CONSOLO, LA CAPRIA E IL BICCHIERE ROTTO

Ci risiamo: la letteratura è in crisi. Non ne potete più? Nemmeno la sottoscritta. Eppure, a estate inoltrata, tornano a moltiplicarsi gli alti lai. Uno-due del Corriere della Sera. Qualche giorno fa, Vincenzo Consolo su Io donna, già riportato e commentato da Giulio Mozzi in Vibrisse:

D. Consolo, la nostra narrativa è in crisi. Perché, secondo lei?
R. E’ una crisi dovuta all’involuzione culturale che attraversa il paese. Anche la letteratura ne è stata investita. Del resto, è un’involuzione che si vede anche nella politica e, oserei dire senza voler essere blasfemo, nella religione. In letteratura c’è stato come uno iato tra la generazione dei veri scrittori che mi avevano appena preceduto (Calvino, Moravia, Morante, Bassani…) e la generazione successiva alla mia. Io sono costretto a leggere – per ragioni, ahimè, di premi letterari – i giovani scrittori e vedo che c’è un’omologazione… c’è una lingua che non appartiene più alla letteratura ma che è la lingua della comunicazione. Di questi giovani scrittori, che poi sono cinquantenni, ne stimo solo due o tre.
D. I nomi…
R. Non oso farli. Comunque la penso così, ma forse mi sbaglio, forse il mio è il giudizio di un vecchio.[…]

Oggi tocca, più garbatamente, a Raffaele La Capria, nelle pagine culturali del Corriere medesimo:

«Se un libro funziona, funziona con tutto: cuore, gambe, cervello, orecchie, reni, fegato… Un libro che funziona è reale e parla della realtà, se non funziona non è reale. Ogni libro riuscito non descrive la realtà, ma fa parte della realtà e aggiunge qualcosa alla realtà». Nei romanzi degli scrittori più giovani c’è tanta realtà. O no? «Ma manca una visione del mondo. Io faccio sempre l’esempio del bicchiere: oggi la coscienza dello scrittore è come un bicchiere caduto per terra. Si è rotta l’unità della coscienza, si è perso l’insieme, sono rimasti tanti frammenti. In Dostoevskij, Cechov, Tolstoj c’era tutto: sociologia, psicoanalisi, politica, tutto. Un’architettura con le fondamenta, le colonne portanti, il tetto, eccetera. Il libro dovrebbe essere una struttura simbolica, un progetto estetico che nasce dal nulla e porta a un significato totale».

Si accettano scommesse sull’intervistato del Magazine di domani.

 

61 pensieri su “CONSOLO, LA CAPRIA E IL BICCHIERE ROTTO

  1. ben detto, Nic.
    aggiungo: non è sempre stato così?
    a un certo punto, è fisiologico, arrivano i giovini e tutti (gli altri) a dire: ah, ‘sti ragazzi, non si fa più la letteratura di una volta.
    ma mi faccia(no) il piacere.

  2. .. secondo me siamo in un buon periodo per la narrativa italiana, certo: considerando che lo sbracamento asosluto di questo Paese non aiuta… perché non dobbiamo dimenticare che – per qualche ragione assai difficile da maneggiare criticamente – una produzione intellettuale risente MOLTISSIMO della capacità o meno di un Paese di produrre Storia.
    L’Italia non produce Storia, perché non ne è protagonista.
    Non c’entra essere ricchi o poveri. C’entra essere al centro oppure no.
    E’ una questione di posizione nello scacchiere, che “informa” (cioè dà forma) al sentimento di sé che ha una popolazione, che poi stimola le antenne degli scrittori.
    L’Italia non produce oggetti – la Cina basta e avanza – non produce idee – l’India e gli Usa bastano e avanzano – non produce Storia – accordarsi agli Usa o all’Europa basta e avanza.
    Così, anche se mi rendo benissimo conto che può sembrare una semplificazione incredibile, non c’è cavolo da raccontare!!
    Checché se ne dica, mi sono convinto che non c’è metodo di scrittura migliore per scrivere qualcosa di interessante: avere qualcosa di interessante da dire.

  3. Per Philip Roth: la vecchiaia, che cosa meravigliosa. Mentre per Consolo, senza nemmeno un’escort, che tristezza: un esercizio di necrofilia.

  4. Se le cose stessero veramente in questo modo, allora dovremmo rinunciare alla “vera” letteratura per un bel pezzo, perche’ e’ il nostro mondo cosi’ com’e’ ad essere disperso, frammentario, confuso, contraddittorio. La mediocrita’ della narrativa attuale forse ha altre ragioni, a parte queste: meccanismi editoriali, fisionomia (vera o presunta)dei lettori, scarsa propensione al rischio, all’innovazione autentica, persino una certa mancanza di “tecnica” … Il proliferare dei titoli non aiuta ad orientarsi (io per prima, alla fine, mi ritrovo quasi sempre in braccio ai classici, per istintiva diffidenza) Forse, per adesso mancano gli autentici talenti, o forse non si e’ ancora in grado di riconoscerli. Che poi di “giovani” autori veramente stimabili ce ne siano pochi, non mi sembra ne’ un gran danno, ne’ una gran novita’. Insomma, sarei meno drastica e apocalittica: meglio attendere, fiduciosi

  5. massì, certo, la storia è la stessa sempre.
    Ubi sunt?
    Che di mediocri è piena ogni età, e il talento a volte è postumo.
    La letteratura non è morta, d’accordo, e però si dura fatica a decantarne l’eccellenza (si fa fatica per definizione).
    Ma infine, come dicono i giovani, quoto La Capria tutta la vita.
    Questo davvero manca a gran partre degli scrittori, il senso del simbolico, il respiro totalizzante.
    La letteratura dovrebbe creare nuovi mondi, possibili e impossibii, e invece si arrende spesso al minimalismo del trafiletto.

  6. Di Libera Lipperatura Italiana, oltre che di Vmo, di Franz Spennacrauti e della capanna dello zio Toni si parla di là da me:-)

  7. se questo pomeriggio mi ibernassero (non fosse altro per il caldo che sta facendo in questi giorni) sarei felice, al mio risveglio, magari tra trent’anni, so che troverei molti dei ‘giovani’ autori di oggi ancora intenti a scrivere i nomi si possono fare, Pincio,Lagioia,Colombati,Piperno,DeMichele, Bui, Cattabriga (non so perchè ma fra trent’anni me li immagino con i loro cognomi spseudonimicizzati)
    e poi
    ma la categoria dei cinquantenni giovani autori non era valida per i registi? i cinquantenni di oggi per risorgere giovani scrittori quante vite hanno percorso e quante maschere hanno cambiato? e ancora ma bisogna per forza cominciare da un’età in particolare? specie oggi che il ritmo di consumo di un’opera è rapidissimo

  8. tesen, sono quasi del tutto d’accordo con te (stavo per chiederti, chi sono Bui e Cattabriga, che li ho già sentiti?) poi, – sono d’accordo con Genna che a suo tempo ne parlò – mi è piaciuto il libro della Muratori, e devo dire che anche quello di Debora Gambetta non è male (non è per difendere quella che d’ora in poi chiamerò “la causa f.”, è un caso che parli dei libri di due f.!) 🙂 e sempre per la causa f. mi fa piacere vedere come quella percorsa dalla prima Maraini (di L’età del malessere, e di La vacanza) e anche dalla Ginzburg (tutta, ha scritto sempre uguale, brava!) come dalla Milani (La ragazza di nome Giulio) sia la linea ereditata – che l’abbiano scelta o no non importa – da queste “ragazze”, (ma non solo da loro).

  9. Ma perché, ha proprio torto consolo? Sono così “irrinunciabili” i libri che si stanno pubblicando? Io li compro i nuovi libri (qualcuno) e non li finisco quasi mai, e me li dimentico in fretta e quando me li ritrovo tra le mani non mi viene voglia di rileggerli, vorrà pur dire qualcosa. Sono letteratura? O invece sono solo libri, come ce ne sono sempre stati tanti, tantissimi, e sempre dimenticati a parte pochi? La prossima stagione, il prossimo luglio, parleremo ancora dei libri di cui si sta parlando questo luglio? Li rileggeremo? Li stiamo rileggendo, quelli del luglio scorso? Mah!

  10. @ Lagioia: io non sono d’accordo con chi sostiene che la letteratura sia morta, non sono d’accordo con i funerali: sono gli scrittori a morire, o a essere tristemente incapaci, caso mai, vivendo. La letteratura, che non è “niente”, è un niente sempre pronto a rifiorire, nel caso in cui stia appassendo.
    Ritengo la tua battuta su Consolo assolutamente fuori luogo (qualcun altro avrebbe detto irriguardosa). Consolo non mi fa impazzire, ma rispondere ad una critica con un trastullo da cafè chantant è davvero il trionfo dell’inutilità (come se qualcuno avesse chiamato qualcun altro a prender parte in una fazione, e tu stessi rispondendo lesto, lestissimo, difendendo la fazione più ovvia). Sono veramente perplesso…

  11. @ ANGELA SCARPARO
    Io più che de “la causa f.” parlerei de “la causa L.”, dove L. sta per Letteratura con la L maiuscola sottolineata ed enfatizzata. La Letteratura per me è morta, è da sempre che lo vado ripetendo, quindi! Solo pochissimi resistono… Ma già dissi a suo tempo, in diversi interventi anche qui, quindi non mi ripeto onde evitare d’annoiare. 😉
    Baci et abbracci
    Iannox

  12. @ MARIETTA
    Be’, se non è morta, ci manca poco: a forza di bere senza distinzione alcuna da tutte le bottiglie, vuoi che non le prenda almeno almeno un delirio tremens di quelli infernali? Alla Letteratura intendo che nulla ha di paradisiaco, non in questi anni. Comunque pochi nomi che resistono.
    Saludos
    Iannox

  13. @ MARIETTA
    Chissà quei nomi che Consolo non ha osato dire apertamente. C’è una omologazione che si ripete negli stilemi dei giovani autori e non: siamo così di fronte a libri che durano – quando va bene all’autore e a noi pure – appena il tempo d’una stagione. Libri scritti per essere dimenticati: in fondo siamo nel tempo del consumismo e i libro è un consumo veloce, a questo è stato ridotto.
    Saludos
    Iannox

  14. E credo che Consolo abbia sempre ben bevuto, e dunque chiedere un parere sul tavernello a Consolo porta a una sola risposta: questo vino non mi piace

  15. La letteratura non è “morta”, ma le farebbe bene distinguere tra Tavernello, Nero d’Avola e brunello di Montalcino. Distinguere fa sempre bene a tutti, al prodotto e al consumatore

  16. scusa Iannox, ma come? prima recensisci un sacco di roba e poi dici che la letteratura è morta? insomma…iannox! 🙂 io d’ora in poi – perchè, prima? – avrò un solo giudizio: se piace a me sopravvive. che non è poi così arrogante, ma solo di buon senso: se non ci sono, come faccio a sapere cosa sopravvive? e, soprattutto, che me ne frega?

  17. Quando Consolo esordì in letteratura, sicuramente c’era qualcuno che si lamentava perché non c’erano più gli scrittori di una volta.
    Certi discorsi si facevano uguali identici quando Consolo era ancora nella pancia della mamma.
    Certi discorsi si facevano uguali identici quando il nonno di Citati era in fasce.
    Certi discorsi si facevano uguali identici mille anni prima che Luperini occupasse la sua cattedra.
    Si sono sempre rivelati falsi e campati in aria, ma è una pratica inestirpabile, ha a che fare col desiderio inconscio e irrealizzabile di andarsene sapendo che non ci si perde nulla di interessante. Ha a che fare con la presunzione di aver vissuto il periodo più fecondo della storia della cultura et après nous le déluge!
    A pensarci, è un atteggiamento irresponsabile: noi presto tireremo le cuoia, di quelli come noi si è perso lo stampo, la nostra generazione era la migliore, a voi che venite dopo lasciamo solo macerie, e mo’ so cazzi vostri. Irresponsabile, e sconfittista. Ragionamento da falliti: se NOI abbiamo appena cominciato e già ci sono solo macerie (cosa non vera, ma facciamo finta di sì), vuol dire che VOI, voi che c’eravate da prima, avete distrutto tutto. Chi rompe paga e i cocci sono suoi, non di altri. VOI Citati, voi Luperini, dovreste pagare per questa rovina, non noi. Ma viviamo in tempi di scaricabarile, e così dobbiamo sorbirci pure le lezioncine luperine, sconsolati leggiamo Consolo e, ben poco eccitati, leggiamo Citati.
    Chissà perché c’è sempre qualcuno che si accoda a questi giudizi, con tanto di pseudo-profezie: “Tizio non verrà più letto fra vent’anni”, “Chi si ricorderà più di Caio tra quarant’anni?”, come se fosse possibile fare previsioni del genere. Come se i posteri fossero tenuti a eseguire senza fiatare gli ordini degli avi.

  18. @ ANGELA SCARPARO
    E’ vero, io recensisco: e quando a mio giudizio è un libro destinato a restare lo dico “Letteratura”, anche a costo di scontrarmi (amichevolmente) poi con chi dice che differenza non c’è fra Letteratura e narrativa. 😉 Una sola pagina del Manzoni basta a stralciare tanti e tanti libri di quest’ultimo decennio: una pagina una, una a caso. Allora, ieri si scrivevano “minchiate” e di esse non è rimasta traccia alcuna (per nostra fortuna); oggi non è diverso, o quasi, perché l’impressione è che si scrivano più “fesserie” rispetto a ieri, e per fortuna domani non ne rimarrà traccia. Perché oggi si scrivono più fesserie? Perché troppi col gusto dell’alfabetizzazione si sono poi illusi d’esser pure scrittori di quelli bravi assai.
    Baci e abbracci
    Giuseppe

  19. @ Wu Ming 1:
    Certi discorsi si fanno identici, da secoli (e basta leggere un po’ di biografie, in effetti, per accorgersene), anche per un motivo più triviale, secondo me. A 80 anni non si guarda al tempo come a 30: tutto il tempo è passato, e il futuro è degli “altri”: allora, non resta che dire che gli altri sono “nessuno”, per cancellare il futuro, che non avrà più protagonisti, ma solo figuranti.
    A margine di questo paradigma interpretativo che tende a ripetersi, c’è anche qualcosa di meno banale: così come il mio ipotetico nonno guarda la “scatola” del pc e non capisce, allo stesso modo, probabilmente, può accadere di contemplare la “scatola della letteratura” senza riconoscerla più…
    (ammetto di essere stato un po’ oscuro, e me ne scuso).

  20. Il punto sul quale dibattere, e del quale sono tutti stufi, non è l’affermazione di Consolo, quanto la domanda che gli è stata posta, in un modo che presuppone che l’istanza abbia raggiunto un tale peso da essere quanto meno significativo. Certo, è innegabile che la contemporaneità in quanto tale ha sempre pagato lo scotto della mancata sedimentazione.
    Per quello che mi riguarda in vita mia ho letto di tutto, da Coelho, ahimè, a Finnegans Wake, dalla Divina Commedia alla fantascienza, senza preclusioni di sorta e senza mettermi , per così dire, a due centimetri di distanza dallo schermo a fissare i pixel anzichè l’immagine nel suo complesso. Se vogliamo serenamente escludere che negli ultimi tempi sia stata inventata una nuova forma di narrativa la cui portata non siamo in grado di riconoscere, nella letteratura attuale c’è un forte ricorso a simboli e modalità espressive che in teoria dovrebbero risvegliare i significati nella mente del lettore, ma che si traducono in una piattezza di esposizione che smentisce la profondità che in quanto contemporanei dovremmo recepire. Da un lato si pretende che il simbolo e la modalità espressiva suggeriti dal mondo in cui viviamo siano immediatamente compresi; dall’altro che quando non lo sono la colpa sia della mancata decantazione, cosa che esclude la comprensione dei posteri.
    Come si può pensare che un’opera che nasce e si sviluppa sui canoni dell’attualità possa sopravvivere? Non è forse pacifico che la letteratura con la L maiuscola sia quella in grado di elevarsi al di sopra delle mode e del tempo? Questo, a mio avviso, è il punto fermo da che è nata la letteratura (e non la semplice scrittura).

  21. @ Wu Ming
    Beh non si facevano proprio uguali identici, mi spiace tanto, vai a leggere, e todos caballeros, anche in senso inverso resta quel che è, una battuta piuttosto malinconica.
    Io vedo in giro noiosissimi cloni americani e noiosissimi ‘adesso ve lo faccio vedere io il romanzo del secolo’ di casa nostra. A me “piace” leggere, e annoiarmi mi scoccia davvero molto e quindi sono davvero molto ma molto scocciata di prendere tante sole.

  22. Io leggo un sacco di cose che non mi annoiano per niente, Marietta, quindi quel che mi viene da pensare è: affari tuoi (che è una variante un po’ più brusca di “De gustibus”).
    E affari (e gusti, e scazzi) di Citati e Luperini.
    Tuttavia, diventano anche affari *nostri* (e qui intendo: di noi lettori, tralasciando il mestiere che faccio) quando Lorsignori, imbellettano i propri gusti (e rimpianti, e livori, e coccoloni) e approfittano del loro favellare ex cathedra (cathedrae pagate coi nostri soldi, if I’m not wrong), presentandosi come latori di constatazioni oggettive, alta teoria, enlightenment, non-può-che-essere-così. Dio è morto, la letteratura è morta e anche Parente non si sente molto bene (soprattutto se ha appena letto, come me, la recensione de “La macinatrice” fatta da VMO, dalla cui potente prosa sono ancora influenzato).
    Suvvia, è roba stagnante, è sempre la stessa melma. Oggi non ci son più Pasolini e Calvino. Ai tempi di Pasolini e Calvino non c’era più qualcun altro. Ogni generazione di autori ha dovuto sfondare muraglie umane di menagrami che dicevano: “Vedrete, fra trent’anni non se ne parlerà più, di questi qui”.
    Risalendo la china, arriveremo al quadri-quadri-quadri-quadri-quadrisavolo di Luperini, il quale, verso la fine del neolitico, si lamentò della nuova generazione di sciamannati sciamani, o tempora!
    La storia della letteratura e delle arti è stracolma di giudizi sbagliati, inutilmente impazienti, intempestivi, apocalittici, ridicoli.
    Di Kerouac si disse che il suo non era scrivere, bensì mero “battere a macchina” e che presto di lui non si sarebbe più parlato.
    Celeberrimo il giudizio su un Fred Astaire a inizio carriera dato da un direttore di casting: “Slightly bald. Can’t sing. Can dance a little”.
    I critici “seri” dissero che i Beatles non avevano futuro.
    Ha ragione Angela: se mi piace sopravvive, se mi piace ne parlo e lo faccio sopravvivere. Parafrasando Proietti sulla nave da crociera: a te ti spiaciue, a me ME PIACE! Lamentatevi, lamentatevi, qualcosa resterà (ma non di vostro). Prot!

  23. @Inannox
    penso che Consolo non abbia fatto nomi per eleganza e saggezza e immagino, vista la sua storia, che siano nomi che chiedono un po’ di lettura lenta, cosa che i cloni risparmiano all’associazione dei consumatori librari di questo momento storico. Ma insomma, diciamo che mai la politica è stata così mediocre, la stessa verità si potrà pure dire dei libri, ma la verità fa male, però fa crescere.

  24. @ MARIETTA
    In ogni caso avrei preferito nomi e cognomi. C’è comunque da dire che è questo un momento storico – per la critica letteraria – che, a mio avviso, è decisamente confuso e anche di forti tensioni. Se qualcuno ha ragione lo si saprà sicuramente, ma non adesso, nonostante sia io stesso a dire oggi, nel tempo presente, che la Letteratura è morta, cadendo in contraddizione nel momento in cui dico che “chi vivrà vedrà”. Però il buon giorno lo si vede dal mattino.
    @ WU MING
    Di Kerouac si è detto di tutto e di più, e ancor oggi si continua: però si diceva di lui già quand’era in vita, anche che il suo scrivere era un mero battere a macchina. E con un po’ d’orgoglio – concedimelo – anche a me è stata più e più volte rivolta la stessa accusa. 😉
    ‘Notte
    Iannox

  25. E invece a me non sembra che quei nomi Consolo non li abbia fatti per eleganza e saggezza, visto che non si è pronunciato neanche sul futuro sindaco di Milano. Da un lato mi ha dato l’impressione di uno che legge poco (non gli venivano in mente…), dall’altro mi ha disturbato la chiusura in una torre d’avorio. Insomma, sei uno scrittore riconosciuto? Allora sostieni un giovane brillante che magari in certi ambienti ancora non lo è. Se non c’è passaggio del testimone per me è il segnale di un fallimento di chi se ne va, non di chi viene. Questo mi sembra un segnale preoccupante di questo paese: la mancanza di coraggio nel sostenere il non ovvio e nel denunciare l’obbrobrio, e non i vaticini anonimi. Allora i nomi vanno fatti, se si hanno le spalle grosse, vanno fatti, senza assolutizzare, magari sbagliando. Altrimenti, meglio Barilli che si fa sostenitore dei giovani tout court (vedi ttl) sparando un po’ nel mucchio, senza troppi distinguo, per non fare la parte del rincitrullito.

  26. @ Wu Ming
    Hai ragione, affari (e soldi e tempo) miei, e hai ragione anche a sostenere quello che fai, ci mancherebbe. Ma dopo avermi dato la risposta di prammatica qui, non pensi che più alto si cerca di saltare, più alto si salta? Ecco, io credo che ci sia una alleanza a far saltare molto basso, soprattutto dai giornali (mi scuso con la Lippa), e naturalmente è gratificante dirsi, Consolo è un coglione, i miei amici o comunque coetanei o comunque quelli venuti dopo sono tutti fantastici, anche di Proust si è detto che era un deficiente, non parliamo di Calvino a cui tutti, ma proprio tutti i critici un po’ più vecchi dicevano che scriveva male e non aveva niente da dire, Pasolini poi, che strazio, era checca, e quella noia di Moravia, e Vittorini, bleah e la Ginzburg, una donnetta e la Morante, una gattara. Ma tu davvero credi che quelli più vecchi di loro ne parlassero così e si difendessero come generazione? Mah, ti copio: affari tuoi!

  27. NON “quelli più vecchi”: gli stronzi, e quelli che sentivano minacciata la loro nicchia di attenzione. Io, in quanto lettore, non ho “coetanei”. Difendo libri, non persone. Difendo poetiche, operazioni.
    Negli ultimi dieci anni nella narrativa italiana sono successe un sacco di cose, il numero di libri appassionanti che ho letto è alto. Certo, questo tono non si confà all’atteggiamento blasé che molti hanno scelto di adottare (“Gli scrittori italiani? Tsk!”, “Maddai, tesovo, non fave del capolavovismo…”), ma è un atteggiamento provinciale, da maschere strapaesane. Nel resto del mondo si grida al miracolo per la nuova narrativa italiana, anche su organi di stampa notoriamente compassati, qui invece si afferma che non esiste alcunché del genere. “Nuova navvativa italiana?” Ma fatemi il piaceve! Ripeto: affari vostri.
    Anzi, vostvi.
    Pvot!

  28. @ WU MING 1
    Mah, io sinceramente tutta ‘sta grande letteratura italiana qui in Italia non la vedo neanche passandola al setaccio; ma non è che all’estero si scrivano libri belli, che sono Letteratura anche. No, si scrivono puttanate ben più grosse delle nostre. Tu guarda l’Allende con il suo Zorro: comincio a credere che la penna non sia affatto più forte della spada, e l’Allende me ne dà dimostrazione insieme a tanti e tanti e tanti altri italiani e non.
    Diciamo che, perlopiù, si scrive dell'”intrattenimento”, a volte con dei risultati onorevoli o discreti. Ma l'”intrattenimento” lo trovo anche a Gardaland, e Gardaland o Disneyland non sono la “lettevatuva” né il “capolavovismo”. Comunque, affavi vostvi, usando la tua formula. 😉
    Ciao Ciao
    Iannox

  29. Un momento, un momento.
    “Nel resto del mondo si grida al miracolo per la nuova narrativa italiana” ?
    Ma sul serio?
    Devo aver regolato male il mio orologio.
    Sapete dirmi, di grazia, in che anno siamo?

  30. e poi: si chiedono i nomi.
    Bene. Massimo Onofri, sull’ultimo TuttoLibril li fa eccome. Ci sono amici e nemici nostri, E qualche assenza, ohibò.
    Se avete voglia, il pezzo è interesante :
    “Sarà che io la penso come Croce: che abbiano i
    giovani un solo dovere, quello di invecchiare rapidamente.
    Sarà che, da quasi dieci anni, mi trovo a recensire su
    «Diario», tutte le settimane, un libro di narrativa italiana:
    convinto che, per salvarci dall’inflazione editoriale, occorra
    giudicare e distinguere col massimo rigore possibile.
    Ma vengo al discorso di Barilli ed ai nomi che fa: non senza
    una considerazione generale. Con le sue predilezioni da
    sociologo della letteratura e le mitologie veteroavanguardi-stiche,
    mi pare si accontenti di poco. Caliceti, Lanzetta,
    Ferrandino («disperati reportages dal Sud»? Ovvio: il Sud è
    sempre disperato, quando non è mafioso), Santacroce?
    Questi sarebbero gli sperimentatori? Ho sempre pensato
    che la più fertile ricerca letteraria si giuochi su un piano
    epistemologico, molto prima che linguistico, e dentro
    un’originale percezione della realtà, ma sempre al livello
    d’una notevole consapevolezza intellettuale. Ho letto un
    «diario interattivo» di Caliceti: e mi ha impressionato lo
    stupefacente difetto di cultura, che, purtroppo, è requisito
    principe di molti narratori nostrani (anche di Tondelli che,
    pensate un po’, «scopriva» Loria e Arbasino). Per conto mio,
    non credo che questi giovani, tutti insieme, arrivino alle
    oltranze, che so?, d’una Marosia Castaldi: la cui scrittura
    ostinatamente biologica non è mero inchiostro, ma si sa
    confrontare con l’unica umanità che ci può interessare,
    quella che viene dopo Beckett e Bacon.
    Credo, poi, che sia anche necessario entrare nel merito di
    uno scrittore, libro per libro. E allora: Scarpa è intelligente,
    persino troppo. Ma come si fa a non segnalargli, se si vuole
    puntare su di lui, quella brutta caduta di Amore®? Nove è
    raggiunto i risultati degli strepitosi racconti di Woobinda?
    Mozzi ha sentito la necessità di ristampare il fulminante
    esordio di Questo è il giardino, perché si sentiva in un vicolo
    cieco: giudicate un po’ voi. Lasciamo stare la Santacroce:
    che in Lovers (ma come si fanno a stampare certi libri?), alla
    ricerca del sublime, ha rivelato, sotto i panni di dark lady
    (patetici nelle foto d’un settimanale nemmeno patinato), il
    suo vero cuore, non dico di Liala, ma di eroina di Beautiful.
    Barilli loda a ragione la Ballestra (e anche la Vinci, lei sì
    molto brava): ma non si accorge che, nell’ultimo suo libro
    famigliare, la scrittrice marchigiana vira dal testo all’extrate-sto
    – la sua «vera» nonna – incrociando quella che mi pare la
    tendenza più interessante della nostra narrativa, che non
    crede più al romanzo-romanzo, e si prova a formulare un
    nuovo patto coi lettori, garantendo talvolta con la propria
    biologia: dall’ultimo La Capria alla Ramondino dell’Isola
    riflessa, da Affinati di Campo del sangue a Albinati di
    Maggio selvaggio e Svenimenti (e Voltolini, certo), per
    arrivare sino al Trevi filologo della propria nevrosi, finalmen-te
    attendibile. E potrei continuare a lungo.
    MassimoOnofri

  31. Mio dio! Massimo Onofri, che orrore! Per carità speriamo che in futuro trovi un lavoro adatto al suo intuito. Che i suoi amichetti se li legga in bagno, please!

  32. @ ANGELA
    Alessandro Piperno, Debora Gambetta, Simona Vinci, la Ballestra??? Ma Angela cara, io ti voglio bene, però non mi dire queste cose, te ne prego, in ginocchio quasi. ^____^
    E poi Debora è Deborah. 😉
    Il critico dev’essere una iena, anche stronzo.
    Baci
    Giuseppe

  33. Ienax, non mi provocare 🙂 Hai letto i racconti della raccolta Gli orsi? Beh, ti ricordi di quella scrittrice che a un convegno sulla letteratura vede in video Albero Arbasino? Te la ricordi quella descrizione?
    A me mi ha fatto ridere, diciamo così, va. Mi fa ridere. Antò Lu Porc è una bella invenzione di personaggio, neanche tanto staccata dalla realtà. Questo a me basta a farmi dire che la Ballestra è una brava scrittrice.
    Debora si scrive Deborah? Va be’ scusami. Sa scrivere.
    Un critico devev essere stronzo? Ma Iannox, a noi ci ha rovinato Carmelo Bene! Che peraltro era Carmelo Bene. Chi l’ha detto che un critico deve essere stronzo? Io se permettti preferisico Edmund Wilson che quando tutti davano della “vecchietta” a Fitzgerald lo difendeva dicendo “Stiamo parlando di uno scrittore! di un grande scrittore!” E adesso non mi dire, “ma questi qui non sono Fitzgerald!”, perchè non c’entra! 🙂

  34. Secondo me in Italia si mangia male, o si scopa poco. Non è una provocazione.
    Cerco solo di spiegarmi, l’astio dei critici, e soprattutto la loro continua voglia – oltrechè bisogno bovaristico, quello sì – di “essere sedotti” dai romanzi.
    Mi spiego: io forse appartengo a una corrente di lettori come dire “provinciale e sacrificale”, molto di bocca buona.
    A me la letteratura italiana piace un sacco, come molti di voi possono vedere anche solo dando un’occhiata sbadata a ilpostodeilibri.it.
    A me piacciono Rolando Cristofanelli, Libero Biagiaretti, Flora Volpini, Bonaventura Tecchi, Vincenzo Guerrazzi, Milena Milani, di ieri. E di oggi, Nicola La Gioia, Alessandro Piperno, Debora Gambetta,
    Simona Vinci, i Wu Ming, la Ballestra (non l’ultimo), e altri/e, e di ognuno/a potrei spiegare perchè.
    A me piace la letteratura: mi piace leggere e scrivere. Non cerco capolavori. Sono contenta quando trovo rappresentato “un mondo” – dei dialoghi, una situazione, un pesaggio, dei miti, dei personaggi – cui magari qualche volta ho pensato anche io, cui magari qualche volta sono passata accanto pensando, “Sì, funzionerebbe!”, e vederlo questo mondo realizzato – e pronto – da un altro/a mi incuriosisce. E’ una possibilità in più di leggere l’esistenza.
    In certi critici l’intento neanche tante nascosto invece è quello di chiedere, “Avanti, fammi vedere cosa sai fare?”. E’ chiaro che a una risposta così, risponderanno come scrittori, solo quelli “forti”. I soliti tre o quattro (Dostoeveskji, Joyce, Tolstoj) e poi soprattutto tutti i morti che in quanto tale, in generale,
    1. ci rassicurano su una cosa, stiamo digerendo, anche se male e quindi siamo vivi.
    2 hanno su tutti i “negativisti” un effetto consolatorio. “Io sono morto, ma tu mi rappresenti! Parla male di tutto ciò che vive!”
    Perchè ho cominciato con la provocazione? Perchè l’intento della domanda “Fammi vedere che sai fare?” , non si aspetta una risposta. E’ una domanda determinata da “frustrazione”, (che non è un insulto, lo “stato di stanchezza”, potrei dire) determinata, questa stanchezza, detto in modo provocatorio da elementi fisici, quali, una cattiva digestione o un sentimento inespresso.
    E ancora: Feltrinelli di una volta, Bompiani di una volta, hanno pubblicato gli scrittori di cui parlo, e di cui dei critici – c’erano, una volta! – parlavano bene . Ah, non
    ci sono più gli editori di una volta! Ah, non ci sono più i critici di una volta! Smack!

  35. A me infatti il pezzo di Aldo Giovanni e Giacomo sul poveretto che non ha il biglietto del tram, sai quello che si inventa il nome, piace. Ma se non sbaglio fanno televisione , cinema, cabaret. Chi si sogna di parlarne male? Forse nell’ultimo film erano un po’ pretenziosi. Ma sono attori ottimi e comici.
    Ma tu, della Ballestra, dimmi la verità, che hai letto? 🙂 Perchè non ti piace la descrizione del “mondo universitario” dei primi libri? Dov’è la banalità? Non è mai sciatta nel linguaggio. E’ una scrittrice “accorta” e delicata. Forse proprio questo è un suo difetto. Ma non è mai pretenziosa.
    Cosa c’entra con Aldo Giovanni e Giacomo? Cosa c’entra Faletti?
    Poi, se vuoi che parliamo male per forza di qualcuno, anche io ti posso fare un listone…(di gente che parla per luoghi comuni, che si descrive – o cerca a tutti costi di dire cose intelligenti – in modo “roboante”, o ultramodesto, che è lo stesso che roboante) ma cosa c’entra? 🙂

  36. @ ANGELA
    Cara Angela,
    io ancora sto ridendo: tutta colpa del romanzo della Vinci, “Come prima delle madri” (boh, era questo il titolo esatto???). Non ti dico quante e quante volte mi sono rotolato per terra dalle risate; e non poche volte sono caduto dalla mia sedia a dondolo sbattendo il capo pure, ma ridendo sempre a squarciagola. Sembravo Pavarotti tanto forte era il mio ridere. Oddio, rischio una ricaduta: son tornato a ridere e ad improvvisarmi Pavarotti. *_____*
    La Ballestra? Oddio, preferisco Aldo Giovanni e Giacomo, seriamente, non c’è ironia: li preferisco davvero, sono veramente molto ma molto più profondi e terribili, dei ragazzi prodigio. Ecco.
    Vedi, adesso sto leggendo Ken Follett – perché è uscito in edizione economica; e mi sta divertendo pure lui, cioè distraendo, ma non mi sognerò mai di dirlo bello, dirò al massimo che è intrattenimento.
    Invece, ecco, Giorgio Faletti, ecco lui è il Dumas che rimarrà, e non è solo una questione di venduto: è che sa scrivere. Per quanto mi stia un po’ sulle balle per la storia del copyright. Ecco, lui scrive un intrattenimento superiore, perché scritto veramente da dio: romanzo popolare che si lascia ricordare piacevolmente.
    Io sono per il critico come lo intedeva Oscar Wilde: e Wilde come critico era stronzo, inutile cercare un modo raffinato per dire di Wilde critico. Ma che critico pungente! Ecco, critici così, che siano artisti anche, non ce ne sono oggi. Ci troviamo a dover fare i conti con chi dice che Harry Potter un grande romanzo, ecc. ecc. Sì, sicuramente, e io sono Biancaneve che è ancora vergine completamente e un nano non mai visto né sognato. ^____^”’
    Ecco, cara Angela, il critico dev’esser stronzo in tal senso; ma quelli di oggi al massimo son dei perbenisti neanche troppo capaci d’andare incontro ad logiche illogiche di mercato.
    Baci
    Giuseppe

  37. Non mi interessa quello che dice in quella intervista Consolo. Mi interessa RETABLO, libro strepitoso. Alla fine sono i suoi libri quelli che restano, non le sue opinioni disilluse, probabilmente dovute all’età e a una effettiva incapacità di districarsi nella “nuova letteratura”.
    Io ho molta fiducia in quello che si sta producendo oggi. E non è una fiducia “generazionale”, perché le generazioni non esistono. Domani potrebbe esordire un ottantenne e stracciarci tutti.
    Sulla mancanza di “storia” (teoria anche di Piperno) credo poco. Siamo il paese dove la storia (per ragioni geopolitiche) l’ha fatta da padrona. E tutto questo è raccontabilissimo.
    OT1: Che bello rileggere Luminamenti, anche solo per una riga.
    OT2: vita incasinata, padre in ospedale, ADSL a casa saltata. Non vi leggerò per un po’.
    OT3: VMO. Semplicemente adorabili!
    Ciaociao, G.

  38. @ ANGELA
    Cara Angela,
    ma come sei sfiduciata? ^___^ Lo so bene che la Ballestra era una delle predilette di Tondelli, tanto per dire, ma senza insinuare alcunché. Solo per dire che ho letto i suoi libri, e che so ure che ha collaborato con Giulio Mozzi – per un’altologia, “Coda” se ricordo bene, ma i racconti non me li ricordo affatto, quindi evidentemente non m’avevano emozionato. Comunque, devo fare i titoli, devo fare i sunti? La Nina di Compagno di Mezzanotte, poi ci stanno gli Antò, e Milani ci ha fatto pure un film… Uffa! Ma devo recensire la Ballestra? Mi annoia anche recensirla, che ti devo dire: sarà ironica, briosa, divertente, ma a me fa venire sonno e l’orchite pure, una orchite da stress. A parte quella cosa su Joyce che m’è sommariamente piaciuta. Gli orsi, a me solo l’Orso Yoghi e il compagnetto Bubu. Adesso faccio come puffo brontolone: e che cavolo? Ma possibile che tu debba metter in dubbio che abbia letto la Ballestra, come se fossi un critico uguale a un cavadenti da quattro soldi?
    Volevo dire: Aldo Giovanni e Giacomo li trovo più “incisivi” della scrittura della Ballestra. E lo so che sono degli attori, ma anche gli attori parlano sullo schermo, che è poi un altro modo per avere un foglio su cui scrivere volendo. Ecco che intendevo.
    Faletti c’entra sempre: uccide. E’ anche un comico, è stato anche un comico, lo è ancora, ma scrive e scrive bene con ironia, un’ironia intelligente che a mio avviso è più efficace di quella di altri autori, Ballestra inclusa. Ecco.
    Ahia! Non ce la faccio più. Quasi quasi mi dichiaro offeso. ^____^ No, vado per una birra… sto morendo di caldo.
    Baci
    Giuseppe

  39. Non va non va bene che questi trenta quarantenni cinquantenni prendano la parola secondo i modi e i tempi del contemporaneo. Non va bene neanche ai contemporanei trenta quarantenni cinquantenni invidiosi di quelli che fanno!
    (subito ti chiamano paraculo!) Gli invidiosi (categoria in Italia molto diffusa) non fanno altro che scrivere post velenosi sotto mentite spoglie. Fanno bene quelli che vendono molto a non partecipare a nessun tipo di dibattito, sarebbero solo insultati dopo il terzo post.
    Altra cosa da considerare: le ragioni economiche,
    meglio parlare di CECHOV che non dà fastidio a nessuno, di CALVINO e perché no pure di MORAVIA. CECHOV CALVINO MORAVIA non portano via il nostro spaziettino sul CORRIERE (che persegue solo la politica degli amici) O su IL MANIFESTO (che persegue solo la politica degli amici) o su LA REPUBBLICA (che persegue solo la politica degli amici). CECHOV CALVINO MORAVIA SONO MORTI! SIAMO GENEROSI E TESSIAMONE LE LODI!
    Meglio dire che per parlare della realtà non bisogna parlare della realtà ma del mondo! Che non si scrive così che bisogna raccontare! Meglio dire che dopo Calvino ci siamo noi noi CONSOLO, LA CAPRIA che vi siete dimenticati di noi e ora si parla solo dei giovani quarantenni? Dopo di noi non c’è NIENTE! Noi noi siamo ancora vivi! Celebrateci per favore! TROPPO POCO SPAZIO O MEGLIO TENIAMOCELO TUTTO! Al massimo possiamo far PASSARE due o tre GIOVANI SCRITTORI ma i nomi li faremo quando i tempi saranno MATURI! E DOPO AVERE DATO LORO IL PRIVILEGIO DELL’INGRESSO AVREMO ALLEATI FRESCHI FRESCHI, (ma già vecchi)
    paola

  40. x Iannox:
    “Mah, io sinceramente tutta ‘sta grande letteratura italiana qui in Italia non la vedo neanche passandola al setaccio”
    Ma se da quando hai aperto i tuoi blog hai fatto l’APOLOGIA di centinaia di libri! Boh.

  41. @ MELLONI
    Di quanti libri rispetto a quelli pubblicati?
    Per tua informazione, se di un libro non ne parlo è perché INDIFFERENZA TOTALE E ASSOLUTA, o perché non ne ho il tempo. Solitamente vale la PRIMA.
    E per parlarne intendo anche con rassegna stampa, perché se il libro non l’ho letto, se non m’è passato fra le mani, con me non passa neanche la rassegna stampa o una minima segnalazione. Chiaro? Credo di sì.

  42. @ WU MING
    Ma anche di Oriana Fallaci recensioni a non finire. Vabbe’, evidentemente è una grande e io non la capisco.
    Specifichiamo: Evangelisti, Wu Ming per me sono Letteratura, quella con la L maiuscola. Ma non è la prima volta che lo dico. Cesare Battisti è sgrammaticato ben più di me con la differenza che pubblica: vabbe’, non indaghiamo oltre, c’ha già i suoi “bei guai”. Ammanniti? Vabbe’, soprassediamo perché mi sento buono. Simona Vinci? Ha recensioni sì, chissà perché: ma non voglio indagare oltre, per non farmi il fegato marcio. V.M. Manfredi mi sta bene…
    Ok, basta, sono stanco, e non ci torno più su questa questione.
    Statemi bene tutti/e, io vado per una birra e… Stasera vado al cinema, altroché. ^____^ A veder un film mieloso mieloso: mi serve, fidatevi. ^____^”’
    Saludos
    Giuseppe

  43. Effe, può darsi non sia un problema di tempo, ma di luogo: forse sei un po’ fuori dal mondo, tutto qua, com’è alquanto fuori dal mondo chi continua a trascinare polemiche da cortile sul fatto che in Italia non esce niente…
    …nel preciso momento in cui gli scrittori italiani vengono tradotti e apprezzati all’estero come non accadeva da tempo. E’ l’unico settore dove non si riscontra crisi del “Made in Italy”, Ciampi dovrebbe darci la medaglia! 🙂
    Càricati sul reader i feed del Guardian, dell’Independent, della Sueddeutsche Zeitung, di Libération, del Pais, del Washington Post, del Clarin, di Folha de Sao Paulo, de La Jornada etc. e fai caso a recensioni e interviste.
    Su quelle pagine troverai (li cito alla rinfusa): Camilleri, Pincio, Evangelisti, Carlotto, De Cataldo, Genna, Carabba, Lucarelli, Battisti, Ammaniti, Simona Vinci, Manfredi, Brizzi, noialtri…
    Padronissimi di dire che tutti i suddetti autori vi fanno schifo. De gustibus, appunto.
    Padronissimi di dire che non la considerate Letteratura con la maiuscola reverenziale prescritta da Dio in persona.
    Padronissimi di dire che all’estero lettori e critici hanno preso un abbaglio.
    Fate come vi pare, ma non credo convenga a nessuno negare fatti che sono evidenti.

  44. ma Iannox, guarda che nella mia vuota testolina quando consiglio un libro è perchè penso che l’altro/a possa divertirsi. Se ti deve venire l’orchite no! Ma proprio no! 🙂 Con tutti i sensi di colpa che ho, mi ci manca solo questo.

  45. WU MING 1:
    ma davero anche la Sueddeutsche Zeitung, mi devo leggere?
    Santi numi, la cosa non resterà senza conseguenze per mio fisico già provato.
    Fiacciamo finta che tu non mi abbia messo in bocca l’espressione In Italia non esce niente, che io non ho utlizzato.
    Facciamo che comunque tra questa affermazione e il concetto di Nuovo Miracolo Italiano ci sono innumerevoli gradi di separazione.
    Facciamo che negli esempi che tu porti di recensioni e traduzioni di autori italiani, ci sono nomi che apprezzo, ma anche nomi che non considero letteratura (opinione, in quanto personale, irrilevante ma al contempo legittima, come per tutti).
    Questo mi fa supporre che una traduzione estera non sia un sillogismo perfetto (“ergo trattasi di un grande scrittore”).
    La stessa cosa, è ben ovvio, vale anche per autori tradotti e recensiti qui da noi, quando il non conoscerli per niente non avrebbe invece nuociuto alla qualità della nostra vita.
    Difendere il difendibile si può, solo a patto di condannare il condannabile.

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