ALI E STIVALI

E’ uscito qualche giorno fa, lo posto oggi. E’ un bell’articolo di Maria Novella De Luca per Repubblica sulle bambine.
Negli studi eccellono, negli sport sono bravissime, con la tecnologia corrono alla pari dei loro colleghi bambini, vincono di due punti in tutte le materie scolastiche, parlano fin da piccole una lingua straniera e nel futuro, si sa, avranno lauree brillanti e curriculum con lode. Sono le bambine anni Duemila, sapienti ed esperte come tutti i “Millennials”, i nati all’ inizio di questo secolo, dotate di competenzee abilità sconosciute alle generazioni precedenti. Eppure entrando nelle loro camerette, rigorosamente rosa, sembra di fare un salto all’ indietro, ciò che domina è tutt’ altro immaginario, è il sexy mondo delle bambole Winx, i trucchi e gli smalti per apparire donne formato baby, i cellulari con le custodie confetto,e collane di libri dove le eroine femminili possono tutto, sì, purché siano però seduttive, bellissime, naturalmente magre, con gambe da gazzella e capelli da sirena…
Ritratto delle bambine italiane in quell’ età che corre tra la fine dell’ infanzia e l’ alba dell’ adolescenza, strette tra nuovi modelli e vecchi stereotipi, così come le racconta un convegno che si apre il 30 marzo all’ università Bicocca di Milano. A quasi 40 anni dall’ uscita del libro cult di Elena Gianini Belotti “Dalla parte delle bambine”, che nel 1973 denunciò come e quanto fin dai primi anni di vita, l’ educazione delle femmine risentisse di condizionamenti e «indirizzi» verso un modello di donna subalterno e tradizionale, pedagogisti ed educatori sono tornati nel modo delle più piccole. Per scoprire, come spiega Barbara Mapelli, docente di Pedagogia della differenza, «che c’ è una spinta a riportare le bambine nel mondo di una femminilità esasperata, dai libri di testo alla pubblicità, dai giocattoli alla narrativa, dalla moda ai videogame, tutto descrive una figura di donna che culla e accudisce, che torna nella sua casalinghitudine, ma nello stesso tempo per vincere deve essere dotata di un corpo meraviglioso e attraente». Dove le bambole hanno le ali, sono eteree, ma poi indossano stivali fetish e abiti inguinali, in una radicalizzazione degli stereotipi che sull’ altro fronte, “cerca di spingere i maschi ad un nuovo culto di forza e machismo”. Uno scenario descritto anche da Loredana Lipperini in un libro uscito nel 2007 e continuamente ristampato “Ancora dalla parte delle bambine”, un viaggio nel mondo anticipato da Elena Gianini Belotti, ma attualizzato ai nostri giorni, per constatare quanto poco sia cambiato dagli anni Settanta. E come mai oggi le figlie di quelle donne che a fatica hanno conquistato pezzetti di parità, facciano fare affari d’ oro all’ industria dei cosmetici per ragazzine, destreggiandosi tra scarpe con il tacco, microgonne e Winx, Bratz, Witch, Blyte, bambole vestite da discoteca, il cui stile si replica nei videogame e nei giornalini, dove si discute di moda, amori e addirittura diete, con un target mirato a preadolescenti che non hanno nemmeno compiuto i 10 anni.
Ma non tutto è come appare, precisa Carmen Leccardi che dirige il “Centro per lo studio dei problemi di genere” dell’ università Bicocca. Perché queste stesse bambine sono poi in cima alle classifiche di rendimento scolastico, e se l’ essere veline o vincere “Amici” costituisce il desiderio di una congrua parte di questo mondo infantile “precocemente reso adulto e sessualizzato”, c’ è una buona fetta di ragazzine che dalla vita vuole e sogna altro. «Di fronte alla crescita del ruolo delle donne c’ è stata una infatti una reazione inversa – chiarisce Carmen Leccardi – il mercato, ma anche un certo tipo di cultura, hanno ricominciato ad esaltare il “genere”, tu sei femmina dunque ti vesti di rosa, giochi con le bambole e devi essere bella, tu sei maschio e giochi con le armi e i supereroi… Le bambine però – conclude Leccardi – hanno colto lo spirito del tempo, e seppure con ambivalenza cercano di dominarlo». E se Emi Beseghi, docente di Letteratura per l’ Infanzia all’ università di Bologna, mette in luce quanto anche nei libri ci sia una nuova declinazione al femminile, in un impoverimento di testi dove le parole chiave sono ossessivamente bellezza, magia, seduzione, Maria Rita Parsi, psicologa e attenta conoscitrice del mondo dei più piccoli, spezza una lancia in nome delle bambine. «Il tentativo di rimettere le donne nei ruoli tradizionali è costante e non tramonta, ha riguardato le madrie oggi mira alle figlie, ma queste ragazzine sono più colte, più sicure, e con molti esempi positivi davanti agli occhi: possono anche vestirsi di rosa, ma non rinunceranno per questo alla realizzazione di se stesse».

10 pensieri su “ALI E STIVALI

  1. Purtroppo sappiamo bene che questo è lo scenario. E proprio perciò io vorrei che i giornalisti impegnati indicassero anche le buone pratiche sul territorio anziché continuare a lamentarsi di Amici e delle Winx o citare libri ed esperti che studiano il problema “da lontano”.
    Queste cose sono cose importanti, certo, ma dove sono le storie e i loro eroi? Vorrei leggere articoli sulle battaglie, le vittorie, le sconfitte, le aspirazioni di genitori, insegnanti, educatrici ed educatori, psicologhe e psicologi eccetera, oltre alla sociologia che sta dietro ai fenomeni.

  2. questo, in qualche misura, mi suona come una buona notizia….. ho due bambine piccole e pensarle “veline” mi chiude la bocca dello stomaco…. ma noi siamo i loro esempi… piu’ delle winx…. bamboline eteree e alate con le quali si e’ giocato meno di un giorno e poi sono finite nel dimenticatoio…. probabilmente anche la loro presenza serve alla loro formazione critica nella quale io cerco di condurle per mano….. e questo e’ quello che cerco di fare nelle mie 4 mura…. per il resto e’ giusto diffondere con ogni mezzo di comunicazione un nuovo modo di pensare…. di pensarci donne….. io ho cominciato a regalare alle mie amiche, mamme di femmine e di maschi, dei libri….. quello della gianini belotti…. quello della signora lipperini che qui ci ospita…. quello della zanardo…. invitandole a leggerlo e farlo leggere anche ai loro compagni…. e spero che, semino semino, nasca qualche bella e florida pianta

  3. Grazie unsortable. io spero però che i direttori dei giornali capiscano che è sulle pagine dei qotidiani (e dei periodici) e non solo sulla rete che le storie buone (e non intendo semplici, sdolcinate o nostalgiche o ideologiche: intendo potenti, apriocchi, svegliacoscienze) vanno cercate, raccontate, diffuse: ce ne sono, non hanno uno spazio.
    Perché internet, ancora, non è il mondo reale: giusto ieri su repubblica.it leggevo un fotoservizio su le 10 cose che rendono felici gli inglesi. È un sondaggio (in progress) che il servizio di statistica britannico ha commissionato per costruire un “coefficiente di felicità”.
    Primo posto in classifica: vivere vicino a un parco o una piscina. Secondo posto, mi vengono le lacrime: avere accesso a strutture culturali come le biblioteche. Terzo: la salute… ecco, a questo punto la mia illusione esterofila scoppia. Mi è chiaro che la classifica è parziale, parzialissima (oltre che aliena all’italiano): ha risposto quell punta di lancia della società, fatta di cittadini attivi, tecnologicamente e socialmente aggiornati, con una coscienza civica sviluppata. Ma quelli che hanno risposto hanno un voto come quelli che al primo posto avrebbero messo l’omogeneità etnica nel quartiere o biglietti del derby gratis – se solo avessero voluto perdere 5 minuti per questo sondaggio.
    Mia morale provvisoria: va bene conquistare la rete, ma per contare davvero abbiamo bisogno di sostegno fuori.

  4. winx, bratz, certo, ma guardate che in negozi di giocattoli “intelligenti” si vendono ancora le assi da stiro rosa intonate alla mini cucina e al set di pentoline…..che tristezza, siamo ancora lì.
    Come sempre la Parsi è consolante ma penso: queste future donne consapevoli, preparate e desiderose di autorealizzarsi troveranno le stesse legnate nostre?Tipo trovarsi a 35 anni con l’ennesima conferma che + hai la testolina funzionante e + fai paura a “lui”?
    Per ora (e per quanto ancora?) viviamo in un paese dove la tv di Stato che ti vuole stupire con la sit-com non trova di meglio che una stressatissima Massironi prof-mammaemoglie alle prese con Insinna, eterno marito italiano mediocre sporco e disordinato.

  5. Ho apprezzato molto l’articolo – diciamo che tocca un po’ tutti i punti di questo tema. Mi fa riflettere l’ultimo pensiero espresso da Maria Rita Parsi, in cui si nutre fiducia per la bambine dell’ultima generazione perchè, sebbene subiscano continui attentati alla libertà di sviluppo personale, sono state rifornite di nuovi strumenti, in grado di disattivare molti pericoli. Ciò che si dice è una grande speranza, un pensiero in cui io per primo riverso grandi speranze, ma mi pare un po’ troppo fiducioso. Vedo con i miei occhi, leggo, sento che molte cose si muovono, dove più dove meno, per alcun* più per alcun* meno, ma si è appena all’inizio, credo. Inoltre, penso ai simboli. Noto che spesso moltissim* di noi sottolineano come nessuno ce l’abbia con il colore rosa, oppure come nessuno ce l’abbia con la scelta di fare le veline – mi viene in mente adesso che mi suonerebbe molto male dire “lavorare come veline”: significativo? – l’importante è che questi simboli non diventino un diktat, l’unico modello, che ci sia la possibilità di scelta. Io capisco in pieno l’intenzione di partenza, di apertura – almeno io non uso mai questa formula tanto per – ma mi rendo anche conto di come perlomeno io la usi anche per partire, per non perdere neanche una chance di arrivare alle persone, di non escludere niente e nessuno a priori. Quando, in realtà, credo che se una ragazza o una donna acquistano una certa lucidità sulla realtà, per parlare dell’esempio riportato, poi troverà spesso inutile, sgradevole, poco aderente a sé perpetrare lo stereotipo del colore rosa. Essere in grado di decostruire alcuni stereotipi non ne giustifica l’uso. Dovremmo sempre essere consapevoli di giocarci, nel migliore dei casi.

  6. L’altro giorno a scuola ho visto una bambina di prima elementare con uno stivaletto lucido rosso con tacchetto e minigonna di jeans sotto chiappa. A ricreazione in giardino tutti conoscevano il colore delle sue mutande e la sua maestra per disperazione l’ha fatta sedere perchè conciata così non poteva giocare. Ecco in sintesi quello che i miei occhi vedono quotidianamente, bambine che non possono fare le bambine…tristezza…

  7. Un particolare raccapricciante che nessuno qui ha ancora citato: la ricostruzione delle unghie! Sono un’insegnante di scuola media e tutti i giorni in classe vedo volteggiare mani ancora infantili di ragazzine dagli 11 ai 13 anni con inquietanti unghie finte decorate in stile drug queen. In ogni classe poi, c’è l’esperta della situazione che organizza a casa sua sedute di ricostruzione delle unghie per le amichette.
    E vorrei tanto poter condividere il fiducioso pensiero di Maria Rita Parsi, ma, come insegnante, al di là della conferma che sì, è vero, le mie alunne studiano e s’impegnano più dei maschi, parlare di cultura, ahimè, nella scuola italiana di oggi, in quella dell’obbligo poi… Ma questa, me ne rendo conto, è un’altra (dolente) storia.

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