Monica Rossi, come chi frequenta la bolla editoriale-letteraria di Facebook, è un editor che scrive post arguti e a volte spietati sul mondo dei libri. Non ne conosco la reale identità e non m’interessa, perché a interessarmi sono le cose che scrive. Oggi, in particolare, pubblica una lettera aperta alla giovane scrittrice, una delle molte, una figura retorica, se volete, che spesso viene evocata (lo fece Vincenzo Cerami, per dire, ai tempi). Leggetela.
In sostanza, quello che raccomanda alla giovane scrittrice è di non lasciarsi irretire dai gorghi del risentimento se non riesce a pubblicare o se quel che pubblica non funziona. Il consiglio è uno: scrivi.
“Scrivi perché ti piace, scrivi come atto d’amore, scrivi per consolarti, scrivi divertendoti, scrivi come terapia, scrivi al meglio delle tue possibilità; ma per l’amor del cielo stai lontana dalle malelingue, dalle insinuazioni, dai rancori e dalle polemiche, soprattutto quelle social che sono stupide, sterili, fuorvianti, che non spostano assolutamente nulla se non l’ego, per dieci minuti, di chi le scrive e che, vista la quantità del tempo speso per battere, controbattere e ribattere non fanno che alimentare l’idea che lo scrittore, alla fine, non è che un fancazzista perditempo”.
Per paradosso, o forse no, mi è venuto in mente un famoso articolo di Eugenio Montale sullo sbarco sulla luna del 17 luglio 1969. Dove si dice, fra l’altro, questo:
“…in ogni tempo l’arte ci ha proposto il canone inderogabile di un assoluto irrealismo. L’arte comincia dove la realtà finisce; e di questo fu persuaso anche il più furibondo realista della storia: Emilio Zola, il grande esageratore del vero. Al polo opposto Puskin e Tolstoj, di una verità troppo vera per essere credibile.”
“Se coloro che interpretano, o meglio inventano, la direzione dello spirito del tempo, il soffio dello Zeitgeist, proclameranno che il bene e il male, il giusto e l’ingiusto sono due insegne non complementari ma intercambiabili, allora il mondo potrebbe finire senza che alcuno se ne accorga, non già tra salmodie e geremiadi ma tra squilli dì fanfare. Per ora non siamo a tanto e la luna la fredda, buia, disabitata luna, il pianeta che forse sì distaccò dalla terra quando questa era ancora in uno stato di semi-fluidità, potrà ancora suggerire ai poeti le immagini della falce, del corno, del velo, dello specchio oscurato; e dalle varie fasi delle lunazioni i pescatori, gli aruspici e ì viaggiatori sedentari potranno trarre presagi, augurî e tutto un vasto repertorio di ciò che in altri tempi fu detto «poesia».”
Non c’entra, ma c’entra. Conferma quella che dovrebbe essere una certezza (la letteratura non è realista) e non necessariamente è interprete alla lettera dello spirito del tempo. Dico “alla lettera” perché infine lo spirito del tempo si insinua eccome nelle narrazioni. Inclusa la tendenza ultima ad autorappresentarsi, in quelle narrazioni, come puri di cuore, come caritatevoli consolatori di chi legge.
Aggiungo dunque un consiglio alla giovane scrittrice: scrivi. E non preoccuparti della casella dove finirai, ignora i filoni editoriali che al momento vanno alla grande. Passano, come ogni cosa. Pensa a quel che vuoi raccontare tu. E, possibilmente, non limitarti a raccontare te stessa.
(consiglio non richiesto, ma stamattina va così).