad esempio, proponendosi come classifica, è costretta a mettere un primo e un secondo, è costretta a limitare l’offerta ai “primi dieci”, quando magari un certo significato ce l’hanno gli ultimi titoli. E’ costretta a elidere le ragioni singole dei giurati (vi consiglio di pubblicarle e farne dei cartelli da esporre alla Coop, firmate. Non scherzo). Diviene assoluta.
    Dopo di che, se si riesce a scardinare l’esclusivo bestselling dei supermercati, ben venga l’iniziativa. Purché ci si renda conto dei limiti, si costituisca un ponte tra il grande pubblico e i libri, una breccia, più che una posizione di conquista.
    Se si vuole stimolare la lettura piuttosto che la vendita, bisognerebbe coinvolgere in dibattiti la rete delle biblioteche e non limitarsi ai supermercati (senza contare che un ritorno economico alla lunga c’é, se si diffonde un libro).
    Infine, è curioso che un sistema che vuole promuovere la piccola editoria non si proponga un rilancio e una valorizzazione della piccola libreria (esempio: nel sito isbf si potrebbe fornire una mappa di segnalazione delle buone piccole librerie sul territorio, segnalata dagli utenti stessi, stringerci rapporti, organizzare eventi, etc).
    ps: dall’articolo su Il Primo Amore http://www.ilprimoamore.com/testo_1713.html avevo capito che nel sito isbf.it ci sarebbe stata anche una selezione di libri da piccole case editrici, a prescindere dal Dedalus. E mi pare questo l’aspetto più interessante.

  21. @ Claudia
    Io ho dedicato a Zanzotto credo una decina di saggi, e su di lui sto per pubblicare una monografia; ma l’ho anche recensito, spesso, e spero che continui a venire recensito quanto più possibile. Se la tiratura di un suo libro passasse da 5000 a 15.000 copie sarebbe per me solo un bene, non ho problemi a dirlo. Sarebbe anche il segno che viviamo in un paese migliore. Io, come ho già scritto qui in un’altra discussione, non ho nessuna idea elitaristica: credo di essere stato educato a riconoscere il bello, in letteratura, e vorrei che il maggior numero di persone possibili avessero occasione di conoscerlo a loro volta. Oggi in Italia la maggior parte delle persone l’unico poeta che conoscono è Alda Merini, poi in mancanza di meglio si citano i cantautori. Nella lontana (ma forse non così astrusa) ipotesi che qualche lettore di Repubblica o qualche frequentatore di blog scopra solo in questa circostanza, che esiste Andrea Zanzotto, il mio programma minimo sarà stato realizzato.

  22. Purtroppo posso intervenire solo ora, ma volevo ringraziare i molti che stanno animando questo dibattito. Lo scopo delle Classifiche era ed è quello di segnalare opere che trovano un ampio sostegno in un gruppo dalle caratteristiche molto eterogenee, visto che accoglie persone che sostengono poetiche diverse e a volte opposte.
    Non è che si voglia togliere spazio ad altre forme di letteratura: se ne vuole dare a quelle che attualmente vivono in ambiti ristretti e separati. Riuscire a far convogliare l’attenzione su opere che, nel sistema attuale, non hanno quasi nessuna possibilita’ di emergere, e’ forse un’opera di antidarwinianesimo culturale: ma non e’ proprio detto che l’eliminazione dei ceppi deboli sia un’operazione sempre meritoria…
    Comunque, le Classifiche non hanno la pretesa di dare giudizi assoluti: vogliono indicare opere degne di interesse. Potranno anche essere contestate, e per questo speriamo che gli spazi che stiamo aprendo, con interviste, brevi saggi, interventi mirati ecc., possano essere utili, soprattutto per fare discussioni motivate e non estemporanee: anche il sistema del ‘di tutto, purche’ se ne parli’ ovvero ‘perche’ non possiamo non essere sgarbiani’ non e’ detto che sia il migliore per individuare valori in comune.
    Questo sarebbe importante: creare una comunita’ che accetta alcuni valori nel presente, ma anche per rivisitare il nostro passato. I critici ‘isolati’ non sono ancora nemmeno riusciti a mettersi d’accordo sui valori del secondo Novecento. E in questo vuoto, proliferano i ‘bestseller all’italiana’, ossia quelli che contano una stagione e poi scompaiono nel nulla.
    Con un circuito forte di critica, discussione, ma alla fine anche condivisione di valori, qualche correttivo ci potrebbe essere. E, personalmente, non pongo discrimini a monte: non si tratta secondo me di imporre una poetica, oggi, ma di trovare opere che riescano a rappresentarci meglio di quanto non facciano mass media e opere medie. Per esempio, c’e’ riuscito secondo me Siti, che per tanti anni non e’ riuscito a emergere, e che invece siamo riusciti a premiare con il “Dedalus” nel 2007. Altre scoperte come questa potrebbero essere molto piu’ facili se c’e’ una comunita’ pronta a sostenerle.

  23. Credo, Cortellessa, che pur avendo lei nessuna idea elitaristica, sottovaluti parecchio il lettore medio italiano. A me risulta che il lettore interessato alla poesia (non quello interessato alla narrativa, e neppure quello che confonde cantautorato con letterarietà) e che quindi frequenta la sezione poesia delle librerie, ha ben chiaro chi sono i poeti italiani contemporanei che offrono una gamma diversa di modalità espressive, che possono piacere o meno, in base al gusto personale e alla poetica che il lettore ricerca, e questi nomi sono noti a tutti: lei cita Merini, io dico Zanzotto, Porta, Benedetti, Magrelli. Questi sono i poeti nostri esposti negli scaffali delle librerie. Il problema che lei solleva riguarda forse più il fatto che la poesia non vende. Le 5000 copie di Zanzotto mi sembrano già tantissime rispetto ai tradizionali numeri della poesia (e rispetto anche a opere prime, la cui promozione è affidata all’abilità di self-marketing dell’autore, di viralizzazione e contatti personali). Perché voler forzare la mano? Da quando il poeta di aspetta di poter vivere della sua attività? Conviene, come ammette candidamente lei, al critico che se ne occupa, e non al poeta, che di norma non si occupa di queste faccende.

  24. Mi trovo d’accordo con le perplessità espresse da Claudia. L’iniziativa è lodevole, ma questi 140 lettori (se non ho capito male: critici, autori, librai) fanno una classifica di una letteratura di qualità già conosciuta negli ambienti letterari (università, case editrici, etc…). Insomma, il discorso sulla piccola editoria mosso da Blepiro mi sembrerebbe allora assolutamente centrale… non autori che vendono 5000 copie, ma che ne vendono sì e no 500… ce ne sono che meriterebbero molto più spazio? E per quali motivi? Oppure la microeditoria è solo per chi vuole pubblicare a tutti i costi? In un mercato inflazionato quale il nostro mi sembrano domande piuttosto urgenti, diciamo poste all’incrocio tra la quantità e la qualità…

  25. @ Claudia
    Credo che invece lei abbia un’idea un po’ monolitica del “pubblico della poesia”. I nomi che fa, a parte due che non ci sono più, sono di poeti sopra i cinquant’anni, e fra questi per es. Benedetti (che è risultato primo nella nostra primissima classifica) è giunto a un grande editore solo negli ultimi anni, dopo moltissimi anni in cui era oggetto di culto di pochissimi appassionati. Mentre molti, che pure poesia la leggono, non lo conoscevano affatto (e tuttora non conoscono un suo più o meno coetaneo, e certo non a lui inferiore, come Gabriele Frasca, che pure ha pubblicato a più riprese da Einaudi, ha tradotto Beckett ecc.).
    Come ha appena scritto Alberto Casadei, se leggiamo le antologie pubblicate negli ultimi anni del XX secolo (è da quelle, piacciano o meno, che passa la “canonizzazione” dei poeti contemporanei: piacciano o meno pure il termine e il concetto) vediamo che valori condivisi, non dico per la generazione di Benedetti e Magrelli, non c’erano neppure fra gli specialisti. Oggi (grazie in particolare, mi pare, a tre antologie: quella di Andrea Afribo quella di Enrico Testa – due nostri Lettori – e un’altra che non nomino per parziale conflitto d’interesse) la situazione può dirsi senz’altro migliorata. Ma è un lavoro continuo, che non può mai dirsi esaurito. Non parliamo poi dei poeti più giovani. Un senso comune non si dà per acquisito: è il prodotto di una circolazione di pensiero, e di dialogo, che nel campo della poesia è stata a lungo appannata, anzi – diciamolo – sostanzialmente assente: per decenni. Ora stiamo correndo ai ripari. E lo strumento delle Classifiche è solo uno di quelli utili alla bisogna.

  26. @ blepiro e Simone Ghelli
    Molte delle cose che dite vanno nella giusta direzione (faccio solo notare che poi però vanno realizzate, e che tutto questo lavoro viene svolto da noi all’insegna del volontariato; se ci sono volontari per dare una mano, contattateci). Ma che si dica a noi che trascuriamo la piccola editoria, mi pare il colmo! Nella classifica dei libri stranieri figurano in testa ex aequo un libro Adelphi e un libro Lavieri (dico Lavieri!). Non vedo migliore esempio, ancorché ovviamente (ma ancora più significativamente, dunque) preterintenzionale, della bontà di uno spirito che pregiudizialmente non privilegia alcuna “classe” editoriale: ci sono due autori molto importanti, due edizioni ottime sotto ogni punto di vista, e vengono segnalati entrambi i libri allo stesso titolo. Anche se, ripeto, uno è Adelphi e l’altro Lavieri.

  27. @ caludia e blepiro
    Su anobii, Fiore di poesia della Merini è (a oggi) “sullo scaffale” di 657 lettori; l’oscar di Zanzotto su quello di 108.
    per Zanzotto: Conglomerati, 19; Galateo in bosco, 2; Vocativo, 1.
    per Merini: Vuoto d’amore, 239; Ballate non pagate, 217; Superba è la notte, 167.
    La solitudine dei numeri primi, di Paolo Giordano: 12424.
    Andiamo avanti così che va bene? Analisi testuali e tutto quanto?

  28. Posso fare una domanda scema: cosa sarebbe esattamente la qualità di un libro? Perché né nell’articolo né nei commenti mi pare di trovarne una definizione; e anche la dichiarazione d’intenti di Pordendonelegge è quantomeno fumosa al riguardo.
    E infatti, giustamente poi leggo che l’intento è “segnalare opere che trovano un ampio sostegno in un gruppo dalle caratteristiche molto eterogenee, visto che accoglie persone che sostengono poetiche diverse e a volte opposte”, il che mi sembra già più ragionevole che vantare di stilare un canone “di qualità”, come se tutti i lettori fossero uguali e cercassero in un libro le stesse cose. Perché alla fine per me la classifica di una cosa del genere può valere quanto i suggerimenti che posso ricevere dalle persone che seguo su aNobii o sui blog (anzi, forse anche meno, visto che si tratta di persone che ho scelto di seguire perché hanno gusti simili ai miei, mentre dei “lettori di qualità” so magari poco o nulla).
    Insomma, ben venga il dare visibilità a cose che ne hanno meno di altre, ma sostenere di farlo perché lì c’è LA QUALITA’, ecco a me quello fa un po’ ridere.

  29. @Cortellessa: non dico che non ci siano anche libri di piccoli editori nelle vostre classifiche, ma ciò che proponeva blepiro (se non ho capito male) era una sezione a parte dedicata a queste realtà davvero sommerse… so benissimo quanto sia dura svolgere certe imprese all’insegna del volontariato, poiché nel mio piccolo lo faccio anch’io da anni, ma penso che per un’inziativa del genere ci sarebbero tante persone disposte a collaborare (sempre blepiro citava ad esempio anche Anobii)

  30. @Cortellessa: ma il fatto di pubblicare con Einaudi non corrisponde già ad un riconoscimento effettivo di valore, probabilmente il massimo riconoscimento della sua attività a cui un poeta possa aspirare? Dedicarsi alla lettura di poesia è un passatempo molto ricercato, richiede una mente raffinata e un’attitudine alla ricerca. Non vedo quindi il motivo per cui si debbano compilare top-ten di poeti, se non un’operazione di marketing. A quando il reality della poesia, cioè quello che lo Strega è oramai divenuto per la narrativa? Se il fine fosse quello di rendere noti talenti poco noti, ovvero editi dalla piccola editoria e non certo dalle monumentali Einaudi e Mondadori, nella classifica non ci sarebbero quei nomi (a proposito, e Vasta? Probabilmente il miglior esordiente degli ultimi due anni, escluso non capisce in base a quale canone. Inoltre, edito da quella che oramai è l’erede di ciò che fu Einaudi nell’epoca d’oro. Su 140 lettori esperti non c’era un filologo in grado di riconoscere una lingua evocativa e forte come la sua?).

  31. Damiano: per cortesia. Stai facendo uno studio comparativo fra la fortuna anobiana (cioè, l’indicatore di mercato per eccellenza) del fiore della poesia italiana e quella del vincitore di uno Strega. Est modus in rebus.

  32. @claudia
    Appunto: Zanzotto NON è letto in Italia.
    E insisto nel dire che la poesia non ha spazio anche perché non se lo cerca: concordo al 1000 per 100 con Andrea Cortellessa – i lettori vanno raggiunti, gli si deve almeno offrire la possibilità di aprire gli occhi.
    Inoltre Vasta, se non ricordo male, quando il suo libro era “eleggibile” è stato votato eccome – mi pare fosse davanti a tutti.

  33. due precisazioni.
    @cortellessa: non mi pare di aver scritto (né lo penso) che voi trascurate la piccola editoria. Anzi: il contrario. Ho scritto: “ps: dall’articolo su Il Primo Amore http://www.ilprimoamore.com/testo_1713.html avevo capito che nel sito isbf.it ci sarebbe stata anche una selezione di libri da piccole case editrici, a prescindere dal Dedalus. E mi pare questo l’aspetto più interessante.” C’é una conferma di questa novità, che considero OTTIMA?
    (pensavo proprio a Simone e all’esperienza degli Scrittori Precari 🙂 )
    @damiano abeni: l’avevo detto che era una provocazione. Tuttavia ho parlato di “grandi lettori”: non basta vedere la diffusione di un libro su anobii, quella la sappiamo già, basta guardare le vendite. Paradossalmente, in rapporto al numero di copie vendute mi sembra che Zanzotto sia più “presente” della Merini 🙂 (non ho i dati di vendita, bisogna verificare). Inoltre non tutto ciò che è sullo scaffale è piaciuto (o sbaglio?). No, ipotizzavo proprio un “Dedalus” di Anobii, con consigli e punteggi degli utenti.
    Ho capito l’osservazione: il problema rimane nella diffusione del titolo (si legge ciò che è noto). Riformulo: tali consigli di “buone letture” possono emergere da una comunità di lettori come Anobii? Secondo me sì, senza che questi siano a prescindere peggiori o migliori di una “giuria di qualità”. Come? Buona domanda 🙂

  34. A Ohr. 45 minuti al treno. Il bar, come sogno il bar in ogni paese, una barista giovane, consunta, tre al tavolo, un vecchio, una donna che si legge i giornali con una acquerugiola al latte, un cassintegrato che filosofa
    la sua nullafacenza. I libri straniti come le pareti di questo squallore. Il binario stride. Devo scappare. I critici non ci sono. La letteratua è questo cuore vuoto come il lotto di luoghi e ore, se non sei aggrappato a una terra e una nominazione merdosa.

  35. A Ohr. 45 minuti al treno. Il bar, come sogno il bar in ogni paese, una barista giovane, consunta, tre al tavolo, un vecchio, una donna che si legge i giornali con una acquerugiola al latte, un cassintegrato che filosofa
    la sua nullafacenza. I libri straniti come le pareti di questo squallore. Il binario stride. Devo scappare. I critici non ci sono. La letteratua è questo cuore vuoto come il lotto di luoghi e ore, se non sei aggrappato a una terra e una nominazione merdosa. Falso questo commento mai pubblicato!

  36. @Damiano: non ti contestavo il fatto che Zanzotto non è letto in Italia, ma il metodo: con quale criterio confronti le cifre di Anobii (un social network, e quindi ispirato da logiche di marketing) di un poeta non letto con quelle di uno scrittore vincitore del premio Circo Barnum? Il marketing non conta più nulla? Sul fatto, poi, che ai lettori debba essere offerta la possibilità di “aprire gli occhi”: su cosa? Lo dici tu che la poesia non ha spazio perché non se lo cerca. Mi sfugge il senso di questo spirito missionario da predicatore della bible belt, ma forse non ho capito la tua obiezione.
    Sui criteri di eleggibilità della clasifica di Pordenone Legge non so molto, quindi illuminatemi. Vasta non è eleggibile perché c’è un limite entro cui il libro deve essere stato pubblicato?

  37. Claudia, vai all’archivio classifiche, aprile 2009. Lì trovi Vasta. Però non ho capito bene neppure io come funzionano i limiti cronologici di eleggibilità di un testo.

  38. @ claudia
    mi scusi, ma prima di sparare a zero su una iniziativa che costa molte fatiche a una serie di persone che fanno una quantità di altre cose, e a tutto il resto aggiungono quest’impegno a mero titolo di volontariato, sarebbe bene – prima – un minimo informarsi. Nella fattispecie, come ha già accennato Damiano Abeni, «Il tempo materiale» di Giorgio Vasta è risultato primo – con notevole distacco – nella prima nostra classifica, pubblicata ad aprile 2009 (http://dedalus.pordenonelegge.it/index.php?nvg=1&session=0S193839114373L8886OO7385&syslng=ita&sysmen=6&sysind=5&syssub=0&sysfnt=0), e anzi siamo stati fra i primi a segnalarlo, ben prima delle discussioni sullo Strega ecc. (ricordo che al primo lancio ci fu un articolo di Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera, che parlava appunto anche di Vasta, e che anzi la cosa fece molto piacere all’editore).
    Ricordo che le classifiche bimestrali (sulla letteratura italiana) prendono in considerazione i libri di autori italiani viventi usciti in prima edizione negli ultimi sei mesi (in quella che va in rete domani sul sito di Pordenonelegge sono presi dunque in considerazione i libri usciti da agosto 2009 a gennaio 2010), mentre quella sui libri tradotti è annuale (e prende in considerazione libri anche di autori non viventi, tradotti per la prima volta in italiano e pubblicati in originale dopo il 1950).
    Quanto alla notorietà e alla fama di Zanzotto, anche qui non posso che quotare Abeni. Se ci si rifà alle taumaturgiche statistiche di Anobii, Merini “varrebbe” sei volte Zanzotto… Inoltre, un criterio non è affatto l’uscita nelle collane di poesia dei principali editori. Uno storico della letteratura sa bene che, da Campana a oggi, innumerevoli sono i casi di grandi libri usciti, in prima edizione, con microscopiche sigle; più in particolare, l’attendibilità delle principali collane è da tempo ormai un lontano ricordo.
    Più in generale, ho l’impressione – adesso come dieci mesi fa – che un’iniziativa del genere venga criticata a priori (al punto di dire che non darrebbe visibilità proprio al primo autore che ha segnalato…!) solo perché la fa qualcun altro. Oggi come allora, non posso far altro che dire: fate di meglio voi, se credete di esserne capaci! Ma qualcosa fate, perché il mondo del libro non versa affatto in buone acque. Anziché cercare sempre e ossessivamente il pelo nell’uovo, negli sforzi che fanno gli altri, rimbocchiamoci tutti le maniche – se ci teniamo.

  39. Non capisco la discussione. L’iniziativa di Cortellessa non può essere buona o cattiva a priori. Si vedrà. Se saprà davvero segnalare libri di qualità, anche la sua classifica acquisirà uno standing di qualità. Se no, no. Diamogli tempo.

  40. @ Riccardo Ferrazzi
    Grazie della fiducia. Ma quasi un anno di attività alle spalle ce l’abbiamo. E i risultati sono consultabili al link che ho inserito (spero sia collegato) nel post precedente.

  41. @ Simone Ghelli
    Aggiungo una cosa su un argomento specifico. Proponete un “settore a parte” per la micro-editoria. Ma a me pare proprio la reazione sbagliata, questa, allo stato di cose vigente. Equivarrebbe a dire che esistano in sostanza una serie A e una serie B (con la bizzarra particolarità che ciascuna di esse penserebbe di essere la serie A…), rinchiudendo in una riserva i libri di autori che, per loro sfortuna, non escono con editori in grado di assicurare loro una presenza in libreria, un’adeguata promozione ecc. Mentre la cosa da fare, scusate la presunzione, è esattamente quella che stiamo facendo (cercando di migliorare sempre più la nostra offerta, ovviamente): e cioè comparare – non attraverso anonimi numeri statistici, ma coi giudizi di persone che hanno un nome e un cognome, un curriculum e una faccia da presentare – gli autori e i testi dei due “circuiti”, instillando nel maggior numero possibile di lettori il dubbio che quello che normalmente ha accesso alle librerie e può entrare nel raggio della conoscenza dei lettori, non necessariamente comprende libri migliori di quelli dell'”altro”. Col tempo, sempre se l’iniziativa di Internet Slow Book Farm e Librerie Coop prenderà piede, ci sarà anche il caso che i lettori possano incontrarli più facilnente che in passato, questi libri “altri”. E lì – finalmente! – ci sarà di che divertirsi.

  42. @Cortellessa: d’accordo su Vasta, non ne ero al corrente.
    Per quanto riguarda il resto, non sto affatto criticando a priori, quindi non comprendo questa verve autodifensiva. Sto, come altri, solo cercando di capire come funziona e in cosa consista davvero questa classifica, visto che i titoli che vedo citati in quelle precedenti sono tutti già notissimi, e ampiamenti recensiti e pubblicizzati (a proposito di Vasta: una recensione di Di Stefano non se la becca di certo l’oscuro poeta o lo scrittore esterno ai meccanismi editoriali). A me sembra che l’unica novità di questa operazione sia quella di costituire un’alternativa ai premi letterari, e che quindi ambisca a diventare un punto di riferimento per i lettori di letteratura di qualità, cosa che per quanto mi riguarda corrisponde esattamente a un’operazione di marketing – come ho giò avuto modo di specificare sopra. Mi rimane quindi aperta la domanda: a chi giova?
    Ci sono in Italia autori amatissimi e molto letti, che nominare implicherebbe impegnarsi in una discussione su modalità di circolazione del testo basate sul rapporto diretto fra autori e lettori, e quindi svincolate dal giudizio autoritario di qualsiasi giuria. E che guardacaso non compaiono nelle classifiche di Pordenone Legge e non partecipano ai premi letterari, ma con cui nondimeno è necessario confrontarsi, perché si pongono con il lettore in maniera interlocutoria e sollevano problemi e affrontano temi in cui i lettori si riconoscono.

  43. @Cortellessa: è indubbio che ci siano delle differenze tra le due o più categorie (almeno in fatto di numeri e dunque visibilità).
    Certo, l’ideale sarebbe arrivare a un risultato quale quello prospettato da lei, e non posso che augurarglielo di cuore (augurio che sarebbe in realtà rivolto alla letteratura)… io volavo un poco più basso…

  44. @ claudia
    A chi giova? A chi pubblica libri come quello di Schmidt, rimettendoci bei soldi, invece di tentare di clonare in vitro una piccola Avallone o un piccolo D’Avenia. Se per lei questo non conta nulla, beh, vuol dire che non ha mai lavorato in editoria e non ha la minima idea della passione pazzesca che si ha per la letteratura in quegli ambienti. Se se ne fossero fregati tutti, in passato, confidando nell’alacre lavoro dei ricercatori impegnati nelle concordanze e liste di frequenza, non avremmo avuto mai pubblicati Gadda o Zanzotto o D’Arrigo, o chi vuole lei. A proposito, mi resta una curiosità. Chi sono questi “autori amatissimi e molto letti […] che guardacaso [???] non compaiono nelle classifiche di Pordenonelegge”. Mi può cortesemente fare degli esempi? Autori italiani, viventi, che abbiano pubblicato un libro in prima edizione negli ultimi sei mesi. E che non figurino in nessuna delle nostre classifiche. Non è (solo) una domanda polemica. Sono davvero curioso. Perché quando dalle critiche a priori si passa a valutare nel merito le singole scelte, si capisce dove dette critiche vadano a parare.

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