Victor Hugo (1802-1885). Si torna dal Salone del Libro, si torna dopo aver ascoltato discorsi, testimonianze, analisi, sui nostri giorni. Si torna, anche, pensando agli scrittori di ieri. Come Victor Hugo, che fu, certo, enorme romanziere, ma si batté da politico contro la povertà, il lavoro infantile, per le donne, per il suffragio universale. Per la pace. Fra l’altro, presiede il Congresso Internazionale della Pace che si tiene a Parigi nel 1849 e fa appello a una “fraternità europea”. Questa è almeno una parte del suo discorso.
“Molti di voi vengono dai punti più lontani del globo, col cuore pieno di un pensiero religioso e santo […], menti convinte […] che non vogliono solo il bene di un popolo ma di tutti i popoli.
Voi state per aggiungere ai princìpi che dirigono oggi gli uomini di stato, i governanti e i legislatori, un valore superiore. […]
Siate i benvenuti!
[…]
Signori, è un pensiero concreto questo della pace universale che vuole tutte le nazioni unite fra loro da un legame comune, con il Vangelo come legge suprema e la mediazione sostituita alla guerra? È questa un’idea realizzabile? Molti di coloro che si definiscono menti positive, molti politici cresciuti, come si dice oggi, nella gestione degli affari rispondono: no. Quanto a me, io rispondo con voi, rispondo senza esitare: sì! E vi dimostro subito perché.
Vado ancora oltre; non dico soltanto: è una meta raggiungibile, dico: è una meta inevitabile; è possibile solo affrettarne o ritardarne il compimento… Ecco tutto.
La legge del mondo non è, non può essere distinta da quella di Dio. Ora, la legge di Dio non è la guerra, è la pace. Gli uomini hanno cominciato con la lotta, come la creazione è nata dal caos. Da dove vengono? Dalla guerra; questo è evidente. Ma dove vanno? Verso la pace. Questo pure è evidente.
[…] Sapete cosa metterete al posto dei soldati? […] dei cannoni, dei falconetti, delle lance, delle picche e delle spade? Metterete una piccola scatola di legno che chiamerete l’urna del voto e da questa scatola, cosa uscirà? Un’assemblea nella quale vi sentirete tutti vivi, che sarà come un’unica vostra anima, un concilio sovrano e popolare che deciderà, giudicherà, risolverà tutto con la legge, che farà cadere la spada da ogni mano e sorgere la giustizia in ogni cuore, che dirà a ciascuno: là finisce il tuo diritto, qui inizia il tuo dovere.
Verrà un giorno in cui la guerra sembrerà così assurda fra Parigi e Londra, fra Pietroburgo e Berlino, fra Vienna e Torino da sembrare impossibile esattamente come, ai giorni nostri, lo sarebbe una guerra fra Rouen e Amiens, fra Boston e Philadelphia. Verrà un giorno in cui la Francia, tu Russia, tu Italia, tu Inghilterra, tu Germania, voi tutte, nazioni del continente, senza perdere le vostre qualità distinte e le vostre gloriose individualità, vi stringerete in un’unità superiore e costruirete la fratellanza europea, così come la Normandia, la Bretagna, la Borgogna, la Lorena, l’Alsazia e tutte le nostre province si sono fuse nella Francia. Verrà un giorno in cui non esisteranno più altri campi di battaglia se non i mercati, che si apriranno al commercio, e le menti, che si apriranno alle idee. Verrà un giorno in cui le pallottole e le granate saranno sostituite dal diritto di voto, dal suffragio universale dei popoli, dal tribunale arbitrale di un Senato grande e sovrano che sarà per l’Europa ciò che il Parlamento è per l’Inghilterra, la Dieta per la Germania, l’Assemblea legislativa per la Francia.
[…]
Verrà un giorno in cui vedremo i due grandi gruppi, gli Stati Uniti d’America e gli Stati Uniti d’Europa, uno di fronte all’altro, porgersi la mano attraverso i mari, scambiarsi i prodotti, il loro commercio, le loro industrie, le loro arti, i loro geni, collaborare insieme per trarne il benessere di tutti.
[…]
D’ora in poi, il fine dell’alta politica, della politica vera sarà il seguente: lavorare per il riconoscimento delle nazionalità, ristabilire l’unità storica dei popoli e armonizzare questa unità, mediante la pace, con la civiltà, aumentare continuamente il numero dei popoli civilizzati, dare il buon esempio ai popoli ancora barbari, sostituire le guerre con tribunali arbitrali. Infine, e ciò riassume tutto, operare perché il diritto abbia l’ultima parola, quella che il vecchio mondo faceva pronunciare dalla forza”.