Tra i molti rischi possibili indotti dalla situazione attuale (economica e non soltanto), c’è un vizio antico, che è quello di confondere la parte e il tutto. Ne discutevo ieri su Facebook, laddove un semplice status sulle letture (o riletture) estive è diventato, nei commenti, un piccolo dibattito sulla legge che riguarda il prezzo del libro. Ovvero, l’argomento principe di queste settimane.
Come detto altre volte, la legge Levi è sicuramente una legge incompleta. Mi sembra però che focalizzarsi solo sugli sconti oscuri tutto il resto. E il resto sono sono i meccanismi che, fin qui, portano a produrre enormi quantità di libri che non vengono letti. Sono l’indifferenza verso la lettura stessa, le difficoltà delle librerie indipendenti, il reiterarsi cannibalesco di filoni editoriali. Il sistema intero, insomma: che ha risentito, e non poco, di una concezione generale del mercato e dell’economia. L’errore di questa legge è, a mio avviso, quello di essersi limitata a una parte della questione invece di ragionare, e subito, su tutta la materia, come sarebbe necessario (insisto sulla necessità di regolamentare le rese, per esempio: se un libro resta trenta giorni in libreria, di cosa stiamo parlando?).
Per esempio. In una delle rubriche di “Internet Club” avevo segnalato in luglio un blog interessante, Quaderno di un bibliotecario, dove veniva sollevata una delle ricadute negative della legge, e dove in seguito è intervenuto lo stesso autore della stessa, Ricardo Franco Levi.
La questione è quella ribadita oggi in un’intervista rilasciata su Repubblica a Raffaella De Santis da Stefano Parise, presidente dell´Associazione italiana biblioteche, che denuncia una problematica non da poco derivata dalla legge Levi: “La legge è stata fatta per proteggere le librerie indipendenti dalla concorrenza delle grandi catene e di Amazon. Ma le biblioteche che c´entrano? Noi non siamo concorrenti delle librerie indipendenti. Siamo anche noi mediatori della conoscenza. Per questo penso che dovremmo essere esentati dalle nuove normative”. La legge infatti adesso prevede per le biblioteche un tetto di sconto al 20%. Prima invece era diverso: “Le biblioteche in genere acquistavano libri con sconti che andavano dal 25 fino a soglie del 35%. Di fatto le nuove regole ci penalizzano molto, facendoci pagare per i nostri acquisti dal 5 al 15 % in più.
Non solo. Parise ricorda che è verissimo che negli altri paesi gli sconti sono regolati in modo molto più rigido. Ma ricorda anche che prima sono stati risolti altri problemi: ” Si omette di far notare che in Francia, dove trent´anni fa è stata promulgata la prima legge di questo tipo, anzi con tetti di sconto molto più rigidi al 5%, il sistema delle biblioteche è stato poi rifinanziato dallo Stato. Le nostre biblioteche subiscono chiaramente gli effetti delle manovre del governo. I tagli ci hanno fortemente penalizzato. E a questa situazione già pesante si aggiunge una legge che di fatto ha l´effetto di un´altra manovra finanziaria”.
E qual è allora il punto, il punto vero? Ancora Parise: “Le librerie indipendenti non sono schiacciate solo dagli sconti. Il problema vero è che gli italiani non leggono”.
La parte e il tutto. Il piccolo mondo editoriale italiano non è che lo specchio di quello che avviene nella società: porre in primo piano esclusivamente la vicenda degli sconti è anche un varco per il furore indistinto che in questo momento monta come un’onda nera, spesso senza capire dove riversarsi. Ma quando tutto diventa “casta”, quando tutti diventano “lorsignori” , il problema esiste, e non è trascurabile.
Lo sottolineo perchè mi è capitato di leggere in questi giorni interventi e commenti che mettono nella “casta” anche l’Accademia della Crusca, che è stata a rischio cancellazione fino a poche ore fa. Ciò non significa che le difficoltà siano finite. Ciò non significa che non ci sia una questione di percezione da affrontare (Annamaria Testa fa un utile intervento sull’importanza della Crusca, qui). E la questione della percezione è – analogamente a quanto è avvenuto e avviene sulla questione femminile – primaria.
E’ inquietante, quanto corretta, la citazione che fa oggi Barbara Spinelli, in altro contesto: “Clausewitz diceva che le guerre napoleoniche avevano «abbattuto le barriere del possibile, prima giacenti solo nell´inconscio», e che risollevarle era «estremamente difficile». Non dissimile è quel che ci sta succedendo”.
Temo che sia così.
E come darti torto?
Pochi giorni fa ho fatto una riflessione simile alla tua su biblioteche e legge Levi in un commento a un post su Writer’s dream, in cui si parlava dei modi in cui reagire alla nuova legge.
Quando si dice che in Italia si legge poco di solito lo si fa in riferimento alle scarse vendite. Però c’è un altro effetto: quelli che leggono molto – che comprendono quelli che seguono i dibattiti su editoria, leggi di settore, ecc. – finiscono per considerarsi una nicchia, un gruppo a parte. Sempre tra i commenti di quel post un utente ha scritto, per criticare la legge Levi, che “Hanno interpellato tutti (o quasi) durante la scrittura del testo e prima di approvarlo tranne che i diretti interessati ovvero i lettori”, come se fosse una categoria con rappresentanti o simili. Ovviamente, se si ragiona in termini di gruppo chiuso, diventa difficile vedere l’obiettivo importante, e cioè aumentare il numero dei lettori. Il che, già di per sé, non è una passeggiata, ma con la situazione attuale vedo davvero poche prospettive per politiche di ampio respiro.
La citazione di Spinelli è ficherrima. Sul resto ti do ragionissima. E’ vero anche questa cosa del ragionamento in caste applicato anche qui. Ma la questione delle caste è una specie di prova alla regressione alla fase dell’immaturità politica – non si riesce più a parlare tra cives, tra cittadini di altri cittadini, ma sempre a proposito di presunti piccolini a proposito di presunti grandoni, usando l’idea della fine della democrazia senza ancora averla realmente esperita, ma andandoci al galoppo.
«Il problema vero è che gli italiani non leggono». Amen. Per risolverlo temo che dovremmo fare un sforzo creativo in più rispetto a una legge che riducendo gli sconti aumenta il prezzo dei libri per i lettori e persino per le biblioteche. Tra l’altro, se l’Oscuro Signore contro il quale la legge Levi dovrebbe spiegare i propri effetti (chiedendo un sacrificio ai lettori e persino alle biblioteche) è Amazon, e se sono veri i dati che Amazon riporta sulla vendita degli ebook, tra qualche tempo all’Oscuro Signore gliene fregherà il giusto di vendere libri di carta. E i problemi per i librai saranno altri. Dovremmo quindi approfittare di questa fase e chiederci per quale motivo dalle nostre parti si legga così poco e se abbiamo un approccio differente alla lettura rispetto agli altri Paesi. Poi, facendo un passo avanti, dovremmo chiederci quali prospettive può offrirci il digitale, sia per raggiungere i non lettori (e quindi aumentare il numero dei lettori e dei libri venduti) sia per supportare, anche se in modalità differente, il ruolo finora assolto dal prestito bibliotecario.
Sfidando un’accusa (peraltro meritata) di demagogia, metto a parte questo stimato blog che da tempo (ogni tanto) (ri)acquisto libri che per varie ragioni ho letto ma non possiedo più. I discorsi sui prezzi sono interessanti e anche costruttivi ma quando, come 15 giorni fa, con 33 euro ho comprato 5 libri di Steinbeck in ottime edizioni, mi domando perché spenderne 20 per l’esordio di un giovanotto che ci trita i cabasisi con le sue elucubrazioni sulla vicenda di Elisabeth Fritzl.
L’accusa non è di demagogia. Bensì di utilizzare la questione per togliere personali sassolini dalla scarpa che in questa sede non interessano.
be’, non era intenzione loreda’. togli pure il commento se lo riteni fuori tema. ci mancherebbe
Questa faccenda della legge Levi apre a diverse considerazioni.
Ne faccio una. Si è detto che questa legge, tra le altre cose, cerca di proteggere le librerie indipendenti dagli squali.
Ho letto in giro, per esempio un articolo del Corriere di qualche giorno fa, che l’Associazione Librai non ha assolutamente fatto un plauso unanime alla legge. Essendosi accorta che forse questa legge bipartisan tutto sommato non metteva proprio i bastoni tra le ruote a Feltrinelli e Mondadori – a vantaggio dei piccoli pesci (che poi vedere Berlusconi a farsi una legge contro è evento raro).
Ebbene, ad Agosto Amazon ha messo i libri in sconto fino al 40%, su tutto l’enorme catalogo. Io ho speso in una botta sola circa 200 euro. E così altri miei amici lettori (forti o mediamente forti). Penso siano stati in tanti. E’ stato un piccolo sogno. Mi son messo lì, scegliendo tutti i libri che avrei voluto leggere da anni. Passando da “Papa Goriot” a “Trilogia di Valis”.
Presumo che Amazon Italia abbia avuto un fatturato in Agosto quantomeno duplicato.
Può darsi che questo shopping forsennato abbia alimentato lo squalo bianco più del dovuto. Può darsi che io e i miei amici abbiamo sbagliato.
Ma, e arrivo al punto.
Quei medesimi libri non deprezzati li avrei comprati fra 10 anni. E certo non nella libreria indipendente. Bensì aspettando qualche sconto speciale (come faccio nel 90% dei casi).
Secondo, ma lo Stato deve fare gli interessi dei piccoli librai (qualora li abbia fatti) oppure dei lettori? Cosa deve stimolare? La lettura dei cittadini, o la libera concorrenza?
Si dirà: entrambe le cose. Certo, ma quale punto in maniera prioritaria? Stiamo parlando di percentuali della popolazione non certo a maggioranza (i lettori e i librai).
Io penso che molti lettori, come me, non acquistino libri tanto quanto lo desidererebbero. Il prezzo di molti libri è alto, per chi si deve affaccendare anche a pagarsi la pagnotta.
Oltretutto, Amazon ha reagito con grande intelligenza. Aprendo il mercato dell’usato, su cui potrà inserire quegli sconti adesso vietati dalla legge. E neanche possiamo tirar fuori il confronto con le case discografiche e cinematografiche. Il libro non è replicabile allo stesso modo del CD o del DVD. L’e-book sì, è vero. Ma è ancora un’altra faccenda.
Insomma, l’impressione parziale è che per l’ennesima volta sia stato il consumatore a – con eufemismo – rimetterci.
“Il piccolo mondo editoriale italiano non è che lo specchio di quello che avviene nella società”. Come spesso accade nelle affermazioni semplici si nasconde la grande verità. Inutile sperare in un capitalismo etico, la vita può migliorare solo se si accetta di scegliere una nuova forma di società comunista, dove i consumi non siamo finalizzati al mantenimento del sistema e del profitto ma siano il soddisfacimento di esigenze più o meno primarie. Così è inutile sperare in un mercato editoriale equo, la letteratura può migliorare solo se si accetta di scegliere una nuova forma di scrittura comunista, dove per esempio il nome dell’autore passa in secondo piano, e con lui tutte le caste verrebbero polverizzate.
Ma cosa significa letteratura comunista? Si potrà rispondere quando avremo il coraggio di riflettere sulla società comunista.
Il problema è che gli italiani “non leggono”… E di chi sarebbe la colpa, se non di mamma-scuola di stato? Insegnanti in graduatoria, insegnanti che non conoscono le materie che insegnano (scuola primaria), assenza di biblioteche scolastiche, egualitarismo insulso, mostruosismi pedagogici (pedagogia: l’unica materia largamente diffusa e compresa tra gli insegnanti) che si riflettono sulle letture consigliate alle scuole elementari e qualche volta anche alle medie; libri di testo orrendi e lacunosi. I bambini e i ragazzi vengono sistematicamente sottovalutati, eccetto che per le loro peggiori capacità: quelle di ingannare, di mentire, di fare male agli altri. I bambini e i ragazzi, in questa logica, sarebbero vasi di coccio da riempire con “valori” non meglio specificati. Questo è un prodotto della retorica sull’alfabetismo, del pedagogismo? Non lo so. E’chiaro, però, che il bambino che legge (non quello che sa farlo, ma quello che vuole farlo) è da considerarsi un miracolo.
Baldrus, per mio limite non comprendo l’eventuale ironia del commento. Mi limito a dire che il mondo letterario è, attualmente, a un empasse, come il resto del paese, e che non è pensabile, sempre a mio modesto parere, isolare un solo aspetto della questione.
Il problema dei “costi” non è questione di sconti o di fabbriche di autori, ma la conseguenza della logica perversa del ricatto a cascata e del prezzo, demenziale, di copertina. Al vertice del “sistema demenziale”, ci stanno i distributori, seguiti da librai e editori, poi troviamo la “casta” dei traduttori, e infine gli autori, plebe pullulante di sfigati, i quali non potendo “farla” ad alcuno, si sentono in dovere di insultarsi fra loro o di insultare i lettori, perdendo tempo prezioso (per pensare) nell’aderire a ridicole petizioni e a correnti “artistiche” (grottesche e sempre più improbabili), o nello stilare manifesti (ridicoli). Gli autori italiani contemporanei, questi sommi commedianti che non sono neppure in grado di tutelare se stessi e la propria intelligenza, credono che sia più importante, cioè più facile, produrre per la “clientela” che per i Lettori Accaniti Speciali (d’altronde, gliel’hanno fatto credere). L’autore (e il redattore) rinuncia a far leggere le sue somme cagate a chi puo’rallegrarlo con un “però sai scrivere” o “però è bella la storia”, perchè rinuncia di principio a Scrivere.
Il sistema è oliato per bene da una corporazione-associazione di ex funzionari dell’agenzia delle entrate che del mercato libraio sa solo quanto gliene viene in tasca: ha sede a Roma-Babilonia, è inutile e anacronistica e si occupa di tutto tranne di quello di cui dovrebbe occuparsi. Risultati: gli “autori” sono talmente depressi che non sanno più dove sbattere la testa, e il loro 5-8%, ma più spesso 5%, dei diritti (chi parlava di 10?), basta soltanto per procurarsi i funghetti allucinogeni che, insieme alle insulse ruffianate di qualche critico pagato in segreto o quelle, dovute o no, di un amico, li aiutano appena a sostenere una vità artistica senza senso e missione (parlo dei romanzieri contemporanei italiani). I redattori hanno uno stipendio adeguato e si capisce perché anche loro si adeguino con astuzia alle regole di questo circolo infernale; ma gli editori (cioè gli imprenditori) e dunque le maggiori librerie, dimostrano di non capire una cippa di “logiche di mercato”. I critici, invece, o stanno a novanta, o stanno fin troppo diritti (per difendere l’intellettualità, cioè il proprio acume). La cigliegina sulla torta è l’azione dei governi: al posto di tutelare gli autori e i lettori, e quindi l’indotto, vincolano uno strumento (sorpassabile) a una serie di leggi infinite, e quindi favoriscono il più forte, il più ricco e il più scemo, fregandosene sia dell’autore che del lettore accanito. Eppure, non ci vuole tanto a sopprimere i “finanziamenti” e gli sconti sull’Iva (poi vediamo se le rese superano il 50%), e consegnare i soldi a me, il Lettore, e all’Autore, tutelando le sue già scarse facoltà mentali e la sua pessima salute, mandandolo in vacanza (senza internet) in svizzera, in inghilterra, o in costarica, con qualche borsa di “studio” per scrittori falliti.
Librerie. Esempio classico. Vorrei comprare un romanzo perniciosissimo, e dunque decido di andare al tipico franchendising sotto casa. “Libraio”: “non esiste. Però, ecco, ti interessa un contratto…”. Ok, pacca sulla spalla, me ne vado. Cammino cammino e giungo alla modesta vetrina della tipica libreria semi-indipendente vicino alla stazione. Entro. Chiedo. Lo sguardo: “Oddio ma è editato da Marcos y Marcos. Sei sicuro che vuoi ordinarlo?”. Vabbè, no grazie. Cammmino cammino con seguendo il percorso di g.maps e finalmente trovo la tipica libreria indipendente invisibile in un seminterrato di Chinatown. Anche qui, sanno di cosa parlo, anzi sanno di più: “Vade Retro, Walker Percy. Tradizione oscurantista. Ecco, purificati con Weil” … Ebbene, io questa la chiamo “logica della stupidità”, cioè “illogica degli stupidi”. Se fosse davvero “logica di mercato”, perchè io, Lettore Accanito Speciale, esisto e non trovo mercato?
Mi sento di rappresentare i miei omologhi indipendenti e dipendenti, gli unici veri Lettori Accaniti Speciali. A noialtri non gliene fotte una cippa di correnti, pseudo-problemi sociali creati dai guerrieri del male (le veline), stronzaggini decostruttiviste e/o strutturaliste neoavanguardiste, disfunzioni ideologiche. Ce ne fottiamo dell’ultima questione “semiolotica” scoppiata su Carmilla, grazie a qualche Ming (apro un loro libro a caso: “la puzza di merda era sempre la stessa”, lo chiudo, ci siamo capiti). Noi non li compriamo lo stesso i libri di merda. Siamo indipendenti, dipendenti soltanto dalla roba speciale. Se ce la danno tagliata male, cambiamo pusher, e se non esistono pusher legali per i nostri gusti, ci arrangiamo come possiamo. La logica di mercato è l’ultimo stadio, l’ultimo appiglio: meglio tagliata male che niente. Nel qual caso, preferiamo l’esotico. Entriamo in una libreria turandoci il naso, mentre lo sguardo del tandem promiscuo Stella e Rizzo ci iberna il coppino, e cerchiamo Simenon, per orientarci. Ci riconoscono tutti, perchè alle volte, quando ci sentiamo più forti, alziamo la testa e prendiamo a insultare tutti gli autori in vetrina, tranne i bestseller stranieri (meno male che esistono), per esorcizzare le nostre fobie.
Un plauso a Consulente: ha dimostrato in pieno che il post è vero e che questo paese, non solo di lettori, è nei guai serissimi.
Loredana, nessuna ironia, non so perché sia filtrato questo aspetto. La tua frase mi trova concorde al 100 X 100, forse sono i miei argomenti a sembrare così paradossali da risultare ironici.
Mi scuso per la digressione, ma incollo qui una riflessione di Jean Patrick Manchette: “Il dominio del Male è sociale e politico. Il potere sociale e politico è in mano a delinquenti. Più precisamente, capitalisti senza scrupoli, alleati o identici ai gangster delle organizzazioni criminali, hanno assoldato politici, giornalisti e altri ideologi, come pure magistrati e poliziotti, senza dimenticare i sicari. Così avviene ovunque: questa gente, divisa in clan, lotta con ogni mezzo per accaparrarsi mercati e profitti. Si riconosce qui un’immagine grossomodo analoga a quella che la critica rivoluzionaria ha della società capitalistica in genere. È lampante…”
Come ho scritto (senza ironia purtroppo), è illusorio pensare a un miglioramento della società capitalista. Sarebbe contronatura. Il capitalismo se è messo alle strette scatena guerre mondiali, colpi di stato, genocidi. Penso veramente che se non riusciremo a ragionare in termini comunisti (diciamo socialisti, che è meno minaccioso) ci aspetta l’abisso. E la letteratura è parte del problema, per cui non credo che si possa riformare l’attuale assetto. Solo superarlo.
Ma ci voleva Manchette (grandissimo noirista, peraltro) per capire una roba che è sotto gli occhi di tutti?
L’ennesima analisi che lascia il tempo che trova. Non ci sono soluzioni in una società che non lascia alternative: solo qualche rattoppo e molta malafede o cattiva (in)coscienza …
Certo Massimo. Infatti non si capisce come mai tu ti ostini a frequentare quella che hai definito, commenti fa, una bieca “tana di amazzoni”. Il web è grande. 🙂
L’errore di questa legge è che è stata fatta per favorire gli interessi delle case editrici appartenenti a una persona che sta al governo, voluta per danneggiare la concorrenza ed effettuare ricavi maggiori per pagare le spese dovute a una famosa sentenza che l’ha condannato.
Poi ci sono altri problemi, certo. In primis che in Italia le persone leggono poco (e male, c’è anche da aggiungere). Poi i costi dei libri (pagare venti euro libri di duecento pagine quando per lo stesso prezzo si vendono quelli di mille è quantomeno strano). Solo per citarne alcuni, ma tutto è concatenato e fa parte di un meccanismo che si sta mostrando il fianco.
legge Levi, stiamo al punto:
la legge non tutela i “piccoli librai indipendenti” , che saranno cmq in difficolta’ nel competere con le grandi catene editoriali (Feltrinelli, Mondadori,etc) e con il web, dove verra’ proposto mediamente lo sconto del 15%; tutela appunto le grandi catene dalla concorrenza amazon e simili, che approffittando di un vuoto legislativo della precedente legge, e praticando una azione di dumping, e’ arrivata a fare uno sconto del 40%. comprando al 35% e vendendo sottocosto. sono generosi, vogliono aumentare i lettori i signori di amazon? No, vendono tanto altro e trattano il libro come prodotto civetta. perche il li libro , ci si ricordi, ha un prezzo imposto data la propria fiscalita’ agevolata. quindi la legge e’ stata approvata quando le grandi catene editoriali hanno visto scemare le proprie vendite; ricordiamoci che amazon, che non ha nemmeno un magazzino in Italia, e’ approdato nel bel paese a novembre 2010.dopo anni che se ne discuteva.
Sono d’accordo la legge e’ debole perche’ non riforma il sistema, ma necessaria, cosi’ che tutti gli attori del mercato editoriale possano contare su regole uguali per tutti, poi uno i libri li compra dove vuole. altrimenti via il prezzo fisso, senza legge non ha senso. Importante: ultimamente i libri costano di piu’, perche’ gli editori in origine hanno gonfiato i prezzi, sapendo di dover vendere a sconti sempre maggiori. Speriamo che adesso con la legge i prezzi possano scendere.