DARSI DI GOMITO: LO STRANO CASO DEGLI ASTERISCHI BUONISTI

Quattro o cinque anni fa rimasi stupita (che volete farci, mi stupisco spesso) da un articolo di Enrico Pedemonte, all’epoca direttore di Pagina 99, che introduceva una serie di considerazioni sui migranti. Mi colpiva, però, ancora una volta, il tono, tanto che mi sono appuntata una frase:
“Chi ama il politicamente corretto è pregato di voltare pagina”.
Il politicamente corretto, il perbenismo, il buonismo. Si finisce sempre là. Ci si è finiti con la vicenda Gozzini/Meloni, per esempio. E ci si finisce in tutti i casi in cui un atteggiamento fino a questo momento ammesso e consolidato deve affrontare una mutazione, e dunque tutto quello che prima “si poteva fare e dire alla faccia vostra” non è che venga proibito. Ma criticato sì. E quando si viene criticati si possono fare tre cose: pensarci su e discuterne; fare marcia indietro (probabilmente restando convinti, nel proprio intimo, che questa è un’epoca infausta affollata da  femministe zannute e censorie); bollare ogni argomentazione come frutto di buonismo, come fece all’epoca Pedemonte.
E come, ahimé, fa un altro intellettuale di alta levatura.
Ieri sera, incappando nell’ennesima discussione in rete sulla declinazione femminile delle professioni, mi sono detta andiamo sul sito dell’Accademia della Crusca, là ci sono gli articoli di Cecilia Robustelli. Che in effetti ci sono. Ce ne sono tanti, in verità, ed è sempre bene consultarli. Però in home page c’era un altro intervento, fresco fresco. Quello del professor Vittorio Coletti. insigne linguista, che interveniva su Nomi di mestiere e professioni di genere. Bene, mi sono detta, e l’ho letto. Ed è molto interessante. Non fosse che, arrivata all’ultimo paragrafo, leggo questo:
“Certo, i perbenisti, che oggi iniziano le loro lettere con “Care tutte e cari tutti” (per non dire di coloro che scrivono “car* tutt*”, violando l’ortografia tradizionale per non irritare le femministe più radicali e, da qualche tempo, anche quanti non si riconoscono in nessuno dei due sessi), potranno in un prossimo futuro pretendere e ottenere che la legge scriva che l’autorizzazione è rilasciata “dal prefetto o dalla prefetta””.
Perbenisti? Ho riletto. Dunque tutti coloro che da anni (e non da oggi) si rivolgono a interlocutrici e interlocutori sono perbenisti?  Sono andata a guardarmi la voce della Treccani (sì, sono andata a letto tardi, lo ammetto):
“perbenismo s. m. [der. di perbene]. – Con connotazione polemica, modo di comportarsi di chi vuole apparire persona perbene, seguendo con qualche ostentazione le norme della morale comune o uniformandosi a quelle della classe sociale dominante: condotta ispirata a un ipocrita p.; tutto era lì per dimostrare il p. immacolato della famiglia Cuccoli (Palazzeschi); urlavo … che non ne potevo più del p., che la morale borghese non faceva per me (Moravia).”
Ma la morale corrente, mi dico, va in tutt’altra direzione. Per esempio, chi usa soprattutto gli asterischi viene, quasi unanimemente, spernacchiato, o comunque contrastato. In nome di quella “morale borghese” moraviana che tende a conservare immutata una consuetudine. Pazienza.
Poi, rileggo il riferimento alle femministe più radicali. E ci penso su. Molta parte delle femministe radicali o radfem che dir si voglia non è esattamente ben disposta nei confronti dell’uso dell’asterisco (ci sono state, in passato, discussioni su discussioni: per un riassunto delle medesime rimando all’ottima Valigia blu). Forse non intendeva parlare delle femministe radicali ma delle femministe più fervide? Più rompiscatole? Più?
Infine, mi chiedo: perché, in una discussione tuttora vivissima e grazie al cielo non risolta – perché le questioni della lingua riguardano molta parte della nostra vita, dal potere alle mutazioni che attraversiamo – liquidare ogni posizione (complessa, come si vede: complessissima) come un’espediente per non irritare le femministe? Non significa, sia pur velatamente, che ancora una volta “non se ne può più” di tutti i limiti che le benedette femministe pongono a una vita serena dove si può sbuffare, ghignare, darsi di gomito e infine fare tutto quello che si è sempre fatto?
Sicuramente era colpa dell’ora tarda e ho letto male. Anzi, ora vado a vedere e sono sicura che quella frase è sparita. Ne sono certa. Certissima. Tre, due, uno.

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