Scrive Franz, in un commento al post di ieri: “Si potrebbe raccontare (gli scrittori sui 30 anni) dei loro padri che volevano cambiare il mondo attorno al 68 e ora… E ora?! Un bel romanzo collettivo dal titolo enzobiaggico: “Ti disonoro, padre”. Un romanzo collettivo scritto da trentenni incazzati fradici con i loro padri divenuti – se non per appartenenza politica perlomeno per modus vivendi – di destra”.
Ora, sulla generazione del 68 e più ancora su quella del famigerato 77, ho un libro da segnalare. Un libro che in apparenza non ha nulla a che vedere con quegli anni.
Dentro, c’è una frase: “Ognuno di noi è addestrato a scavalcare un barbone”. E, aggiunge Federico Bonadonna che è l’autore del libro, magari un po’ meno quando è inverno, e il freddo porta con sé la cronaca, inevitabile, dei morti per gelo: ”ma il coro dell’indignazione si sopisce a primavera. E sulla strada ci sono persone che continuano a vivere per 365 giorni l’anno”. Bonadonna, antropologo, docente di economia alla Sapienza di Roma, dirigente dell’Unità organizzativa emergenza sociale e accoglienza del Comune di Roma, ha trascorso dodici mesi fra i senza fissa dimora di Roma. Lo scopo era un’indagine etnografica. Il risultato fu una grande amicizia con Marco, il suo Virgilio nel mondo degli homeless, morto per blocco renale. E un saggio, “Il nome del barbone” che uscì nel 2001 ed è oggi riproposto da DeriveApprodi in una nuova edizione, ampliata e aggiornata.
In quattro anni, le cose sono cambiate: in meglio e in peggio. Dei senza fissa dimora si parla indubbiamente di più, grazie a siti Internet, ai giornali specializzati, alla traccia importante lasciata dalla trasmissione televisiva Invisibili. Ma non si riesce ancora ad avere una stima esatta di quante persone vivano effettivamente per strada. Dati di qualche anno fa ne indicavano oltre diciassettemila, ma è probabile che siano molti di più. Per il resto, e la ricerca lo dimostra, i senza fissa dimora sono fin troppo visibili: dai racconti di Marco, Peppe, Evio, Chicca, Carlo, emerge semmai che la vita in strada consegna ad una tragica casa di vetro, dove ci si lava, si mangia, ci si ammala sotto gli occhi degli altri. E il desiderio di privacy emerge disperatamente anche da coloro che frequentano i dormitori, insieme all’altrettanto disperato bisogno di sonno: perché si dorme, al massimo, quattro ore, quasi mai filate, per il timore di essere derubati o picchiati. “Un anno in strada corrisponde a cinque anni degli altri”, dice uno dei protagonisti del libro.
Che, oggi, sono probabilmente di più. Dice Bonadonna: “Sulla strada ci sono più persone e persone diverse. Ci sono uomini con contratti a tempo indeterminato, magari nella pubblica amministrazione, che a seguito di una separazione hanno perso la casa e sono costretti a vivere un’esperienza prima inconcepibile. Persone che non sono compatibili con quella che viene chiamata cultura del rischio: se non ci si adatta velocemente alle mutate condizioni di vita, si soccombe”.
E c’è questo dato che fa impressione: la maggior parte dei senza fissa dimora raccontati da Bonadonna fanno parte di una generazione precisa. Quella, cosiddetta, del movimento del ’77: “che sta scomparendo, sterminata dal cosiddetto cocktail della strada fatto da eroina, psicofarmaci e alcool. Persone che hanno sognato il massimo dell’utopia e dall’utopia sono state schiacciate. Che, dopo una splendida giovinezza, sono finiti come gli eroi di Scola in C’eravamo tanto amati: volevano cambiare il mondo e ne sono stati cambiati. Ne sono rimasti, anzi, imprigionati, come un insetto in una goccia d’ambra”.
Scusate, posso dire? Odio i sentimentalismi. Qualcuno si offende? Magari qualcuno degli homeless ha cercato quella vita? Quella forma di autodistruzione? In Europa il “vagabondaggio” ha una gloriosa tradizione. Non dico che questo valga per tutti. ma che qualcuno sdraiato sul marciapiede pensi di me che sto passando che “Guarda ‘sta merda!”, e lui è un eroe, lasciamogliela come possibilità, no? E’ una forma di rispetto, non sovrapporre quello che pensiamo noi, a quello che…non si sa, nessuno può saperlo, pensano loro. Loro…uno, più una, più uno, più una…lo dico perchè dove vivo di gente che vive per strada ce n’è tanta. E fosse solo perchè Milù – cane – fa loro le feste, si “stabiliscono rapporti”.
Sai, ilposto, nelle prime pagine di questo libro l’autore specifica proprio che abbiamo un problema: quello di considerare gli homeless, troppo spesso, con un alone romantico che ci viene dalla letteratura. Nella maggior parte dei casi (certo, non in tutti, generalizzare non si deve mai) le cose non stanno esattamente così. Ma non è un libro assistenziale: è un saggio antropologico, che è cosa diversa. Nè sentimentale, nè freddo. Garantisco.
Bello, l’argomento, e importante.
Perché ogni generazione si domanda se deve (prima ancora di chiedersi se può) cambiare il mondo.
E’, in realtà, una battaglia persa, il tentativo di salvare il mondo; ma combattere battaglie già vinte è un’inutilità in termini.
Poi, ricordo un photoblog americano, il cui autore fotografa volti di homeless.
E’ impressionante pensare che senza le foto, di queste persone non concosceremmo l’esistenza – meglio: per noi non esisterebbero.
Non esisterebbero.
ma come? non erano tutti al potere quelli del movimento del ’77? Non erano tutti diventati senatori di Forza Italia?
Bisognerebbe chiedere alla Mazzantini, lei coi barboni ci fa le conferenze…;-)
“volevano cambiare il mondo e ne sono stati cambiati.”
non sono sicuro che valga per le generazioni dopo. magari per gruppi di persone ma non per una generazione intera.
x es.: la maggior parte dei tagliatori di teste delle aziende ha trent’anni…
Nessuno sceglie di diventare barbone, nessuno. Non ci cascate in questa mitologia romantica.
Anche quelli che ti dicono che lo fanno per scelta ci si sono ritrovati.
Parlo delle mie frequentazioni sul campo, parlo per esperienza diretta.
Poi: se avete tempo e fortuna cercate: “Clochard si nasce” di Fabio Martina. Un corto di un giovane regista, che segue un ricco broker milanese che “sceglie” di diventare barbone. Molto, ma molto, istruttivo.
battuta moscia, Franz
non era così moscia, in fondo l’idea romantica del clochard vecchio saggio anche se un po matto c’è chi la alimenta… prova a fare un monologo mentre ti stanno pisciando addosso in tre.
Io vagabondo che non sono altro… ;-D
Saludos
Iannox
baudelaire esortava a picchiarli, i barboni. per il loro meglio.
angelo iniziò a incrinare il suo guscio ambrato proprio quando ci convinsero a mollarlo in mezzo alla strada. ed era inverno.
Lungi da me il voler dare ragione alla Mazzantini (ho l’influenza ma ancora non deliro… spero), ma temo che un po’ di aura romantica, il clochard, ce l’abbiano di loro. Ho avuto la sfiga di fare l’obiettore di coscienza (sfiga perché è stata l’esperienza più violenta della mia vita) presso un dormitorio per senza fissa dimora della Caritas. Ho quindi vissuto oltre un anno e mezzo (la Caritas, vai a sapere perché, allungava il servizio civile) in mezzo ai diseredati della terra. In tanta disperazione c’è anche una parte (minoritaria ma non esigua), di gente che sta in strada per scelta. Poi si può discutere sul perché uno scelga di stare in strada, ma questa è altra storia. Io temo, e sottolineo il temo, che del romanticismo ci sia, dietro a scelte estreme. Che poi la Mazzantini non sappia neanche cosa sia un vero barbone non sta a me dirlo. Non l’ho mai letta, non la conosco e l’unica volta che ho avuto a che fare con una sua opera (il film Non ti muovere) ho rischiato di divorziare da mia moglie (che quel film mi ha fatto vedere). Vado a prendere la Tachipirina…
Non è detto che Baudelaire debba avere sempre ragione. Strano quel dato. Quindi a ogni Paolo Liguori corrispondono una ventina di barboni. Stanno espiando per lui. (Battutaccia)
Segnalo un bel racconto di Hubert Selby jr su “Canto della neve silenziosa”, Feltrinelli.
Di quelli che conosco almeno tre, che se volete posso far postare (anche se è un paradosso, che debba dire così) non farebbero la vita che faccio io, che non è peraltro quella di una bancaria: bevono e si drogano perchè vogliono farlo. Una ha la madre che vive a due passi da dove vive lei, e in qualsiasi momento se lei cambiasse vita la riprenderebbe in casa. “Se lei cambiasse vita…” Ma non vuole. Certo, dei tanti migranti, molti non lo scelgono. io parlo dello sguardo. del ripsetto che dobbiamo avere nei confronti delle loro scelte. Da Gil Blas di Santillana a tutta la letteratura picaresca (che va fino a Bukovski, peraltro) emerge un dato. ieri c’era una capacità di affrontare l’avventura che oggi non c’è più e non c’entra la sociologia. la buona letteratura anche se non è recente, può fare sociologia migliore. può essere che io sbagli, ma a mio paere il mondo non comincia dall’oggi. certi barboni hanno un’idea dell’avventura diversa dalla nostra, e io li rispetto. punto. credo più a loro che ai sociologi. e’ una scelta. può essere sbagliata, certo. ma è una scelta, anche la mia.
Gianni, “Clochard si nasce” di Fabio Martina l’avevo visto a Bellaria al festival dei corti. Mi chiedo sempre se a Lambrate quel tipo ci sia ancora.
Loredana sei ancora di cattivo umore, possiamo fare qualcosa per tirarti su (non so un uovo di pasqua con su scritto “auguroni da Franz Gianni e Titonco”)?
Baudelaire aveva ragione per ciò che riguardava la situazione di Angelo. rinfacciargli senza appello la sua condizione è stata la sua (momentanea) salvezza.
un gran bel lavoro sui senza-fissa-dimora, pure romantico, in qualche modo, è nei Racconti dell’arcobaleno di Vollmann
No, il posto, la Pasqua non c’entra, tanto più che non mi muovo da Roma. Piuttosto: ancora a proposito di DeriveApprodi, segnalo un altro arrivo recente, Non abbiamo paura delle rovine di Sergio Ghirardi, prefazione di Raoul Vaneigem. Frammento di scheda: “Ripercorrendo le principali idee-guida che animarono le pratiche del movimento situazionista, l’autore ne mostra la loro attualità. Suo intento è infatti ribadire come l’esperienza situazionista non fosse una teoria sulla forma del mondo ma una forma d’azione per il suo cambiamento. Ciò che distingue la pratica situazionista da ogni altra critica radicale del presente è l’attenzione per la liberazione del quotidiano, per la gioia che contrassegna ogni rivolta radicale”.
Spero che non siano motivi seri, Lolip. Comunque, spettatrice, come te rimpiango l’equocanone. Come te ho potuto fare un certo tipo di scelte grazie all’equocanone. Non voglio ricordarmi chi l’ha fatto fuori. Come te penso che ci sia caso e caso. Come te penso che un po’ di anni fa anche io avrei fatto fatica a prendere determinate strade. Molta fatica. Adesso, il suicidio…mi ricordo che una volta che ero quasi decisa a farlo (come tanti, forse) ho pensato, “Va be’ proviamo a vivere. Se va male c’è sempre il suicido come risorsa!” Ecco, noi che nel 77 avevamo diciasette anni credo ragionassimo tutti in questi termini. Questo sì. Ci sembrava normale, pensare così. E invece era un tantinello drammatico, no avere come risorsa “il suicidio”?
AndreaB, già l’idea dell’uovo di pasqua decorato con le tre firme mi ha fatto sorridere 🙂
sì, Lolip, sei arrabbiata? Non ti va di andare fuori per Pasqua? C’hai ragionissima…
mi associo a spettatrice
Bho io non so che gente che vive in strada voi conosciate, quella che vedo io non mi da l’impressione di avere scelto un bel nulla. Ci sono posti sotto i ponti dove capita di vedere soprattutto immigrati che passano inverni gelidi e ogni tanto schiantano. Sono quelli che non possono andare neanche nei dormitori perchè non hanno i documenti in regola e rischiano l’espulsione e sono anche quelli che pur avendo un lavoro non possono permettersi di spendere 400/500 euro a posto letto. Però la strada si sta aprendo anche a tante famiglie e single e vecchi (mai fatto un giro intorno alla stazione centrale di Milano o di altre città?) che la nuova deregolamentazione degli affitti ha messo sul lastrico (fate una telefonata a qualche associazione inquilini se volete verificare) smantellando prima coi patti in deroga del centrosinistra e poi con il far west degli azzurri un’altra conquista degli anni settanta: il cosiddetto equo canone. Non so voi, ma io che provengo da famiglia povera (ancorchè non poverissima) ho potuto, grazie a quelle norme, lasciare casa a vent’anni e, nel tempo, mettere da parte il necessario per comprare casa. Le cose non sono state lineari, ma quando hanno abolito quelle leggi mi sono ritrovata a affrontare l’iter di sfrattata e vi assicuro che, anche con un lavoro fisso, la cosa mi metteva in difficoltà e se non avessi avuto la possibilità di acquistare in un momento in cui il mercato lo permetteva sarei ridotta ai puri termini della sopravvivenza. A un piccolo passo (coi tempi che corrono sempre più piccolo) dalla condizione di barbona. Non lo avrei scelto, ci sarei piombata come inevitabilmente ci stanno piombando in tanti. Salvo restando certo quelli che, voi dite, lo hanno scelto.
Ah, dimenticavo: nel settantasette avevo diciassette anni e neanche se mi avessero, pagato costretto o pregato avrei accettato di fare la fine di Mieli, piuttosto avrei scelto il vagabondaggio o magari (come tanti di quella generazione) il suicido sia in forma breve che in forma prolungata.
abbracci
Sì Posto, ragionavamo così. Un tantino drammatici dici? sì, forse, ma credo veri e pure, mi sia consentito: esseri umani. Non dimenticherò mai un insegnante che un giorno alle medie ci chiese di dire quale secondo noi era l’animale più fiero, intelligente e amante della libertà. Le risposte furono le più varie, ma grosso modo comprendevano i grandi predatori. Lui ci chiese se secondo noi era normale che tutti quegli animali accettassero di vivere in cattività nelle gabbie degli zoo. Eravamo perplessi e confusi, tutti quelli che avevamo citato erano in grado di sopravvivere (male, sicuramente male) nelle gabbie. Al che l’istrionico insegnante ci disse che l’unico animale che non accettava di vivere, lasciandosi spesso morire d’inedia, in quelle condizioni era il gorilla o qualche altro tipo di primate di cui ora mi sfugge il nome. Ergo, per lui e per non ricordo più per chi altri quello era l’animale più intelligente e libero. A me sta cosa è rimasta impressa e, generazione o non generazione, trovo che abbia un suo senso, forse tragico, forse eccessivo, ma vero e molto anni ’70.
Ah spettatrì, ma ci fossimo conosciute io e te da qualche parte? io ho vissuto a Milano, e tu parli come se ti conoscessi. precisa!!!
Ah spettatrì, ma ci fossimo conosciute io e te da qualche parte? io ho vissuto a Milano, e tu parli come se ti conoscessi. precisa!!!
Loredana: se ho ben capito sei di luna storta? Beh, sappi che con Gianni e il mitico Titonco siamo già d’accordo: uovo di pasqua per te con megascritta augurale!
La cioccolata risana tutto, provare per credere!;-)
Oh bella! Gianni, stavo per provarci anch’io con Spettatrice… C’è mancato poco;-))
Spettatrice non lo è. E’ Tullio Avoledo.
Cara Posto,
Purtoppo non ci siamo mai incontrate…non ancora 🙂
Ci sono alcune cose in cui, reciprocamente, ci ritroviamo, che sia una questione di generazioni?
ahi, sto riaprendo un’annosa diatriba 🙂
Comunque acquisterò il tuo libro e mi sembrerà di conoscerti meglio.
Mi è sembrato di capire che vivi a Roma e, se resta sempre valida la proposta di prendere un caffè/te insieme, nel caso di un mio viaggio in zona ti mando apposita e-mail.
abbracci et baci
e a me niente? 😉
Chi paga?
“eroina, psicofarmaci e alcool”. E cazzo, e parliamone di come fu sterminata quella generazione!!!!!
Ciao spettatrice, sono tornata adesso. per il caffè ti aspetto, e per il libro ti ringazio 🙂
Ciao spettatrice, sono tornata adesso. per il caffè ti aspetto, e per il libro ti ringazio 🙂
mandiamo il conto alla masera e nicoletti?
lipperini sveglia, son due anni che ti lecco il culo 🙂
Il posto carissima:per il caffè attendiamo in anticamera, io e Biondillo. Uno per volta, per carità…;-)
@ TUTTI
Sul “baci abbracci et inchini” o in similia forma e anche in aemilia forma c’è “il copyright” di Iannox, molto severo. Quindi non si possono usare forme come “baci et abbracci”, “abbracci et baci”, “baci et inchini”, ecc. ecc., nessuna variante, mi dispiace. Questo saluto kamasutrico è mio, m’aspetta di diritto. Dritto, di diritto.
Saluti.
Baci et abbracci.
Iannox
Iannox, vuoi il caffè pure tu? Perchè il libro non ce l’ho ancora, te lo dico. Ma arriverà. E io aspetto. A me le poste m’hanno sempre fregato. Come mai?
No, Nicoletti non paga. Paghiamo io Biondillo e Titonco.
P.s: qualcuno mi spiega cosa voleva dire Nicoletti nel suo articolo?…
Biondillo e Krauspenhaar, visto che vi siete fatti avanti, siete bene accetti anche voi per prendere un caffè (previo assenso di spettatrice, eh?). E pago io. A quel punto ci arrivo ancora, anche se non c’è più l’equo canone, e anche se non so per quanto ancora : -)
Biondillo e Krauspenhaar, visto che vi siete fatti avanti, siete bene accetti anche voi per prendere un caffè (previo assenso di spettatrice, eh?). E pago io. A quel punto ci arrivo ancora, anche se non c’è più l’equo canone, e anche se non so per quanto ancora : -)
Su come si possa uscire dl mondo e ritrovarsi *senza-fissa-dimora* per non riuscire più a rientrarvi, il racconto di Hawthorne *Wakefield* (che pure non parla di barboni). E per levarsi dalla testa le menzogne romantiche sui clochard, *Il sole dei morenti* (di Izzo). Per capire che siamo tutti, 77 o non-77, sul margine dell’espulsione dal mondo.
no, ho detto che fare il barbone non è una scelta romantica ed estrema e non che il suicidio non è una scelta. e poi ho detto che fare il barbone è un suicidio. dietro la “scelta” di andare a vivere in strada, c’è a volte, un atteggiamento, almeno in superficie, “romantico”, come a c’è, a volte, nei confronti del suicidio.
ora, come diceva prima molina, ahime, questo atteggiamento romantico è una distorsione di disagi molto forti e alimentare il concetto del barbone che forse sa qualcosa che noi, impegnati a pulire, cucinare, lavorare e guardare la tv non sappiamo è una cazzata, ma di quelle belle grosse.
poi, ognuno è libero di illudersi di poter fare quello che vuole, ma dormire in uno scatolo di cartone, essere deportato, pisciato addosso, picchiato, bruciato, morire di freddo e cagarsi addosso è davvero poco romantico, e questa è la realtà del clochard.
per il Posto, Biondo e Franz
ok per il caffè (io preferisco il te) al BAR.
Biondillo non ti lamentà, cerco pure di incrementare il tuo fatturato e mi accingo a leggere la tua ultima fatica.
per spettatore
A-v-o-l-e-d-o ???? spero che tu stia babbiando. Non per me sai, io potrei anche essere contenta del paragone, ma per Avoledo che non credo gradirà 🙂
Iannox
figliolo lo sai che essere così attaccati alle parole non va bene? mi ricordi un fumetto pubblicato anni fa: Fuori di Testa di Cicarè.
A farla breve c’era un Sig. Brevetto che si era fatto riconoscere come legittimo erede di Adamo (in virtu’ di un pomo originario dell’albero del bene e del male) dall’Alto Tribunale e quindi aveva avuto l’autorizzazione a tassare le invenzioni del suo avo: il fuoco e la parola. Praticamente tutti andavano in giro con un contatore di parole e continuo aggiornamento della spesa (pensa che dissanguamento!!. Gli eroi Fuori di Testa, dr. Cranioleso Prete Frecetta e Maldoror cercavano…vabbè puoi immaginare
Insomma caro (lo posso dire?) Iannox, visto che io non voglio fare crociate ti chiedo l’autorizzazione a usare:
besos
Posso? 🙂
a G. De Michele
grazie per le segnalazioni. Ho apprezzato anche i tre uomini paradossali.
LoLip su con la vita e se te lo dice una che aveva diciassette anni nel ’77…. 🙂
Besos a todos e che l’ira di Iannox non si scateni 🙂
ossali.
LoLip su con la vita e se te lo dice una che aveva diciassette anni nel ’77…. 🙂
Besos a todos e che l’ira di Iannox non si scateni 🙂
per il Posto, Biondo e Franz
ok per il caffè (io preferisco il te) al BAR.
Biondillo non ti lamentà, cerco pure di incrementare il tuo fatturato e mi accingo a leggere la tua ultima fatica.
per spettatore
A-v-o-l-e-d-o ???? spero che tu stia babbiando. Non per me sai, io potrei anche essere contenta del paragone, ma per Avoledo che non credo gradirà 🙂
Iannox
figliolo lo sai che essere così attaccati alle parole non va bene? mi ricordi un fumetto pubblicato anni fa: Fuori di Testa di Cicarè.
A farla breve c’era un Sig. Brevetto che si era fatto riconoscere come legittimo erede di Adamo (in virtu’ di un pomo originario dell’albero del bene e del male) dall’Alto Tribunale e quindi aveva avuto l’autorizzazione a tassare le invenzioni del suo avo: il fuoco e la parola. Praticamente tutti andavano in giro con un contatore di parole e continuo aggiornamento della spesa (pensa che dissanguamento!!. Gli eroi Fuori di Testa, dr. Cranioleso Prete Frecetta e Maldoror cercavano…vabbè puoi immaginare
Insomma caro (lo posso dire?) Iannox, visto che io non voglio fare crociate ti chiedo l’autorizzazione a usare:
besos
Posso? 🙂
a G. De Michele
grazie per le segnalazioni. Ho apprezzato anche i tre uomini paradossali.
LoLip su con la vita e se te lo dice una che aveva diciassette anni nel ’77…. 🙂
Besos a todos e che l’ira di Iannox non si scateni 🙂
Krauspenhaar, che hai capito? Lo prendiamo al bar. 🙂
..scusate il doppio invio, non volevo.
Dunque, Krauspenhaar, Nicoletti nel suo articolo, articolato se no che articolo è? – lungimirante, colto, e pieno di verve voleva che…siamo un branco di deficenti, che scrivono anche se non ci guadagnano una lira. Non come lui che è sveglio, preparato, colto e pieno di verve, e soprattutto – molto anni ’80 – scrive solo QUANDO VIENE PAGATO. Ricordatevi questo, cretini! (vale anche per me, naturalmente) 🙂
Confermo: Andrea C si veste una chiavica! 😉