Era un operaio Fiat in pensione, veniva dallo stesso Piemonte che mette al secondo posto dei Sì della piazza di sabato il lavoro (il primo, ovvio, è il Sì al Tav). L’operaio Fiat in pensione si era trasferito a Lavinio, viveva in povertà coi figli e infine è morto, e ora è appunto una notizia. Un tempo, nei film, si diventava canzoni (era “Hiroshima mon amour” di Alain Resnais), ma quei tempi sono passati.
Sono passati i tempi in cui era facile trovare lavoro, anche. E per lavoro intendo qualcosa di vagamente più dignitoso del vendere contratti per telefono o piantine fiorite in strada ed essere pagati a commissione, o friggere patatine o spedire pacchi. Che sono ottima gavetta, ottimo inizio, ma che al momento sembrano essere un destino unico e duraturo.
Sto scoprendo l’acqua calda e sto scrivendo cose banalissime. Avete ragione. Il problema è che quelle cose banalissime sono vere, e le conoscete tutti, o quasi. Il quasi viene dalla lettura di quel che si scrive nel gruppo organizzatore della piazza torinese.
“Non c’è dunque alcuna accezione negativa del termine borghese, che, anzi, indica generalmente una sana laboriosità, unita a libera iniziativa e competenze specifiche”, afferma una delle sette signore, e diversi commenti ribadiscono che, insomma, qui c’è gente che lavora, undici e anche dodici ore al giorno, mica sta sdraiata su un divano ad aspettare il reddito di cittadinanza.
Non è nuovo, questo atteggiamento. Ricordo come se fosse ieri un pomeriggio di 16 anni fa, quando intervistai una nota sociologa provando a inserire la questione dell’impoverimento. E perché mai, proprio nel 2002? Semplice, vedevo le persone attorno a me e io stessa che di colpo non riuscivano ad arrivare a fine mese: e non per l’ingresso dell’Italia nell’euro, ma per come quell’ingresso era stato gestito. Nelle vetrine dei negozi (ho ancora presenti quali sono, dopo tutto questo tempo) ho visto passare da un giorno all’altro il costo di una camicetta da 50.000 lire a 50 euro. E tutto questo è stato negato, così come la nota sociologa negò con forza che ci fosse, in Italia, un problema di impoverimento. Sei anni dopo, le cose sarebbero diventate evidenti.
Quello che voglio dire, e poi la smetto con la piazza torinese, è che esiste una tendenza nella sinistra, o in un certo tipo di sinistra, a non vedere la povertà, o l’impoverimento. Ed è una tendenza che va contro la sua stessa natura. L’auspicio era che la legnata di marzo avrebbe portato maggiore consapevolezza: ma se l’opposizione si costruisce sui pochi laboriosi e i molti fannulloni mi sembra che di consapevolezza non ce ne sia affatto. In fondo, cosa vuoi che sia un povero cristo che muore?
“Ho dimenticato tutto. Storia da quattro soldi io ti dimentico. Una notte lontana da te e attendevo il giorno come una liberazione. Come fu per lui, l’oblio comincerà dai tuoi occhi, uguale. Poi, come fu per lui, l’oblio avrà la tua voce, uguale. Poi, come fu per lui, esso trionferà di te tutto intero, a poco a poco, e tu diventerai una canzone”. (Hiroshima mon amour)