Ero sinceramente incuriosita e interessata al volume I libri da leggere a vent’anni. Una lista, anzi una bibliografia di titoli, divisi per argomento, come suggerimento per i lettori appena usciti dall’adolescenza. Una guida, è specificato nell’introduzione, “pensata da giovani per giovani”. Bella idea, davvero.
Quando ho avuto il libro fra le mani, qualche piccolo dubbio, però, è sorto già nell’introduzione: dove i due autori, Giulio Vannucci e Nicola Villa, due collaboratori – appunto ventenni – della rivista Lo straniero, si scagliavano contro l’informazione culturale “congrua al potere”. Anzi, per usare le parole esatte: la specializzazione universitaria e la confusione mediatica, in ambito culturale, sono “congrue entrambe al sistema di potere attuale e per questo così invadenti e dominatrici”.
Congrue? Tutte? Davvero?
Ho rivolto la stessa domanda a Nicola Villa, prima di entrare negli studi di Fahrenheit.
Foucault, mi ha risposto.
Va bene, ho pensato, pensando di spiegargli che non era una questione personale che io pongo da informatrice culturale, ma che forse le cose vanno in modo lievemente diverso.
Ma chi sono io per oppormi a Foucault?
Le sorprese ulteriori sono arrivate in diretta. Intanto, i due autori non avevano letto i libri che propongono. Dunque, chi mai li aveva scelti e suggeriti? “I fratelli maggiori”, hanno ribadito più e più volte. Ovvero? Ovvero la redazione dello Straniero, e soprattutto Goffredo Fofi.
Ah. Eppure l’introduzione è firmata dai due ragazzi, e la scelta sembrava essere voluta sempre dai due ragazzi in quanto insoddisfatti del sistema scolastico, della critica, dell’informazione culturale “congrua” e financo della rete.
“La rete è troppo affollata per essere credibile”, ha detto al telefono Giulio Vannucci. Ho pensato a Stefano Rodotà, che aveva aperto magistralmente il pomeriggio di Fahrenheit parlando della democrazia della rete. Pazienza.
Qualche domanda. Perchè avete scritto che Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso usa toni di veemente polemista quando il medesimo è tremendamente efficace proprio in quanto gelido e argomentato?
Non lo hanno letto.
Insomma, alla fin della fiera, delle centinaia di titoli presenti nel libro i due giovani autori ne hanno suggeriti pochissimi. Roald Dahl, per esempio.
E l’idea, reiterata nell’introduzione, che occorra scagliarsi contro l’intrattenimento consolatorio della letteratura? Testualmente: “rarissimamente” i libri “sono qualcosa di più che merci destinate a un intrattenimento passivo, consolatorio, nel migliore dei casi a una conoscenza passiva, consolatoria”.
Risposta “perchè l’autofiction è consolatoria. Il New Italian Epic è consolatorio”.
Sicuri?
Certo.
Perchè?
Perchè sì.
La vicenda mi lascia basita. Se Fofi e lo Straniero volevano stilare una lista di titoli per ventenni, potevano farlo a proprio nome. Oppure, i valorosi ventenni potevano almeno leggersi prima i libri proposti (sì, tutti) per essere in grado di discuterne.
Oppure, ha ragione chi sostiene che l’anagrafe non è una valida categoria di giudizio. Ci sono ventenni che sembrano settantenni e settantenni di fresca intelligenza e di viva curiosità.
Poi ci sono i settantenni che scagliano fulmini. Ma almeno, vivaddio, lo facessero in prima persona.
Ringrazio Valeria per l’intervento, anche perchè mi dà modo di riprendere l’argomento e di chiarire un paio di cose.
Non era assolutamente mia intenzione, come ha scritto Nicola Villa sul suo blog, metterli in difficoltà: e, come mi pare di aver detto, l’idea di una guida compilata con l’aiuto dei fratelli maggiori non mi scandalizza affatto. Bastava precisarlo nell’introduzione: non abbiamo letto questi libri, abbiamo chiesto consigli. Benissimo.
Non è andata così, come si sa. Ora, quello che mi auguro è che il libro venda, venda parecchio e che nella seconda edizione vengano dette le cose come stanno. Un incidente di percorso non pregiudica nulla. Tanto meno il pensiero di Goffredo Fofi: con cui, preciso, è un piacere discutere.
Un appunto per il feedback.
Quando parlo di prostituzione, a meno che il contesto non identifichi l’antico mestiere, io intendo un atteggiamento che Billy Wilder ha perfettamente sviscerato in questo film.
Ecco, mi pare che i due giovanissimi autori forse farebbero bene a (ri)vederselo codesto capolavoro. Convinto anche che il buon Fofi lo consigli nella maniera più assoluta (poi, beh, ogni tanto anche lui sonnecchia, sempre in nome della causa).
Il fatto che ci siano degli imberbi prestanome, questo non mi scandalizza più di tanto.
Che si trovino da una certa parte dello schieramento, e ammettano la colpa senza vergogna, questo mi fa più male.
… A Me sembra che più che Foucault, in questo caso si tratti di Debord e di una (più o meno) salutare presa per i fondelli
Cara Loredana Lipperini,
al termine di questo intervento mi firmo con la mia qualifica. So che non si usa nel tipo di conversazione nella quale mi inserisco e neppure voglio fare il “trombone”. E’ solo per spiegare quanto tutto questo mi coinvolga sotto il profilo professionale. In sintesi: ho un insegnamento che si occupa di Cultura Popolare e tutto il mio impegno è nel cercare di far capire ai ragazzi che siamo tutti un po’ ignoranti (io per primo) ed è molto meglio cercare di capire piuttosto che giudicare (per questo c’è sempre tempo). L’intervista con i due autori mi è stata segnalata da una studentessa loro coetanea, molto in gamba e molto divertita.
Da parte mia volevo solo osservare quanto segue. Lei è stata bravissima, sia nella conduzione del dialogo sia nelle domande (particolarmente apprezzabile l’affermazione: “è meglio cercare di capire perché un libro diventa un bestseller che sparare a casaccio contro i bestsellers”).
Soprattutto, vorrei complimentarmi con i suoi corrispondenti. Ho letto con attenzione i commenti e mi ha molto incoraggiato sapere che è diffusa (seppure mai abbastanza) anche in certe aree di questo bizzarro paese la capacità di riconoscere e i più triti luoghi comuni e provare nei loro confronti una serena insofferenza. “Idées reçues”, direbbe Flaubert.
Ai due giovani autori della Guida – che hanno suscitato in me la più profonda e affettuosa tenerezza – un piccolo consiglio. Oltre a Foucault, che è molto ostico e un po’ pericoloso se non ben digerito (ma ho trovato molto acuta la sintesi fatta da un lettore sulla “microfisica del potere”), provino a leggere Michel de Certeau e/o Pierre Bourdieu. Sono anche loro francesi, “di sinistra” e contemporanei a Foucault, però sostengono che le opere non esistono mai in se stesse e in astratto, ma ci sono solo incontri fra opere e lettori. Ovvero, relazioni.
Quando capiranno che i lettori non sono necessariamente idioti (non più di tutti noi, almeno) e che il valore di un libro è molto più nella testa di chi legge che nelle pagine del libro stesso, saranno molto più liberi. Poi ci sono libri bellissimi e libri molto brutti, ma questo è veramente poco interessante.
Grazie per l’attenzione.
Giacomo Manzoli
Presidente del Corso di Laurea DAMS, Università di Bologna
Professor Manzoli, la ringrazio. Le sue parole, anche alla luce della lunga discussione che si sta sviluppando in altri termini sul post di oggi, aprono il cuore. Davvero. Grazie.
A Valeria: il mio “debosciati” era in primis autocritica e in secondo luogo un giudizio su due scrittori più che ventenni che, senza farsi troppi problemi, fanno i prestanome per un titolo che rivendica autonomia.
Ma dai! Come coetanea e come lettrice sono delusa, ma si sono offesi da soli.
Gentile Loredana,
ho il libro sott’occhio e nell’introduzione leggo: «Abbiamo seguito il criterio di farci aiutare da pochi adulti fidati o da giovani appena un po’ più vecchi di noi ma che ne sapessero molto più di noi».
Quindi non capisco a cosa lei alluda quando scrive «l’idea di una guida compilata con l’aiuto dei fratelli maggiori non mi scandalizza affatto. Bastava precisarlo nell’introduzione».
Gentile Emanuele, “farsi aiutare” non è “delegare e farsi scrivere le schede”. Grazie.