Qualcuno, infine, ammette che la crisi, in editoria, c’è. E non è poca cosa. Da Repubblica.
Le pagine da sfogliare e lo schermo di un eBook reader. Se è vero che il libro elettronico rappresenta la sfida del futuro intanto bisogna fare i conti con il presente. Che mostra, negli ultimi tre mesi, una crisi del mercato editoriale.
Sono molte le questioni da affrontare per Marco Polillo, confermato presidente dell´Associazione italiana editori, che pure è convinto che i libri sopravviveranno. Una vita spesa nell´editoria, su più fronti, per lui: direttore generale di Rizzoli e Mondadori, editore in prima persona e persino scrittore con un romanzo in uscita. Partiamo dalle flessioni nelle vendite e dai problemi delle librerie: «Il timore di un calo è più che giustificato – spiega – confermato dal fatto che aumentano le rese delle librerie, cioè i libri rimandati indietro all´editore perché invenduti. A giorni avremo i dati ufficiali, ma la crisi è innegabile. La preoccupazione non risparmia nessuno: dagli editori, ai quali non può certo bastare un bestseller per trainare il mercato, ai librai indipendenti, fino alle grandi catene. Anche la grande distribuzione, l´unica a guadagnare mercato, si è fatta più prudente nell´acquisto di libri nuovi. Nonostante tutto sono ottimista. A giugno in genere si vendono più libri e la tendenza negativa potrebbe arrestarsi. Poi è evidente che dobbiamo lavorare tutti, come stiamo facendo in collaborazione con il Centro per il libro, per aumentare i lettori. Ma in questo conta anche la politica, che si deve sensibilizzare al tema».
L´altro punto è la rivoluzione digitale che negli Usa ha già cambiato il mercato, spostando le vendite sugli e-book, spingendo gli agenti e marchi come Amazon a produrre direttamente libri. «Resto convinto che gli editori non debbano aver paura del digitale, ma cavalcarlo, prendendo atto di un cambiamento. Così come è nato il paperback o il supereconomico, adesso è arrivato l´e-book. Il salto si è compiuto quando Rcs, Mondadori e Gems hanno deciso di mettere sul mercato parte del loro catalogo. Il mercato degli e-book tenderà a crescere, ma l´iPad non sostituirà il libro cartaceo». Eppure oggi si possono scaricare testi gratis e questo può essere un rischio per gli editori. Così come lo è stato nella musica per le case discografiche. «Certo – continua Polillo – per questo gli editori europei si sono ribellati alla digitalizzazione spinta di Google. Con il concetto che è a disposizione di tutti, si è diffusa l´idea che la rete debba essere gratis. La battaglia dell´Aie per la tutela del diritto d´autore va in questa direzione. Bisogna difendersi dalla pirateria. Se il libro viene diffuso gratuitamente l´editore deve cambiare lavoro. E lo scrittore come sopravvive?». Per regolamentare il mercato è stata fatta una legge sul prezzo dei libri. Non senza malumori, però: «L´Aie ha cercato di trovare punti di mediazione. La legge Levi fissa il tetto dello sconto massimo al 15 per cento e prevede uno sconto ulteriore, fino al 25 per cento, che può essere deciso soltanto dall´editore e del quale potranno usufruire sia i librai che la grande distribuzione». Restano le vendite online: «Quando Amazon è sbarcato in Italia faceva sconti altissimi, il 30-35 per cento. Adesso dovrà rispettare il tetto del 15 per cento». Quel che sembra patire meno la crisi è il mercato dei diritti degli italiani. Merito anche delle fiere internazionali: «Siamo presenti ogni anno alla Buchmesse di Francoforte e alla London Book Fair. La Book Expo America di New York ha dedicato una giornata all´editoria italiana.
A settembre l´Italia sarà ospite d´onore alla Fiera del libro di Mosca». In un mondo governato dai grandi gruppi editoriali, ci sono anche i piccoli. Che lottano e si moltiplicano, nonostante tutto. «In questa situazione, fanno fatica. Per sopravvivere debbono avere una linea editoriale, ritagliarsi una nicchia di mercato e creare un prodotto impeccabile. La qualità premia sempre. D´altra parte non credo a una editoria senza editori: l´anarchia non fa bene ai libri. Perché il prodotto sia di qualità c´è bisogno della mediazione dell´editore».
ebook? Oddio, non sia mai… li evito. Leggere a video è altra cosa: va bene per la manualistica che dopo 6 mesi è già obsoleta, non per il Manzoni. In pratica non sperate di liberarvi dei libri, per dirla alla maniera di Eco.
La crisi c’è. Vero. Verissimo. Colpa degli editori anche, che pubblicano tante ma tantissime ciofeche: chiaro che poi i libri vengano rimandati indietro all’editore. Personalmente su 200 libri-novità riesco a malapena a trovarne due o tre che siano ben scritti e che meritano dunque una recensione o segnalazione che sia.
“Se il libro viene diffuso gratuitamente l’editore deve cambiare lavoro. E lo scrittore come sopravvive?”.
Dove sta scritto che quello dell’editore debba rimanere lo stesso mestiere nei secoli dei secoli? Quanti mestieri scompaiono o si modificano nel corso delle trasformazioni storiche? Basta pensare che dal punto di vista della possibilità puramente tecnologica già adesso una figura come il distributore librario potrebbe essere superflua e l’intera filiera editoriale (farraginosissima, pachidermica, e condizionatissima dagli interessi di pochi soggetti padroni del vapore) potrebbe essere bypassata dal print on demand. E ciononostante non è detto che ciò accada: il mercato librario e le figure ad esso legate potrebbero subire trasformazioni di altro genere. Ma certo è difficile che restino identiche.
Un settore andato completamente in crisi in questo paese è proprio quello delle cartiere. L’avvento della rete ha spostato su supporto elettronico molto di quello che una volta veniva stampato e veicolato su carta. Tuttavia non rimpiangiamo certo il fatto che venissero abbattuti più alberi. Quelle industrie devono essere riconvertite e quei lavoratori, che oggi sono in cassa integrazione o a spasso, reimpiegati su nuovi ambiti e forme di produzione. Lo scarto è sempre quello tra innovazione e mantenimento di vecchie rendite di posizione.
Questo vale anche per gli scrittori, ovviamente, che adesso traggono il loro reddito dalle royalties del libro cartaceo o elettronico, ma un domani chissà. Proprio su questo blog, mi pare, qualche tempo fa si accennava al fatto che uno scrittore affermato come Maurizio Maggiani fornisce già un’interpretazione diversa dell’attività dello scrittore, molto più simile all’antico cantastorie itinerante. Del resto, prima che nascesse l’industria discografica, ad esempio, i musicisti si guadagnavano da vivere suonando dal vivo, molto più che incidendo un LP in uno studio di registrazione.
E’ difficile prevedere cosa accadrà nell’editoria con l’avvento delle nuove tecnologie. Nemmeno io credo che il supporto cartaceo verrà liquidato, e penso abbia ragione Robert Darnton quando dice che è molto più probabile una integrazione e sinergia sempre più stretta tra elettronica e carta. Questo potrebbe portare a un risparmio di alberi ed energie, ad esempio, accorciando la filiera del libro, appunto, aprendo nuove possibilità di fruizione della lettura e di mercato.
Ma ho l’impressione che Polillo si preoccupi più di come mantenere la veicolazione dei testi sotto lo stretto controllo dell’industria editoriale-libraria (anche in formato elettronico), cioè di mantenere una rendita di posizione di categoria, piuttosto che pensare al modo di rompere certi circoli viziosi, i quali alla lunga portano a una selezione selvaggia in favore del monopolio.
Perché non prendere in considerazione l’ipotesi che i testi grezzi vengano lasciati liberi da copyright, scaricabili gratuitamente dalla rete, e gli editori forniscano invece un PDF impaginato, curato, con link ipertestuali, cover, corredo iconografico, appendici, etc. etc. scaricabile a pagamento? E’ solo un esempio, il primo che mi viene in mente. Ma in tempi di recessione quanto è utile pensare al modo di mantenere un monopolio privato sulla produzione testuale (o musicale o cinematografica) e non piuttosto, soprattutto in un paese di scarsi lettori come l’Italia, garantire un margine di gratuità alla lettura? Se non si diffonde la lettura non si può nemmeno sperare di avere nuovi potenziali acquirenti dei prodotti che metti sul mercato librario. Viceversa il risultato sarà un’offerta sempre più standardizzata e monopolizzata.
Al momento, lo sappiamo, il cane si morde la coda: gli editori sovrapprezzano i libri conteggiando già lo sconto delle grandi catene. In questo modo si soffocano i librai indipendenti, che chiudono baracca, e si restringe il mercato librario su pochi, consolidati e potenti canali di produzione e distribuzione. Questo riduce la varietà dell’offerta e il numero dei lettori, che finiscono per concentrarsi sempre più sull’offerta predeterminata dai colossi dell’editoria e della distribuzione. Così, invece di ampliare il parco dei lettori e delle letture, lo si restringe e si finisce per contendersi gli stessi lettori e gli stessi spazi di vendita. Restano i moloc editoriali-librari-distributivi, che finiscono per pescare in uno stagno sempre più piccolo. L’interesse di un imprenditore lungimirante dovrebbe invece essere quello di allargare lo stagno, anziché no. Ma questo probabilmente prevede un cambio di paradigma e di mentalità che è di là da venire.
Crisi dell’editoria, ma non crisi della lettura, per lo meno se mi fido della mia esperienza personale: mai letto tanto come adesso, mai conosciuto tanti lettori tutti interrelazionati, mai discusso così tanto di libri, traduzioni, autori.
Se l’editoria è in crisi è perché non riesce a incontrare la domanda del lettore.
A proposito:
“Piracy really is the consequence of not meeting consumer demand.”
Qua:
http://www.teleread.com/copy-right/oreilly-interviews-brian-oleary-about-piracy/
Mi sembra ci siano almeno due aspetti da consiederare rispetto alla crisi del libro (di cui in Italia si parla da sempre!)
Il primo riguarda una scarsa educazione alla lettura che è colpa di un sistema scolastico che non avvicina i ragazzi al libro per esempio propinando alcuni classici che andrebbero letti quando si ha già una certa confidenza con la lettura (vedi I promessi sposi).
Il secondo riguarda la naturale evoluzione dello strumento che deve mettersi al passo con i tempi e che incontra le incognite del futuro.
L’editoria digitale è una risorsa preziosa sfruttata malissimo. Una quota di pirateria è fisiologica al sistema, ma è sull’uso di massa che si gioca il futuro. Acquistare un ebook deve essere un gesto semplice e l’ebook deve avere un prezzo molto più basso dell’equivalente cartaceo. Invece, i drm ne complicano l’acquisto (almeno su alcuni store nostrani) e i prezzi sono troppo alti. Così, l’ebook è ancora retaggio di pochi, ed è un peccato. Ma questi concetti però Amazon li conosce benissimo, e se è vero come dicono che sta per immettere il kindle sul nostro mercato (a prezzi da conquistadores rispetto agli altri reader), il rischio (per gli editori italiani) è che sia il colosso americano a trasformare l’ebook in un prodotto di massa, monopolizzandone il mercato e imponendo a tutti le proprie scelte.
Ecco, quando uno parla di ipad e lo associa alla lettura degli ebook smetto di leggere, perchè si tratta di una persona che sa poco o nulla di quello di cui discute 🙁
Vabbé, lo dico per l’ennesima volta: perché pagare per il fichissimo PDF scaricato a pagamento da Amazon quando il signor Emule me lo dà a gratisse? Prima è toccato alla musica, adesso toccherà all’editoria. E comunque, contrariamente a WM4, non vedo affatto auspicabile per un musicista la sua trasformazione in suonatore nomade, fosse solo perché servono tempi tecnici per vita privata e studio.
@ The Daxman
Hai ragione, mi sono espresso male. “PDF” è un termine fuorviante. Premesso che era soltanto un’idea buttata lì, stavo piuttosto immaginando una sorta di ipertesto interattivo, molto arricchito, con immagini & suoni & altro. Certo che potrebbe essere crackato e piratato. Tutto può esserlo, in effetti. Ma appunto bisognerebbe evitare di aderire alla mentalità del “aut aut”, cioè quella dell’AIE: o una cosa circola gratis illegalmente o circola a pagamento legalmente. E’ possibile creare circoli virtuosi, anziché viziosi? I videogiochi vengono piratati, ma il mercato dei vedeogiochi non mi sembra in flessione, anzi, supera quello dell’home video. Dato che la gente che ha dimestichezza con il crackaggio e il peer to peer non è una marea, e considerando che non sempre quell’opzione offre garanzie di qualità, se il costo di un prodotto culturale viene contenuto invece che elevato a potenza, allora forse non è scritto negli astri che quel mercato si estingua. Insomma, forse ci sono più cose tra il cielo e la terra di quante ne immaginiamo al momento.
Quanto all’auspicabilità del tornare ai menestrelli nomadi, in realtà ho un atteggiamento abbastanza neutrale. Di sicuro il margine di profitto che nel corso degli ultimi cinquant’anni si è creato intorno a un brano di tre minuti registrato in studio è decisamente smisurato. Quindi certo, se si riduce e questo spinge i musicisti a fare più performance dal vivo, non sono io a rimpiangere il passato.
Però io l’accostamento del musicista allo scrittore non lo digerisco del tutto.
La musica, registrata o dal vivo, nasce per essere ascoltata. La performance dal vivo, la fruizione collettiva, possono anche aggiungere molto all’esperienza dell’ascolto solitario, ma si tratta sempre di uno che suona e uno che ascolta.
Invece ascoltare una storia non è assolutamente come leggerla…può essere anche piacevole, ma non ha nulla a che fare con l’esperienza della lettura. Il cantastorie mi sembra molto distante dallo scrittore. Anzi, in qualche modo la sostituiva, la scrittura: raccontava i fatti a chi non sapeva leggere con l’ausilio di musica, illustrazioni e della parola orale.
Quindi mentre il musicista in studio e quello sul palco fanno la stessa cosa, lo scrittore e il cantastorie no: si possono riunire nello stesso soggetto, ma fanno due cose molto diverse, e così i rispettivi fruitori.
(E inoltre, ora che tante storie sono veicolate da tanti altri media, che c’è il teatro, lo spoken word, il vieni via con me, i film tratti dai libri, i reading e tante altre cose, non è già questo il cantastorie moderno?)
Il digitale è uno strumento che ha enormi potenzialità. Cercare di stopparne la diffusione solo per mantenere posizioni acquisite è un’ottica egoista e miope, destinata comunque all’insuccesso. Proprio perché l’industria discografica ha subito la digitalizzazione anziché governarla (e oggi se sta riprendendo fiato è grazie comunque a un mutato atteggiamento nei confronti della rete), forte di questa esperienza l’editoria dovrebbe cercare un atteggiamento diverso. Altrimenti si crea un vuoto, una distanza che in un modo o nell’altro sarà colmata. E il rischio che a colmarla arrivino posizioni di monopolio è maggiore rispetto al rischio di una piccola quota di pirateria, fisiologica, che comunque non incide nei grandi numeri.
Inoltre sul famoso PDF…ecco, parlo per me, eh. Insomma il PDF farcito mi dà un po’ l’idea di cofanetto per fans. Se esce l’ultimo romanzo di Frenzen, sono ben disposta a pagare per leggerlo: non lo scaricherei illegalmente su emule. Ma se il romanzo mi viene dato direttamente gratis, mentre pagando ottengo in più solo contenuti di utilità marginale (e la maggiorparte dei contenuti extra rispetto a un’opera di valore è per forza marginale, no? ), mi terrei il gratis. O meglio, non riescoa aimmaginare contenuti extra così interessanti che pagherrei per averli, quando la mia priorità in realtà è leggere il romanzo e basta.
@Daxman/Wu Ming 4
“E comunque, contrariamente a WM4, non vedo affatto auspicabile per un musicista la sua trasformazione in suonatore nomade, fosse solo perché servono tempi tecnici per vita privata e studio.”
Per quanto concerne la musica il fatto è già compiuto: oggi l’introito è dato dai live. Avrete notato tutti come i festival (jazz e non) crescano senza soluzione di continuità. Comprendo che per l’autore da studio che vive di royalties il colpo sia stato mortale (l’industria discografica è totalmente cambiata) ma per quanto riguarda l’ascoltatore ne sono arrivati solo vantaggi. Sono aumentati in media e di parecchio i prezzi dei concerti ma la selezione della specie musicale è andata a benficio di quei musicisti capaci. In altri termini l’autore evoluto oggi sa benissimo che il suo album verrà scaricato in torrent e ha abbandonato lo svuotamento dell’oceano col cucchiaino che è il combattere la pirateria. Non solo accetta lo stato delle cose ma lo incentiva perché la distribuzione della sua musica può involontariamente fungere da marketing gratuito, e recuperando in fase di concerto quel che si era perso in termini di vendite. Per i musicisti jazz il P2P è stato un guadagno. Però qui si parla di alta qualità dei contenuti.
Non so quale strade prenderà il mercato cartaceo e leggo con interesse l’idea del menestrello di Wu Ming 4. Chi pagherà sarà il mediocre.
Quel che è certo è che il musicista medio, così come lo scrittore medio, è destinato a un modesto reddito e la sua carriera finalmente si distanzierà dal mito uniformandosi alla prosaica condizione di operaio. Vento solo vantaggi.
@Francesca @Daxman
Mi limito alla mia esperienza. Mi è capitato di scaricare libri in Pdf. Per leggerli sul mio ebook reader ho dovuto convertirli in ePub, un’operazione semplice ma già c’è chi non sa farla. Il risultato è accettabile, ma non c’è copertina, i metadati sono sbagliati, la distribuzione del testo sulla pagina a volte è pessima, spesso si confondono apostrofi e accenti. Quando invece mi è capitato di comprare un ebook, l’esperienza di lettura è stata molto più soddisfacente. In pratica, la differenza che c’è tra un libro originale e un libro fotocopiato e rilegato a colla. Cosa voglio dire: se il prezzo di un ebook è di 15 euro posso capire che preferisci sbatterti per cercarlo su emule, aspettare di scaricarlo, convertirlo e sperare che vada tutto bene (è capitato anche di ePub che dalla metà in poi sono illeggibili). Ma se il prezzo è di 2,90 euro non vale la pena spenderli e leggerti subito il libro?
ps
L’incomprensibile refuso suona come: Vedo solo vantaggi.
Tra i quali scoraggiare i mediocri dal sogno doloroso di fare della narrativa o della musica una carriera. Potranno dedicarsi a tempo perso al romanzo di una vita o alla cover da pub del sabato sera. Consideranno queste discipline con la stessa distanza inaccessibile con cui si guardano le olimpiadi. Infine diminuiranno l’inquinamento editoriale sia nei contenuti (storie) dimenticabili che nei contenitori (carta) evitabili.
Quali piccoli effetti collaterali possono controbilancioare gli enormi lati positivi di questa nuova ecologia del pensiero?
Riccardo, io dicevo proprio che sono e sarei ben disposta a pagare per leggere un romanzo (a 2,90 euro, poi, di corsa!): ma siccome per me il contenuto che ha valore è il romanzo in sé, se l’editore o l’autore lo regalano, io non credo pagherei dei soldi per dei contenuti di cui non mi interessa granché (immagini, ipertesti ecc.). Questo ovviamente se parliamo di narrativa.
Se la discussione verte intorno al Mercato, le sue ingiustizie, le sue ottusità, come cambiarlo, come “migliorarlo”, ecco il contributo di Fening, lo scrittore forsennato di Don DeLillo in “Great Jones Street”: “Il mercato è una cosa strana, quasi un organismo vivente. Mutevole, palpitante, cresce ed espelle escrementi. Ti risucchia e poi ti sputa fuori. Il mercato accoglie e rifiuta. Ama e uccide.”
Questa immagine di un organismo vorace e mutevole evoca anche la sua esigenza primaria, l’unica: la sua alimentazione, il suo “sviluppo” che si giustifica unicamente sul plusvalore del plusvalore del plusvalore. La creatura mutevole e palpitante infatti si appropria almeno due pluslavori: quello assoluto dello scrittore, con l’aumento del suo lavoro, scrittura e P.R., presentazioni, omologazione degli stili e dei contenuti, attenzione alle mode e all’attualità, gestione del proprio personaggio; e quello relativo del lettore, con una crescente diminuzione dell’immaginario e della propria capacità critica, per una fruizione più passiva della pubblicità, dell’omologazione dei prodotti. Ogni politica di “contenimento del danno” è destinata a produrre scarsi risultati, che verranno immediatamente risolti da nuove e più pesanti contromosse che creeranno ulteriori danni collaterali. Per una corretta analisi di questa politica basta seguire al contrario quella del PCI, contenimento del danno per decenni, e il risultato è sotto gli occhi di tutti, basta vedere com’è ridotto il lavoro oggi.
Per come la vedo io, qui da Proxima Centauri dove vivo, solo uscendo dal Mercato, cioè solo uccidendolo, estinguendolo, potrà rinascere una nuova letteratura. Per questo mi piace il cantastorie di Wu Ming 4, anche se non so se le motivazioni coincidano. Parlo apertamente, ma qui su Proxima Centauri crediamo che solo una visione comunista dell’arte (comunista non significa sovietica) possa condurre alla salvezza: l’estinzione dell’artista professionista, persino della firma, per un’espressione che privilegi la socialità, una intercambialità dei ruoli, la diffusione capillare delle opere, e gratuita. Probabilmente questo segnerà la scomparsa dei “grandi”, ma non sarà un vuoto, una lacuna: semplicemente non ci sarà più l’esigenza che l’artista soffra per tutti. Nessuno glielo chiederà più.
Francesca, quei 2,90 sono il prezzo che secondo dovrebbero avere tutti gli ebook (che ancora purtroppo pagano un’Iva del 20 per cento anziché del 4 perché sono considerati software, tanto per farci un’idea del punto in cui siamo), che è, ma sono pareri personali, una spesa accettabile per la comodità di scaricare e leggere subito su un dispositivo a inchiostro magnetizzato un libro ben presentato. Una spesa che io, che sono dannatamente pigro e (quando si parla di libri) anche fastidiosamente precisino, preferirei alla gratuità se la gratuità dovesse essere un file di testo da scaricare, impaginare, sistemare e tutto il resto. Anche se il contenuto non avesse extra. Quando non era ancora possibile acquistare musica online giravano supporti pieni di roba scaricata da Napster, tra canzoni incomplete, masterizzate male, tracce uniche dall’inizio alla fine dell’album. Inascoltabili. Oggi preferisco di gran lunga cercarmi un album su iTunes, sentire un po’ di anteprime, leggere cosa ne pensano gli altri e poi acquistarlo, anziché affidarmi al peer to peer che raramente è garanzia di qualità. E sono convito che un album se invece di 9.90 euro ne costasse molti di meno, molte più persone riterrebbero più convenite acquistarlo che non andarselo a cercare gratis tra emule, torrent e altri.
Difatti cambia molto la sostanza se scrivo iBook. Sempre di un pdf si parla, ovvero di un ebook, ma tu chiamalo pdf o iBook che ti scarichi pagandolo da iBookstore. Comunque buona lettura con il tuo iBook. Per quanto mi riguarda di leggere su iPad dei libri non esiste proprio. E al limite, a questo punto, me li scarico dalla rete da bravo ladro se devo leggere a video un libro che non è un libro e che domani esce il nuovo iBook ver. 4.0 che però non legge più i pdf o quello che sono ma altri formati. Tirare fuori 10 euro per un iBook? Ma li avete letti… pardon… li avete visti i prezzi dei libri in formato elettronico? Dovrei pagare 13,99 Euro per leggere l’ultimo della Cornwell quando non mi interessa leggerlo nemmeno in un eventuale formato economico da edicola?
Che gli editori pensassero al vero problema: proporre degli autori che siano degni di essere detti tali invece di libri che quando gli va bene finiscono nei remainders o al macero. Da sottolineare poi che i libri di oggi sono sempre più scadenti: traduzioni alla boia d’un giuda, grafica da panico, rilegature che non reggono manco una lettura. Se il libro non vende ci sono delle ragioni evidenti, che però si ignorano o che si vogliono ignorare.
Ciao
Dico, un ebook a 2.90 + iva è ecccellente per me, e non mi importa nulla degli extra.
@ WM4 e tutti gli altri: però già se parli di contenuti multimediali all’interno del testo alludi a un medium a sé stante che non è quella che adesso chiamiamo “letteratura”, ma qualcos’altro che forse ha ragion d’essere proprio nella civiltà informatica (e su questo ci posso anche stare). Ma un romanzo in quanto tale trasformato in file, così come la canzone, sarà sempre preferita nella sua versione gratuita, per quanto bassa possa essere la sua qualità. Anche gli mp3 hanno qualità audio inferiore (e si sente) rispetto ai cd, ma questo non ne impedisce il downloading. Per quanto riguarda i videogiochi, il circolo virtuoso lì non mi pare affatto presente: molti giochi vengono prodotti solo per XBox, Play e simili perché per pc si sa già che verranno crackati.
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@ hommequirit: io i vantaggi non li vedo. Ciò di cui parli ha portato a una situazione in cui gli unici musicisti a campare di live hanno un minimo di vent’anni di carriera. Non a caso vecchie cariatidi del passato hanno fatto a gara fare reunion perché ormai questo è l’unico modo che hanno per pagare la bolletta. A stare fuori dai giochi non sono solo gli amatori (che come tu giustamente dici, è bene rimangano fuori), ma qualunque artista non abbia altissima diffusione di massa.
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Io credo che la crisi di editoria, musica, ecc. non sia dovuta al cambio di medium, l’uso del pc, ecc. ma, in primis, a una crisi in genere della cultura (di cui gli autori sono a loro volta corresponsabili) e in secondo luogo al radicarsi di una mentalità per cui musica, libri, ecc. costino sempre troppo. Pagare 50 euro per andare in discoteca e ubriacarsi o per farsi il proprio viaggetto radical chic va bene, ma spenderne 20 per un libro no. E di fronte a questo non c’è e-book che tenga.
Ah, ienax ha spiegato molte cose con cui sono d’accordo.
Io sono d’accordo a pagare anche 100 Euro per un buon libro, ma deve essere un libro vero, di sostanza e ben confezionato giacché il libro è anche un prodotto. Se spendo 20 Euro per un libro che mi si rompe fra le mani e che è una cavolata, scusate, ma mi girano le balle e non poco.
Per la musica, uguale discorso: purtroppo vedo che si pubblicizzano sempre i soliti quattro, i soliti quattro accordi per dirla tutta e punto. Si pensava ieri che gli mp3 dovessero essere la rivoluzione, invece il Cd è ancora vivo ed è tornato pure il vinile. Questo perché chi ama la cultura e la ama sul serio vuole, anzi pretende un supporto serio. Chi ieri scaricava musica illegalmente continua a farlo, mp3 o non mp3 certificati dalle major discografiche. A me la musica piace ascoltarla e comprarla ma deve essere su di un buon supporto – ci sono infatti in giro certi cd che non sono buoni manco per uso posabicchieri, rigati e registrati malissimo e che però costano l’ira di dio. Insomma, l’Arte ha bisogno di Artisti e di supporti degni creati per durare nel tempo, in ogni senso.
Scusate, ma di cosa sta parlando questo signore dell’intervisa? Se e’ sacrosanto dire che i libri – sotto qualsiasi formato – debbano essere pagati e non scaricati illegalmente, e’ altrettanto sacrosanto ridere in faccia ad editori italiani che vendono per 15 EurI l’edizione elettronica del principe di Machiavelli, un libro non coperto da diritto d’autore da qualche secolo. ne parlai proprio su questo blog qualche mese fa.
E cosa avrei dovuto fare mesi fa quando vidi il libro di Stella e Rizzo, Vandali, venduto su IBS a 13.50 per la versione cartacea e a 13.99 per quella elettronica? (Ora hanno abbassato il prezzo dell’ebook a 11.99).
Io sono sempre stato contro la pirateria. Ma sono anche e soprattutto contro il farmi prendere per i fondelli.
PS: no comment sull’ipad. Ha ragione Valberici, quando uno cita l’ipad parlando di ebook vuol dire che non sa quello che dice, bonta’ sua.
‘A demonio, rileggi che è meglio.
Tra le varie corbellerie editoriali a cui ho assistito spicca nella mia memoria il varo del catalogo ebook del gruppo GEMS. Per ragioni che ancora mi sbalordiscono, gli ebook del gruppo furono messi on line in concomitanza con una promozione che IBS applicava ad alcuni sottomarchi di Gems. Il risultato: su IBS gli ebook costavano un paio di euro DI PIU di quelli cartacei.
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E’ successo davvero, nell’Ottobre dell’anno scorso.
A volte mi viene il dubbio che lo scopo degli editori sia quello di NON vendere ebook, e di NON venderne il più possibile…
Su file sharing e mercato musicale qualche mese fa uscì uno studio molto interessante dell’università di Harvard. Ne ho anche scritto qualcosa, a chi può interessare sta qui: http://www.goodthing.it/php/wordpress/?p=2513
se ne possono trarre buoni parallelismi col mercato librario ma conservando la consapevolezza che si tratta di due sostanze molto diverse fra loro come fa giustamente notare Francesca Violi.
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Per il resto: non sono d’accordo con Wu Ming 4 quando dice che sarebbe auspicabile poter fruire gratuitamente del testo e pagare, eventualmente, solo i contenuti “hyper”. Perché uno scrittore scrive storie ed è giusto che sia pagato per ciò che scrive e un lettore legge la parola scritta. A mio avviso questa è una esperienza che continua a conservare la sua irrinunciabile specificità che è (e resterà) non sostituibile.
E’ solo una questione di prezzo, e ormai lo sanno in molti, editori in primis.
http://francescodimitri.co.uk/
Dimitri ha pubblicato la sua versione in ebook di Pan su Amazon, senza un editore. In questo post spiega il motivo. Il prezzo è 2.30 sterline (perché non ha un editore). Sarà interessante vedere come andranno le cose…
condivido quanto scrive @WM4 sul mestiere dell’editore.
Non si capisce per quale motivo non dovrebbe cambiare, come è nella natura delle cose, come è inevitabile che accada.
Il problema che io vedo – come sempre dall’interno – è nella strada che l’editoria vuole percorrere per mutare con il mutare dei tempi.
Provo a porre i termini della questione per come li vedo.
L’editoria vuole sempre più, nella diade “industria culturale”, concentrarsi sul primo elemento? vuole essere sempre più industria? industria nel senso capitalistico? quindi trarre profitto dal lavoro altrui?
Se sì, inevitabilmente cercherà tutte le strade possibili e immaginabili per “commerciare”, per “fare scelte strategiche” (ho messo tra virgolette, come a dire: sono solo parole, vuote, prive di contenuti). Farà di tutto per “crearsi un mercato”. Si butterà subito su ogni presunta novità tecnologica, ma sempre rincorrendo, sempre arrivando quando ormai è tardi.
Oppure, l’editoria vuole concentrarsi sul secondo elemento? vuole fare cultura? allora, come giustamente sottolinea @WM4, deve farsi carico dei lettori e della lettura. Deve inventarsi qualsiasi cosa per promuovere la lettura. Farà di tutto per “crescere e coltivare lettori”. Userà dunque la tecnologia come strumento per la diffusione di questa meravigliosa pratica.
Ho a che fare tutti i giorni con editoria di saggistica, quindi prendo un esempio da questo settore. Mettiamo che arrivi una proposta di pubblicazione. Mettiamo che chi legge il testo per dare un primo parere orientativo dica: Questo libro è ben fondato, è ben scritto, colma una lacuna in questa disciplina. L’editoria del primo tipo dirà: sì, ma chi se lo legge? ma cosa importa al grande pubblico di questo tema? L’editoria del secondo tipo dirà: come possiamo veicolare questo testo in modo che non sia semplicemente lì, a futura memoria di una lacuna colmata? come possiamo far conoscere questo testo ai lettori, come possiamo fare in modo che sempre più persone siano in grado di leggere anche questo testo?
@ francesca violi,
a proposito di quello che scrivi sulla differenza che vedi tra libri e musica.
Anche l’esperienza della lettura individuale, personale, nella propria “intimità”, è “una fase” della storia della letteratura.
La letteratura nasce da “performance” pubbliche. I testi si ascoltavano nelle piazze, o nelle corti, insieme agli altri. Non si leggevano. Venivano detti. L’esperienza della lettura (e della scrittura, cioè della “stabilizzazione di un testo in una versione definitiva”) è successiva. E inizialmente era una lettura fatta da chi era in grado di leggere per consentire ad altri di ascoltare. Solo in seguito è diventata lettura personale, mentale, non vocale. Queste fasi – che si possono disporre in modo consequenziale lungo un percorso storico – continuano a essere tutte presenti ancora oggi. Da qui la possibilità di confrontare cosa è successo alla musica in rete e cosa sta succedendo e potrà ancora succedere alla letteratura in rete.
Se ti interessa, c’è un libro di Alberto Manguel, ripubblicato di recente da Feltrinelli, che si intitola “Storia della lettura” e che parla proprio di tutto questo, anche con aneddoti curiosi.