BIBLIOGRAFIA DISARMATA: ALBERTO MORAVIA

Alberto Moravia (1907-1990). Proprio lui, sì. Che fu uno dei protagonisti degli anni in cui il pacifismo si ampliava, diveniva una possibilità concreta. Anni che sono culminati in quel 2003 quando in tutto il mondo si svolsero le grandi manifestazioni contro la guerra in Iraq – 110 milioni  in piazza in oltre 600 città  –  e  il New York Times titolò a tutta pagina che il movimento pacifista era «la seconda potenza mondiale». Chissà ora.
Ma torniamo a Moravia. Che inizia a scrivere contro la guerra e contro la bomba atomica dopo il viaggio del 1982 in Giappone e la visita a Hiroshima: ne nasceranno tre inchieste per L’Espresso e infine il saggio L’inverno nucleare.
Di più. Quando venne eletto europarlamentare indipendente nelle liste del Pci (era il 1984), Moravia cercò subito una via politica per battersi contro l’atomica. Così scrisse (ed era il 9 settembre 1984):

«Consulto il libro dei trattati europei per cercare qualche cosa che riguardi il pericolo atomico, per scongiurare il quale mi sono candidato al Parlamento Europeo. Ma l’atomo almeno in questo libro, è visto soltanto come fonte pacifica di energia. Tuttavia è anche vero che esiste una commissione per la protezione dell’ambiente, che è dopo tutto, qualche cosa che sfiora il pericolo atomico, perché subito dopo la minaccia nucleare, viene quella ecologica. Anzi la minaccia ecologica è già in atto; la fine della Terra è già cominciata…».

Nel 1986 esce, appunto, L’inverno nucleare, dove Moravia insiste a lungo sulla necessità di evitare “il suicidio dell’umanità”. “Sono uno scrittore”, diceva, “e mi è sembrato naturale servirmi della scrittura per combattere una guerra di liberazione dalla guerra”.

La guerra, aggiungeva, doveva diventare un tabù, come l’incesto: “Basta con l’epica del dolore e con il fascino della guerra. E’ comodo d’altro canto abituarsi alla guerra senza morti vicino, senza spari intorno, senza bombardamenti sopra di noi. Ma ciò che fa più paura non è tanto la teoria della guerra, bensì l’ideologia della guerra”. E ancora: “La bomba atomica non è stato un incidente di percorso della nostra civiltà. In realtà ne è parte integrante. È giunto il momento che gli uomini prendano coscienza di quanto i conflitti possano essere inutili e distruttivi e della necessità di bandire la guerra dalle attività del genere umano. È necessario, per la salvaguardia della vita, creare il tabù della guerra. Come da sempre esistono altri tabù, che ci difendono dal caos e dall’autodistruzione, si potrebbe instaurare tra gli uomini questa nuova convenzione sociale”.

Ho sorriso amaramente quando, cercando di ricostruire l’accoglienza de L’inverno nucleare, sono imbattuta in questa stroncatura di Mangialibri :
“Nel momento in cui una effettiva minaccia nucleare come quella rivolta un paio di anni fa dalla Corea del Nord agli Stati Uniti viene immediatamente ridicolizzata in ogni parte del globo e su ogni singolo social network vuol dire che questo fantasma ha smesso di fare paura (quantomeno da un punto di vista bellico) e che, di conseguenza, un’opera come questa ha fatto il suo tempo”.
Bisognerebbe stare attenti, molto attenti, quando si scrive. E bisognerebbe essere lungimiranti, come lo fu Moravia: anche se è difficile.
N.B. Comunicazione di servizio: domani e dopodomani sono a Libri Come a Roma per Fahrenheit, lunedì e martedì torno in presenza alla Scuola Holden di Torino. Il blog verrà nuovamente aggiornato mercoledì. State bene.

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