A PROPOSITO DI LIBRI INVISIBILI

Cose che avvengono in rete, da domani. Riporto l’articolo di Dario Pappalardo:
Non tutti i buoni libri entrano nel paradiso dei più venduti. La maggior parte, se non spinta dal passaparola, sparisce nel nulla. Ma ora c´è “Slowbookfarm” che on line mette in vendita i titoli “da salvare”. Infatti, per ovviare alla strage dei meritevoli, nell´aprile 2009 Alberto Casadei, Andrea Cortellessa e Guido Mazzoni, inventavano le classifiche di qualità. Ovvero una sorta di Gambero rosso della letteratura in collaborazione con la rassegna “pordenonelegge”, un elenco di titoli votati da una speciale giuria, aggiornato ogni due mesi sul sito.
Un anno dopo, il numero dei giurati – scrittori, critici, filosofi, artisti, redattori editoriali – tocca quota 140. E i libri presenti nelle nuove classifiche (“Narrativa”, “Poesia”, “Saggi”, “Altre scritture”), in Rete da domani, saranno tutti in vendita su Internet Slowbookfarm, il bookshop online che nasce adesso con lo scopo di rilanciare la piccola e media editoria di qualità. Ma non solo: i titoli segnalati verranno presto esposti nelle librerie Coop. E la rivista web Stephen Dedalus raccoglierà via via interviste agli autori “migliori” (Antonella Anedda, Mario Benedetti, Marco Belpoliti e Nicola Lagioia i primi) e articoli in cui i votanti motiveranno i loro criteri di valutazione. Insomma, l´esercito degli slow book si arma per fronteggiare i bestseller e per segnalare ai lettori i “cibi dell´anima” più interessanti.
«Trovo diseducativo che all´ingresso delle grandi catene vengano mostrati i dieci libri più venduti. È un invito al conformismo, all´omologazione», spiega Andrea Cortellessa. «Per questo, a un anno dalla nascita della nostra iniziativa, la collaborazione con le librerie, sia le Coop che Internet Slowbookfarm, rappresenta un grande risultato. Speriamo che presto altri punti vendita prendano l´iniziativa di segnalare i titoli non solo per la loro posizione in classifica, ma anche per la qualità che li caratterizza».
Qualità che – ha contestato qualcuno ai giurati, sia a mezzo web che sulla carta stampata – rappresenta tutt´altro che un criterio oggettivo: «È per questo che sulla nuova rivista online i giurati motiveranno le loro scelte», continua Cortellessa. «Siamo stati criticati anche perché la giuria è per lo più composta da autori che rischiano di votarsi da soli. Ma noi stiamo attenti ai “conflitti di interessi”. E poi rivendico il fatto che gli scrittori possano finalmente giudicare i loro colleghi. Così come agli Oscar gli attori votano per gli attori. Infrangiamo finalmente un tabù che una volta non c´era: prima chi pubblicava libri dava anche pareri espliciti sugli altri, non c´era questa finta correttezza. Le nostre classifiche comunque servono soprattutto a indirizzare i lettori. Sono un antidoto alle top ten dei più venduti che raramente intercettano anche opere di qualità. Ormai i titoli che diventano bestseller vengono proposti come “casi” ancor prima di uscire in libreria. Alcuni sembrano costruiti in laboratorio. Tutto questo con la buona letteratura c´entra poco».
I votanti di qualità, intanto, hanno appena stilato l´elenco delle migliori opere straniere tradotte nel 2009. Il podio è occupato ex aequo da Ingeborg Bachmann (Il libro Franza, Adelphi) e Arno Schmidt (Specchi neri, Lavieri). Per una volta hanno battuto Dan Brown e Stieg Larsson.

116 pensieri su “A PROPOSITO DI LIBRI INVISIBILI

  1. @ Ghelli
    Certo che ci sono, queste differenze. Sono sotto gli occhi di tutti (gli intellettualmente onesti). Ma il punto è: vogliamo che tali differenze restino in eterno, invariate, o vogliamo provare a metterle in discussione? Vogliamo provare a ridurlo, questo gap? Vogliamo dare ai lettori la possibilità di scegliere, una buona volta? O dobbiamo restare nelle condizioni odierne: in cui chi già sa (o crede di sapere: vedasi il caso Vasta) si contenta di quel che sa, e chi non sa – a ben vedere – pure?

  2. Il fatto che io sia curioso di capire come funzioni questo progetto non mi dovrebbe connotare automaticamente come difensore dell’ordine stabilito… spero che almeno questo sia chiaro… sarei un’autolesionista altrimenti… semplicemente, io non credo, ad esempio, che trattare a parte la microeditoria significhi per forza ghettizzarla…

  3. @ Claudia
    “i titoli che vedo citati in quelle precedenti sono tutti già notissimi, e ampiamenti recensiti e pubblicizzati”. E’ il caso di “Dai cancelli d’acciaio” di Gabriele Frasca (Sossella, venduto su sottoscrizione, classifica dell’ aprile ’09)? E’ il caso delle “Poesie” di Franca Grisoni (Morcelliana, ivi)? E’ il caso della “Paura” di Riccardo Held (Scheiwiller, ivi)? Di “Cristi polverizzati” di Luigi Di Ruscio (Le Lettere, giugno ’09)? Di “Tecniche di basso livello” di Gherardo Bortolotti (Lavieri, ivi)? di “Gli ultimi occhi di mia madre” di Patrizia Patelli (Sironi, ottobre ’09)? di “Zamel” di Franco Buffoni (Marcos y Marcos, ivi)? di “Fabrica” di Fabio Franzin o “Freddo da palco” di Luigi Socci (Atelier e d’If, ivi)? di “Occhio da cui tutto ride” di Giovanna Marmo (Noreply, dicembre ’09)? de “Il ‘popolo dei morti'” di Leonardo Paggi (il Mulino, ivi)? Vuol dire che lei trova ampie recensioni e pubblicità laddove io non ne vedo affatto; sia cortese, mi segnali anche queste, la prego.

  4. @ claudia
    …. niente – Cortellessa mi ha battuto sul tempo.
    Ma a parte le recensioni: se lei ha amici che leggono Zamel e Bortolotti e Socci e Marmo (la “e” qui è funzione logica: cioè, se qualcuno li ha letti tutti e quattro), per favore me li presenti!

  5. @ claudia
    … per non dire di una libreria che abbia quei quattro libri contemporaneamente disponibili “in negozio”. E quanti degli altri?

  6. @Cortellessa: lei mi sta citando titoli di autori che si adoperano nell’autopromozione in rete secondo le strategie di viralizzazione più utilizzate al momento, e a cui i maggiori lit-blog e e-zine – cioè Nazione Indiana e Vibrisse da un lato e Il primo amore dall’altro- hanno concesso spazio e nella maggioranza dei casi effettivamente recensiti da quotidiani nazionali (Corriere, Manifesto, Paggi recensito nientemeno che da Ossola sul Sole). Questo nulla toglie all’operato mosso da autentica passione degli editori, piccoli o grandi che siano. Voglio solo dire che ad un autore oggi non mancano le strategie per stabilire un contatto diretto con il proprio pubblico, senza dove passare per top-ten di nessuna parrocchia.
    A proposito di libri assenti dalla classifica di Pordenonelegge: mi risulta che negli ultimi sei mesi sia uscito ‘Altai’ di Wu Ming, collettivo di scrittori amatissimo e molto letto dalla comunità di lettori, e che soprattutto scavalca la logica delle classifiche perché semplicemente non ha bisogno di intermediari.
    @Abeni: essendo lei uno dei 140 del Maggior Consiglio non mi stupisco che difenda la sua classifica, ma le faccio presente che le librerie ordinano anche in base alla promozione fatta dalle case editrici medesime. Spesso, come saprà bene anche lei, la promozione è lasciata agli autori, che si devono organizzare di conseguenza tramite una rete di lettori, associazioni, ecc. E ciò vale per l’esordiente come per Mozzi.

  7. @ Claudia
    Come già in un’occasione, lei parla senza sapere. “Altai” di Wu Ming ha ricevuto dieci punti, il che – se non sbaglio – lo colloca al decimo posto entro la classifica di narrativa italiana di febbraio. I risultati completi, compresi come detto quelli relativi a libri che abbiano ricevuto anche solo una segnalazione, saranno pubblicati nei prossimi giorni sul sito Stephen Dedalus (dove sono anche disponibili tutti i regolamenti: http://www.premioletterariodedalus.it/), e si spera vengano ripresi (come nelle scorse tornate) anche da altri siti. Dunque non so se il libro al quale tiene così tanto sia passato per qualche parrocchia, ma – sia pure per un soffio – nella “top ten” è entrato.

  8. Una curiosità, sempre per Claudia. Mi spiega perché proprio “Altai” di Wu Ming “scavalca la logica delle classifiche perché semplicemente non ha bisogno di intermediari”?

  9. @ Claudia (e poi chiudo)
    NON è la mia classifica: modestia a parte, nemmeno una pagliuzza del mio ingegno o del mio know-how è entrata o entra nell’ideazione, nella gestione o nella promozione della classifica.
    Per un centoquarantesimo i numeri che escono alla fine sono i miei, quello sì, ma francamente mi interessa zero quanto i miei pareri concordano o discordano con/da quelli degli altri.
    Le assicuro che con o senza di me questa classifica, come tante altre cose, sarebbe la stessa.
    E a me piace molto perché, come ho detto anche a proposito di vini ristoranti e bed & breakfast, mi è utile.
    Ma di amici e amiche che hanno letto quei quattro libri, pochi/e eh?
    [e poi mi indica anche i lit-blog e gli e-zine che recensiscono la Grisoni? è un’autrice che amo e che seguo particolarmente]

  10. Forse questo libro non è stato pubblicato da un editore? Forse questo editore ha escluso questo libro dalla propria promozione? Forse non è stato distribuito? Non si trova in libreria? Viene distribuito porta a porta? Mi interessa questa magica capacità di scavalcare logiche meschine, fare a meno di intermediari, volare sul vento come un guerriero della “Tigre e il dragone”. Magari, se ce le spiega lei, noi del terribile Maggior Consiglio riusciamo ad adottare le stesse tecniche per cercare di favorire qualche immondo prodotto autompromozionale/viralizzante – secondo quello che è il nostro losco tornaconto.

  11. @Cortellessa, lei sa benissimo che Wu Ming vende anche senza le vostre classifiche, anche se le fa comodo fingere di cascare dal pero. E non vedo come io possa prevedere la new entry del prossimo aggiornamento non possedendo una sfera di cristallo. Mi baso sulle classifiche pubblicate, e il suo è giocare scorretto visto che lei in poessesso di dati che non sono ancora in rete. (D’altronde non è la prima volta che si arrampica sugli specchi, fa scuola la surreale discussione su Tolkien in questo stesso blog).
    Comunque lascerei perdere questa discussione, anche perché sentire nel frattempo la Avallone che parla di epica e di romanzo come cattedrale gotica mette fuori gioco qualsiasi ipotesi che una discussione seria sul romanzo possa avere luogo in questo paese, indipendentemente dagli ammirevoli sforzi del vostro comitato di lettori.

  12. Cara Claudia, io non cado da nessun pero. Era lei a presumere che, chissà in base a quale calcolo, un determinato libro fosse stato escluso (“guardacaso”, ha anche aggiunto!) dalle Classifiche. E’ verissimo: il libro di Wu Ming vende anche senza le nostre Classifiche. Ma infatti nostra intenzione non è far vendere 150.000 copie a chi già ne venda 100.000 (mi auguro sia questo l’ordine di cifre di “Altai”). Bensì farne vendere 5.000 al libro che ne vende 500, o 50. (E magari – è un’ipotesi di scuola, per carità – è un libro assai <em<migliore di quello che ne vende 100.000.) A me quest’intento – giusto o sbagliato che sia – pare chiarissimo. E’ lei che, non so perché, vuole confondere una discussione che è già abbastanza complessa di suo, senza dovervi inserire argomenti che non c’entrano nulla (come Tolkien).

  13. Comunque, liberissima di lasciar perdere discussioni nel corso delle quali si dimostra prevenuta, disinformata e intuilmente polemica. Meno libera, per quanto mi riguarda, di insinuare dubbi sulla regolarità del lavoro altrui (libri che “guardacaso non compaiono nelle classifiche di Pordenonelegge”…). Arrivederci e buone letture.

  14. Appunto, Claudia. Solo nella prospettiva di un blog (ossia un luogo frequentato da una nicchia di appassionati ancora più ristretta dei lettori forti che per le statistiche sono coloro – se non ricordo male – sono coloro che comprano più di 10 libri all’anno), sembra avere senso una giustapposizione Wu Ming vs “i vostri libri che piacciono a critici”. Certo, i Wu Ming vendono abbasatanza, per ragioni anche di marketing che non credo utile sia elencare se lo si prende come un dato di fatto, senza alcuna voglia di farne argomento né tantomeno recriminazione.
    Ma per il mercato che punta ai megaseller pure i Wu Ming sono già qualcosa di diverso della quintessenza del popolare. Sono già libri complicati, le cui possibilità di vendita toccano il massimo possibile.
    Non è CONTRO di loro che si cerca con iniziative come la classifica di Pordenonelegge di raggiungere più persone che vorrebbero leggere altro quel che si trovano nel banco del supermercato. Persino se manca il loro nome. La possibilità che i buoni libri (di piccoli, medi, grandi editori) possano avere più circolazione, va a tutela di tutti coloro che vorrebbero proprorre qualità e complessita (anche nelle sue forme più accessibili)

  15. OT. Solo per dare l’informazione, visto che viene messa la pulce nell’orecchio. Linea glasnost, come sempre. Altai è uscito il 16 novembre scorso e finora ha venduto circa 40.000 (quarantamila) copie. E’ il dato che emerge dalla somma degli indici settimanali Demoskopea, e combacia con quello che sono in grado di dirci dal magazzino. Certo, 40.000 copie Fabio Volo le ha vendute la prima settimana (almeno così pare); noi invece ci abbiamo messo tre mesi. Tuttavia, per noi è un gran bel risultato. Per dare l’idea: Q ha venduto circa 300.000 (trecentomila) copie in dieci anni. Alcuni giornali hanno scritto 700.000 ma a noi non risulta.
    Ergo: in tre mesi Altai ha già superato il 13% del venduto decennale di Q.
    .
    Riguardo ad Anobii, sembra confermarsi la proporzione che avevamo già notato per altri nostri libri: ogni “scaffale”/”libreria” corrisponde a 30/40 copie vendute. Quando un nostro libro è in ca. 100 “librerie” di Anobii, di solito sta tra le tremila e le quattromila copie di venduto. In questo momento Altai è in 1101 “librerie”.
    Per fare l’esempio di un libro meno reperibile, New Thing è in 758 librerie e ha venduto un po’ più di 23.000 copie.
    Stella del mattino è in 552 librerie e ha venduto circa 19.000 copie.
    New Italian Epic è in 213 librerie e ha venduto un po’ meno di 7000 copie.
    Non so se questo valga anche per i libri di altri, per svariati dei nostri funziona così. Chessò, magari il dato può essere di qualche utilità… Lo offro a chi ha una mente più matematico/statistica della mia 🙂

  16. Buonasera a tutti. Mi chiamo Daniela Brogi e sono una dei 140 lettori. Intervengo a titolo personale per svelare, attraverso il mio caso, le presunte logiche occulte che sembrano animare i sospetti di molti interventi spaventati.
    sono stata reclutata dai promotori dell’iniziativa perché mi occupo di letteratura da molti anni e da molto tempo – preciso ancora che parlo a titolo personale – nutro amicizia e stima per il trio degli organizzatori. ciò vuol dire che mi capita spesso di incontrarli, ma ciò non vuol dire che facciamo parte di una setta. l’idea di condivisione di interessi e di affetti che mi unisce a loro piuttosto che diminuire semmai moltiplica il senso critico: soprattutto con Cortellessa, per esempio, discutiamo da anni e proprio per questo siamo contenti di far parte di un progetto comune. Fare cultura, a me sembra, ovvero contribuire alla circolazione di idee, dovrebbe essere più che altro questo.
    ho aderito all’iniziativa di Pordenone legge e continuo a esserne contenta per ragioni che elenco molto provvisoriamente nei seguenti punti:
    1. perché aver paura della qualità è uno stato d’animo pericoloso, non solo in letteratura;
    2. perché chi scrive un buon libro ha diritto di guadagnare denaro, precisamente come un buon idraulico;
    3. perché chi compra un libro non ha il dovere, ma ha il diritto di ricevere un consiglio;
    4. perché anche la curiosità è un diritto, che può essere davvero praticato solo in un contesto ricco di possibilità da esplorare;
    5. perché non è vero che siamo in pochi a esser curiosi e desiderosi di buon libri da leggere: siamo in tanti, anche se spesso isolati e disorganizzati;
    6. perché è falso che chi fa critica letteraria è tanto più bravo quanto meno si sporca la giacchetta astraendosi dal proprio tempo;
    7. perché è falso che chi fa critica letteraria non sbaglia mai;
    8. perché è in buona misura falso, per fortuna, che i critici letterari della mia generazione (ho 42 anni) siano degli accademici rintronati e pieni di privilegi materiali riprodotti nell’esercizio critico. questa immagine appartiene a tanti tanti anni fa; non sono una saggia, ma, come molti giurati di mia conoscenza, una specie di creatura transgender che prova a tenere in vita, ripensandosi e trasformandosi, l’idea che i libri, anche se letti in solitudine, siano degli straordinari portatori del virus della socialità e dunque vadano letti, discussi, difesi, elogiati con forme di discorso argomentative e comunicative. Pordenone legge difende la sopravvivenza di questa malattia.
    9. perché vivo in un paese in cui le istituzioni culturali sono per lo più gestite da persone che non sanno nulla, a cui non interessa sapere nulla. e dico: “io no”, io che so poco ma desidero, grazie agli altri sapere di più.
    Cari saluti, Daniela Brogi

  17. @Helena: a dire il vero anche se posso avere dato questa impressione, non ho sostenuto in alcun luogo di questa discussione che l’iniziativa di Pordenonelegge andasse contro nessuno. Fin dall’inizio mi sono impegnata a comprenderne le caratteristiche e più leggo più mi sembra che l’impegno sia lodevole. La possibilità che buoni libri possano avere più diffusione di sicuro tutela i lettori prima che gli scrittori, su questo son perfettamente d’accordo. Tuttavia rimane poco chiaro su quale canone si basi l’idea di qualità e complessità che ispira la giuria, e inoltre sarebbe buona cosa che un’inziativa di questo tipo, di per sé davvero meritevole, evitasse di ricreare in presenza dinamiche che già si constatano in rete, cioè che evitasse di applicare i familismi di sempre.
    Al caro Cortellessa, invece, che oramai posso chiamare familiarmente Andrea:
    mi sono assentata perché avevo da fare. Mi pare scorretto nel frattempo rispondere alle mie critiche circostanziate dandomi della disinformata e polemica, quando ho specificato che ero qui per informarmi, e visto che proprio lei dovrebbe essere un esperto delle dinamiche di rete, mentre non ha mancato l’ennesima occasione per dimostrare le sue lacune in materia. La discussione su Tolkien la citavo come esempio della sua ammirevole capacità di ribaltare le frittate, non che avesse qualche attinenza con questa discussione (lo avevo specificato).
    Sul fatto che io insinui il dubbio: a me pare pratica salutare insinuare dubbi su tutto, perché il dubbio porta alla discussione e al confronto, e il confronto porta a crescere (a proposito delle dinamiche di rete). Non era lei che invitava a porgere critiche? Cito:
    “In ogni caso, il nostro obiettivo è proprio fare sì che questi risultati possano essere discussi: e ogni considerazione tua o di altri (a parte le tette in copertina) è per noi preziosa.”
    Le mie che sono state finora molto rispettose e oneste, non mi pare siano in qualsiasi modo state considerate preziose, forse perché arrivano da una notoria rompiballe. Caro Andrea, chi bazzica la rete si fa grande pubblicità, ma incappa anche in grossi rompicoglioni. L’alternativa è coltivare felicemente il proprio progetto comune lontano dai riflettori.

  18. @wm1: grazie a questi dati, si può elaborare in dettaglio un indice (come lo chiamiamo? anobii index?) che mostra per ogni libro il rapporto copie vendute/presenza in scaffale . Ho aggiunto anche l’inverso, il rapporto presenza in scaffale/copie vendute , in analogia con l’impact factor scientifico (la presenza in scaffale è il numero di citazioni, le copie vendute gli articoli- ci vorrebbero anche i dati delle bibiloteche 😀 ). Comunque: per puro esempio, questi sono i valori per i libri citati da WM1 (il n di copie di Q l’ho ottenuto sommando le varie edizioni)
    Q 5739 a 300.000 c 52,27 ai 0,01913 aif
    Altai 1101 a 40.000 c 36,33 ai 0,02752 aif
    New Thing 758 a 23.000 c 30,34 ai 0,03296 aif
    Stella del mattino 552 a 19.000 c 34,42 ai 0,02905 aif
    New Italian Epic 213 a 7.000 c 32,86 ai 0,03042 aif
    (a= anobii, c= copie, ai = anobii index, aif = anobii impact factor)
    Chiaramente i dati sono grossolani. Ma si vede per esempio che Q si differenzia in modo significativo dal resto. Sarebbe interessante vedere come per ogni libro cambia l’indice nel tempo. Così come sarebbe interessante mettere le uscite in sequenza e vedere se c’é un incremento costante, una stabilizzazione, etc.
    Si può calcolare un ai “d’autore” (brrr). Per i Wu Ming (solo sui testi analizzati) è 46,51
    Sarebbe interessante fare lo stesso per Zanzotto e Giordano. Esempio: se per La solitudine dei numeri primi ipotizziamo un milione di copie, con 13274 presenze su anobii il libro avrebbe 75,34 di ai. Se ne ipotizziamo 600.000, l’ai è 45,20 (a voi valutare il dato più realistico).
    Poi, come interpretare il dato è un’altra faccenda 😀

  19. Claudia a me pare che il tuo stile sia davvero polemico e aggressivo, anche perchè ahò l’hai detta una volta, l’hai detto due volte… alla fine abbiamo ampiamente capito la tua perplessità il commento reiterato sulle stesse cose è un modo sgradevole per imporsi. Parere mio.
    Comunque: ho una sorpresa: Li poeti magnano! Ci hanno problemi di circolazione come l’altri! Talora incredibile: Chiamano anche l’ideaulico! Questa cosa che l’intellettuali siccome sono puri non devono soddisfare i bisogni carnali quali il mutuo oppure, a un livello più alto – spudorati! – una vacanza al mare, mi irrita terribilmente.
    Al di la della classifica, che s’è detto ci ha il problema della parzialità della classifica (embè? e se ne farà un’altra! Intanto si fa un po’ d’aria) io sono entusiasta al pensiero della Coop di Caprarola per dirne una – zona che conosco nel dettaglio per questioni di parentele acquisite – e che non ci ha una libreria una nel raggio di chilometri, ci ha solo l’INCUBO DELLA CARTOLIBRERIA e io al pensiero che in quel posto di nocciole e gente che si fa un mazzo tanto, na volta tanto ci trovano le poesie al posto di Coelho e la Littizzetto (che adoro eh, sia ben chiaro ma nzomma, n’è Proust) io sono contenta. Cioè ma chi l’ha detto che si scrive per gli accademici – ma chi l’ha detto.
    E come si inventa una classe intellettuale di qualità, e si aggira la cooptazione di censo se non un pochino con strategie come queste? Certo è una goccia. Però se ce ne fossero di più anche il mondo accademico sarebbe composto di tutt’altra pasta.

  20. @blepiro non dimenticare che Anobii è esploso dal 2006-2007, quindi l´indice (io avevo stimato una media 35 copie/scaffale per i libri di narrativa contemporanea, se ricordi quella discussione senese con greg e WM2…) vale soprattutto per libri usciti da quegli anni in poi.
    I libri più vecchi (classici esclusi, ça va sans dire) sono inevitabilmente meno scaffalati e quindi è normale che il valore per Q non corrisponda. Anzi, per un libro del ´99 è un risultato abbastanza clamoroso, significa che diversa gente lo considera quasi un classico, uno di quei libri che “definisce lo scaffale” (è bene tener presente che essendo Anobii un social network gli utenti scelgono i libri da mettere su anche in base all´immagine di lettore che vogliono dare di sé, cosa che spiega ad esempio il basso coefficiente ad es. di Moccia).

  21. @ sarmizegetusa: grande Vanni, ottime osservazioni. In effetti Q è un long seller , un libro che continua a vendere. Ps: non avevo pensato alla natura vanesia di aNobii, questo falsifica le carte 😛 – e spiega le 74 presenze in scaffale dell’ultimo di Vespa (forse…) 😉
    .
    (potrebbe essere benissimo che l’indice sia stabile, intorno a 35 come avevate stimato, e che i numeri di vendita che circolano siano dopati )

  22. Per quanto riguarda Anobii, secondo me va anche considerato che:
    – molti, come me, inseriscono i libri a casaccio, a tempo perso, magari anche collocando negli scaffali libri che si sono letti e che non si possiedono;
    – non pochi hanno iniziato a catalogare i libri, poi si sono stufati (ci sono infatti scaffali con pochissimi volumi) e non credo che esistano molte biblioteche virtuali che corrispondono a quelle reali, specie dal punto di vista della quantità (a me, per dire, mancano migliaia di libri, forse nel dicembre 2012 finirò di catalogarli 🙂 )
    – il modo più semplice e divertente per aggiungere libri è “prenderli” dalle librerie degli altri; quindi è probabile che i libri più diffusi si… autoriproducano.
    In ogni caso, certo, Anobii è un indicatore.

  23. Proprio al volo. Non ho avuto tempo di leggere tutti gli interventi, comunque questa mi pare una iniziativa molto apprezzabile. Perfettibile sicuramente, ma almeno è un inizio.

  24. Non sapevo che anche Vanni Santoni e altri fossero arrivati a calcolare una equivalenza approssimativa 1 presenza anobii = 35 copie vendute (più o meno la stessa che abbiamo calcolato noi). Domanda: lo avete calcolato su quali libri? Riguarda tutta la narrativa contemporanea o soltanto la narrativa italiana contemporanea?
    Precisiamo che stiamo ragionando sulle librerie degli utenti italiani. Anche perché soltanto in Italia, come è noto, anobii è un fenomeno così diffuso.

  25. un pensiero anacronistico, avevo iniziato ad usarlo A. poi mi sono stufato, è qualche giorno che ho in mente solo la parola “disattivare”, sembra che ogni cosa ormai, nella vita reale, debba essere documentata perfettamente e minuziosamente online, paradossalmente fino al punto che non si fanno più le cose reali “dav/vero” perché catalogandole (inclusi pensieri – libri – stato d’animo – amicizie – dialogo) manca il tempo di farle.

  26. Ad esempio, se questa proporzione riguardasse tutta la narrativa italiana contemporanea (ma attenzione, al momento niente ci dice questo),
    Che la festa cominci di Ammaniti avrebbe venduto circa 84.000 copie (2410 presenze Anobii), dato che mi pare realistico, è più o meno quello che mi ero immaginato paragonando gli indici Demoskopea di Ammaniti con quelli di Altai.
    Stabat mater di Scarpa avrebbe venduto all’incirca 36.000 copie (1033 presenze Anobii); forse un po’ poco per un Premio Strega, ma un risultato importante per Tiziano;
    Il bambino che sognava la fine del mondo di Scurati avrebbe venduto circa 15.000 copie (428 presenze Anobii), dato che però “a pelle” mi sembra sottostimato, forse siccome Scurati è considerato “antipatico”, c’è qualche remora a far vedere agli altri che lo si compra e legge, e quindi non lo si aggiunge allo scaffale…
    Hitler di Genna avrebbe venduto un po’ meno di 14.000 copie (396 presenze Anobii), e considerato di che libro si tratta, mi sembra ottimo;
    Esbat dell’esordiente Lara Manni avrebbe venduto circa 8.000 copie (231 presenze Anobii); non ho avuto percezione di alcuno sforzo promozionale da parte della Feltrinelli, mi sa che il libro ha venduto solo ed esclusivamente grazie al passaparola in rete, quindi il risultato è di tutto rispetto…
    Riportando tutto a casa di Nicola Lagioia avrebbe venduto circa 5000 copie (147 presenze Anobii), e se fosse vero, beh, credo avrebbe meritato di più…
    Queste, ripeto, sono purissime speculazioni, fondate su pochissimo.

  27. non vorrei ricordare male, ma mi sembra che Il Galateo In Bosco di Zanzotto, all’inizio del 1979, rimase per qualche settimana nella classifica dei libri più venduti
    vorrà dire qualcosa? boh

  28. L’indice 1 a 35 di cui si parla mi pare veramente sottostimato, anche solo come media. Diciamo che ci sono libri venduti grazie al passaparola in rete, libri che insomma interessano soprattutto un certo tipo di pubblico che corrisponde maggiormente a quello di Anobii; e libri, che so, come quello di Brosio o il libro di cucina della Clerici, o quello di Vespa, che ha un target non sovrapponibile.
    Cmq, la media secondo me è più vicina a un rapporto 1 a 50, almeno per i bestsellers. Poi, ovviamente, sulle nicchie il discorso cambia.

  29. Paolo, però stavamo parlando di libri di narrativa che si rivolgono a lettori forti. La proiezione delle presenze Anobii ha senso solo se ragioniamo in questi termini: può darsi che su 35 lettori forti in Italia, uno abbia un account su Anobii.
    I libri-novelty, libri-strenna, libri-varia scritti da non-scrittori (Brosio, Clerici, Vespa), credo siano un discorso a parte, che con Anobii c’entra molto poco. Anzi, non c’entra quasi niente: il libro de “La prova del cuoco” della Clerici ha solo 18 presenze Anobii! E’ chiaro che come operazione si rivolge a un target diverso, e quindi la proiezione non è possibile.

  30. @ Claudia
    Mi scuso se ho adottato a mia volta un tono inutilmente polemico. L’irritazione mi è scattata quando mi è parso di capire (ma probabilmente a torto) che lei volesse insinuare che il libro di Wu Ming per qualche motivo fosse stato escluso dal novero dei votabili. Provvedo allora a ribadire (anche se mi pare superfluo, confesso) che i “quasi-140” possono votare qualsiasi libro italiano uscito nella “finestra” temporale di volta in volta considerata (a patto, ripeto, che l’autore sia italiano e vivente, e il libro una prima edizione – assoluta o parziale; per es. I canti del Caos di Moresco è stato votato – 5° a luglio 2009 – in virtù della sua terza parte, inedita in volume; lo stesso saggio New italian Epic è entrato in una delle passate classifiche, sia pure fuori dei primi sette, perché rispetto alle versioni passate quella in volume ha subito integrazioni e modifiche; peraltro un bug del nostro regolamento – me ne avvedo in questo momento – non prevede se si possano considerare a tutti gli effetti “inediti” – in forma cartacea, cioè quella qui presa in considerazione – anche eventuali testi invece desunti <emin toto dalla Rete).
    I coordinatori e soprattutto il segretario, ahilui, hanno esclusivamente il compito di: 1) controllare appunto che il libro sia votabile, per periodo di pubblicazione e per nuova edizione; 2) verificare in quale dei quattro settori sia collocabile (capita infatti che certi libri vengano considerati da un Lettore, per es., di narrativa e per un altro di “Altre scritture”); 3) evitare anche ogni minimo sospetto di conflitto d’interesse (non solo non si può ovviamente votare per se stessi, ma neanche per la collana che eventualmente si diriga o per libri di cui si siano scritti introduzioni, risvolti ecc.; sono esclusi dalla votabilità i libri dei tre coordinatori, del segretario e anche di Gian Mario Villalta di Pordenonelegge che sin dall’inizio di questa vicenda ci ha appoggiato con consulti e aiuti concreti e che è in ogni caso il nostro ospite; questo anche per rispondere anche alla più inutilmente polemica delle critiche – quella a più riprese fattaci per es. da Carla Benedetti – che è “vi votate da soli”).
    Questo, tradotto in soldoni (è il caso di dire), significa una montagna di lavoro, svolto al momento praticamente a titolo gratuito: tenere i contatti con 100, e ora 140 persone, a loro volta impegnate in tutt’altro (e in diversissimi “altri” fra loro), precisando indicazioni frammentarie, correggendo sviste, sollecitando le votazioni ecc., è già in sé un lavoro improbo; cui si aggiunge la compilazione – sulla base dei voti espressi (ogni votante ha sei punti a disposizione per ogni “settore” alle cui votazioni intenda partecipare, che può suddividere in tutto o in parte su un massimo di due opere per “settore”) – delle Classifiche vere e proprie, le quali a loro volta vanno messe a disposizione dei vari siti che le rilanciano, degli organi d’informazione locali e nazionali, ecc. ecc. ecc. Ora poi si aggiunge anche la “rivista” in costruzione sul sito di Pordenonelegge, che ospiterà le discussioni, gli interventi, le interviste: di votanti e votati.
    Quando si fanno critiche, anche “costruttive” (fate bene a fare così, ma allora dovreste anche fare cosà), per favore si rammenti che una cosa è concepire un’intrapresa del genere, un’altra è realizzarla, un’altra ancora – e dispendisiosissima – farla andare avanti.

  31. @wm1: interessante. Ma i numeri vanno presi con le molle. Ad esempio, non siamo sicuri che il rapporto sia costante per tutti gli scrittori (è quello che sarebbe da verificare). Bisognerebbe pensare a eventuali variabili: quella di Vanni sul tempo di uscita; la “presenza su Internet” degli autori (come ricordava P. G. ); un target diverso di pubblico, più o meno informatizzato, etc.
    Tuttavia, anche il discorso che citava Giuseppe D’Emilio può darci qualche informazione, forse. E’ vero che molti utenti cominciano una libreria e poi la interrompono, per pigrizia. E che molti inseriscono libri che non hanno al momento. Ma mi chiedo: quale è il criterio che spinge persone a inserire in scaffale per primi certi libri piuttosto che altri? Magari il caso, il fatto di averli sottomano. O perché li ritengono “primari”, da mettere assolutamente (e a ben vedere ognuno ha un nucleo di libri “importanti” che si tiene stretto, credo). Alla fine, anche l’aspetto di social network che ricordava Vanni è utile: quali sono i meccanismi che portano a percepire come “vergognoso” esibire un certo autore?
    E ancora: la discrepanza tra numeri di vendita dei bestseller e numero atteso potrebbe esser data da una inferiore percentuale di libri effettivamente letti?
    .
    ps: sono domande speculative, eh. Nessuna volontà di trovarci chissà quale senso. Tra parentesi, ho visitato il sito di http://www.isbf.it ed è molto interessante, soprattutto per il farm market dedicato ai piccoli e medi editori ( vorrei che non fosse a numero chiuso, ma credo sia un problema organizzativo). Noto che si ripropone il problema della “classifica”, che nella prima pagina si riduce ulteriormente ai “primi tre”. Una classifica presuppone che tutti gli altri libri siano stati letti dai giurati. La chiamerei “consigli di lettura”, ma certo non fa la stessa presa.

  32. @Andrea Cortellessa: credo che nessuno metta in dubbio né la vostra buonafede (io no, per lo meno), né il vostro impegno. Un modo per migliorare la collaborazione sarebbe creare un sistema di votazione automatizzato, se ancora non lo avete (non credo sia tecnicamente difficile, ma ci vuole un informatico che ne capisce- e per me i template sono un ordine religioso cavalleresco :/ ).
    .
    Un paio di noterelle a margine:
    .
    – vi suggerisco di ritenere inedite anche le opere presenti in rete (il problema neanche si pone per quelle che vengono rilasciate *dopo* la pubblicazione). Questo perché con la pubblicazione cartacea si raggiunge potenzialmente un circuito diverso di lettori;
    .
    – mi interessa la confusione che certe opere possono generare nell’essere inserite in questa o in quest’altra categoria. Sembrano quasi degli Oggetti Narrativi non identificati 😉

  33. se posso aggiungere il mio dato statistico, direi che la proporzione 1-35 tiene abbastanza. il mio Città Perfetta ha 131 presenza in anobii che dovrebbe corrispondere a circa 4500 copie vendute il che è all’incirca vero (forse qualcosa di meno), La strategia dell’ariete di Kai Zen ha esaurito la tiratura che era di 7000 e questo combacia abbastanza coi dati di Roberto per N.I.E. La terza metà invece ha 79 presenze anobii, il che equivarrebbe a 2765 copie vendute, ma io ho solo il dato del 2008 che era sotto le 1000 copie. però il libro è uscito a fine anno con pubblicità zero e quindi potrebbe aver recuperato nel 2009 (ma non ho ancora i dati 2009 e francamente ci credo poco). direi che fatta un po’ di tara, la proporzione può andare.

  34. @ blepiro
    In che senso un sistema di votazione automatizzato? (non desidero una risposta tecnica, che non sarei probabilmente in grado di capire; ma qualcosa che mi faccia capire a cosa pensa). Sono d’accordo con lei che le opere edite in rete e inedite su carta siano da considerarsi a tutti gli effetti delle Classifiche “inedite” (ma è un caso di scuola, diciamo; mi pare inverosimile che chi pubblichi un testo in rete poi lo trasporti esattamente così com’è su carta; di fatto, i casi citati – Wu Ming – e quelli non citati ma per me esemplari – Babsi Jones, Francesco Pecoraro – hanno apportato modifiche, strutturali e di dettaglio, che rendono autoevidente la loro votabilità). Quanto alla difficoltà di “categorizzare” i libri, è un problema concreto e per noi stimolante (in senso teorico; in senso pratico ci vengono gli stranguglioni ogni volta); pensi che eravamo partiti con tre “generi”, il terzo era “saggistica e altre scritture”, ma nel corso dei lavori si è constatato che le “altre scritture” facevano agilmente agio sulla “critica” vera e propria (non solo letteraria: storiografia, filosofia, psicologia ecc. ecc.), il che – non solo per spirito di corpo – ci è parso profondamente ingiusto; dunque – anche su sollecitazione dei Lettori; ricordo una discussione interessante al riguardo, per es., con Beppe Sebaste – s’è introdotta un’ulteriore partizione. Ciò malgrado delle difficoltà restano. Per es. La vita, non il mondo di Scarpa si è piazzato terzo nelle “Altre scritture”, ma si potrebbe ragionevolmente argomentare che si tratta, malgrado la brevitas, di testi narrativi a tutti gli effetti. Ha prevalso, empiricamente, una considerazione di buon senso (come quasi sempre): la maggior parte di coloro che lo votavano lo inserivano nel quarto “settore” (sicché si è trattato di contattare chi lo aveva invece votato come “narrativa” e di far riformulare a questi Lettori la propria votazione).
    Approfitto per segnalare che da oggi è attivo il sito http://www.isbf.it/, dove si possono trovare le nuove Classifiche (febbraio 2010) ed è possibile acquistare online, scontati, i titoli proposti (per la precisione, riguardo a quanto detto durante la discussione con Claudia, Altai s’è piazzato nono nella Classifica di narrativa).

  35. @ blepiro di nuovo
    “Una classifica presuppone che tutti gli altri libri siano stati letti dai giurati”. Non sono d’accordo. Con “Classifica” si intende appunto una mera accumulazione numerica delle preferenze espresse, che vanno intese come relative, sì, ma entro il circolo delle letture concrete dei Lettori (lo dico anche perché nel corso della prima “serie” alcuni Lettori che avevano in un primo momento aderito si sono resi conto di non leggere un numero sufficiente di novità italiane e si sono di conseguenza allontanati dal meccanismo). Sarebbe viceversa un “premio”, con conseguenti “giurati” (termine che infatti non usiamo mai), se effettivamente si votasse entro una short list in qualsiasi modo compilata.
    Va ricordato peraltro (come può più in esteso leggere sul sito relativo: http://www.premioletterariodedalus.it/) che lo strumento delle Classifiche sorge dalle ceneri, per così dire (anche se non renitiamo all’idea di farlo risorgere l’anno prossimo), di un premio vero e proprio che si è tenuto per qualche anno a Forlì e l’anno scorso appunto a Pordenone (risultando vincitori Laura Pugno nella narrativa, Mario Benedetti nella poesia e Marco Belpoliti nella saggistica-altre scritture; in passato abbiamo premiato fra gli altri – come ha ricordato qui Alberto Casadei – Roberto Saviano – fummo tra i primi a segnalare Gomorra, ricordo per iniziativa dell’allora presidente della Giuria, Enzo Golino – Walter Siti, Emanuele Trevi, Aldo Nove, Antonella Anedda ecc.). Quella dei premi però temo sia in generale una formula logora, che andrebbe rinnovata metodologicamente (prima che nello specifico meccanismo di ciascuno di essi), e che costa fra l’altro molti soldi. Vedremo cosa riusciremo a farne in futuro.

  36. @Andrea, dove è possibile leggere l’elenco delle migliori opere straniere tradotte nel 2009? Quello con Bachmann e Schmidt…grazie

  37. @andrea cortellessa: per “automatizzato” pensavo a un sistema semplicissimo (che purtroppo non saprei realizzare, ma credo sia alla portata di qualsiasi informatico). Immagina uno spazio del sito del premio dedalus in cui ciascun Lettore può accedere con un login. Dal proprio profilo sarebbe possibile dare ogni mese le due indicazioni (titolo del libro, autore, editore, punteggio, sezione ). Il sistema somma automaticamente i punteggi per ciascun titolo (non credo sia difficile. A proposito di aNobii, non so come si può fare, ma sarebbe utile utilizzare il codice isbn per citare il libro in modo univoco). A voi non resta che controllare eventuali sdoppiamenti tra sezioni (e segnalarli all’autore. Il sistema potrebbe già confrontare in automatico la presenza di eventuali doppi) e sollecitare i ritardatari (anche questo può essere automatizzato, con una lista di nomi dei Lettori che tiene conto di chi ha votato). Mi sembra fattibile e vi aiuterebbe non poco.
    .
    Sulla questione classifica\premi, ho capito il suo punto di vista. Penso di aver colto lo spirito dell’iniziativa. La mia osservazione era rivolta al fatto che, se non tutti i Lettori hanno letto tutti i libri in classifica (cosa che ritengo incompatibile con una vita normale), i libri ai primi posti non sono i più apprezzati e basta, ma i più apprezzati dei libri più letti dai 140. Se un autore consiglia A e B, non posso sapere se l’ha confrontato con C (e se lo ritiene meno valido degli altri due). Ecco perché li considero consigli di lettura (molto interessanti, ci tengo a precisare).
    .
    Una domanda tecnica: perché la decisione di dare 6 punti in totale da distribuire in massimo due libri per sezione? E non, ad esempio, il classico sistema a stelline (massimo due libri, punteggio da 1 a 5).

  38. @ blepiro
    Sul punto 1, giro il suo post ai coéquipiers. Va detto che il sito dedicato o “rivista” (che mi pare un poco pretenzioso, per il momento) Stephen Dedalus è stato appena messo on-line (in questi minuti in effetti, eccolo nuovo fiammante con le prime tre interviste, a Belpoliti Benedetti e Lagioia: http://www.pordenonelegge.it/index.php?session=0S2485364249KWEV76CBA&syslng=ita&sysmen=-1&sysind=-1&syssub=-1&sysfnt=0&syslay=13), e i Lettori ancora non possono avere confidenza con un’utility del genere (intravedo però che appunto essendo di rado il voto “pulito”, senza la minima imprecisione e senza necessità di “rassettarlo”, l’automatismo potrebbe ingenerare più problemi che soluzioni).
    Sul punto 2 ha ragione. Io ho sempre detto, fra l’altro, che l’espressione “Classifica” mi è personalmente sgradita (mimetismo dell’avversario, ho scritto anche qui). Ancorché retoricamente – e infatti promozionalmente – irresistibile. Penso anche, però, che un senso lo abbia: e cioè la promozione sì, ma graduata. Nicola Lagioia, per dire, è stato promosso dai 140 più di Laura Pugno o di Wu Ming. E anche questo è un dato: che il conteggio numerico fotografa con esattezza.
    Sul punto 3 francamente non lo so. L’intento era quello di consentire ai Lettori di “premiare” anche tiepidamente, diciamo, un libro che (sempre relativamente al corpus delle loro effettive letture) considerassero il migliore, ma non tale da farli impazzire. E inoltre quello di segnalare, complessivamente, un maggiore numero di libri . Torno a dire che per un utente come me è più interessante conoscere il libro segnalato al quindicesimo posto che il primo… (le classifiche complete in genere escono qualche giorno dopo la pubblicazione dei top 7).
    Grazie dei consigli, comunque.

  39. @cortellessa: scrive: “Penso anche, però, che un senso lo abbia: e cioè la promozione sì, ma graduata. Nicola Lagioia, per dire, è stato promosso dai 140 più di Laura Pugno o di Wu Ming. E anche questo è un dato: che il conteggio numerico fotografa con esattezza.”
    Sono d’accordo. Ma questo dato non ha molto a che vedere con la qualità, semmai col gusto, e con altri cavilli metafisici 🙂
    .
    ps: prego. Grazie delle risposte.

  40. @ blepiro
    Anche “qualità”, ovviamente, è un termine su cui si potrebbe a lungo discettare, entro il sintagma “classifiche di qualità” (una volta ho definito questa espressione un ossimoro…). E’ un giudizio soggettivo, certo, quello mediante il quale attribuiamo a un libro una “qualità” (soggettivamente, per es., io ho apprezzato più il libro di Pugno di quello di Lagioia), ma tale soggettività (che per es., nei premi tradizionali, viene esaltata sino all’arbitrio delirante; più nocivi di tutti sono poi quelli che associano alle ubbie dei giurati il giudizio insindacabile e indifferenziato delle “giurie popolari”: i cui responsi – sempre assai prevedibili – assomigliano da vicino alle statistiche di Anobii le quali, come qui si è a lungo discettato, fotografano – con qualche correttivo “d’immagine”, se ho ben capito: non si “scaffala” – mon dieu! – Moccia perché non fa figo, come gli elettori agli exit poll non dichiarano il loro voto di destra… – i valori di mercato: che in modo statisticamente più attendibile sono poi quelli elaborati dalle classifiche di vendita) viene “corretta” verso una “media” precisamente dal numero dei votanti (non a caso, più il quorum scende, meno il responso è attendibile). Il quale infatti – a mio modo di vedere – dovrebbe ancora aumentare.

  41. Solo per precisare riguardo quanto diceva WM1: sì, non avevo colto che la proporzione veniva riservata solo a determinati testi narrativi. Cmq, trovo sorprendente che 1 lettore su 35, in Italia, cataloghi i propri libri su Anobii: non mi aspettavo che ci fosse un uso così elevato del sito, intendo.

  42. @blepiro
    la qualità a mio parere non è un cavillo metafisico, se non per chi ha interesse a non rispondere sui significati delle parole (e dei nomi propri). Daniela Brogi

  43. Il problema mi pare semantico: sta nella parola “qualità”, che suggerisce una qualche oggettività della cosa. Se si prende l´iniziativa di Cortellessa e dei suoi 140 per quello che è (e non mi pare abbia pretese di oggettività) non vedo come non considerarla una iniziativa splendida, proprio perché non dissimile da quello che fa il buon-libraio-di-una-volta, ovvero consigliarti dei libri quando vai in libreria. Ora, non so i vostri, ma la mia (libraia preferita) non è un´esperta di microeditoria e avanguardie, bensí una conoscitrice consapevole di ciò che esce, del panorama generale, la quale, piuttosto che dare in mano al cliente il solito Dan Brown o Amanniti gli propone un autore italiano meno noto (io poi, scrivendo e frequentando i dibattiti letterari in rete li conosco tutti, questi autori, ma è una distorsione del mio punto di vista se mi sembrano arcinoti) e così facendo smuove un po´ le acque… Il confronto va fatto con IBS e con le sue gelide classifiche di vendita, e direi che ISBF ne esce alla grande.

  44. @daniela brogi: la mia era una battuta (non riuscita, lo ammetto). Mi riferivo al valore della merce, al rapporto tra merce e prezzo, ai “cavilli metafisici” di cui, secondo Marx, si compiace la merce- per dire che non è così diretta l’equazione “più votato=migliore”. Certo, è una questione di gusto, ma il gusto qui entra in gioco anche in una fase preliminare, decide a priori quale opera leggere o no, per mancanza di tempo, reperibilità e, appunto, distanza dallo stile dell’autore.
    Il significato delle parole mi interessa, sono curioso come un entomologo. Solo che per studio sono costretto a ragionare in termini di numeri, quantità, statistiche. E so che la qualità si può tradurre in quantità solo accettando certi vincoli, certe condizioni arbitrarie. Sto proprio esplorando queste condizioni al contorno, nella maniera più neutra possibile. Non accetto che vengano rimosse con la definizione “di qualità”.
    Ad esempio: l’idea di Cortellessa di amplare il numero di Lettori va nella giusta direzione. L’idea è che se il campione diviene di gusti sufficientemente disomogenei, dove ci sarà una convergenza ci troveremo di fronte a opere interessanti (il giusto mezzo: se il campione è troppo omogeneo i risultati sono identici, se è troppo disomogeneo i risultati non si sovrappongono). Ma se si allarga troppo, è aNobii 😀
    Questo ci porta a pensare che sia il campione l’elemento critico del sistema. Quali sono le caratteristiche formali che caratterizzano il Lettore tipo? Vediamo: alto numero di letture (in assoluto e all’anno), con una buona percentuale di libri che non sono diffusi/sono specialistici/vendono poco, attenzione alla narrativa e/o poesia e/o saggistica e/o altro (no a specializzazioni di “genere”), attenzione a opere italiane contemporanee. In base a questi criteri, i prossimi candidati potreste selezionarli su aNobii 😀 Scherzo.
    .
    Quello che voglio dire è che, in questo caso, “qualità”=”concordanza di gusto di un campione di lettori con le tali caratteristiche”. Per qualcuno può essere un’approssimazione convincente. Per altri no. Basta saperlo.
    .
    ps: non ho capito il riferimento ai nomi propri. Se era un’allusione all’uso del nickname VS nome proprio, le dico che paradossalmente sono molto più individuabile col nick, visto che uso sempre questo e che in rete è presente la mia identità- vice versa, ho svariati omonimi 😀

  45. Sono uno dei votanti, fin dalla prima ora. Sono anche responsabile, nel mio piccolissimo di un Schmidt primo fra le traduzioni, per dire.
    E, anche, che in questa tornata (io che ho sempre votato) non ho votato romanzi italiani. Questo è il bello. Non ho vincoli, non ho doveri di casta o gruppo editoriale o pressioni di direttori o sa il cazzo cosa una mente dietrologica possa immaginarsi. Voto quelli che mi piace e se leggo cose che non mi hanno convinto non le voto.
    Direi che non è poco.
    Poi: i libri letti questo mese (esclusi quelli non previsti dalla classifica, tipo narrativa e saggistica straniera, classici, etc.) erano per me brutti? No.
    Semplicemente non li ho letti. Era in fondo nel mio diritto scegliere i libri che più mi interessava leggere per poi scoprire che avevo sbagliato selezione, non trovate
    Averne, insomma, di Dedalus in Italia. Non “contro” altri tipi leggitimi di classifiche, ma “con”, a somma non a sottrazione.

  46. Il meccanismo di queste classifiche è assai semplice e sembra paradossale. Direi che la quantità si fa garante della qualità. Coinvolgere 140 (che immagino dovranno diventare 150) persone che in varie forme per mestiere si occupano di libri, diventa baluardo contro i meccanismi di cricche e cordate. Il mondo è piccolo in generale, e certamente lo è l’ambiente, per cui è inevitabile che caio e tizio leggano prima il libro del loro amico sempronio e poi gli diano il voto. Probabilmente, in primo luogo, perché lo trovano davvero bello (in genere uno frequenta le persone che stima), ma non si può escludere che lo facciano anche “per amicizia”. Ma se i votanti – come è il caso di Dedalus – appartengono a gruppi diversi, a questo rischio è stato posto un fortissimo correttivo.
    Personalmente avevo cercato di darmi la regola di non votare preferibilmente libri pubblicati dalla casa editrice per cui lavoro (Mondadori), non scritte da persone con le quali vado a mangiare la pizza, e di favorire i titoli editi dalle piccole case editrici. Ma ho costatato presto che era impossibile.
    Così alla fine ho votato sia libri Mondadori e libri scritti da amici che libri di persone mai conosciute e pubblicate da editori piccolissimi.
    E ho la sensazione che gran parte dei votanti faccia altrettanto (il voto ovviamente è segreto), perché anche se possono esserci divergenze di gusti e di vedute, o magari sarebbe meglio dire di poetiche, alla fine a tutte queste persone forse interessa davvo principalmente la stessa cosa, quella per cui è sorta l’inziativa: rendere più visibili i libri più validi.
    Poi, ovvio, c’è un margine di discrezione e di arbitrio in tutto (per esempio nella graduatoria). Ma inventarsi uno strumento che possa aiutare la piccola editoria nella pura sopravvivenza e quella grande a mantenere aperti gli spazi agli autori di un certo livello, credo sia una cosa assai positiva.

  47. Ringrazio Andrea Cortellessa e Helena per la spiegazione molto dettagliata del funzionamento di questa classifica. Il commento di Filippo purtroppo è passato inosservato, ma era molto interessante: “mi sembra che Il Galateo In Bosco di Zanzotto, all’inizio del 1979, rimase per qualche settimana nella classifica dei libri più venduti”. Anch’io ricordo qualcosa del genere, ma erano tempi diversi, e credo che di questo si debba tenere conto. Siamo arrivati al punto di dover recintare in riserve la letteratura di spessore (preferisco questa parola a qualità, che sta un po’ antipatica perché ambigua, come rilevano in molti qui), perché assediata da novità editoriali spinte come letteratura di qualità con il solo fine di accaparrarsi un premio – per esempio i due esordienti dotati di un’involontaria comicità (cito una frase letta oggi che mi ha fatto molto ridere).
    La discussione su Anobii, invece, la leggerò con calma, in quanto corrisponde maggiormente alla mia idea di diffusione e di repubblica dei lettori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto