BROLLI, I PICCOLI EDITORI E UNA NOTA SULLA LETTURA

Di ritorno dalle Marche, in partenza per Torino: ma non rinuncio ad anticiparvi almeno una parte della rubrica di Daniele Brolli per il nuovo numero di Pulp. Attenzione: l’incipit è dedicato alla Fiera, quindi il discorso sembrerebbe già ampiamente superato. Ma così non è…

Il povero Aldo Nove si è permesso di criticare su “Liberazione” del 4 maggio la Fiera del Libro di Torino dicendo fa schifo, e che privilegiando i grandi editori costringe i piccoli “a pagare cifre da capogiro al metro quadro per rintanarsi in un angolo, a mo’ di piccole riserve indiane che per qualche giorno si affacciano al mondo a loro negato della grande distribuzione”. Nove ha descritto in maniera pittoresca una moltitudine di piccoli e piccolissimi editori in marcia verso il Lingotto “che stipano le loro macchine di libri rifiutati dal sistema distributivo per impilarli all’ombra delle grandi realtà multieditoriali”. Difficile non dargli ragione. Anche se va detto che i piccoli editori il sistema dell’editoria non sarebbero in grado di mantenerlo (e quindi neanche Aldo Nove come autore…) e che bisogna arrendersi al fatto che gli uni sono utili agli altri. Più che altro c’è spesso la protervia, l’arroganza dei grandi editori, non esiste un rapporto di mutualità. Ma va detto che spesso anche il piccolo editore vuole sentirsi grande e fa di tutto per sbraitare le sue stronzate sui quotidiani, passa da destra a sinistra per costruirsi un pubblico, interviene a più non posso in pubblico dicendo magari corbellerie solo per accedere a quei privilegi di visibilità di cui il grande editore gode naturalmente. Bello sarebbe che la gente stesse zitta e parlassero i libri. E che tutti quegli sforzi si usassero per fare traduzioni migliori o per lavorare sui testi italiani con più cura.

Ad Aldo Nove ha risposto piccato il direttore di Torino: Ernesto Ferrero. Qui va fatta una piccola premessa: Ferrero è autore e intellettuale (onesto), prezioso per la cultura italiana, ed è spiacevole che nella polemica si trovino davanti proprio lui e Aldo Nove. È vero però che gli intellettuali quando si confrontano con la politica combinano delle castronerie – è successo anche a uno come Walter Benjamin, quindi figurarsi. E la Fiera del libro di Torino è un orribile macello pubblico in cui entrano libri, editori, autori, lettori… per farsi scannare nella stessa oscena rappresentazione. Aldo Grasso ha scritto, sull’inserto speciale del “Corriere della Sera” del 5 maggio dedicato alla Fiera, una celebrazione del numero di visitatori e dell’evento degno della Settimana Incom. E neanche Aldo Grasso è uno stupido. Perché allora ogni volta che si vuole promuovere la lettura in Italia vengono fatti proclami stentorei e organizzate manifestazioni che calano sul lettore come macigni? Si legge senza clamore, senza fracasso, senza esibizioni. È un’attività intima, privata. Grasso fa una citazione da Jorge Luis Borges che è più utile di tante parole per capire da cosa partiamo quando parliamo di editoria: “Leggere è un’attività successiva a quella dello scrivere: più rassegnata, più civile, più intellettuale”.

Invece si organizzano manifestazioni ciclopiche, si cerca di spaventare il lettore per spingerlo (quasi costringerlo, come si fa nelle “illuminate” scuole italiane) a prendere in mano un libro. Forse la lettura è un’esperienza più vicina al desiderio che alla coercizione. Almeno speriamolo.

 

31 pensieri su “BROLLI, I PICCOLI EDITORI E UNA NOTA SULLA LETTURA

  1. Preferisco dotare il mio lavoro di una collocazione che si distingua da quella formulata adottando esclusivamente parametri economici. Mi piace, ad esempio, immaginare che al posto di editori “grandi”, “medi” e “piccoli”, vi siano editori “adulti” e “non adulti”. Certo, in tal modo lo sguardo si sposta sul valore culturale della loro produzione. Ma, altresì, anche un’automobile stipata di libri acquista una sua diversa dignità.

  2. le parole di borges, purtroppo, devono fare i conti con ‘concetti’ quali ‘la fidelizzazione del cliente’, il ‘target’, ‘l’impatto visivo’, ‘la comunicazione’ e così via. magari borges ci avrebbe tirato fuori delle pagine meravigliose, peccato che gli addetti ai lavori, di norma, non ne cavano più di una cagata stitica e storta.
    si investe più per il marketing che per i lettori di manoscritti o dei traduttori decenti.
    vi ricordate negli anni ottanta l’einaudi aveva una collana di autori tradotti da scrittori, oggi ha rifatto la veste grafica. basta questo per cominciare a riflettere, anche perchè, la cosa, evidentemente, funziona. si vende.
    perchè mai le fiere dovrebbero essere espressione di altro?

  3. … ma le Fiere dovevano promuovere la lettura? Toh, iko credevo che dovessero promuovere i libri, l’editoria. Come tutte le Fiere, di qualunque prodotto o attività industriale, si occupa – ed è già un bel risultato se vi riesce – del mercato, degli oggetti. Non dell’azione necessaria a goderli.
    Di quello si occupa – nel caso dei libri – la scuola.
    La scuola, che, come già accaduto in Nazione Indiana, ha sempre trovato pochissimo spazio in quelle infinite discussioni sulla cosiddetta “Restaurazione” e invece è il tema CENTRALE, ben più del rapporto tra editori e militanza critica.
    Un italiano su due non legge nemmeno un libro l’anno, e legge i quotidiani sette volte meno di un tedesco. Fatte le dovute proporzioni, è emerso da un recente studio Istar-Aie, che in Italia, in realtà, si legge più o meno come ne 1955!!!
    (crescita demografica, ma non culturale, trasversale).
    Questo è un Paese dove è più facile convincere chi legge otto romanzi l’anno a leggerne (e comprarne) nove, piuttosto che far comprare UN LIBRO, uno solo almeno, a chi prima non ne leggeva nemmeno uno.
    QUESTO è il dramma, QUESTO è il problema, QUESTA è la ragione più autentica della concentrazione editoriale.
    Se ne parli anche nei blog, allora. E’ venuto il momento.
    Basta con queste menate sull’editoria: si sta confondendo la causa con l’effetto…

  4. Di qualsiasi cosa si discuta, leggo sempre frasi tipo: l’italiano medio è così…, l’Italia è un paese che…, eccetera.
    Ebbene, è tutto vero. L’Italia è un paese strano dove la gente è stata abituata a digerire di tutto, basta non le si tocchi il calcio, le fiction, la telefonia mobile, i reality e tutte quelle altre cazzate che servono a spegnerti il cervello. Oppure è troppo impegnato/a a fare shopping o al contrario a sbarcare il lunario con poche centinaia di euro al mese e tre figli. O disoccupato/a.
    Sarà un discorso trito e ritrito, ma non credo ci sia altra spiegazione. L’italiano medio se ne fotte (o è costretto a farlo) di quello che gli succede intorno. Alza le spalle e cambia canale. Apre il giornale e lo ripiega subito per guardare il culo della prima turista che passa.
    Cosa volete che gliene freghi della letteratura, del pensiero intellettuale, delle tragedie e delle commedie.
    E poi siamo nell’era del visuale, perchè rompete avanti con questi obsoleti e polverosi libracci…
    😉

  5. … ma le Fiere dovevano promuovere la lettura? Toh, iko credevo che dovessero promuovere i libri, l’editoria. Come tutte le Fiere, di qualunque prodotto o attività industriale, si occupa – ed è già un bel risultato se vi riesce – del mercato, degli oggetti. Non dell’azione necessaria a goderli.
    Di quello si occupa – nel caso dei libri – la scuola.
    La scuola, che, come già accaduto in Nazione Indiana, ha sempre trovato pochissimo spazio in quelle infinite discussioni sulla cosiddetta “Restaurazione” e invece è il tema CENTRALE, ben più del rapporto tra editori e militanza critica.
    Un italiano su due non legge nemmeno un libro l’anno, e legge i quotidiani sette volte meno di un tedesco. Fatte le dovute proporzioni, è emerso da un recente studio Istar-Aie, che in Italia, in realtà, si legge più o meno come ne 1955!!!
    (crescita demografica, ma non culturale, trasversale).
    Questo è un Paese dove è più facile convincere chi legge otto romanzi l’anno a leggerne (e comprarne) nove, piuttosto che far comprare UN LIBRO, uno solo almeno, a chi prima non ne leggeva nemmeno uno.
    QUESTO è il dramma, QUESTO è il problema, QUESTA è la ragione più autentica della concentrazione editoriale.
    Se ne parli anche nei blog, allora. E’ venuto il momento.
    Basta con queste menate sull’editoria: si sta confondendo la causa con l’effetto…

  6. Da veri bastian contrari e propensi, non appena possibile, all’allegra trasgressione di ogni norma e legge, probabilmente l’unico modo di spingere vigorosamente la gente alla lettura sarebbe quello di proibire i libri.

  7. Concordo, più facile convincere un lettore a leggere di più, il non lettore non legge perchè non ha tempo, perchè il lavoro toglie tutte le energie, perchè è più facile guardare la televisione, perchè un film al cinema è meno impegnativo, ma la questione è anche: sono i lettori/scrittori che sono preoccupati dal non avere interlocutori, anche giusto per scambiare quattro parole senza restare in solitudine, oppure sono più preoccupati gli editori di non vendere più? Secondo me è più tragico che non ci siano lettori, perchè i libri rendono liberi, e a me a questo punto non interessa se i libri li compro in edicola dentro una confezione che somiglia ad un cremino di plastica e carta, e non mi interessa nemmeno se in quelle confezioni ci vanno a finire i superbestseller, se leggere un solo libro in italia fa di una persona una miracolato da San Gennaro allora benvenga il miracolo! Sarò anche grazie a quel libro se il/la sedicenne sulla spiaggia del campeggio torna nella tenda e comincia a scrivere racconti….

  8. ecco la frase geniale, eccola. bravo tesen!
    I LIBRI RENDONO LIBERI. e’ tutto qui. ma come farla intendere, questa enorme verità, alla gente, al popolo de non lettori? ecco, qui ci dovrebbe essere una svolta fortissima nella comunicazione, un’azione massiva di propaganda. dalla scuola in poi. il marketing andrebbe usato con più intelligenza, come strumento di sensibilizzazione a medio/lungo termine. se siamo nell’era del marketing, se le sue leggi sono tra le poche che l’uomo contemporaneo assimila, dovrebbe essere naturale fare del marketing illuminato. e sono gli editori i primi che dovrebbero – tutti insieme- a muoversi in tal senso. in primis per il loro stesso interesse economico.

  9. ecco la frase geniale, eccola. bravo tesen!
    I LIBRI RENDONO LIBERI. e’ tutto qui. ma come farla intendere, questa enorme verità, alla gente, al popolo de non lettori? ecco, qui ci dovrebbe essere una svolta fortissima nella comunicazione, un’azione massiva di propaganda. dalla scuola in poi. il marketing andrebbe usato con più intelligenza, come strumento di sensibilizzazione a medio/lungo termine. se siamo nell’era del marketing, se le sue leggi sono tra le poche che l’uomo contemporaneo assimila, dovrebbe essere naturale fare del marketing illuminato. e sono gli editori i primi che dovrebbero – tutti insieme- a muoversi in tal senso. in primis per il loro stesso interesse economico.

  10. Niete male nemmeno il mio Karl Kraus: ‘Chi scrive libri, lo fa soltanto perché non trova la forza di non farlo’:-/

  11. marketing illuminato? uomodellaverità, ma stai scherzando? secondo te è una questione di marketing? guarda che la massa della popolazione non vuole far sforzi, non ha tempo ne voglia. neanche a regalare i libri li convinci a leggere.
    c’è bisogno di un’azione educativa a cominciare dalle scuole elementari (o come diavolo si chiamano adesso). bisogna cambiare i programmi scolastici e la testa di gran parte degli insegnanti, bisogna cambiare la testa dei genitori, dei politici, della società intera. facile no?
    😉

  12. Se gli insegnanti cercassero di trasmettere il loro amore per la lettura (ammesso che lo abbiano) sarebbe già un grande passo avanti.
    La mia passione per la lettura non è stata minimamente alimentata dalla scuola, anzi.
    Recentemente ho scoperto la bellezza de “I Malavoglia”.Il mio professore d’italiano me l’aveva fatto odiare perchè ne aveva parlato per settimane e non leggendone neanche una pagina.

  13. Se gli insegnanti cercassero di trasmettere il loro amore per la lettura (ammesso che lo abbiano) sarebbe già un grande passo avanti.
    La mia passione della lettura non è stata minimamente alimentata dalla scuola, anzi.
    Recentemente ho scoperto la bellezza de “I Malavoglia”.Il mio professore d’italiano me l’aveva fatto odiare perchè ne aveva parlato per settimane e non ne aveva letta neanche una pagina.

  14. Se gli insegnanti cercassero di trasmettere il loro amore per la lettura (ammesso che lo abbiano) sarebbe già un grande passo avanti.
    La mia passione per la lettura non è stata minimamente alimentata dalla scuola, anzi.
    Recentemente ho scoperto la bellezza de “I Malavoglia”.Il mio professore d’italiano me l’aveva fatto odiare perchè ne aveva parlato per settimane e non ne aveva letta neanche una pagina.

  15. L’uomo delle verità:
    A me sembra che dire “I libri rendono liberi” sia una banalità.
    E poi. Aldo Nove, scrittore che io adoro, negli ultimi tempi quando polemizza è illegibile. Da che pulpito: il suo editore è Einaudi, leggi Mondadori, leggi Silvio.
    Maddai, come se dice a Roma il più pulito c’ha la rogna.
    Piccoli editori che se ne morirebbero di fare la parte dei leoni, e che appena nati già sono clientelari, arroganti coi giovani autori, avidi di rapporti e di recensioni e di attenzione…
    Si diceva: “c’è sempre uno più puro che ti epura.” E’ verissimo.
    Ecco, per l’editoria valgono le stesse leggi universali applicabili a tutti i rami della società: i piccoli che vorrebbero essere grossi, i grossi che spadroneggiano, autori al primo libro che bramano il successo, la fama e il soldo e che già fanno gli snob con chi è ancora nel pantano dell’anonimato…
    Ho smesso da un pezzo di credere nella purezza di questo o quello. Siamo semplicemente umani.

  16. gli insegnanti…ah ah ah…aaaaahahh aaahhaa…oddio…aahah ahah…non riesco nemmeno a scrivere, nemmeno a pensare…
    mi fa ridere già la parola…la mia insegnante di lettere al liceo per l’estate consigliava i libri di luciano decrescenzo e quando mi trovò sul banco ‘la peste’ sbottò sdegnosa ‘sempre queste cose pesanti…’
    con buona pace di quei pochi martiri che vanno a insegnare, la categoria dovrebbe essere sottoposta a epurazione in stile maoista.
    sarei curioso di sapere quanti tra gli ‘insegnanti’ leggono.
    la scuola serve a chi non ne ha bisogno…e nemmeno.

  17. Gli editori italiani piccoli o grandi non sono diversi da quelli francesi, o tedeschi, o inglesi. Non sono d’accordo sul doverli criminalizzare ad ogni costo. Hanno a che fare con un mercato più ostico e si comportano di conseguenza. Sulle metropolitane, sugli autobus delle città europee la gente legge libri, tanto per fare un esempio che balza agli occhi di noi italiani quando andiamo all’estero; l’approccio alla lettura è infinitamente diverso dal nostro. E’ vero che gli insegnanti italiani non si aspettano che gli studenti saltino sui banchi gridando “capitano mio capitano”, ma la colpa non è solo loro. Il problema sta nella pigrizia mentale dell’italiano medio, definizione tipologica che non sopporto ma che esiste ed è evidenza statistica. Come fare ad invogliare la gente a leggere per aprirsi la mente? Come promuovere azioni di marketing a medio e lungo termine? Qualcosa si è già mosso da vari anni a questa parte, portando i libri in edicola, a prezzi più che abbordabili, allegati alle riviste “leggere”. Serve a togliere l’odore di muffa delle librerie sul quale molti storcono il naso. Lo stesso Faletti, povero cristo che ha avuto l’ardire di scrivere il suo best seller attirandosi gli strali degli intellettuali (e perché poi? Non ha tolto spazi, ne ha creati) aiuta ad allontanare lo spauracchio del libro letto per puro piacere, questo sconosciuto.
    Banalità per banalità, ché quanto sopra corrisponde più o meno alla scoperta dell’acqua calda, sottoscrivo in pieno le affermazioni di Tesen e dell’Uomo della verità.

  18. caro Marco,
    la convinzione che i libri rendono liberi so che può sembrare un’affermazione banale, forse addirittura uno slogan, però secondo me è così, se vedi la televisione sei costretto a vedere quello che ha scelto qualcun’altro al posto tuo e in base a logiche economiche e di industria, certo, magari è così anche per certi libri (vedi alla voce cultura dei bestseller), tuttavia il libro è ancora il prezzo minimo che si può pagare per accedere alla libertà intellettuale, una volta conquistata la libertà di pensiero nessuno può più vincolarci, dove libertà non è libertà di pensare, ma libertà di pensare quello che voglio io e non quello da cui sono quotidianamente bombardato. Forse la mia è una visione romantica e banale, di certo non è nè abulica nè viziata, più scrittori e libri mi vedo attorno e meglio sto.
    Secondo me non bisogna dare sempre e soltanto la colpa all’istruzione e alle scuole, che magari fanno il possibile per dare il minimo dell’istruzione necessaria per poter articolare una frase o per comporre un sms tra una lezione e l’altra.

  19. I libri venduti in edicola hanno fatto crescere le vendite, è vero, ma mi è capitato spesso di vedere in molti saloni questi libri in bella vista, palesemente mai aperti.
    La cosa triste, poi, della nuova iniziativa del Corriere, è che (tra le altre cose) nella narrativa italiana ci sono solo libri della Maraini!
    Per quanto riguarda la scuola (io ne sono uscita solo da un anno), mi è capitato di incontrare solo un professore che amasse i libri, e non era quello d’italiano.

  20. Non ho voglia di dire la mia, non ho voglia di farmi il fegato marcio: tanto è solo un parlare che a nulla porta, come sempre da troppi anni a questa parte. Ed allora lascio questo mio epitaffio che vale meno di niente, e che fa tanto salotto. E m’annoio come un (in)perfetto dandy d’altri tempi – d’altri denti.
    Iannox

  21. Iannox, parli così solo perchè ora hai la consapevolezza di essere arrivato.
    Abbiamo visto tutti che VMO ti ha dedicato un post.
    😉

  22. @ Alberto,
    no, arrivato? e dove? Cerco solo d’imparare il dandynese (credo si scriva così). ^___^
    E’ che provo noia, che ti devo dire! Peggio d’un muezzin costretto a cantare sempre la solita preghiera, non so se mi capisci, ma credo di sì.
    Iannox

  23. il marketing oggi è una banalità perchè lo si usa in modo banale. la maraini col corriere. appunto. no creatività. no niente. nichts. nothing. il niente. solo il profitto. e dire che… no, niente. buonanotte a tutti.

  24. il marketing oggi è una banalità perchè lo si usa in modo banale. la maraini col corriere. appunto. no creatività. no niente. nichts. nothing. il niente. solo il profitto. e dire che… no, niente. buonanotte a tutti.

  25. Secondo me i libri non rendono più liberi di un amore, di un viaggio, di una scelta di vita importante…
    essere più colti, o più intelligenti, o lettori forti non implica che si abbia una maggior libertà individuale…
    Ti dirò di più. Certe volte mi capita di parlare con gente per cui contano solo i libri, che vive di libri e di letteratura, e che però non ha mai fatto nulla in vita sua.
    Per questo dico che “i libri rendono liberi” a mio avviso è una generalizzazione…

  26. Dipende dal rapporto che si ha con la lettura.
    Molta gente legge (o dice di leggere) solo per dare l’impressione di essere colta.Questo genere di persone, di solito, legge solo classici o libri appena usciti.
    Sinceramente quando compro un libro o quando inizio a leggerlo non mi dico ‘Questo mi renderà più libera’, ma lo faccio prima di tutto perchè mi piace.Quel tipo di giudizio non è immediato, si può esprimere solo a posteriori.

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