Nota conduttrice radiotelevisiva: “Buongiorno”.
La sottoscritta: “Buongiorno”
NCR: “Mi dispiace chiamarla solo a pochi minuti dall’intervista in diretta, ma volevo puntualizzare”.
LS: “Cosa?”
NCR: “Naturalmente non ho letto il suo libro, ma ho letto la sua intervista al Giorno. Ecco, ci tenevo a dirle che il nostro è un programma, leggero, festivo…”
LS: “E…?”
NCR: “Dunque lei non dovrebbe in alcun modo toccare argomenti a carattere sociale, ma mantenersi sull’intrattenimento”.
LS: “Cosa intende esattamente con intrattenimento?”
NCR: “Nessun riferimento sociale alla vecchiaia”.
LS: “E secondo lei cosa dovrei dire?”
NCR: “Oggi è la Befana e anche se siamo circondate da donne giovani è bello dire per un giorno viva le vecchie”.
LS: “Credo che non sia il caso”.
NCR: “Sa, abbiamo dei limiti molto precisi. Noi facciamo intrattenimento”.
LS: “Arrivederci”.
NCR: “Arrivederci, e la tengo presente, sa? Lei di cosa si occupa esattamente?”
LS: “Arrivederci”.
PS. Buona Befana!
@Broncobilly
Dannosa non è la lotta ai pregiudizi, ma semmai la visione “libertarian” e anarcocapitalista alla quale ti aggrappi… visione che riduce l’uomo e la società ad una caricatura sclerotica, nel nome di una “razionalità” dei meccanismi di mercato che, quella sì, è totalmente utopistica.
Avete passato un buon capodanno, signore e signori? La tesi di Broncobilly sostiene dunque che la demolizione dello stereotipo non può che danneggiare uno dei gruppi che non si riconosce nello stereotipo stesso. Ma portando alle conseguenze estreme questo discorso, e dandolo per buono, ché buono non è ed anzi vacillante oltremodo, significherebbe che non si può intervenire in nulla di ciò che ci circonda, ché questo danneggia comunque qualcuno. Semplificando è il “facciamo un po’ come cazzo ci pare” con cui Corrado Guzzanti, con preveggenza, faceva il verso alla Casa delle libertà. Ovvero ancora, liberi tutti e pensiamo ai dané.
Molti commenti fa, qualcuno ha detto una cosa che trovo molto giusta: ma questi campioni del laissez faire hanno un motivo nel venire su questo blog a diffondere il loro verbo? I gusti son gusti: ma a me non verrebbe mai in mente di andare sul blog di Benedetto Della Vedova a cercare di convincerlo della bontà delle mie idee. La discussione è sempre importante, qualora le reciproche posizioni non siano di distanza siderale, come in questi casi.
@Broncobilly
Facendo per un attimo uno sforzo, e provando ad entrare nel merito: dato che parli di statistica, voglio ricordarti che una statistica, per essere affidabile, ha bisogno di un campione rappresentativo.
Ora, le “serie statistiche” su cui si basano i pregiudizi sociali e culturali sono troppo brevi per consentire di trarre delle conclusioni affidabili; per non parlare poi della natura “soggettiva” dei pregiudizi e del modo in cui si diffondono (quasi sempre in maniera orizzontale, “virale”).
Giusto per restare al tuo esempio: il fatto che Tizio racconti a Caio di essere stato derubato due volte su tre in un certo quartiere, non solo non consente a Caio di trarre legittimamente la conclusione che c’è una probabilità del 67% di essere derubati quando si entra in quel quartiere (per cui il suo pregiudizio secondo cui quel quartiere è malfamato ne uscirebbe confermato)… semplicemente, se parliamo di pregiudizi, non funziona così!
E’ ovvio, quindi, che la presunta “razionalità” dei pregiudizi non può fondarsi in nessun modo sulla statistica.
Alla prima domanda hai quindi dato una risposta insoddifacente… attendo una risposta alle altre due!!! 🙂
Con Broncobilly e la sua ideologia libertarian ho già avuto modo di polemizzare sul suo blog.
Io credo comunque che la cultura di massa possa anche giocare ironicamente e intelligentemente con gli stereotipi, penso a un film come “Legally blonde” che gioca con lo stereotipo della “bionda sciocchina” che poi sciocca non è, oppure a un telefilm comico come the big bang theory dove si gioca in maniera non becera come in certi reality italiani con lo stereotipo del secchione timido e impacciato con le ragazze (stereotipo in cui un po’ mi riconosco quindi mi fa pure bene riderci su)..ovviamente qualcuno non sarà d’accordo, si farà notare che non sono prodotti italiani (vero) o che non sono nè ironici nè intelligenti come credo io…vabbè io la penso così.
saluti.
Solidarizzo con Loredana a prescindere, per il problema della tigna commentatoria. Ossia, perchè si insiste tipo a 500 commenti? Di cosa avete bisogno? E’ il mito lipperino? Pensate che cambierà idea perchè arrivate voi? E’ fondamentale per l’umanità che il volgo sappia fino alla nausea della differenza di prospettiva vostra nella lettura dei culi? C’è una forma di prevaricazione quando si insiste oltre un certo limite.
Per quanto mi riguarda non ho molto da aggiungere – c’è una differenza relativa e li rimane, si chiama democrazia. Dico solo che, non tutti quelli che difendono il famoso culo in oggetto – o altri culi – sono dei cattivacci fregancazzo che difendono la propria collezione di giarrettiere. Cioè non sempre lo scontro è tra chi pensa alla comunità e chi invece ai propri cazzi (stricto sensu 🙂 ) ma tra due modi di pensare alla comunità diversi – forse legati alla propria sperimentazione delle reazioni diverse – ma sempre preoccupandosi per altri. Così anche il discorso della furbizia- un po’ mi è dispiaciuto che ti arrivasse solo quello. Come se ti si fosse suggerito di essere in malafede, ma non era quello che si intendeva.
Con questo non voglio dire che devi cambiare idea – che l’hai chiara e mi va bene così. E’ solo per togliere delle ambiguità a quella che hai della mia ecco.
Un’altra cosa a Broncobilly e poi sto zitto.
Non so bene in quale mondo “inquadratele le poppe” possa essere considerato un complimento, “questo vestito le dona” è un complimento, “lei è bellissima” è un complimento, “anvedi che tette” ad una che manco conosci e con cui non hai la minima confidenza, si merita un ceffone a meno che l’interessata non sia talmente emozionata come era comprensibilmente emozionata Avallone.
Paolo, per carità: non ritiriamo fuori la questione Avallone, o arriviamo a diecimila commenti.
Zaub. Grazie.
@ atride:
dici che, dando per buono il mio discorso, la conseguenza paradossale sarebbe che “non si puo’ intervenire su nulla”. Veramente l’ ultimo rigo del mio breve intervento era proprio su cosa fare e cosa non fare.
@lipperini
dando una definizione astratta di stereotipo (= statistical discrimination) li ricomprendo tutti. Venendo all’ esempio: la scelta di “complimentarsi” (o meno) resta una scelta stereotipata di chi si adegua ad un modello. Non capisco quindi come lo si possa ritenere estraneo a “stereotipi che derivano dalla costruzione di modelli”.
@don cave
Sembra che tu neghi l’ esistenza di “stereotipi razionali”, il che è a dir poco… “irrazionale”. Mi sembra insomma che tu abbia degli stereotipi sugli stereotipi (un libro come questo puo’ essere utile a chiarirsi). Quando converremo sul primo punto, passeremo agli altri secondo tua richiesta.
Ancora due considerazioni.
La prima: date le risorse, esiste una quantità ottimale di discriminazioni sulla base di pregiudizi; la “lotta contro gli stereotipi” si risolve quindi nel passaggio da uno stereotipo ad un altro. La verità specifica, essendo uno strumento molto più costoso dello stereotipo, violerebbe inevitabilmente vincolo di bilancio e benessere sociale. Averla in mente come alternativa significa solo eludere il problema.
La seconda: questa stucchevole obiezione del “semplicismo”; una complessità accettabile esce in un dialogo composto da interventi semplici, non da spatafiate “monstre” dove mettere a punto la teoria del tutto.
Ho come idea che ti abbia risposto Rodotà 🙂
@ Broncobilly
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Io non ho messo in discussione in linea di principio il fatto che un pregiudizio possa essere “razionale”. Mi limito semplicemente a chiederti (perdona la pigrizia, ma non ho tempo e soldi da dedicare al saggio di psicologia sociale, pure interessante, che mi hai linkato) queste tre semplici cose:
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Cos’è un pregiudizio? Una conclusione tratta a partire da un ragionamento statistico (e mi pare di aver già mostrato che non è proprio il caso) o qualcos’altro?
Perché solo se capiamo bene che cos’è un pregiudizio – o uno stereotipo – possiamo valutare in modo sereno la correttezza o meno della tua idea secondo cui “la lotta contro gli stereotipi si risolve nel passaggio da uno stereotipo ad un altro”. Altrimenti, se qualunque credenza umana è “pregiudizio” o “stereotipo”, il termine non spiega nulla…
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Quale criterio – o quali criteri – di “razionalità” usi? Razionalità intesa come calcolo economico, mi pare di capire… bene, se è così, pregiudizi “razionali” in questo senso secondo me non esistono.
Se estendiamo un po’ l’idea di “razionalità”, includendo magari certi vincoli sociali ed etici, allora potremmo essere d’accordo sul fatto che esistano “pregiudizi razionali”. Ma, di nuovo, si rischia di stiracchiare il concetto di razionalità oltre ogni limite, fino al punto in cui non spiega nulla.
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Come si valuta la razionalità o meno di uno stereotipo? Hai qualche criterio “semplice” a portata di mano? Che ne so, una scala da 1 a 10 inclusi i decimali, magari…?
Perché sai, è comodo farsi schermo della presunta “semplicità” dei propri interventi ed accusare gli altri di voler costruire la “teoria del tutto”… ma se poi manca qualsiasi sostegno concettuale e argomentativo, e la sbandierata semplicità si dimostra essere banale “semplicismo”, il massimo che si può sperare di ricevere come risposta è una sonora pernacchia 😉
@lipperini
Grazie per la segnalazione, sebbene non veda nessi diretti con l’ argomento qui trattato, mi ha sollecitato a prendere qualche appunto mentale.
@don cave
Penso che molti tuoi dubbi possano essere attenuati dal dizionario o da wikipedia. Se poi riesci a vincere la pigrizia da cui ti dichiari affetto puoi dare un’ occhiata ai lavori pionieristici di Arrow e Phelps sulla discriminazione razionale (alcuni sono talmente vecchi da essere disponibili integralmente in rete). Un’ alternativa più leggera ma non meno rigorosa sono le considerazioni di Tim Harford sul “razzismo razionale” (the logic of life è stato anche tradotto dalla sperling), c’ è poi landsbourg e il suo tentativo di misurare la razionalità nella discriminazione etnica nei posti di blocco della polizia losangelina. Quel che intendo per stereotipo (razionale o meno) è quel che intendono questi autori e molti altri, ovvero quel che pensavo intendessero tutti vista la semplicità delle nozioni. Semmai il problemo è quello di non avere stereotipi sugli stereotipi. Ah, ultima cosa, non ho certo fatto intendere che tutte le nostre credenze siano stereotipi, tanto è vero che ho distinto alcune credenze poco costose (stereotipi) e altre credenze più costose (verità specifiche).