Appena scesa dall’autobus che mi porta a via Oslavia, nel breve tratto fino a via Asiago, cammino piano e penso a quello che voglio scrivere, qui e non solo qui. E’ uno dei momenti benedetti della giornata, quelli in cui esibisco il classico sguardo vacuo che porta chi mi incontra a chiedermi, inevitabilmente “hai sonno, eh?”.
Frammenti di conversazioni, a volte, si insinuano nel torpore. Oggi, davanti alla banca, due uomini lodavano la professione del portiere: “ti rendi conto? non paghi l’affitto, non paghi il condominio, tutto riposo. Che bel lavoro. Avercene”. Mi sono chiesta se sapessero di cosa parlavano: i portieri che conosco vivono in appartamenti ai limiti dell’abitabilità, spesso seminterrati, e sono caricati di oneri e richieste anche fuori dell’orario di lavoro, e pagati pochissimo. L’aggancio, inevitabile, è con quanto ho ascoltato a Trento durante Biblioé: giovani bibliotecari preparatissimi che lavorano “da esterni”. Chissà, magari persino pagati con i voucher, come raccontavano i quotidiani nei giorni scorsi. E, sempre magari, neanche possono lamentarsi troppo perché vuoi scherzare?almeno un lavoro ce l’hai, precarissimo quanto ti pare ma è lavoro, di questi tempi.
Di questi tempi, già. Il vero nodo di questi tempi è che non solo ti spingono ad accettare un lavoro purchessia, ma che, sotto sotto, ti rimproverano se hai passione. Nel bel romanzo di Raffaella Romagnoli, “La figlia sbagliata”, si racconta di come l’errore più grave che si possa compiere in una vita non è non utilizzare il talento che si possiede, ma nel non nutrire passioni.
Oggi avviene di più: se qualcuno coltiva quella passione, e la espone, viene rimproverato, più o meno esplicitamente. Pare brutto, essere appassionati, più che mai in ambito intellettuale, dove l’analisi deve essere fredda, e la forma deve sempre inghiottire la sostanza, e guai, davvero, se sei caldo nel narrare, perché farlo è ingenuo, perché non conosci l’abc letterario. Sei pure ruffiano, guarda, ad abbassare le famigerate leve emotive che appartengono, per diritto antico, solo al bieco mainstream delle classifiche.
Vale in letteratura, vale nelle nostre esistenze.
Dodici anni fa, recensendo “L’epoca delle passioni tristi” di Miguel Benasayag e Gérard Schmit. Umberto Galimberti scriveva:
“Si tratta di passioni che lasciano le famiglie disarmate e angosciate all’ idea di non essere in grado di provvedere al problema che affligge uno dei loro componenti, quindi di non essere una «buona famiglia», quando invece le passioni tristi hanno la loro origine nella crisi della società che, senza preavviso, fa il suo ingresso nei centri di consulenza psicologica e psichiatrica, lasciando gli operatori disarmati. In che consiste questa crisi? Da un cambiamento di segno del futuro: dal «futuro-promessa» al «futuro-minaccia». E siccome la psiche è sana quando è aperta al futuro (a differenza della psiche depressa tutta raccolta nel passato, e della psiche maniacale tutta concentrata sul presente) quando il futuro chiude le sue porte o, se le apre, è solo per offrirsi come incertezza, precarietà, insicurezza, inquietudine, allora «il terribile è già accaduto», perché le iniziative si spengono, le speranze appaiono vuote, la demotivazione cresce, l’ energia vitale implode”.
Rileggerlo, magari. Trarne le conseguenze, magari. O, quanto meno, piantarla di schernire chi, grazie al cielo, una passione la nutre ancora.
Pare Brutto è categoria sulla quale ha detto anche il Vincenzo Malinconico di Diego De Silva. Si vede che è nell’aria come le polveri sottili che la mia mamma avverte da quando il mio dilemma principale era se dare una chance al Ciaocrem o continuare con la Nutella.
” giuravo che avrei fatto il portiere / era l’unico a differenziarsi / pensavo che non fosse della squadra / era vestito meglio e stava fermo ” Bluvertigo – Sono Come Sono.
Il signor Morgan stima i portieri evidentemente. Tutte le categorie hanno fans e detrattori.
Io mi sono scoperto due secondi fa fan del signor Galimberti di cui sottoscrivo le considerazioni. Credo che le polveri sottili e grossolane nell’aria ci stiano rendendo tutti zii Tibia senza ironia appollaiati sulle ns sedie a dondolo a sghignazzare del terribile che accadrà quando sarebbe il caso di sperare in un futuro di Nutella e Ciaocrem x i ns cuccioli.
Passione è dire/fare/baciare e lasciare in testamento a chi seguirà un mondo uno zinzino meno cupo di quello che abbiamo trovato sbucando da dove tutti si affacciano ( Marzullo – Diari Appassionati contro Il Pessimismo del Dì )
Sottoscrivo le considerazioni di Loredana Lipperini e di Galimberti. Sono d’accordo in tutto e condivido.
Quello che trovo tristissimo nella società attuale e che tende a soffocare i sogni a sminuirli specie se vuoi dedicarti all’arte o alla scrittura, alle materie umanistiche: a che servono? Chi non sa fare altro nella vita scrive… praticamente ciò che esula da quello che sono gli schemi é falso sterile, un modo per sottrarsi alla vera vita! Ma se la vera vita è il grigiore della rinuncia ai sogni e alle passioni che vita è?
Mery
Segnalo un libro bellissimo che ho appena divorato che racconta la passione e, appunto, il lavoro, ridefinendo i confini simbolici di ciò che il lavoro oggi rappresenta: Lucia Bertell, Lavoro eco-autonomo, Eleuthèra. Appena uscito.