La prima domanda è: quando leggo un articolo su un
quotidiano, la mia opinione su quanto è scritto cambia a seconda della firma?
La seconda domanda (che è una leggera variante della prima) è: nel momento in
cui l’articolo medesimo è soltanto siglato, la difficoltà nell’identificare
l’autore influisce sui contenuti?
Non sono impazzita: è che ieri pomeriggio ho partecipato
ad una chiacchierata a Fahrenheit (condotta da Carlo D’Amicis),
in ottima compagnia (Luciano Canfora). Spunto, il caso Wikipedia–Citizendium.
Occasione, una doppietta di articoli usciti ieri su Il Manifesto: nel primo
si dava la notizia dello scisma di Larry Sanger (divenuto Ranger causa,
immagino, uso perverso del correttore automatico di Word), nel secondo
si azzardava una distinzione fra saperi buoni (non anonimi) e cattivi
(anonimi). L’articolo era siglato Fr.Pi.: che per i frequentatori non accaniti
del Manifesto può equivalere a qualunque cosa (Francesco Piccioni, Franco
Primo, Free Pizza, uno studio francese sul Pi greco ecc. ecc.). E nelle
conclusioni sosteneva quanto segue:
E’ perciò un bene che lo sforzo
enciclopedico sia riconducibile a nomi e facce. Ogni voce di Citizendium potrà
essere criticata da chiunque, ma l’autore non sarà anonimo. E’ un bene per la
democrazia, intendo. Perché non sta scritto proprio da nessuna parte che «alle
masse» debba andare sempre la merce peggiore. Specie se si tratta
dell’informazione su temi «critici».
Beh. Quello che ho sostenuto ieri è che, per come
la vedo, il “buon” sapere è quello che non teme il confronto con la
collettività. E quanto al discorso sull’anonimato che non garantirebbe
autorevolezza (ancora!), torno alla domanda di cui sopra (la firma garantisce
automaticamente la qualità del contenuto?). Oppure, rilanciando Clay
Shirky (via Granieri) chiedo: cos’è un esperto? O meglio: gli esperti esistono al di fuori delle
istituzioni?
Per chi, comunque, volesse farsi un’idea della
vicenda, oltre all’articolo di Shirky rimando alla risposta di Larry
Sanger e ad un articolo del Guardian. Qui l’audio della chiacchierata
su Fahrenheit.
azzardo un commento sulla questione wikipedia VS citizendium.
Sono (ormai) decenni che la comunità opensource produce dell’ottimo software. Esistono degli ottimi resoconti su come lavora la comunità di programmatori, uno dei quali è quello di Eric Raymond, il celeberrimo saggio “La cattedrale e il bazaar”:
http://new.apogeonline.com/openpress/doc/cathedral.html
Raymond spiega come si crea un software collaborando in molti. Si scopre che c’è sempre un referente, un gestore, un coordinatore.
Cosa fa il coordinatore? riceve i pezzi di software, li studia e a sua discrezione li inserisce nel progetto.
R. abbozza anche un’etica della gestione di un progetto opensource: se un coordinatore è stanco, demotivato, indaffarato, dovrebbe cedere il progetto ad un altro coordinatore.
A mio parere è questo il senso della ramificazione Citizendium, non (solo) quello di fornire un Nome Altisonante che faccia da Garante. In wiki, un Previti può liberamente modificare la voce “Berlusconi”, e magari il giorno dopo arriva un “Diliberto” e la stravolge. Con un coordinatore, Previti, Diliberto, io, la Lippa, chiunque, potrebbe comunque inviare un contributo al coordinatore, che fa da filtro e non è anonimo perché se fa da filtro è giusto che ci metta la faccia.
Cito un pezzo chiave da “La cattedrale e il bazzar”:
“Non credo sia essenziale che il coordinatore possa produrre design eccezionali, ma è assolutamente centrale che sia capace di riconoscere le buone idee progettuali degli altri.”
ultimo intervento:
non credo sia una “guerra dei fork”.
Dice ancora R:
“È alquanto evidente come lo stile bazaar non consenta la scrittura del codice partendo da zero. Si possono fare test, trovare i bug, migliorare il tutto, ma sarebbe molto difficile dar vita dall’inizio a un progetto in modalità bazaar. Linus (Torvalds ndr)non lo ha fatto. Neppure io.
La nascente comunità di sviluppatori deve avere qualcosa da far girare e con cui giocare.”
Questo “qualcosa”, il punto di partenza per il coordinatore di un progetto e la comunità di sviluppatori dovrebbe essere, nell’intenzione dell’ideatore di Citizendium, proprio la corrispondente voce di Wikipedia.
Eviterei di parlare di “guerra” e strumentalizzare o ideologizzare la questione 😉
Andrea, anzitutto grazie per il contributo: neanch’io credo che sia una guerra…anzi. Sostengo l’idea espressa ieri anche da Canfora per cui i nuovi arrivi (e i nuovi fork) sono i benvenuti. Il titolo voleva riprendere ironicamente una frase di Yoda in Star Wars proprio in risposta al taglio dato ieri da Il Manifesto 🙂
Hai proposto la questione in maniera molto aperta 🙂
Che frase di Yoda?
“Cominciata la guerra dei cloni, è”…
🙂
Forse la faccio un po’ troppo facile, ma, da un lato, non è certo il caso di risuscitare il culto della personalità e l’ipse dixit; dall’altro, sapere chi è che sostiene una certa cosa può servire a capire l’intento con cui la dice.
Insomma: meno metafisica e più piedi per terra.
Nomignoli. Autorità. Esperti. Anagrafe. Responsabilità. Basta, Lore. Sta per iniziare l’autunno. Lasciare che le foglie morte cadano, dice un proverbio zen 😉
Prima domanda: certamente si.
Seconda domanda: dipende dai contenuti.
Terza domanda: ma chi te lo fa fare?
Ci sarebbe anche la quarta domanda: Giorgio Valente o Vitotaccone qual’è la differenza?
Diavolo se esiste l’esperto.
La questione non è – cara Loredana – tanto nel fatto se “esista” o meno l’esperto. Per me esiste. E chi non sa deve tacere, evitare di scrivere boiate su Wikipedia e in qualsiasi altro posto e così via.
La questione, piuttosto, sta in uno dei gangli incancreniti della nostra società: sta nelle modalità e nei canali che i vari esperti hanno a disposizione per dire la loro, per esprimersi, per scrivere.
Le posizioni dominanti sono occupate da alcuni esperti. Altri esperti trovano altri canali. E nasce Wikipedia, e nascono le webzine spesos assia più ricche e precise di qualsiasi articolo di quotidiano impreciso e pasticcione. E nascono i blog, ormai veri episodi di approfondimento.
E’ la scelta e il canale, il problema. Non l’esperto. L’esperto c’è. E se non è esperto, si vede (anzi: si legge!).
Raymond è un programmatore e la sua analisi e le sue conclusioni sono relative al software. Ma qui il dominio è ben diverso: la differenza fondamentale è l’artefatto, che nel caso del software è impossibile da vandalizzare se il sw è in source form, cosa sempre vera per il sw open source. Per cui, lo stesso modello produttivo è semplicemente inadeguato. Il meccanismo di review della wikipedia diventa (diventerà) l’equivalente del testing sw solo se un certo numero (una “massa critica”) di collaboratori “trusted” (anche anonimi), altrimenti non se ne esce secondo me.
correzione: aggiungete “esiste” dpo l’ultimo “solo se”
Sfuggirò un po’ la questione,
in una società di “titolati”, esperti si nasce spesso ancora prima di diventarlo.
L’esperienza è oggi un ricordo evanescente, il sapere è diventato una merce da scaffale, non è più traducibile con l’esperienza e la saggezza. La filosofia ha spesso una identità solo se odora d’Oriente, si citano i proverbi solo per un semplice proposito edonistico, contribuendo così solo a scalfirne l’architettura. Il presunto sapere è racchiuso nel nostro “ovunque”, la qualità dell’acquisito sapere si danneggia nel momento in cui viene acquisita. Ed ecco dimostrato che il sapere è un modo semplice per allontanarsi dal conoscere.
Quello di prima non ero io, dev’essere stato uno scherzo. A presto
mi viene in mente un paragone, forse un po’ astruso, prima di approfondire la materia: compariamo la questione wikipedia alla vicenda dell’eutanasia (ma anche tutte le altre legate al biopotere): una concezione radicalemnte democratica lascerebbe il diritto di autodeterminazione al singolo, invece ciò che è più intimamente mio deve passare per una mediazione di legge, una autorizzazione che i mediatori sociali, i legislatori, fanno per decidere ciò che è sano, salute,etico.Ma anche vero che la comunità dei singoli quella certificazione chiede. Allo stesso modo anche su qualcosa che non è intimo, ma per essenza condiviso – il sapere – l’intervento di mediatori istituzionali che fanno da freno e al tempo stesso da garanzia, è inevitabile. in fondo accade anche con i blog, alla fine – come si è visto dagli awards di macchianera – i preferiti, i dispensatori di sapere diffuso sono blog che appartengono a categorie e singoli già istituzionalizzate/i(giornalisti, comunicatori, attori famosi) che fanno un buon lavoro e al tempo stesso vengono preferiti anche per un marchio di qualità, autorevolezza e garanzia del prodotto che hanno già PRIMA del blog. Nel caso dell’articolo FRI.PI: La qualità del contenuto se non me la dà la sigla della firma, me la dà la fonte (il manifesto, in questo caso). benchè la democrazia del sapere diffuso e anonimo sia un’utopia a cui tendere perchè un altro sapere è possibile, la realtà di tutti è ben più contradditoria.
PS stampati tutti i testi linkati ora mi appresto a più approfondita lettura.Ma se no l’avessi trovato sul sito di Loredana Lipperini non l’avrei fatto…)
l’unico modo per offrire autorevolezza a un’azione letteraria non è tanto il battesimo, il marchio, l’impronta.
bensì riuscire a scriverla senza guardare il foglio, riuscire a riconoscerla anche solo dall’odore, riuscire a trovarla anche solo con le mani.
ciao
Da un lato, la riconoscibilita’ permette l’autorevolezza, laddove esista. Dall’altro, non e’ necessario che l’autorevolezza la si guadagni altrove dal contesto in cui si agisce. Mi spiego: se il mio nick e’ CarloRubbia (in wikistyle) e’ possibile che il mio contributo venga giudicato rilevante a priori. Ma se carlo rubbia si logga come Mario Rossi, e contribuisce, dopo un po’ si scopre che Mario Rossi non si chiamera’ cosi’, ma proprio uno scemo non e’. E magari non e’ nemmeno Carlo rubbia, ma uno che non ha avuto la fortuna di fare lo scienziato (magari ha deciso che era piu’ importante fare il volontario nella periferia di Napoli) e che ha il pallino di chiamarsi Mario Rossi e puo’ rendersi utile lo stesso. Se si accettano solo quelli che DAVVERO si chiamano Carlo Rubbia, tanto vale ricreare la Treccani. Percio’, non e’ tanto l’anonimato che conta, ma la possibilita’ di riconoscere (con un sistema o un altro) il sapere buono, come si dice ora. Se si assume che l’unico modo sia chiedere la carta d’identita’ all’ingresso, non si crea nulla di nuovo. Percio’ Piccioni e Co., che non conoscono la scienza del filtraggio (esiste esiste, chiedete dalle parti di Mountain View: non e’ obbligatorio studiarla, ma e’ consigliabile tacere quando non se ne sappia abbastanza), smettessero di sputare sentenze facendone una questione di “onore”, di “io ci metto la faccia”, di “io non mi nascondo”. Perche’ si scivola facilmente nel “Lei non sa chi sono io”. E chi e’ lei? Piccioni. Si’, Piccioni, proprio quello.