Da Carmilla riprendo l’articolo di Girolamo De Michele apparso oggi su Liberazione: argomento, il giallo e le tesi contro il medesimo sostenute da Filippo La Porta.
All’interno del libretto Sul banco dei cattivi in cui quattro
critici uniti da non si sa cosa criticano sei autori che nulla hanno in
comune, Filippo La Porta ha riproposto la sua avversione per il giallo:
trentamila battute per metterci una pietra sopra, o forse per segnalare
l’impotenza del Critico contro l’onda montante del «Genere Unico –
correlativo del Pensiero Unico» (come può uno scoglio arginare il mare?),
con un’ammicatina alla tesi della "dittatura del realismo
thrilleristico" di Scarpa (che però viene criticato da Berardinelli nel
saggio seguente). Provo a spiegare perché La Porta non convince.
Primo, non ha un vero oggetto: dichiara di mirare contro il Nuovo
Giallo Italiano (NGI), ma più d’una obiezione è rivolta al giallo in
generale, o al noir (del quale viene spiegata la differenza dal giallo
affermando che il noir sarebbe protestante, mentre Dario Argento, e il NGI che ne deriverebbe, sarebbero cattolico-barocchi).Per descrivere le caratteristiche del giallo italiano, La Porta formula una raffazzonata teoria in nuce del
nostro carattere nazionale – manchiamo di senso della verità, di
fiducia nella razionalità, di esperienza dell’avventura, ecc.: e qui
bisognerebbe avvertirlo che leggere Flaiano male non fa, ma per certi
argomenti è il caso di partire quantomeno da Leopardi (e non sarebbe
una cattiva idea se qualcuno si impegnasse nella scrittura di una Ideologia Italiana).
Di più: La Porta fa appello alle capacità logico-deduttive del lettore,
e mal gliene incoglie, perché nella successione tra descrizione del
carattere italico e natura del NGI non c’è filo logico, e la
conclusione – il NGI ha a che fare con le caratteristiche del suo
pubblico – non consegue dalle obiezione, e per di più manca di
contro-prova: se tale è il pubblico, non dovrebbe valere per l’intero
romanzo nazionale quanto vale per il NGI?
E veniamo alle principali obiezioni mosse al giallo. Il NGI «ci abitua
a pensare che il significato della vita consiste in qualche mistero»;
non racconta il presente perché la vita in sé non è un giallo, non è
avventurosa, e in ogni caso non è il giallo che ci dirà chi ha messo la
bomba alla Banca dell’Agricoltura; riduce la letteratura ad intreccio,
ed è scritto male, è «una narrativa composta esclusivamente da
citazioni». Rispondo: un buon poliziesco mette il lettore di fronte
all’esperienza di una catastrofe (Brecht), e la vita è fatta di
catastrofi, perché non è in nostro potere determinarne il corso e gli
eventi. La vita, anche se non è un giallo, non è come appare, ma appare
come il potere vuole che sembri: e la lettura d’un giallo (lo ha
ricordato da ultimo Dan Lloyd)
insegna a guardare oltre le apparenze. In secondo luogo, il poliziesco
è stato un luogo di sperimentazione linguistica (non esclusivo, certo),
dallo svuotamento paratattico della lingua al rapporto tra lingua
maggiore e dialetti (De Cataldo, Camilleri). Sperimentazioni che possono anche migrare in altri territori: come il "camilliano" passa dai Montalbano alla Presa di Macallé, o la
dilatazione temporale del presente attuata dal linguaggio cronachistico
mutuato dal noir fa da background al plurilinguismo di Gomorra
– l’io dell’esperienza personale, il tu generico della trasmissione di
esperienze, il si usato toscanamente nel senso di un noi collettivo (e
il fatto che si sia parlato di noir a proposito di Gomorra, unito alla credenza di un Genere Unico real-thrilleristico, ha fatto credere ad alcuni stroncatori interessati
di poter parlare di commissari, prostitute adolescenti, teschi
rotolanti e sceneggiature da giallo napoletano, dimostrando così di non
aver letto il libro). Quanto al rapporto con la trama, non è un
regresso impostare ancora il discorso sul primato della forma o del
contenuto, quando si ha a che fare con scritture che, nei casi
migliori, mostrano come forma e contenuto siano l’una il rovescio
dell’altra (ad esempio: la paratassi corrisponde alle volute lacune
contenutistiche)? La Porta si appella a Edmund Wilson: «non scrivetemi
lettere per dirmi che non ho letto i libri giusti». Delle due l’una: se
li ha letti, allora li ha letti male, e per un Critico Letterato è un
problema. Il punto è che La Porta deriva le sue obiezioni da
generalizzazioni indebite, sollevando più di una volta un sospetto: non
sarà che i veri inventori del genere sono proprio quei critici che
hanno un disperato bisogno di proiettare in un oggetto fantasmatico il
proprio narcisismo?
Infine: il NGI non ci dirà chi ha messo la bomba a piazza Fontana, ma
se La Porta legge bene vedrà che più di un NGI lo fa capire.
Letteratura civile è oggi soprattutto ricordare quello che è successo a
chi non lo sa, o lo ha dimenticato: ritornare a dire, come Pasolini: io
so. I giallisti col vizio di «ficcare il naso nelle cose che non vanno
e raccontarle» (Lucarelli) non cambieranno il mondo – del resto
l’Italia si unì quando Dante urlò «Serva Italia»? – ma intanto ripetono
nomi e date, in attesa che più elevati romanzieri e intellettuali
approvati dalla critica tornino a farlo.
Premessa: ho letto con gusto “Sul banco dei cattivi”, trovandolo invero anche troppo buono nel suo fustigare cattive abitudini letterarie. Quello di Onofri è probabilmente l’intervento meglio riuscito; ma anche gli altri non mi sono dispiaciuti. Quello di La Porta compreso. Contiene alcune verità che, almeno per uno che legge d’abitudine infischiandosene dei “generi”, sono veramente tali, e lo sono al di là delle indubbie forzature e generalizzazioni. La Porta passa da un taglio di tipo sociologico ad uno di più specifica analisi testuale. Se ne primo caso zoppica vistosamente, nel secondo spesso ci azzecca; e su “Crimini” ha ragione da vendere (anzi, lo ripeto: troppo buono). Il punto che condivido, e direi che condivido in toto, è quando traccia l’immagine del giallista come maitres-à-penser (solitamente di “sinistra”). Girolamo de Michele ha però letto male La Porta, e gli mette in bocca cose che non ha detto. La Porta, infatti, nella sua prima “obiezione”, non scrive che “il giallo non ci dirà che ha messo la bomba alla banca dell’Agricoltura” e nemmeno lo lascia intendere. Semplicemente scrive: “Ci abitua a pensare che il significato della vita consista in qualche mistero (da svelare) e invece non è così. (…) Il significato di ciò che si fa ogni giorno risiede non tanto in un “mistero” quanto in una nostra capacità di ‘interpretazione’ …”. La frase sulla Banca dell’Agricoltura si trova due pagine più avanti ed è riferita ai “gialli senza soluzione” alla Sciascia: è in questi gialli che non sapremo mai “chi ha messo la bomba”, non nei gialli in generale … (pagg. 63-65). De Michele scrive poi che il “giallo aiuta a guardare oltre le apparenze”. Io la trovo una frase esagerata, e di certo non valida in generale. Quale giallo? E perché? Quali apparenze mostra in quanto essenze? Stando su un piano così generale-generico, De Michele ricade nello stesso errore che imputa a La Porta … La Porta ci azzecca anche quando individua nel televisivo e nel cinematografico i modelli di riferimento del giallo (mentre De Michele compie una forzatura sul – preteso – noir che farebbe da sottotesto a “Gomorra”; ma è una caratteristica degli amanti del genere quello di vederne le tracce dappertutto). Allo stesso modo, trovo sensate, anche se troppo “buttate lì”, le considerazioni di La Porta sulle “gabbie narrative” e sull’intreccio come base della struttura del giallo. Non a caso il nome che La Porta fa aleggiare tra le righe è quello di Gadda, e in particolare del suo “Pasticciaccio …”. L’ultimo capoverso di De Michele (quello che inizia con “Infine”) è francamente irricevibile (al pari, ammetto dei paragrafi 3 e 4 di La Porta). Posto che, come ho detto prima, le sue premesse risiedono in un fraintendimento di quanto scritto da La Porta, di fatto conferma una delle obiezioni che il critico rivolge al NGI: i giallisti “sono politicamente ipercorretti, multiculturali al punto giusto, denunciano il potere e la corruzione senza essere troppo edificanti …”, niente di più e niente di meno di quello che, appunto, afferma de Michele nelle sue ultime righe …
Marco P.
Tutto ciò mi sembra così lontano:
come colui che parlasse di semi di zucca piantati su Plutone.
MarioB.
Già, nulla di più mainstream oggi del giallo e del noir etc… DE mIchele tra l’altro scrive brutti libri francamente noiosi: un chiacchiericcio emiliano impostato che gira a vuoto:Letteratura civile, dice lui, è oggi soprattutto ricordare quello che è successo a chi non lo sa, o lo ha dimenticato: ritornare a dire, come Pasolini: io so.
Bravo. se sai parla, fai nomi e cognomi e risparmiaci inutili storielle
L’invito a “fare nomi e cognomi” testimonia della mancata lettura dei libri di De Michele sbrigativamente “recensiti” nel periodo precedente. Dall’ “Io so ma non ho le prove” siamo passati all’ “Io non so però parlo”. Non paga fare il tiro al piattello con gli sputazzi: il bersaglio è troppo alto e veloce, e la saliva ricade in faccia al bal(l)ista.
@ GS
premetto: emiliano? emiliano chi? hai almeno letto la quarta di copertina?
e comunque: vuoi i nomi? eccoteli:
1. Yves Guérin-Serac: lo sai qual è il suo vero ruolo nella strategia della tensione europea (ho detto europea, non italiana)? sai dov’era nascosto sino al 2000?
2. Michael Leeden: lo sai con chi giocava a bridge e chi c’era con lui?
3. Il gruppo Poles, ossia il Gruppo di lavoro sulle politiche per l’esportazione: sai cosa significa? che cosa faceva, e cosa fa?
4. Helena hamburg: chi era, chi l’ha uccisa, e perché?
5. Il sistema di intercettazione telecom: facile oggi, dopo le inter-cettazioni e lo scandalo, ma due anni fa cosa ne sapevi?
6. la banda del Brabante sai cos’era? che rapporti aveva con l’eversione italiana? e con la banda della uno bianca?
7. Quando, e da chi, è stata effettivamente dichiarata la guerra in Irak? In quale documento? votato quando, e da chi? O credi che sia iniziato tutto con Bush jr, e solo nel 2003?
credo che basti, quanto alla tua richiesta di nomi e cognomi. Se serve, ho un cassetto pieno di appunti.
Ma già che mi hai tirato in ballo, ti faccio notare che MAI, in ALCUN MODO (se non in una nota a piè di pagina in cui elencavo una mezza dozzina di libri in cui si parla di Genova 2001) ho usato lo spazio che mi mettono a disposizione Carmilla e Liberazione per parlare di me e dei miei libri. Può darsi che sia uno scrittore noioso (non sta a me giudicare): questo cos’ha a che fare con quello che scrivo come critico, o elzevirista? un articolo si argomenta per quello che dice, non perchè l’autore scrive libri noiosi o si metto le dita nel naso.
Infine: curioso che il tuo post sia un montaggio di frasi già lette a proposito di altri, come se non ti accorgessi di citarti da solo o ti tradissi con le tue stesse parole. Come che sia, sapevo che l’espressione “girare a vuoto” mi sarebbe arrivata contro, era un po’ che l’aspettavo…
il post sopra è mio. è saltata la firma, ma credo si capisse lo stesso
girolamo de michele
Pugliese a me? Ma io ti rompo il culo! 🙂
Pugliese è vago wm1. Qui si parla con un tarantino, non so se mi spiego. La crème della crème!
Mai litigare con un tarantino, ve lo consiglio.
😉
“scrive brutti libri”, “chiacchiericcio”, “bravo” e “storielle” sono tutti tic di Massimiliano Parente, redivivo.
Cosa ho vinto?
Anche “Passante” è una citazione! E’ il nick che usava Parente quando interveniva su questo blog nei primissimi tempi :- )
Sono stato bravo, Wu? Cosa ho vinto?
Hai vinto un bonus per scaricare gratis questo imperdibile pdf!
Con l’obbligo, però, di leggerlo da cima a fondo.
wum1
vabbè che non sono biondillo e non ho vinto il pdf, ma potevi avvisare.
Dopo la semplice introduzione i crampi allo stomaco sono inequivocabili.
Passerò la notte non in bianco, ma in bagno, temo.
besos
secondo me non è Parente…
besos
Girolamo,
grasssie, non appena ho tempo e lo sciaquone ha fatto il suo dovere, riprovo a leggere il Parente o suo Cuggino.
besos
Il giornale è quello giusto, avete sbagliato la firma
Un po’ generico, come indizio. Apropos, perché l’ultimo numero di Giap? C’è un indizio anche là?
Scusate,
non so se sia effetto congiunto di letture e raffreddore, ma ho provato a leggere il pdf e ho dato pure un’aoocchaita al blog di un soggetto davvero ‘domenicale’. Rifiuto il masochismo,non posso far fronte agli effetti lassativi di entrambe i testi.
Devo correre, sembra che i parenti serini della domenica dell’utriana oltre che gemmata abbiano effetto emetico
aaargg
cpme siete spiritosi comnisti da comunella, anche questo è un montaggio. c’è wu ming 6 dietro, cioè wu ming 6 proprio alla frutta
Nel gergo del collettivo, “Wu Ming 6” = i traduttori dei nostri romanzi. Perché mai tirarli in ballo, poveretti? :-/