GIUSEPPA FATTORI, PEPPINA, NON E' UN SIMBOLO: MA UNA GRAN SIGNORA

Non ho scritto nulla, non sui social, sulla morte di Giuseppa Fattori, Peppina di Fiastra. Peppina Fattori e non “nonna Peppina”, perché rifiuto di identificare una persona con un’età anagrafica. “Nonna Peppina” è appellativo che hanno diritto di usare i suoi nipoti: per noi è, anzi era,  Peppina Fattori, che aveva il solo desiderio di morire dove era vissuta, a San Martino di Fiastra, dove le macerie suppongo siano ancora al loro posto, e comunque là stavano tre anni fa, quando Peppina ha iniziato la sua battaglia. La battaglia di Peppina Fattori, che non compirà 99 anni (lo avrebbe fatto fra pochi giorni, il 26 novembre). La sua casa è crollata. Ha vissuto in un container. Le figlie hanno edificato una casetta provvisoria a loro spese, nel suo terreno. Quella casetta è stata sigillata, perché così decide la buona e brava gente della Regione, e, oh, noi siamo contro gli abusi edilizi, vorrete mica aprire un varco pericoloso?. Peppina Fattori aveva un desiderio semplice e potente: restare dove è arrivata sposetta. Peppina Fattori è diventata, suo malgrado, il simbolo dei terremotati: è pericoloso manipolare la parola simbolo, è piena di spine e lame, ferisce chi la usa, ferisce chi viene proclamato simbolo. Da lei andarono, in processione, certi politici in cerca di voti, e che infatti oggi la piangono col nome di “nonna”, che non hanno il diritto di usare. Peppina simbolo dei terremotati, dicono i giornali, e che vuoi che dicano, visto che, con pochissime eccezioni, dei terremotati non parlano più da anni?
Per me, semmai, Peppina Fattori è stata una delle pochissime terremotate che era difficile ignorare.
La sua storia in breve. Giuseppe Fattori era una di quelle persone ingabbiate da una burocrazia impietosa, che quando il suo caso scoppia, circa un anno e mezzo dopo il sisma, non aveva  ancora sgombrato le macerie, se non in minima parte, e aveva consegnato solo il 9% delle casette provvisorie. Peppina all’epoca aveva quasi 95 anni e viveva da quando ne aveva 20 a Moreggini, frazione di Fiastra. La casa dove è arrivata  in un viaggio di nozze fatto a piedi, si è sbriciolata il 30 ottobre 2016. Peppina aveva due figlie, Gabriella e Agata, che l’hanno portata via, come fanno le figlie, pensando di fare la cosa giusta. Ma giusta non era: in primavera, Peppina torna a Moreggini, e si insedia in un container acquistato ai tempi dell’altro terremoto, vent’anni fa. Non c’è elettricità e non c’è acqua: le figlie procurano un box sanitario, provvedono a riattivare la luce, un telefono. Ma l’estate è lunga e calda e Peppina soffre: comunque non vuole andarsene. Allora, si acquista e si installa una casetta di legno, visto che quelle promesse non sono mai arrivate: nel terreno di Peppina, su area edificabile, a spese di Peppina, con un’indagine geologica e vari pareri favorevoli. Certo, mancavano la concessione edilizia e l’autorizzazione paesaggistica: ci voleva un anno, e un anno è molto, per chi ne ha 95. Dunque, la casetta è stata realizzata, Peppina ha avuto il suo piccolo posto dove vivere il tempo che le resta. E lo ha perso subito: su denuncia di un sollecito vicino, sono arrivati i sigilli, e poi l’ordinanza di sfratto. “Non mi muovo, mettetemi le manette”, ha detto Peppina. Non gliele hanno messe, ma l’ordinanza restò, e il ricorso venne respinto. In compenso sono arrivati in tanti, nella casetta illegale: a parte la sfilata di politici e dirigenti regionali,  gli ex bambini che amavano Peppina e che oggi sono uomini, e le persone che sanno che ci sono tante Peppina nelle Marche. “Sono una persona onesta”, piangeva infine Giuseppa Fattori ritirandosi nel piccolo container. Perché sarebbe restata comunque, anche in 15 metri quadri: non chiedeva altro che di morire dove ha vissuto, fra le montagne.
Infatti, così è stato. Grazie al decreto chiamato, ipocritamente, Salva Peppina, è rimasta ed è morta dove desiderava (non nella sua casa vera e propria: i lavori sono iniziati, ma ci vorrà tempo). Ma Giuseppa Fattori  non è la donna della resilienza, come qualcuno ha scritto, perché come da consuetudine c’è chi non vede l’ora di intingere la tastiera nella melassa in casi simili, salvo, in capo a due ore, dimenticare ancora, e dimenticare cosa avviene e cosa non avviene nel territorio ancora in briciole. Giuseppa Fattori è stata una donna semplice, che ha detto e ripetuto una cosa semplice: che gli esseri umani non sono pacchi postali, che si possono trasferire nelle coste, oppure far scendere a valle perché la vita in montagna è “obsoleta”. E che hanno il diritto di scegliere dove vivere e dove morire. Questo è stata Giuseppa, Peppina: una gran signora. E mi piace pensare che di tutto quel traffico di politici che ronzava dalle sue parti, di qualunque appartenenza fossero, se ne sia, in fondo, infischiata, come spesso avviene agli abitatori  delle montagne, che dentro di sé sorridono di chi arriva per farsi un poco di pubblicità gratuita, e poi se ne va nella sua pianura.

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