EXPELLIAMUS

Chiamiamolo Zeta.

E’ un amico della primogenita, adorabilmente svampito e, come spesso avviene, affascinato dal cambiamento. Nel suo, come in molti altri casi, la metamorfosi riguarda i capelli. Ah, vecchia storia, questa: un tempo gli antropologi si soffermavano ad analizzare la storia delle culture attraverso il mutamento dell’acconciatura. E un tempo Roland Barthes rifletteva sulla frangetta degli antichi romani del cinema.
Tempi svaniti, ormai. Oggi il filtro attraverso cui si racconta il sociale, specie quando si fanno inchieste sugli adolescenti, è soprattutto il sesso, o per meglio dire la sua banalizzazione e moltiplicazione: che peraltro (analogamente alla proterva negazione che se ne fa sul fronte opposto) è una faccenda tutta adulta. E’ tutta nello sguardo e nell’ossessione degli adulti, per meglio dire.

Zeta, comunque, cambia i colori come un camaleonte: un giorno la sua chioma è blu, due giorni dopo color papaya matura. Dopo una decolorazione sbagliata che l’ha posto a serio rischio calvizie, ha optato infine per uno stabile fucsia.

Ma c’è un problema, mi dice ieri la primogenita mentre passeggiamo in una piazza del Popolo dove, causa illuminazione saltata, le uniche luci sono quelle della luna quasi piena e i blu-verdi fluo delle trottole volanti vendute da un volenteroso drappello di immigrati.

Il problema è che Zeta, quando staziona con i suoi amici in quella stessa piazza, deve coprirsi con un cappuccio o una giacca di fortuna.

“Perché?”, chiedo.

“Perché altrimenti lo picchiano”.

Scopro così che piazza del Popolo è divisa in zone, tutt’altro che Temporaneamente Autonome come ai tempi, ma rigidissime. Qui i metallari, là gli house, qui ancora gli emo. Con cui quelli con i capelli colorati vengono, a volte loro malgrado, identificati. E a quanto pare, la loro anomalia estetica viene considerata un buon motivo per espellerli.

Vecchia storia, certo, che da sempre attraversa il mondo della musica popular. Ma, da quanto capisco, è diventata insieme più superficiale e più estrema. Ricordandomi di una segnalazione da parte di un amico bolognese, vado a sbirciare in un forum di adolescenti. E trovo, a proposito di emo,  un paio di affermazioni che confermano quanto sopra.

I maschi sono dei veri e propri gay (froci sembrava più duro da dire…ups detto.), pesano 40 kg in due di cui 20 sono di capelli a loro volta composti dal 70% di lacca 25% capelli e 5% forfora (ci stà sempre bene.)… Le ragazzine invece (non oso chiamarle ragazze), tagliando corto, sono delle isteriche del cazzo con il carnevale di rio de janeiro sulla testa.

O anche:

 A me fanno tanto ridere!A P.zza del popolo,a Roma,c’è il raduno,e io mi diverto ad osservarli,come se fossero una specie protetta… Sinceramente mi fanno solo divertire,ma se a loro piace vestirsi così,bhè,affari loro..In fondo sono ragazzi,un giorno si guarderanno allo specchio e si diranno : Ma come sono ridotta/o?! E allora cambieranno look..

Penso ad un bel po’ di cose.

Penso agli sforzi fatti da madri e insegnanti, fin dalle elementari, per isolare quelli che non somigliano agli altri (già scritto, lo so).

Penso a quello che realmente caratterizza il nostro paese, oggi: la non accettazione della diversità a dispetto delle dichiarazioni di intenti politicamente-elettoralmente-corrette.

Penso ai muri di Padova, per dire. Ma gli esempi sono tanti quanto, d’abitudine, assai poco citati dai volenterosi cacciatori di cubiste dodicenni.

Poi la primogenita dice: “Quando tu avevi la mia età, i giovani erano contro gli adulti. Adesso funziona in un altro modo: giovani contro giovani. E magari fosse per la politica, mamma”.

Buona Pasqua, folken.

 

8 pensieri su “EXPELLIAMUS

  1. “Penso a quello che realmente caratterizza il nostro paese, oggi: la non accettazione della diversità a dispetto delle dichiarazioni di intenti politicamente-elettoralmente-corrette.”
    Mah, non so.
    Sarei concorde se stessimo parlando di una, o due o 20 persone, ma gli emo sono un gruppo come gli altri, e come gli altri utilizzano strategie da branco, al di fuori come al loro interno.
    E’ l’eterna lotta dei punk contro i paninari, dei rocker contro i mod, dei beatlesiani contro gli stoner, degli hippie e degli yuppie.
    Niente di nuovo sotto il sole, condito solo da tanta ignoranza in più..

  2. Be’ la guerra fra bande non è cosa di questa generazione. Hollywood ne ha fatto un genere a sé, da Brando in poi, da quando esistono i ggiovani esistono le fazioni.
    Comunque io sono in piena guerra con le mie figlie che stanno facendo un casino pazzesco a casa e dato che sono io a tenerle (mia moglie lavora. beata lei!) vi lascio (devo farle pranzare)

  3. Ma certo che la faccenda non è nuova, l’ho anche scritto, infatti.
    Quel che mi colpisce è la radicalità della contrapposizione, unitamente ad una vocazione espulsiva che riguarda tutti e che, per quel che concerne gli ex-bambini e bambine, caratterizza fortemente il loro ambiente (la scuola, in primis).
    Giovani neocon crescono, per essere espliciti: almeno, in molte, molte circostanze. Viceversa, vengono presentati nel modo esattamente contrario: ipertrasgressivi, specie sessualmente.

  4. L’ultima frase “Quando tu avevi la mia età, i giovani erano contro gli adulti. Adesso funziona in un altro modo: giovani contro giovani. E magari fosse per la politica, mamma”, mi pare fuorviante. I giovani hanno sempre ‘combattuto’ anche contro i giovani, oltre che contro gli adulti.
    Va così da sempre e con la politica non c’entra proprio nulla.
    Blackjack.

  5. uhm… il fenomeno appunto non è nuovo anche se sembrava essersi eclissato negli ultimi anni, specie se paragonato al picco degli anni ’80 (il periodo delle famose “bande metropolitane”). Che la contrapposizione sia radicale è ovvio: è l’essenza stessa del conflitto tra bande – che è un conflitto quasi sempre di superficie, tra l’altro.
    Non direi comunque che tale conflitto sia diventato particolarmente estremo, anzi. Certo, gli emo scontano il fatto di essere la tribù “mainstream” per antonomasia, e questa loro sovraesposizione sui media, nella moda, nell’offerta musicale ecc non fa altro che renderli (agli occhi delle altre bande, dico) sempre più detestabili. Vengono insultati/ridicolizzati/messi all’indice pressoché ovunque, questo è vero, e per amor di Zeta meglio non riportare link alcuno…
    Curioso infine come il termine emo abbia acquisito una sfumatura (sia comportamentale, che estetica, che meramente musicale) praticamente antitetica a quella originaria di inizi ’90; ma questi sono altri discorsi, d’accordo.

  6. scusate se mi permetto, lo so che il punto dell’articolo è un altro, ma: divisa in zone dove? c’è un marciapiede con gli emo dove una volta c’erano i punk (che ormai son tutti morti d’eroina) da una parte che picchiavano gente a caso e dall’altra i dark (ora scomparsi, si saranno bruciati col sole).
    tutto il resto è formato da famiglie, ragazzi e sfilate di moda dei poveri di via del corso.
    il GRUPPO DI EMO sono una decina di dodicenni su un paio di scalini insieme a due metallari di quindici che non fanno altro che stare lì e farsi i cavoli propri (ovvero brillare sotto il sole, pieni di fucsia e catene come sono).
    tra l’altro stiamo parlando di un fenomeno di massa che coinvolge l’intero mondo, non una situazione circoscritta. parlare di “non accettazione” lo trovo quantomeno fuoriluogo.

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