FAMIGLIA

«Non accade per caso che le nostre convinzioni politiche si strutturino su immagini idealizzate della famiglia. La nostra prima esperienza dell’essere governati la facciamo nelle nostre famiglie. I nostri genitori ci “governano”: ci proteggono, ci dicono cosa possiamo e non possiamo fare, si assicurano che abbiamo abbastanza soldi e risorse, ci educano, e ci fanno fare la nostra parte nel condurre la casa. Ragion per cui non è affatto sorprendente che molte nazioni siano viste metaforicamente in termini famigliari: Madre Russia, Madre India, la Patria (la terra dei padri). In America abbiamo i padri fondatori, le figlie della Rivoluzione, lo Zio Sam, e mandiamo in guerra i “nostri ragazzi e ragazze” […] Come accade per altri aspetti del framing, il ricorso a questa metafora avviene sotto il livello della coscienza.  Tuttavia, a differenza di altre e più modeste cornici, la metafora della nazione-come-famiglia struttura intere visioni del mondo, organizzando vasti sistemi di cornici nei nostri cervelli […] la terra d’origine come casa, i cittadini come fratelli e sorelle, lo stato (o il capo dello stato) come genitore.» (G. Lakoff e Rockridge Institute, Thinking Points, Farrar, Strauss & Giroux, 2006, pp.48-50)
«Italiani che votate per me, ecco il messaggio: fate quel cazzo che volete! Fate come me! Volete guidare a 150 all’ora in autostrada? Abolirò i limiti di velocità! Volete evadere le tasse? Vedrete che condonerò tutto! Quando volevate “cucinare” i libri contabili delle vostre aziende, ho depenalizzato il falso in bilancio. Volete andare in giro con giovani puttane? Perché no? Io lo faccio! Volete bestemmiare, abbandonarvi al turpiloquio? Tutti insieme: MERDA, CAZZO, FICA, ORCO DIO! Fate qualunque cosa vi piaccia (purché non vada contro gli interessi dei ricchi) e anch’io farò quello che mi piace. Soprattutto, farò decreti che sono esclusivamente e platealmente (PLATEALMENTE, tanto posso permettermelo!) nel mio interesse. Voi lo sapete, io so che lo sapete, e VOI SAPETE CHE IO SO CHE SAPETE!»
Citazioni dal post di Wu Ming  Note sul “Potere Pappone” in Italia: 1 parte. Berlusconi non è il padre.

13 pensieri su “FAMIGLIA

  1. A me sembra che, da un lato, Berlusconi occupi indubbiamente un ruolo importante su un piano psicoanalitico in tutti noi, come padre proiettivo mediatico che genera tensioni individuali differenti da persone a persona, di insofferenza, proiezione, identificazione, ammirazione, protezione, eccetera.
    Purtroppo però mi sembra che, Berlusconi a parte, da noi non sia possibile o piuttosto credibile, qualsiasi sentimento patriottico che leghi in qualche misura la cittadinanza in un insieme poetico a fini civili o politici.
    Non ci sentiamo italiani di pancia, culturalmente, quando c’è da tifare la nazionale o quando siamo a tavola o ci vogliamo appropriare dei primati artistici o di stile, ma siamo assolutamente impermeabili a qualsiasi retorica o poetica patriottica d’insieme, la favola dei padri della patria non funziona e nemmeno quella dei nostri ragazzi in guerra, o perlomeno, non funziona per tutti contemporaneamente. Non c’è una poetica che funzioni per tutti.
    Siamo più a nostro agio nell’appartenere visceralmente a fazioni in lotta tra loro e la storia degli ultimo secolo, senza una lavoro adeguato e mirato a costruire un sentimento di unità nazionale, non ha che verniciato questo spirito di uno strato superficiale di unità ma che sta venendo via sotto le unghie del primo Bossi o Berlusconi di passaggio
    Sembra che il nostro destino storico di divisioni e di pragmatismo cinico e materialista proceda da secoli sulla stessa china, in questo è illuminante il film di Olmi il ‘mestiere della armi’ che descrive il comportamento dei vari staterelli italiani all’arrivo dei Lanzichenecchi a saccheggiare Roma nel XVI secolo.
    In questo si potrebbe anche vedere la simpatia di base per Berlusconi come ducetto, come Signore feudale o monarca da basso impero, con la sua potenza economica e le sue peculiarità.
    Siamo ancora più sudditi individualisti che cittadini esigenti legati da un senso comune famigliare?
    D.

  2. Sarebbe relativamente facile mostrare che, in termini di “framing” familiare, ciò che gli italiani percepiscono come funzione paterna è più legato alla figura del capo dello Stato (anche se Napolitano oggi appare figura più incolore di quella che fu ad esempio un Pertini). A Berlusconi spetta piuttosto la funzione di Lucignolo, che propriamente è colui che sottrae “il buon ragazzo italiano” alla retta via della famiglia (lettura di sinistra) o alla noiosa egemonia dello statalismo (lettura di destra).
    Ricordo che i veri oppositori dell’egemonia berlusconiana, almeno in termini di salvaguardia istituzionale, sono stati Scalfaro Ciampi e Napolitano.
    Insomma, il frame “Stato”=”famiglia”, se funziona funziona in senso di garanzia dell’universale, cioè positivamente patriottico, e non per avallare il saccheggio dello Stato da parte del demagogo di turno.
    La famiglia è poco incline ad assorbire Berlusconismo, come dimostra la decisione dell’Immondo di mandare Sacconi e Giovanardi alla Conferenza delle famiglie. Vero è che quei due hanno provato anche lì a “berlusconizzare” l’evento con una riverenza al Vaticanismo più becero, ma ci hanno fatto una pessima figura, fino alla doverosa ritrattazione.
    La famiglia (quella reale, non quella “ideologizzata” da Ratzinger o Pannella) resiste all’ideologia, per il semplice fatto che è l’unica associazione naturale degna di questo nome.

  3. @ Valter Binaghi
    Credo che il tuo discorso non tenga conto di un fattore importante: il familismo amorale come altra faccia dell’individualismo liberista. Al di là del fatto che gli umani vivono associati dalla notte dei tempi e il concetto di famiglia muta in ogni epoca, al netto della sua “naturalezza”, parte del discorso berlusconiano è paradossalmente familista. L’imperativo categorico è sì egocentrista, ma, proprio perché non vuole rinunciare al legame sociale più forte e immediato che uno ha e su quell’istinto conservativo vuole fare leva, si estende al nucleo famigliare: “Fai il tuo interesse immediato e quello dei tuoi cari”. E’ il bon vecchio “tengo famiglia”, che si sbarazza dell’accezione giustificatoria, per diventare assioma, arrogantemente affermativo. Il liberismo disintegra i legami famigliari nel momento in cui disintegra tutti i legami sociali, ma retoricamente non si priva affatto di una retorica sulla famiglia. Ricordo sempre il motto della Thatcher, che suonava più o meno così: “Non esiste la società. Esistono solo gli individui e le famiglie”. Ciò che negli ultimi tre-due decenni è andato dissolvendosi è l’idea di società appunto, del “comune”, cioè di un ambito collettivo condiviso, se vogliamo “civico”, in cui collettivamente ci si prende cura della cosa pubblica (intesa nel suo significato più ampio) e del futuro. Ognun per sé e Dio per tutti (dove il “Dio per tutti” lascia aperto il margine anche alla Chiesa, che in questa fase è ben disposta a svendere la società in cambio dei finanziamenti alle proprie scuole, con l’idea di passare poi all’incasso finale). La fine della politica è una conseguenza di tutto questo. Tanto è vero che il passaggio fondamentale per la definitiva cancellazione dell’idea di comune è lo smantellamento della scuola pubblica. Ci si stanno impegnando anima e corpo da anni, infatti.

  4. @ Wu Ming 4 ma anche in generale a tutti.
    Ciao
    Credi che sia un artificio imposto e studiato a tavolino a cambiare la società in questa frammentata bolgia darwiniana individualista e amorale?, oppure semplicemente pensi che Berlusconi incarni uno spirito che già è presente che il berlusconismo amplifichi e indirizzi istanze già presenti nella società?
    Ovvero siamo plagiati o siamo responsabili?
    D.

  5. “Fate come me! Volete guidare a 150 all’ora in autostrada? Abolirò i limiti di velocità! Volete evadere le tasse? Vedrete che condonerò tutto! Quando volevate “cucinare” i libri contabili delle vostre aziende, ho depenalizzato il falso in bilancio. Volete andare in giro con giovani puttane? Perché no? Io lo faccio! Volete bestemmiare, abbandonarvi al turpiloquio? Tutti insieme: MERDA, CAZZO, FICA, ORCO DIO! Fate qualunque cosa vi piaccia”
    B. è un *super assolutore* che libera dal senso di colpa.

  6. Siamo abituati a pensare una famiglia come una struttura, ma la necessità biologica ed etologica per i singoli ha più a che fare con delle funzioni. Nello scarto tra le funzioni e la struttura c’è gioco per molte cose, dalle metaforizzazioni alle sclerotizzazioni alle perversioni…

  7. @ Daniele Marotta
    Se leggi integralmente il post sul nostro blog trovi già la risposta. Berlusconi è senz’altro un prodotto, “conseguenza di processi storici di lungo corso”. Personalmente non ho mai creduto alla tesi del grande plagiatore. Qualcuno forse può avere appoggiato in maniera poco consapevole il berlusconismo nella sua fase nascente, ma di certo questo non è più vero diciasette anni dopo. C’è un interesse preciso e una precisa visione del mondo che si identificano con lui e la sua (non)politica. Ma – come scriviamo nel post – il problema non è lui, bensì lo stato complessivo dell’arte, per così dire, ovvero ciò che resta dopo il suo passaggio, quando i suddetti processi storici giungono al loro compimento.

  8. @Wu Ming4
    Ma ti dirò di più. Familismo amorale a parte, dire che la famiglia (culturalmente declinata in modi diversi: estesa-nucleare, patrilineare-matrilineare ecc) è un’associazione naturale non significa affatto dire che essa basta a se stessa nè che basti a esaurire la dimensione etico-politica dell’umano. Già nei filosofi greci la Polis è indeducibile dalla comunità familiare, la cui estensione massima conduce alla tribù, non ancora allo Stato. Nemmeno la teologia cristiana compie questo errore, almeno prima del ripiegamento anti-illuministico per cui, a fronte di uno Stato laico che viene percepito (ma a volte oggettivamente si pone) come anticlericale, il cattolicesimo prova a reclutare la famiglia “ideologizzata” come luogo delle pulsioni “buone” in difesa della società civile come “sentina di tutti i mali”. In effetti direi che il grave ritardo con cui la teologia cattolica ha elaborato una pastorale della famiglia, rispetto all’esaltazione dell’ordine clericale e della vita monastica, lasciando intendere che la vocazione familiare è una sorta di retroguardia dell’esercito in marcia verso il Regno dei Cieli, questo ritardo e l’affanno con cui si è cercato di colmarlo è responsabile di molti degli equivoci di oggi, e soprattutto della dabbenaggine con cui la CEI spesso è caduta nel trappolone della destra berlusconiana.
    Quanto al familismo amorale, il fatto che in Italia soffriamo di questa tara e delle sue manifestazioni più estreme (leggasi mafia) lo attribuirei senz’altro all’incompiutezza del Risorgimento, a quella che Gramsci chiamava “una rivoluzione mancata”, dove ci stanno certo le resistenze di un clericalismo retrivo di cui si parlava sopra, ma anche l’elitarismo del processo, gestito da una crème massonica o giacobina e mai tradottasi in una formazione di massa, che forse solo la Chiesa cattolica avrebbe potuto garantire in Italia. Colpa dei clericali o degli anti-clericali?
    Di entrambi, naturalmente, o della ristrettezza mentale che certi dualismi cronici rivelano e propagano.

  9. Io sono sempre più convinto all’utilità di una poetica idealizzata sana e misurata che produca una patriottismo aperto e moderno. Un’ideale nazionale costruito col meglio della storia e della cultura repubblicana moderna serva come base morale su cui poi far crescere partecipazione e condivisione di valori sociali laici comuni a tutti indipendentemente dall’appartenenza politica e sociale.
    L’alternativa è che si rischia di farsi sempre infettare dal primo morbo fascistoide mutante stagionale che passi di qua…
    D.

  10. Direi che la saga di Berlusconi, coi suoi fondali sintetici demiurgicamente creati al computer, con la quasi totale abolizione del profilmico, traghetti la politica via dal ghetto del reale, verso una nuova epoca d’epica:-)

  11. @ Valter Binaghi
    cit.
    “l’elitarismo del processo, gestito da una crème massonica o giacobina”
    questo in una visione che esclude ampia parte di un lungo processo storico che vede nella nascita e nella costituzione delle “elite” (chiamale pure caste, oligarchie o altro), basate sul possesso (censo, cultura, terra… femmine) l’unico dato incontrovertibile dell’evoluzione sociale della specie umana (a tutte le latitudini), almeno fino ad ora. A far parte delle élite tende la maggior parti degli individui, a cominciare dai più diseredati: tendenza che viene incoraggiata fin dalla nascita.
    “Quelli ce l’hanno fatta”, si sente dire spesso: frase che la dice lunga… Ovvero: come non dimenticarsi il gesto da pugile vincitore del cardinale Ratzigner al “balcone” Vaticano il giorno della sua elezione a Benedetto?
    Ribaltare la tendenza. Tutto qui. Come? Questo è il busillo. Sono ottimista però, perché non dubitio della capacità e dell’energia individuale (tu chiamalo se vuoi, potere) di ogni singolo, per trovare il terreno da seminare e la semente adeguata…
    Non viviamo forse nel giardino delle delizie?

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