Leggete questa inchiesta. E poi leggete il post di Giovanna Cosenza.
Lo so che vi guasto l’umore dopo la faccenda della falsa intervista di Libero a Philip Roth e quella, forse più esilarante ancora, delle incertezze di Dell’Utri (il famigerato capitolo scomparso di Petrolio di Pasolini forse non c’è e comunque Dell’Utri non l’ha visto: «Questa scoperta mi è stata annunciata da una persona che è sulle tracce del testo. Spero si faccia in tempo per la mostra del libro antico», dichiara a Francesco Erbani).
Chiedo venia, ma è necessario.
E’ vero. La temperatura dell’acqua non è piacevole. Ma non mi attendevo di fare la sauna.
Anche io – che pure non mi considero l’ultimo degli stronzi (per dirla alla Elio) – a 20 anni avrei dato risposte probabilmente disarmanti, o quanto meno poco consolanti.
Disarmanti non per il contenuto specifico.
Disarmanti perché denotano ignoranza totale.
Se facessimo un giro tra gli stessi ragazzi chiedendo “che cos’è per voi il comunismo?”, non penso la temperatura dell’acqua salirebbe.
Quindi questo studio conferma la necessità di cambiare le cose al più presto. E che “l’interlocutore” è fuori forma all’ennesima potenza.
Ma sarei rimasto molto più devastato se le domande fossero state poste ai ragazzi dopo – per esempio – aver fatto loro leggere “Ancora dalla parte delle bambine” o magari un bel ciclo di lezioni di Giovanna Cosenza sulla questione, e poi ricevendo le medesime risposte.
Mi ci giocherei il mignolino della mano destra che sarebbero state diverse.
Tipiche risposte giovanili d’oggi: totale disconnessione dall’esperienza personale e umana (non è solo che ne hanno poca, è che quella poca non la usano), puro commento a immagini e chiacchiere televisive e internettiane (con la scusa che Internet soprattutto E’ già la realtà, tutta la realtà). Il groupthinking impera e impererà sempre di più…
Mi ha fatto venire l’angoscia.
Frasi come “campi che sono di inerenza maschile” mi vanno bene giusto se stiamo parlando, chessò, del football americano.
Urgono corsi di rieducazione allo smantellamento delle identità precostituite di genere. Obbligatori, della durata di un anno almeno, tipo servizio militare di una volta.
Anche per gli uomini, eh.
(Scherzo, ma fino a un certo punto)
Beh pensa se la faceva a Pizzo Calabro l’inchiesta. Nun te ripijavi più. 🙂
Il problema però non è solo un problema di tempi cupi, ma anche un problema di linguaggio e modelli delle femministe medesime, di canali di comunicazione, di scambio con le nuove generazioni. Anche perchè Loredana – guarda che alla fine SIAMO POCHE. POi di femministe note, della scena attuale SIETE POCHERRIME. Il termine di paragone per i più giovani si rimangono gli anni settanta.
Uno spiraglio viene dall’attività di rete – ma quella va fatta bene e con attenzione e competenza – meno frequente di quanto si speri. Però c’è crea riflessione ed è già qualcosa.
Parlando spesso con adolescenti e giovani di questioni di genere, non sono stupita e nemmeno angosciata (immagino avrò ormai superato questo stadio).
Mi interessa più capire perché, sapendo che la risposta non è la televisione o il berlusconismo, dato che anche ragazze e ragazzi che non guardano mai la televisione e odiano berlusconi, se menzioni le femministe, spesso ti dicono che sono delle esagitate, la battaglia era anche giusta ma loro non si reggono. Rispetto a questa inchiesta, eliminando chi dice che il femminismo ricorda il comunismo o la genietta che ricorda che le donne sono mestruate, anche il portatore di lucida consapevolezza afferma “d´altra parte spesso chi si ribella usa toni e modi fuori luogo, inefficaci”.
Quindi mi piacerebbe discutere se si può parlare di un grave errore comunicativo del femminismo. Considerando anche che, come forse o già detto un’altra volta, magari si va nelle scuole a discutere del velinismo e della mercificazione del corpo, e le ragazze fanno a gara per dire quanto schifoso sia il fenomeno, poi si scopre che a casa loro (magari bravissime a scuola) sparecchiano e rassettano mentre il fratello guarda la televisione, loro non possono uscire la sera mentre il fratello rientra quando vuole, loro fanno il bucato e stirano i vestiti del fratello, ecc.
Qualcosa deve non aver funzionato.
C’è molto lavoro da fare.
Conosciamo le colpe di quelli che ci hanno portato fin qui. Ma chiediamoci anche quali siano le “nostre” colpe.
Non so se sono particolarmente sfortunata, ma nella provincia laziale io sento dire genialate del genere da quando avevo 15 anni, e ora ne ho 37.
Non ci faccio più neanche caso, non mi stupisce più nulla, vorrei solo non indignarmi più, pensare che sia tutto normale. d’altronde la natura ci ha fatte per procreare, no? e tutto questo inca**arsi ci rende uguali gli uomini..mentre noi siamo così speciali, il nostro cervello è stato programmato apposta per prenderci cura degli altri, perché noi veniamo da Venere, a noi ci piacciono le borse, le scarpe, noi ciabbiamo l’orologio biologico che ticcheteticchete, noi ciabbiamo gli ormoni, è per quello che “in quei giorni” siamo “isteriche”.. il nostro cervello è DIVERSO, funziona DIVERSAMENTE, noi siamo più sensibili degli uomini mica vorremmo sgomitare come loro..mica vogliamo, nonsiamai, essere pagate come loro per lo stesso lavoro? noi siamo diverse.. le femministe sono una massa di lesbiche sfigate, coi capelli crespi e gli zoccoli e le gonnellone, mentre noi siamo così belline, così FEMMINILI, così piccoleefragiliiii…o no?
deve andare così. non c’è NIENTE da fare.
Tutto sta nel restare in equilibrio tra specificità di genere e parità di qualità e diritti, senza che la prima dia adito a discriminazioni (cioè senza che la diversità si traduca in polarità negative e positive), e la seconda induca a un fraintendimento del concetto di uguaglianza (intesa magari come diritto a fare cazzate da maschio). Io che in genere amo gli estremi mi sorprendo a tifare per questo punto di equilibrio.
Un incredibile punto di vista religioso: http://metilparaben.blogspot.com/2010/03/la-serva-del-focolare.html
Scusa Nicolò, ma in che modo il concetto di uguaglianza può essere “frainteso”?
@wer Nel senso che se uno vuole essere uguale uguale a un altro, mettendo dentro tutto, cose buone e cose brutte, ecco in questo caso il concetto di uguaglianza è frainteso.
Non mi stupisce, purtroppo, sarà perché discorsi di questo genere li sento dai tempi del liceo. La riduzione del femminismo alla sua versione parodizzata mi sembra una tendenza in atto più o meno dalla nascita del movimento femminista, quindi nulla di nuovo sotto il sole, se non che mentre altrove questo stereotipo non impedisce (al massimo, forse, rallenta) che le donne facciano passi avanti in termini di diritti e peso economico, in Italia invece da parecchio ormai questo avanzamento si è bloccato, e anzi a volte sembra di tornare indietro.
(poi ci sono anche quelli che della lotta al femminismo fanno la propria ideologia politica, tipo quelli del sito uominibeta.org, che arrivano a sostenere che il nudo femminile in tv è proprio un gesto di violenza delle donne nei confronti degli uomini…)
Scoraggiante ma non bisogna disperare. A titolo personale ho sempre avuto qualche problema di relazione con le teoriche – alcune ovviamente – del pensiero della differenza perché – a pelle – mi proponevano un modello castrante tanto quanto quello di santa madre chiesa e non riconoscevano nessun altra narrazione possibile del femminile. Le ho trovate parecchio sessuofobiche e di un moralismo intollerabile. Le femministe degli anni 70 – che ho incrociato durante l’adolescenza – erano molto più aperte, solidali, allegre, e vivaci. Separatiste comprese. Concordo molto con la Cosenza che batte sempre sull’indipendenza economica – un argomento molto trascurato da troppe donne e dall’educazione. Scusate la sintassi contorta – è la stanchezza.
@Nicolò: mi sembra di capire che l'”uguaglianza” non è ovviamente intesa tra individui ma tra “ruoli” o qualcosa del genere, che devono restare ben differenziati. Anche per gli uomini ragionevoli, una donna è donna SEMPRE, anche quando sta facendo qualcosa per cui il suo essere donna non c’entra nulla (e dovrebbe essere considerata solo una persona) e si stupiscono se la persona stessa assume un comportamento lontano dallo stereotipo comunemente accettato.
Il cliché, stereotipo, ruolo come lo vuoi chiamare etc viene pure presentato come positivo (le donne non fanno le stesse cazzate che fanno i maschi, sono “migliori”, più affidabili, sopportano il dolore etc), ma, onestamente, come persone e individui, come vi sentireste voi se foste costretti per tutta la vita in una parte stretta (che ha senso, forse, solo in alcuni aspetti della vita di coppia), “modellata” sulle aspettative altrui, che tende a invadere spazi che con la femminilità/mascolinità non hanno NULLA a che fare?
Insomma, quest’equilibrio io lo vedrei che siamo uomini/donne nel nostro privato, ma che in tutti gli altri ambiti della nostra vita siamo persone, tutti quanti.
@simona. La metterei così: siamo tutti persone e quindi dobbiamo avere le stesse opportunità. Cosa che non accade oggi, credo: nel senso che le donne devono faticare di più, molto di più dei maschi per ottenere gli stessi obiettivi lavorativi, economici, familiari, ecc.
@Nicolò: grazie di comprendere, non è da tutti.
Io ho 27 anni e il movimento femminista degli anni ’70 non l’ho vissuto…
Quello che percepisco ora, nell’ambiente in cui vivo e lavoro (che è prettamente maschile), è che ‘bisogna piacere’. E compiacere. Va bene fare lavori che sono stati sempre ritenuti di attinenza maschili, ma, per carità, con grazia! con femminilità! con il sorriso sulle labbra! Fuggi il confronto diretto e al massimo cerca di ottenere quello che vuoi lavorando i lproblema ai fianchi, ottenendo la complicità e la solidarietà degli altri… Se ti metti a discutere o a dissentire… Beh, che donna sei? Il primo imperativo che sento nell’aria è: non essere mai sgradevole, burbera o musona. Smussa gli angoli. Se ti metti a strepitare per i tuoi diritti… lo stesso fatto che sei diventata fastidiosa impedisce alle persone di capire che magari hai ragione in quello che stai rivendicando.
Non so se ho reso l’idea o se siete d’accordo con me. Ma la domanda è: com’era quando c’erano donne ch lottavano veramente per i loro diritti? Anche allora c’era questa sensazione di ‘fuori posto, fuori luogo’?
Giusto per buttarla in letteratura…
Mi sorprende sempre quanto uno dei più assatanati machos della storia della letteratura, Lord Byron, sapesse rappresentare le donne e la loro condizione, meglio di tanti altri oggi più celebrati.
Nel primo canto del Don Juan, Julia, una donna sposata infelicemente, a causa della sua storia d’amore con Juan è chiusa in convento: la sua vita, in sostanza, è finita. La lettera che scrive all’adolescente Juan è meravigliosa e, ahime’, attuale:
Man’s love is of man’s life a thing apart,
‘Tis woman’s whole existence: man may range
The court, camp, church, the vessel, and the mart,
Sword, gown, gain, glory, offer in exchange
Pride, fame, ambition, to fill up his heart,
And few there are whom these cannot estrange;
Men have all these resources, we but one,
To love again, and be again undone.
Attenzione però. La lodevole inchiesta chiedeva però un’opinione sul femminismo, non sulla parità uomo-donna o sulla condizione femminile; volersi ancorare a questa etichetta oggi è perdente, punto.
Come lo è volersi definire intellettuale.
Possiamo metterci tutti i purtroppo e i lamenti che vogliamo, ma queste configurazioni storiche appaiono improponibili, e ci sarà da fare un grande lavoro per salvare i contenuti di un movimento che ha avuto grande importanza ma non abbastanza seguito.
Posso però garantire che, a parità di istruzione, molti dei miei amici tra i venti e i trent’anni “allergici alle femministe” (tipo che le mandano a quel paese ogni volta che ci discutono) hanno nei fatti un rispetto per le donne ben maggiore di quelli della generazione precedente.
L’etichetta è perduta, ma le coscienze (per il poco che vedo) stanno mutando…
A me non angoscia tanto che le ragazze avversino l’etichetta “femminista”, anch’io alla loro età l’avrei fatto, con l’ignoranza e l’ingratitudine un po’ tracotante che spesso si accompagna alla giovine età; mi fa rabbrividire però la convinzione, che trapela dalle risposte di molti/e, che le pari opportunità tra uomo e donna siano oggi una reale realtà.
Io sarei curiosa di chiedere, a queste ragazze, a casa loro quante ore di lavori domestici si cucca mammà, e quante papà. E poi magari farei di nuovo la domanda sul femminismo.
@icly: vivo una situazione molto simile alla tua (e la vivono tante mie amiche). con la scusa che devi essere femmina anche in contesti dove non c’entra nulla, si finsice spesse a svolgere, oltre alle proprie, anche altre mansioni inferiori, fastidiose di supporto, di CURA (eheh..noi siamo fatte apposta!!!!) che stranamente gli uomini evitano SEMPRE.
e se ti inca**i metti in dubbio l’appartenza al tuo genere (oltre a destare dubbi sulla qualità della tua vita privata), quindi devi essere docile, sorridente, devi “facilitare” la vita ai tuoi colleghi, devi occuparti tu di rogne e prenotazioni se si deve partire tutti insieme e la segretaria è occupata, il demansionamento è normale per una donna, anche se hai studiato quanto e più di loro.
ci hanno fregate, e non vedo molto da fare.
… mi sembra che questi ragazzi siano debosciati e superficiali come devono esserlo, per la loro età. Però, alla precisa domanda su cosa pensino del Femminismo “storico” è giusto che non ne diano una valutazione positiva. Se la dessero, allora si che sarebbero fuori dalla storia e troppo ideologici. Il femminismo ha fallito e i ragazzi tendono ad essere, si sa, molto spietati e tranchant.
Quello che conta è che qualcuno insegni loro che hanno il diritto di cercare un loro femminismo, un loro movimento di rivendicazione. Invece sembra che tutto vada bene, che viviamo nel migliore dei mondi possibili.
Questo mi preoccupa: non desiderano. Poi ci sono le cretine (tipo della quelle mestruazioni) che non sanno neppure di cosa parlano, rappresentano una cultura meno marginale di quel che crediamo: d’altra parte fino agli Sessanta, se non ricordo male, le donne non potevano fare i giudici perché si riteneva che “in quei giorni” non fossero in grado di giudicare serenamente un imputato.
Gli anni Sessanta, dal punto di vista antropologico, culturale, politico, sono un secondo fa.
Tutto sommato queste ragazze sono coerenti. nell’universo che loro conoscono, che è quello scolastico e universitario, infatti, è molto difficile che abbiano fatto esperienza di ciò che le attende dopo, nel mondo vero.
Anche l’imbecille che “non affiderebbe alle donne ruoli di potere” implicitamente proietta e vede sé stessa addirittura nel ruolo di “affida” il potere..è l’arroganza dei vent’anni, della gioventù che sembra dover durare per sempre (non sanno, le poverine, che già a 30 anni saranno merce scaduta, e i 30 arrivano, eccome se arrivano) unita alla convinzione che chi è venuto prima non era bravo quanto noi…
Diamogli appuntamento fra 10 anni. Aspettiamo che queste cretine (cretine esattamente come lo eravamo noi che abbiamo 10/15 anni più di loro) finiscano gli studi e si rendano conto di come va veramente il mondo..