Ma guarda cosa si ritrova frugando nei ritagli. Un’intervista di Beata Chmiel per L’espresso datata 30 gennaio 1997. L’intervistato è Jozef Tischner, filosofo cattolico, sacerdote, maestro e amico di Papa Giovanni Paolo II.
Qualche riflessione del medesimo, da tener presente di questi tempi (tempi in cui anche alcune giornaliste stigmatizzano la rivendicazione del “diritto ad abortire”, quando ci si sono messi anni per cercare di chiarire che quello che veniva rivendicato era, semmai, il diritto alla maternità consapevole).
Dal punto di vista dell’idealismo religioso i bisogni della società – costruzione di strutture democratiche, riforma dell’economia, privatizzazione – ecco, tutto questo è solo la banalità della vita quotidiana. La Chiesa si aspetta invece dalla gente una scelta sugli ideali etici. Il problema è come attuarli. Mi spiego: se la questione riguarda per esempio l’aborto, il conflitto tra gli ideali e la banalità della vita quotidiana appare esplicito. E nella prassi prevale la banalità della vita. Così, la Chiesa ha capito che la questione dell’aborto non può essere risolta per vie democratiche. Da qui, nasce la critica alla democrazia stessa..
Ma questa critica non porta alla tentazione di costruire uno Stato confessionale? .
Sì, una tale tentazione esiste. Ci sono in Polonia circoli che si rifanno esplicitamente alla dottrina integralista di Marcel Lefebvre. Legandola all’ideologia nazionalista polacca. Ma si tratta di un paradosso: il papa polacco (che ha condannato Lefebvre) è contestato da alcuni gruppi in seno alla Chiesa polacca..
E l’episcopato che posizione ha?
Purtroppo fino a due anni fa c’era una certa simpatia verso le posizioni integraliste. Ma oggi la Chiesa ha capito di aver smarrito la lingua comune con la società. Credo che la sconfitta sulla questione dell’aborto possa avere conseguenze assai positive per la Chiesa..
Anche se il papa sull’aborto è più integralista? .
Non lo è. Nel cosiddetto integralismo del papa c’è un valore che non va smarrito: la disponibilità all’eroismo. Il liberalismo ha dimenticato questa dimensione dell’esistenza umana..
La simpatia della chiesa polacca per le posizioni integraliste, anche se rinnegata velocemente, non è restata senza risultati, come ha dimostrato un po’ di anni più tardi la vittoria dei gemelli Kaczynski e della loro ideologia reazionaria.
Vedremo se sarà un esempio che si propagherà in altri stati dove la Chiesa ha molta influenza…
In poche righe questioni enormi.
Incompatibilità fra chiesa e democrazia quando la democrazia può permettere atti contrari ai suoi fondamenti, come l’aborto e l’eutanasia.
La banalità della prassi quotidiana contro la disponibilità all’eroismo.
Partorire ugualmente un bimbo che non si vuole o che si sospetta gravemente malato, è questa la disponibilità all’eroismo?
E chi eroe non è che deve fà?
La democrazia non impedisce a nessuno d’essere un eroe, la chiesa mi pare vorrebbe obbligare tutti a esserlo in potenza.
Difficile trovare una posizione intermedia fra gli opposti estremi: da una parte c’e’ chi accetta l’aborto anche come libera scelta personale fatta da parte di chi sia esente da ogni impedimento fisico o gravemente psicologico (insomma: se una donna normale non vuole un figlio normale ha diritto ad abortire, dice questa posizione); dall’altra parte c’e’ chi restringe il diritto all’aborto ad un piccolissimo nucleo di madri e nascituri seriamente a rischio salute o esposti ad altri tremendi rischi d’altra origine (violenze carnali, pazzia, eccetera).
Come mediare, per ottenere una legislazione in merito non follemente ”elitaria” e neanche dissennatamente liberale?
Quesito arduo.
Forse, per realizzare un’Italia meno squilibrata e conflittuale in questo campo, dovrebbe esserci l’ausiliare interpolazione di alcuni fattori che purtroppo non vedo molto in giro: la stabilita’ emotiva e lavorativa delle coppie, la presenza continua delle famiglie nel capire le proprie figlie (e i propri figli, perche’ i bambini si fanno in due) che si trovino in situazioni difficili di questo tipo, maggior dialogo e reciproca comprensione fra i coniugi (tesi in fondo alla procreazione e all’assunzione delle responsabilita’ che ne derivano), un’ambiente anche territoriale, locale, meno asfittico; una consapevolezza delle tradizioni antiche del nostro Paese (con i suoi pro e i suoi contra, beninteso, ma almeno una visione storica della Nazione); insomma meno solitudine nella vita quotidiana per aiutare i giovani a decidere piu’ per la nuova vita che per loro stessi, o viceversa, quando proprio non se ne possa fare a meno.
Ma quando si ”deve fare a meno della nuova vita”, mi chiedo? Quando VERAMENTE e’ indispensabile abortire, per il bene di tutti? Un sistema etico-morale nazionale meno frammentato, appiattito sul presente ed individualistico di oggi potrebbe aiutarci a stabilirlo. Ma manca, non c’e’, in Italia, insieme alle altre mancanze di cui sopra. Dunque un insieme di cose mancanti, questo, che segnala anche l’assenza di una ”parolina”: BUONSENSO. Senza questa parolina, decidere e’ impossibile, senza fare scelte tremende in un senso o nell’altro.
Saluti Cordiali
Sergio Sozi
P.S.
Ovviamente io ho la mia posizione netta e chiara, ma non reputo necessario parlarne ora e qui. Mi bastava precisare quanto sopraesposto.