Ariel Levy scrive un lungo e interessante articolo sul Newyorker. Ariel Levy è l’autrice di Sporche Femmine Scioviniste, colei che ha esaminato il fenomeno del raunch, colei che si è chiesta cosa fosse accaduto delle battaglie femministe a trent’anni di distanza.
Torna sull’argomento, prendendo spunto da diversi libri, fra cui “You’ve Come a Long Way, Maybe: Sarah, Michelle, Hillary and the Shaping of the New American Woman” di Leslie Sanchez. E si sofferma su una frase di Sanchez che sicuramente avrete già sentito: “To me, the word ‘feminist’ epitomizes the zealots of an earlier and more disruptive time.”
La parola femminista è da espellere: evoca integralismi e aggressività. Ancora oggi, in Italia, nonostante la recente emersione della discussione sulle problematiche di genere, viene accolta con molte perplessità. Oppure viene usata come un medagliere: confesso di essere rimasta dubbiosa nel leggere il saggio di Letizia Paolozzi e Alberto Leiss, La paura degli uomini: maschi e femmine nella crisi della politica, laddove si ritira fuori l’antico discorso della crisi del patriarcato a fronte degli enormi passi avanti delle donne. Per esempio.
Ci sono stati davvero i passi avanti? E quanti? E nell’immaginario è cambiato davvero qualcosa? Naomi Zack, una studiosa americana di genere, ha accostato recentemente Bella Swan di Twilight a Sarah Palin, invitando il “femminismo snob” a prendere atto che le ragazze vogliono essere come loro: “Le femministe serie non capiscono che le giovani donne americane vogliono praticare l’eterosessualità nel senso di amore romantico e fertilità, essere belle secondo le norme prevalenti della cultura consumistica, conquistare potere nel mondo reale, piuttosto che in un mondo ideale”.
Anche Sanchez lo sostiene: Palin “so very clearly reflected the lifestyle choices, hard work ethic, and traditional values that so many women admire.”
C’è una contraddizione, naturalmente. Questi modelli, politici o narrativi, vengono proposti come “tradizionali”, anche se nei fatti incarnerebbero il “vogliamo tutto” del vecchio femminismo (maternità, famiglia, realizzazione professionale – o vampiresca). Ma allora, si chiede Ariel Levy, perchè la parola femminismo rimane un anatema per milioni di donne che hanno beneficiato dei suoi successi? Numeri alla mano: in America, il trentasette per cento delle donne si descrive come conservatrice, e tre donne su quattro abiurano il termine “femminista”.
Aggiungo: cosa ci sta ingannando, nei modelli proposti? Qual è il nuovo “falso movimento” che, a dispetto delle energie fresche che spuntano negli ultimi tempi, potrebbe nuovamente rigettarci indietro?
Allora vado per temi.
1. Io credo che ci siano stati molti passi avanti. Credo che lavorino molte più donne di prima, e che ci sia più consapevolezza. Anche la libertà dei comportamenti sessuali è importante: nel paese di mio marito, amici della sua generazione (persone che oggi stanno tra i 40 e i 50 anni) mi raccontanto che quando erano ragazzi – le donne non si vedevano per strada. Il patriarcato era nella forma dei grandi romanzi, con le femmine che si sbattevano di fatica per una decina di figli e manco una seggiola per sedersi. Per queste donne molte cose sono cambiate. Ancora non abbastanza e con cose che per me sono a tutt’oggi raccapriccianti. Ma non c’è paragone.
2. A parte che ci sono molti femminismi e non uno solo. C’è un problema con un certo tipo di femminismo che è recepito come colpevolizzante una serie di caratteristiche come appunto: la seduzione la vanità la relazionalità, e il rapporto con il maschile, è un fatto Loredana, è un fatto che secondo me non dipende soltanto da chi percepisce il messaggio ma dalle modalità con cui il messaggio è espresso.
3. Cioè quello che dico è, va bene occuparsi dei modelli proposti: ma se cominciassimo a raffinare meglio quello che proponiamo noi? In alcuni casi per me ha fatto acqua.
Anche a me i conti non tornano.
Penso che prima di tutto ci sia un grave problema di comunicazione (probabilmente anche voluto, si sà, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…).
Dunque credo che il femminismo abbia lottato contro certi “doveri” (devi essere casta, devi stare in casa, devi essere al servizio del maschio ecc.), ritrovandosi tra i piedi una serie di altri doveri, spesso contraddittori e più spesso ancora irraggiungibili (devi essere emancipata ma rassicurante, bella e intelligente, avere successo nel lavoro ma anche una famiglia stabile, studiare, lavorare, fare figli che la natalità è bassa e poi riacquistare la forma perduta nel giro di una settimana ecc.).
Ora, quando ci si inizia a interrogare sulla legittimità di questi doveri comunque imposti si arriva ad un istantaneo scontro. Hai voluto la bicicletta e adesso pedala. Se critichi il modello di bellezza imperante sei contro le donne belle e giovani. Probabilmente sei anche brutta e invidiosa. Se critichi l’uso del corpo da parte delle donne passi per bigotta. Se critichi l’amore romantico (secondo me altamente soppravalutato) sei acida, cinica e senza valori ecc. ecc.
Quando alla fine quello che dovrebbe interessare è discutere sui meccanismi. Ad esempio capire perchè la bellezza debba essere un valore assoluto, magari da affiancare alla competenza quando la competenza da sola sarebbe sufficiente.
Poi c’è chi considera il “femminismo” una pura e semplice questione di potere. Ovvero se uso il mio corpo (o la mia bellezza, ma anche la mia intelligenza) come strumento di potere nei confronti del maschile, allora sono femminista. Che porta a far sì che se mi rendo oggetto ma così facendo rendo l’uomo impotente annullandone le capacità di giudizio e riducendolo ad “attore sessuale”, allora sono femminista perchè uso le armi del femminile. E questo secondo me è deleterio e falso, perchè chiude ogni possibilità di dialogo. Riduce le persone a scontro fra sessi.
Credo che il femminismo debba essere la libertà della ricerca di un autonomo modo di essere. Debba ricercare la sconfitta delle imposizioni di modelli e stereotipi. (E non a caso anche la studiosa americana generalizza…)
Un’altra cosa è il metro di giudizio. Personalmente giudico in maniera negativa chi usa il proprio corpo ad esempio per avere una promozione o un lavoro. Ma nello stesso modo in cui giudico negativamente chi si serve di conoscenze e raccomandazioni. Sono entrambe scorciatoie, mezzucci.
Scusate per il commento lungo e forse un po’ fuori tema.
Secondo me i passi in avanti ci sono stati, come appunto fa notare Zauberei.
La perlessità ovviamente rimane, a vedere quello che accade in giro. Insomma la sensazione è che si progredisca a singhiozzo, rimuovendo parti importanti di evoluzione. Per tornare sulla terra, preferisco mille volte i modelli di Sex and The City (ecco il singhiozzo) a quelli delle ragazze brave mormone come questa Bella Swan di Twilight.
Ma appunto mancano i modelli: la Palin quasi mi pare meglio delle nostre ministre berlusconiane, che sono arrivano prima -appunto, per l’ennesima volta- per il loro corpo che per quello che hanno da dire (quasi niente, purtroppo). E qui ahimè il sultanato di Berlusconi ritorna come aromento, è il SUO stile di uomo, il SUO populismo becero che si sono imposti qui in Italia. Che ci portano oggi a giustificare mercificazioni femminili, prestazioni, subalternità.
Insomma c’è bisogno di modelli femminili che abbiano rotto il soffitto di vetro. Ma esistono, sono visibili, sono spiegabili a tutti senza che diventino macchiette? Mi scontro con una cultura dominante sempre più aggressiva e sempre più permeabile. Frequento la ‘futura classe dirigente’ e proprio per colpa di questo andamento sghembo delle idee sento discorsi che hanno dell’allucinante fatti da laureate, da dottorande, da avvocate. Figuriamoci chi ha studiato di meno.
Grazie e ancora Grazie x tutte le discussioni ricche di spunti e stimolanti che si trovano nel tuo blog
Con Grandissime Stima e Simpatia
luigi ventriglia
Io credo che il Femminismo sia una cosa e l’emancipazione un’altra e il desiderio di parità un’altra cosa ancora.
Il femminismo richiede destrutturazioni profonde, a volte radicali, nella lettura del mondo, della realtà e dei rapporti, soprattutto in quelli: potrei dire, molto in breve, nel concetto e nelle relazioni di potere. Un esempio, la scelta di molte donne di non far parte delle organizzazioni politiche che mortificano sistematicamente ogni libertà di pensiero, s enon sei uguale al funzionario, o dedito alla strategia, o il professore che non deve chiedere al segretario di essere legittimato e riconosciuto per quello che dice. Dunque non mi stupisco della sua non diffusione.
Credo inoltre che al Femminismo si associ l’idea dell’essenzialismo materno, ed a questo molte donne prefericono un indistinto transgender, come se non richiedesse l’ ‘a partire da sè’ , chiave della pratica femminista.
Infine, per esperienza personale, credo che il femminismo da solo non basti a consentire linguaggi propri e autentici (questo per me è il femminismo, in un legame tra essere corpo donna, per trovare espressione del sè in differenza dal linguaggio che si è definito in omologazione al linguaggio di chi stabilisce poteri e saperi condivisi da un’intera società. se vogliamo dire, quello patriarcale). Penso semplicemente, per esempio al libro della Cavarero, Nonostante Platone, dove si spiega che il pensiero maschile inizia con la paura della morte. Penso per esempio, alla parola militanza politica, che significa che chi fa politica è in un esercito di militari obbedienti.
Il Referendum sulla fecondazione assistita ha mostrato tutto il divario tra la parola degli scienziati, dei cattolici e dei politici, tutti sullo stesso piano, seppur su posizioni diverse, ed il pensiero critico delle donne che non ritenevano neanche un diritto la maternità, ma comunque una scelta libera, aliena dalle normative e dalla religione di Stato, quello che cioè è per me la scienza ginecologica senza corpi.
Quindi che dire? molte donne non amano il Femminismo perchè non amano cambiare la propria vita ed affrontare il cambio nelle relazioni che questo prevede.
Detto questo, aggiungo che comunque, per liberarsi degli automatismi culturali e propri, il femminismo non è sufficiente (per fortuna!) Un esempio per tutti: perchè si accettano le violenze fisiche o morali ripetute nel tempo.
Grazie. Spero di essere stata comprensibile.