FUOCHI

Sabato, per R2 di Repubblica, ho intervistato Don Winslow.

Jack Wade era un poliziotto del dipartimento incendi. E’ stato licenziato e lavora come perito per la compagnia di assicurazioni California Fire and Life: conosce il fuoco, dunque indaga sugli incendi dolosi. Esattamente come il suo autore: perchè a firmare La lingua del fuoco (Einaudi Stile Libero, traduzione di Alfredo Colitto, pagg. 552, € 21,00) è Don Winslow, l’amatissimo autore de Il potere del cane e de L’inverno di Frankie Machine, che in passato, ha fatto la stessa esperienza di Jack Wade.
“Vero. Ho passato parecchi anni a lavorare come consulente di studi legali: e mi sono trovato coinvolto in casi che riguardavano gli incendi dolosi”.
In questo libro vengono ricordati alcuni di quei casi?
“La riservatezza mi impedisce di scendere nei dettagli, ma le cose stanno proprio così: La lingua del fuoco è ispirato a episodi realmente accaduti. Uno, in particolare, mi amareggia ancora: un marito accusato di aver ucciso la moglie. Col fuoco”.
A proposito, nel romanzo il fuoco è un personaggio vero e proprio.
“Già, sembra una scelta folle e del tutto irreale. Ma per me il fuoco ha una personalità, e ogni fuoco è differente. Alcuni sono relativamente benigni, altri volatili, altri violenti, altri mortali. Come gli esseri umani. Alcuni si muovono veloci, altri sono lenti, altri imprendibili. Come gli esseri umani. Penso che si sviluppi una relazione antagonista con il fuoco, e questo richiede che gli venga donata una personalità. Il romanzo racconta il fuoco, come si deduce dal titolo: così, il fuoco è, in un certo senso, un personaggio”.
Quello del consulente non è stato l’unico lavoro che ha svolto prima di diventare uno scrittore: lei è stato attore, regista, guida di safari…
“Il fatto è che ho sempre desiderato essere uno scrittore, ma desideravo anche mangiare. Solo dopo sei libri pubblicati ho potuto far diventare la scrittura il mio lavoro quotidiano. Ma in tutto il tempo in cui ho fatto altro, ho comunque scritto”.
Perchè fin da bambino aveva conosciuto dei grandi story-teller?
“Non li ho conosciuti: vivevo con loro. Mio padre, un ufficiale di Marina, era un fantastico narratore, ed era solito sedersi insieme ai suoi compagni per raccontare storie. Mi nascondevo sotto il tavolo e ascoltavo”.
E cosa leggeva? Quali libri sono stati più importanti per la sua formazione?
“I miei insegnanti le risponderebbero che nessun libro lo è stato, dal momento che non leggevo neanche uno dei testi che mi assegnavano. Ad ogni modo: Shakespeare, su tutti. Ricordo che amavo sedermi a leggere i suoi drammi. Leggere e rileggere..
Ero un bambino. Alcuni li ho imparati a memoria”.
I suoi maestri? Non solo nella letteratura di genere?
“Tutti. Penso che si possa imparare da ogni libro che viene letto. Nel genere che frequento, sono molti: Chandler, Wambaugh, Ellroy, Willeford, Leonard, Crumley, Parker (Robert e T. Jeferson), solo per citarne alcuni. Al di fuori dal genere…suona pretenzioso, ma ho imparato molto da George Eliot, Tolstoj, James Jones, Cormac McCarthy, Jim Harrison”.
Cos’è il Male, per lei?
“Domanda da niente, eh? D’accordo, provo a rispondere con una frase: il male è il danno che si infligge intenzionalmente a un altro essere vivente. Non provo a descriverlo nei miei romanzi. Provo a fare in modo che il lettore lo riconosca”.
La letteratura può intervenire sul mondo dal punto di vista etico? Può denunciarne la corruzione?
“Certamente può, e lo testimonia l’effetto che La capanna dello zio Tom ha avuto sulla questione della schiavitù negli Stati Uniti. O a quello che ha Saviano nel suo paese. Questo non significa che la mia scrittura possa farlo, o riesca a farlo. In primo luogo, cerco di intrattenere e interessare: se, lungo il cammino, riesco a portare l’attenzione del lettore su alcune questioni, meglio ancora”.
Si sente vicino o lontano dall’idea canonica dello scrittore americano, quello che vive a New York, conduce una vita mondana, è attento alle apparenze?
“Bene: non vivo a New York, me ne infischio delle apparenze e mia moglie morirebbe dal ridere se leggesse che qualcuno mi definisce mondano, dal momento che deve letteralmente trascinarmi anche alle cene con gli amici. Vivo in un vecchio ranch, indosso le stesse magliette, due o tre, jeans e stivali, e possono passare settimane prima che esca di casa. Mi metto a lavorare alle cinque del mattino, provo ad andare a letto presto e non riesco a ricordare quale sia stata l’ultima volta che sono andato a una festa. Direi che la risposta è: lontano!”
Cosa prova all’idea di essere considerato uno scrittore di culto? In Italia lo è, per esempio.
“Lo ignoravo fino a questo momento! Generalmente ho sempre pensato al culto come a una faccenda dove alle persone viene lavato il cervello e vengono indotte a seguire un leader carismatico e a commettere omicidio o suicidio di massa. Magari dopo aver consegnato a quel leader i risparmi di una vita. Seriamente: se i lettori spendono tempo e denaro per leggere i miei libri, sono contento e grato”.
Infine: pensa che la narrativa di genere possa descrivere il mondo reale meglio di quella non di genere?
“Sicuramente. Senza farla troppo dura, il genere può descrivere il crimine meglio della narrativa mainstream. Detto questo, aggiungo anche che alcuni dei migliori scrittori si trovano proprio all’interno del genere”.

39 pensieri su “FUOCHI

  1. C’è una cosa che mi colpisce molto: una caratteristica che accomuna molti scrittori americani. In un gran numero di casi, soprattutto nel genere thriller, gli scrittori hanno svolto per anni lo stesso mestiere del protagonista. Troviamo l’ex patologa legale, l’ex consulente delle assicurazioni, l’ex avvocato, l’ex spia, l’ex ispettore. Ma troviamo anche professioni diverse, prive di qualsiasi legame con il mondo investigativo, ma utili per creare l’ambientazione. Dall’autore di ipotetico thriller americano ambientato nel mondo delle tubature mi aspetto che sia stato un idraulico esperto. Ma anche quando ciò non avviene, lo scrittore americano spesso si rivolge a fior di esperti, menzionati nei ringraziamenti. Tutto questo significa qualcosa, ma non saprei dire esattamente cosa. Forse è il sintomo di una grande attenzione ai dettagli. La storia non sarà vera, ma di sicuro verosimile.

  2. Bisognerebbe riflettere sul concetto di intrattenimento come Show.
    Il fattore di Show/Spettacolo, rende l’accezione di intrattenimento popolare nobile nei paesi anglosassoni e plebea da noi.
    ieri guardando la voce ‘letteratura di consumo’ su Wikipedia (per quanto vale) mi ha colpito, nella parte storica che nell’ottocento italiano: “Per il letterato, diventa sempre più difficoltoso realizzare prodotti che siano di qualità e trovino al tempo stesso un ottimo riscontro di vendite. Alcuni intellettuali manifestano la propria avversione verso quella che è da alcuni definita “democratizzazione dell’arte”.
    Comunque reduci dalla bella discussione su King rinnovo il mio sollievo quando sento questi autori anglosassoni volare lievemente tra vita e narrativa tra ellroy e Tolstoy o tra La Capanna dello zio Tom e Gomorra, senza tralicci e menate varie.
    Non ho letto Winslow ma lo farò presto, grazie Loredana.
    Gli scrittori con mestieri inerenti o vite inerenti sono spesso fantastici vedi il marinaio Conrad o il grande Hugo Pratt di cui consiglio a tutti l’autobiografia Il Desiderio di essere Inutile.. Rizzoli Lizard 1996 Una delle cose più belle che abbia mai letto.
    D.

  3. Sapevo già tutto. Io li compro i quotidiani, anche la domenica. Se King mi esalta Winslow un po’ meno. Sarà per le due magliette che indossa e i due paia di Jeans. Scherzo. Questa idea delle letteratura che interviene sull’etica mi lascia perplesso, Non l’avrebbe mai detto, è stato incalzato dalla Lipperini. Winslow vede isuoi romanzi come divertimento ed intrattenimento. Lasciatelo stare. Ancora con con l’etica! Che esempio di understatement.
    Legge e rilegge Shakespeare, ma non vuole cambiare il mondo, che rimane quello che è, nonostante i piccoli rivoluzionari dell’italica patria.
    Anzi su letteratura ed etica io non avrei risposto proprio, avrei glissato ancor di più. Piccola postilla: non le fate certe domande!!

  4. professionismo e pragmatismo, più che ‘spettacolo’, sono le due parole chiave – forse. I fatti contano, l’indagine onesta sulla realtà, anche. Se le parole non sono ancorate ai fatti, valgono meno. Una forma mentale abbastanza lontana dalla nostra. Simpatico questo Winslow, ho visto anche le sue foto. Un po’ più orso, ma mi ricorda Lansdale – o Vachss, anche lui ex-investigatore per il governo.

  5. Anche io apprezzo il fatto che uno scrittore come Winslow (sono incuriosito: voglio leggerlo) abbia svolto mille mestieri, e che qualcosa di questi mestieri si possa scoprire nei suoi libri, grazie a una narrazione che ha la concretezza della vita vissuta. Mi chiedo: questo nesso tra scrittura e mestieri svolti è una caratteristica anglosassone o americana?

  6. Vorrei saper che significa arte democratica o democratizzazione dell’arte.Tempo fa parlando con un noto scrittore mi disse che Piero della Francesca è un pittore democratico.Misteri.
    Forse aveva bevuto troppi martini.
    Quanto a letteratura ed etica,quoto totalmente Vincent,chissà che avrebbe risposto il Divin Marchese.

  7. Perdonami Vincent ma trovo ridicolo sostenere che sull’etica Winslow abbia risposto perché incalzato, mi sembra che abbiasposto tranquillamente che opere di fiction possono avere una portata sociale enorme quando trattano temi scottanti per i contemporanei (Questo lega la capanna dello zio tom e gomorra), conclude altrettanto placidamente che lui non crede che le sue opere possano rientrare in questa categoria. Secondo me non fa una piega…
    Sulla democratizzazione credo che per come era messo nell’articolo di Wikipedia si parli del successo di pubblico come fattore di disturbo tra autore e critica intellettuale accademica filosofica eccetera. Per questo l’ho citato. Per cercare l’origine del distacco tra valutazione colta e valutazione di pubblico.
    D.
    D.

  8. La costituzione del pubblico come interlocutore dell’opera rompe l’assunto dell’arte come veicolo di conoscenza alta per palati colti e amplifica l’aspetto emozionale e di intrattenimento.
    L’idea di business dell’intrattenimento mitiga l’idea di cultura e arte come ricerca tesa ad esprimere l’universale dell’esistenza.
    Per questo mi chiedo se non sia il caso di mettere in campo, come per la musica, una forbice tra letteratura come cultura e letteratura come spettacolo con tutte le sfumature del caso tra un estremo e l’altro.
    D.

  9. Se per “Divin Marchese” si intende Sade, beh, è difficile trovare uno scrittore più profondamente etico di lui. Basterebbe leggerlo davvero, invece di accontentarsi delle vulgate, e conoscere un poco la sua vita, e il rapporto tra questa e la sua letteratura. Sapere ad esempio come si comportò durante la Rivoluzione, le inchieste sociali che fece e propugnò, la sua fiera opposizione alla pena di morte… Sapere quanto ci tenesse alla parte utopica di Aline et Valcour, in cui delinea la società in cui crede, senza dominio, senza sopraffazione… Capire che Juliette è una meditazione sul fallimento della Rivoluzione, scritta dopo il carnaio del Terrore, ma che nonostante questo il suo autore rimase fieramente repubblicano e non meditò mai di espatriare… Capire che (come correttamente aveva inteso Pasolini) Le 120 giornate di Sodoma è una durissima critica ai poteri costituiti del suo tempo (del resto, Sade lo scrive pure, e a chiare lettere!) Ma questa discussione, su Lipperatura, è già stata fatta:
    http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2010/10/19/lautore-e-uno-stronzo-opcit/

  10. Uhm…forse se aveste letto qualche romanzo di Winslow capireste il motivo di quella domanda. Winslow è profondamente etico. Che cavolo di intervento è quello di Vincent? A me piacerebbe eccome, nel mio piccolo, se me la facessero, proprio perché il rapporto fra scrittura e etica in questo momento è fondamentale. Che fa lo scrittore? Racconta quello che vede, o percepisce, o introietta, o conta fole “sradicate”? Il che non significa alzare il ditino e fare la moraletta. Winslow ha risposto benissimo: in primo luogo si scrive una buona storia, o si cerca di farlo. Ma non si rinuncia a portare chi legge a guardare quel che ci accade intorno. Lui per esempio lo fa, e decisamente bene, proprio nei due romanzi citati (questo non l’ho ancora letto). Racconta l'”underworld”: e in questo orpo se ci sta una morale!!!!
    (perchè poi se uno vuole parlare del prezzo delle pere e dei kiwi, va anche bene: ma magari è più interessante parlare di quel che si è letto?)

  11. “La letteratura può intervenire sul mondo dal punto di vista etico? Può denunciarne la corruzione?”
    Avevo fatto una semplice domanda circa Sade,e cioè come avrebbe risposto,rien de plus,e senza ironia.
    Per inciso,la letteratura può certo denunciare la corruzione del mondo,ma che possa intervenire fattivamente ho molti dubbi.
    Ma visto che il discorso si allarga dopo l’intervento del professore wu ming,gli rispondo subito che su Sade qualcosa di più ,di quanto da lui indicato, si è letto e,bontà sua,magari anche capito.
    Troppo comodo prendere una parte,quella politica (erede della corrente libertina),del pensiero sadiano e metterlo in rapporto all’etica tout court.
    C’è un altro Sade,quello erede di certo illuminismo,della filosofia della natura,spinta alle estreme e logiche conseguenze,e che pone l’individuo al di sopra di qualsiasi morale ed etica che non sia una libera espansione della sua individualità,dei suoi desideri,senza alcun limite.
    «Se la natura disapprovasse le nostre inclinazioni, non ce le ispirerebbe»
    Ci sono tanti Sade.
    La lettura politica che lei ci propone non è affatto nuova ed è solo una delle tante(come la mia in estrema sintesi)che si possono fare piegando il suo pemsiero,non riducibile ad una variabile, alle proprie tesi.
    Il Divin Marchese è assai più complesso e ambiguo,come han dimostrato le letture surrealista,di Lely,Adorno,Paulham,Bataille,Klossowski,la Beauvoir,Camus…per citar solo le più note.
    Ce n’è per tutti i gusti e tutti possono usarlo per qualcosa.
    Inoltre non essendo un pensatore sistematico,le contraddizioni non mancano.
    Non è affatto facile ricavarne una linea guida e una uniformità di pensiero.
    Fu certo un ribelle, ma un rivoluzionario più in teoria che in pratica,e comunque ridurre i testi solo ad una sfaccettature del suo pensiero è un errore metodologico

  12. Boone Daniels, Frank Machianno e in particolare Art Keller (protagonisti di “La pattuglia dell’alba”, “L’inverno di Frankie Machine”, “Il potere del cane”) sono, ai mie occhi, tra le più belle figure etiche tratteggiate nei romanzi che ho letto negli ultimi anni. Dunque, sì: per chi abbia letto i romanzi di Winslow non solo la domanda sull’etica si comprende, ma sembra inevitabile.
    Possiamo anche dire: “lasciatelo stare il povero Winslow, voleva solo divertirvi”. In realtà sfido chiunque a leggere, anche in spiaggia why not? (lui, credo, sarebbe il primo a gioirne), un romanzo di Don Winslow senza sentire la forza etica di questi personaggi che, nonostante tutto (e il tutto può essere davvero il peggio in cui i protagonisti rischiano spesso di affondare) non cedono mai su una certa idea di giustizia. Il che non significa né che siano perfetti né che siano buoni né che siano morali (Frankie Machine è un sicario della mafia uscito dal giro ma costretto a rientrarci). Ma non eludono mai la questione della decisione. La decisione per loro fa problema e innesca ogni volta il dispositivo narrativo.
    I romanzi di Winslow sono grandi romanzi sulla follia delle decisioni, e sul coraggio, e i costi, che ogni decisione etica richiede. A me, poi, sembrano anche grandissime riflessioni sull’idea di uomo inteso come maschio: nessuna concessione al politicamente corretto (per fortuna), ma ritratti di uomini che sanno stare di fronte alle donne: faccia a faccia, alla pari. Sapendo misurare anche le proprie paure. Ma senza cedere ad esse. Sapendo accettare anche l’abbandono e la solitudine. Le donne, infine, o forse per prime: e che donne. Ritratti bellissimi, da Sunny a Nora (anche qui: niente politicamente corretto, Nora fa la prostituta).
    Amo molto Sade. Ma preferisco decisamente Don Winslow.

  13. Va beh,Lipperini,ho capito….ma devo prenderli e basta i pizzicotti,qualcuno ha licenza speciale per darli senza riceverli?
    E’ questo il senso di” commento in attesa di approvazione”?
    Non le pare di esagerare…che saran mai righe di ironia contraccambiata,dopo aver comunque risposto al tema..!
    Per la miseria,devi star attenta alle virgole…
    il suo ha tutta l’aria d’esser un atteggiamento discriminatorio,due pesi due misure…la legge non è uguale per tutti…
    Se poi non vuole che commenti nel suo blog,me lo dica pure,e buonanotte….dormirò ugualmente….

  14. Loredana Lipperin: cosa intendo per letteratura non necessariamente tirata per i capelli dell’etica. Lo dice meglio Hilary Putnam: “Ma, si può discutere in modo razionale il problema «come vivere»? Naturalmente, chi ha una moralità, almeno nel senso di essere pervenuto a uno « stile » o insieme di abiti di vita, e anche chi ha riflettuto sul suo stile di vita, ed è cosciente di avere ciò che si chiama carattere, e accetta, o pensa che dovrebbe accettare, certe critiche che possono essere mosse al suo carattere, ad esempio, che egli sta dando prova di irragionevolezza o di ottusità scegliendo certi mezzi per certi fini, può respingere qualsiasi critica più radicale alla sua moralità, o carattere, dicendo semplicemente «ebbene, è così che mi va di vivere », oppure « questo modo di vivere fa per me». Se la mag gior parte delle persone mettesse a tacere in questo modo, qualsiasi critica che non fosse quella assai superficiale dei mezzi/fini, una istituzione come la moralità non nascerebbe né potrebbe mai nascere”.
    L’etica mi mette tristezza, mi toglie la voglia di vivere, leggere è solo “divertimento” e sempre meno. Basta, Mio opinabilissimo pensiero.
    Dunque che vuol “dire leggere prima di parlare è utile, no?” Non capisco o non significa nulla? Sto al punto e non pizzico nessuno. E trecentosessantuno. Scusa la ruvidezza, ma oggi è morto il mio caro amico Mario e non sono in vena di stupidate ad hoc. Se poi scrivo una cosa e tutti mi vengono dietro accusandomi chi se frega? (La quantità di commenti dopo un mio intervento, mamma mia. Fossi egocentrico mi chiederei l’autografo). Anche vero che un personale pensiero dà la stura ai malmostosi di questo blog che scrivono scempiaggini con la scusa di Winslow. Saluti.

  15. “il male è il danno che si infligge intenzionalmente a un altro essere vivente”
    Se ne fa tanto anche senza volerlo, ma questo si impara a riconoscerlo col tempo, c’è un male insidioso, maligno, che vorrebbe essere il contrario di ciò che è, ma causa danni profondi. Le maschere del male sono tante.

  16. Buongiorno…
    Che un best seller, o un opera di genere si interroghi sull’etica è un aspetto, che operi essa stessa eticamente è un altro aspetto.
    Che un testo, qualsiasi, possa intervenire fattivamente su un piano etico mi sembra più un miracolo che altro, lo stesso Winslow ha pescato La capanna dello zio Tom e Gomorra, e a me non è che ne vengano in mente altri.
    Gomorra è effettivamente esploso in faccia ai casalesi.
    Visto che ne parliamo cerchiamo di farlo noi, allarghiamo la rosa.
    Io ancora non ne ho trovati.

  17. Vincent. E’ un tuo problema. Come altri hanno rilevato, in rapporto all’opera di Winslow è opportuno parlare di etica. Punto. Se continui a commentare in modo “ruvido”, non lamentarti che altri contestino quello che tu hai detto. E, sinceramente, a me piacerebbe che si riuscisse a restare in argomento: ultimamente mi pare che qui si diano appuntamento un gruppetto di utenti che intendono mettersi di traverso qualunque sia il contenuto del post. Non dico “criticare”: evviva la critica, quando ha un senso, evviva il disaccordo, se ha motivazioni. Ma dire che una domanda è inappropriata perchè l’etica ti fa tristezza, sinceramente, è scrivere a vanvera. Per favore, basta Ot.
    Lady Yoko, ma quando mai? Mi pare che ti sia stato risposto sul punto: nel tuo secondo commento- in moderazione – hai risposto sulla persona.
    Per tutti: sì, chiedo che si stia attenti alle virgole. Non voglio che tre persone – perchè tante sono – prendano in ostaggio un commentarium. Grazie.

  18. “Le persone sono capaci di tutto. Mentono, rubano, truffano, uccidono, sporcano. I cani, invece, hanno un certo senso dell’etica” (D. Winslow, “La lingua di fuoco”, p. 23). Così, tanto per ribadire.

  19. @lipperini
    Io parlo per me,non facendo parte di nessun gruppo o gruppetto.
    Che c’è di strano se su ogni post ci posson essere commenti che non lo condividono in tutto o in parte? E’ normale in tutti i blogs,a meno che qui siate abituati all’unanimità sempre e comunque e a “non disturbare il manovratore” con alcun commento contrario.
    Questo sì che è molto più strano! Come lo è parlare di commentarium preso in ostaggio da due tre persone su trenta o quaranta che commentano.Non è che siamo in Aspromonte.Troppa grazia!
    Lo ripeto,anche se lei glissa sempre elegantmente,se attenzione alle virgole ci dev’essere,devono valere per tutti..altrimenti son solo parole al vento.
    Tornando al tema,non conosco Winslow,ma in pratica,senza le contestazioni anni sessanta in USA ,con la Capanna dello zio Tom saremmo ancora al buana.
    E comunque la letteratura,in linea di principio, nulla ha a che fare con l’etica,si occupano di cose diverse.Una letteratura etica sarebe la più grande sciagura…fa presto a mutarsi in altra cosa…

  20. Eppure mi sembra tanto semplice.
    Lady Yoko non credi che un’opera, un caso letterario possa in qualche modo avere un’eco su certi valori etici dei suoi contemporanei?
    Credo che ci sia un’incomprensioni di base sui termini ‘etico’ e ‘letteratura’, quindi sul cuore della discussione…
    D.

  21. @marotta
    Può essere che ci sia misunderstanding su questi due termini e una eco, come ogni scritto dai pulpiti,può pure esserci,ma quanto all’incidere concretamente sulla realtà ci vuol ben altro.

  22. Credo che un libro possa intervenire sulla mentalità. E’ poi compito delle persone che recepiscono il messaggio intervenire sul mondo (e loro responsabilità decidere come farlo: un buon pezzo d’arte è universale ed ambiguo, non è un dittatore di carta)

  23. mi sembra che Winslow lo dichiari nell’intervista pubblicata qui sopra. Non si propone di educare le masse. Ma se riesce “a portare l’attenzione del lettore su alcune questioni”, tanto meglio. L’etica è dappertutto. Dov’è che non c’è un bene e un male, un giusto e sbagliato?

  24. Senza crogiolarsi nello strutturalismo,un testo letterario è comunque già un fine per se stesso per la lingua,lo stile,la struttura,l’intreccio… senza bisogno di messaggi educativi o d’altro tipo.
    Un approccio meramente contenutistico del testo è sempre fuorviante della qualità dell’opera letteraria che è quel che conta.
    Per quanto mi riguarda potrebbe pure contenere l’elogio del male,se ben scritto.
    Pare invece che da noi oggii si sia più attenti ai messaggi che alla qualità.
    L’autonomia della letteratura si è infatti affermata soprattutto come autonomia dall’etica.
    E certo ethical criticism americano che stigmatizza i romanzi della Austin per il ruolo subordinato delle donne o Proust per solipsismo,è ridicolo.
    Quel che mi interessa di un’opera ,più di cosa dice è come lo dice.
    E’ un discorso generale scaturito dalla domanda a Wislow,non certo relativo alle sue opere che ,come ho già detto,non conosco.

  25. @lady yoko: hai indubbiamente ragione a stigmatizzare il rischio di una letteratura asservita ad altro: questo o quel messaggio educativo, morale, politico, religioso. Con le buone intenzioni, e i buoni sentimenti, si fa spesso cattiva letteratura. E lo stesso vale per il cinema: difficile negare che “Il trionfo della volontà” della Riefenstahl sia un capolavoro cinematografico. O che la fascinazione tarantiniana per un’estetica della violenza senza troppe preocupazioni etiche non abbia prodotto film strepitosi. Sul fatto, poi, che l’ “ethical criticism” scada spesso nel ridicolo concordo in toto. Concordo anche su De Sade: una lettura meramente politica, come molti hanno dimostrato, è riduttiva e semplicistica. L’eros messo in scena, dovremmo dire, è “al di là dell’etica” (per usare una formula di Lévinas; certo, poi si può anche tirare in ballo la lettura di Lacan, ma fare di De Sade un autore profondamente etico a me sembra problematico): De Sade ci parla de lato distruttivo del godimento con sommo compiacimento. Compiacimento ben presente anche ne “Le 120 giornate di Sodoma” di Pasolini.
    Detto questo, credo però occorra anche fare attenzione a non cancellare, a priori, la possibilità che la letteratura abbia una portata etica. Quando dico “portata” intendo molte cose: che un autore possa decidere che la questione dell’etica debba avere un ruolo centrale nei suoi romanzi (senza che ciò significhi che ci sta facendo la morale); che un romanzo o più romanzi, in un certo contesto, e magari al di là delle intenzioni degli autori, possano avere effetti etici (ora inorridirai, ma credo che effetti di questo tipo la saga di Harry Potter li abbia avuti su un’intera generazione di giovani lettori); che si possano elaborare a aprtire dalla letteratura riflessioni sull’etica, e che si possano legittimamente porre agli autori domande circa il rapporto tra letteratura ed etica.
    Se si eliminano certe ingenuità presenti sia nella critica contenutistica sia in certo fondamentalismo da primo strutturalismo (ormai scemato), credo che ci sia spazio per differenti prosettive di interrogazione.

  26. Non capisco perché i due elementi di contenuto e forma non possano essere concepiti in modo più fluido.
    Credo che fosse chiaro che i casi in cui un’opera di narrativa potesse incidere nei tempi in senso morale siano delle eccezioni, se parliamo di grosse influenze.
    Yoko come sempre mi sembra che leggi le cose in modo sempre un po’ estremo.
    La domanda e la risposta erano molto semplici:
    Loredana “La letteratura può intervenire sul mondo dal punto di vista etico? Può denunciarne la corruzione?
    Winslow “Certamente può, e lo testimonia l’effetto che La capanna dello zio Tom ha avuto sulla questione della schiavitù negli Stati Uniti. O a quello che ha Saviano nel suo paese. ”
    Intervenire sul mondo non vuol dire che un testo sia l’unico fattore di rivoluzione di un epoca o il fattore dominante, denunciare la corruzione è proprio uno degli ambiti della parola scritta, fino dall’alba dei tempi.
    Il tuo esempio sullo schiavismo e la capanna dello zio tom è decisamente fuori tema.
    Anche gomorra non avrebbe avuto effetto se non ci fosse stato il lavoro della magistratura ad attaccare i clan, ma questo non toglie che il libro e il suo successo abbia attaccato la camorra a suo modo.
    Influenzare l’opinione pubblica e concentrare l’attenzione su un tema in un dato momento è assolutamente un modo per intervenire sul mondo.
    Continui, Yoko, a dire che qualcosa deve essere solo questo o solo quello come se la letteratura fosse un’entità univoca. Letteratura è solo un termine per identificare un oceano di cose diverse tra loro e spesso in contraddizione e conflitto.
    D.

  27. Yoko è fuori tema il fatto di pesare ‘La capanna dello zio Tom’ col movimento sui diritti civili. Come se qualcuno avesse detto che se non era per il Romanzo allora in U.S.A ci sarebbe la schiavitu’.
    cito comunque da Wikipedia per onor di verità (per quanto vale Wiki)
    ‘La capanna dello Zio Tom è stato il romanzo best-seller del XIX secolo e molti critici ritengono che esso possa aver alimentato la causa abolizionista del 1850. Nell’anno successivo alla sua pubblicazione, 300.000 copie del libro sono state vendute solo negli Stati Uniti. Il figlio dell’autrice scrisse che quando Abraham Lincoln incontrò la Stowe all’inizio della guerra civile americana dichiarò: “Allora questa è la piccola signora che ha scatenato questa grande guerra” ‘.
    D.

  28. @Marotta
    Quella di Di Lincoln è una battuta,la guerra civile americana scoppiò per ben altre cause molto più concrete e anche poco umanitarie.
    @Regazzoni
    Sulla “portata”.
    Tutte le domande si possono porre,ci mancherebbe!
    Quanto al resto,in ogni testo si posson ovviamente rintracciare “valori”di vario genere,positivi o negativi,l’importante è che non si scivoli apertamente nel moralismo più scoperto ed ovvio,e comunque diffido sempre di una letteratura con intenti etici.
    Non contesto quindi i vari aspetti con cui tu connoti quella che chiami “portata etica”,quanto che questa possa avere un’incidenza concreta sulla realtà.(Tanto per restare alla famosa domanda.)
    Non saremmo a questo punto….

  29. Yoko, noto che spesso tu ribatti solo i punti in modo strumentale, parli di quelli che ti fanno comodo e ignori tranquillamente gli altri.
    La citazione da Wiki, diceva anche che molti critici ritengono che il romanzo possa aver alimentato la causa abolizionista nel 1850…
    Trovo divertente la sicurezza con cui commenti che quella di Lincoln fosse solo una battuta vuota, ti trovavi lì accanto suppongo…
    Non credi che ogni guerra veda sempre coinvolti sia ideali che cause strutturali politiche ed economiche?…
    D.

  30. @lady yoko.
    Provo a metterla così: se pensiamo che le narrazioni (non entro nel tema di alto/basso, buona/cattiva letteratura perché mi interessa poco) siano parte essenziale della costituzione del nostro immaginario, e che l’immaginario non sia semplicemente qualcosa che si aggiunge a una realtà già costitutita di per sé (solo D’Avanzo e qualche filosofo sprovveduto crede nell’esistenza dei puri “fatti”) ma un elemento che contribuice alla sua strutturazione, credo che, senza individuare nessi di causalità diretta (che peraltro talvolta non mancano), si può senza dubbio dire che la letteratura è uno dei fattori costituenti della realtà. Solo a questo punto credo sarbbe interessante provare a valutare quanto oggi tale “potere costituente” sia prerogativa, in particolare, della letteratura di genere o “pop”.

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