Quello che detesto di questa cultura è il modo in cui pone una comunità contro l’altra. Se una vince, l’altra perde. L’ho sempre detestato, da quando ho lasciato l’insegnamento, venticinque anni fa. E’ un modo di abdicare alle proprie responsabilità.
A parlare è Philip Pullman. Ho già citato più volte il suo intervento in difesa dei bibliotecari. Era un bel po’ di tempo fa, gennaio 2011. Un clima che, a ben vedere, appare persino migliore dell’attuale, da tutti i punti di vista.
Sulle comunità divise rifletto non poco, in questi giorni. Anche perché dovrei dar conto di molte cose che sono accadute e molte che accadranno. Ad alcune ho già fatto cenno, come i due incontri dei movimenti femministi, a Livorno e a Paestum, dove non sono stata, all’incontro di Se Non Ora Quando di Merano, cui ho invece partecipato e dove si è discusso di sguardi di e sulle donne, di immaginario, sui media e sulle narrazioni, di politica, di arte. Ho accennato già a quello che avverrà a Torino, nella due giorni contro la violenza, per non parlare del tour di Lorella Zanardo per presentare il suo libro che non è solo un saggio, ma un’indicazione di percorso. Pratico. Da attuare nelle scuole.
Tutte cose che già sapete, così come conoscete le divisioni e i punti in comune. Nei resoconti di questo o quell’incontro, ogni tanto salta fuori, però, un argomento generazionale: vecchie e giovani. Vecchie che non cedono il passo, giovani irrispettose. Curiosamente, o neanche troppo, la stessa argomentazione attraversa anche il mondo letterario: vecchi che non cedono il passo, giovani che vengono ostacolati. Guarda caso, è la stessa faccenda che in questi giorni occupa le cronache politiche.
L’argomento generazionale non mi ha mai convinta. Mi convincono i fatti e le cose che si hanno da dire (e che si metteranno auspicabilmente in pratica). Mi convincono le cause, che vedono unirsi collettività miste, di diverse età e diversa provenienza, dove i giovani non sono un fiore all’occhiello e i vecchi non vengono ridotti a stereotipo.
Suonerà strano, ma è uno dei motivi per cui sono orgogliosa di essere, sabato, al Bibliopride di Napoli. Dove la collettività è una: quella che sa che le biblioteche sono davvero un bene comune, fuor di retorica, e dove scrittori e lettori di ogni età e genere sessuale si troveranno uniti a ribadirlo. Con le parole e con i fatti. Di cui, al momento, ha gran bisogno anche chi, come me, ha a disposizione soltanto le parole.
Mi stupisce che nessuno/a abbia ancora commentato.
Allora lo faccio io per prima ma sarò molto breve: mi sarebbe tanto piaciuto andare a Paestum, a conoscere tante femministe “storiche”, ma non avevo i soldi.
Dovendo scegliere se andare a Livorno o a Paestum ho chiaramente scelto Livorno, del resto contribuisco direttamente all’organizzazione e non potevo proprio perdermelo. Quattro euro a pasto e dormire gratis, alla fine un centinaio di euro, viaggio escluso, ce li ho messi.
A Paestum dovevi pagare (oltre al viaggio) l’albergo, i pranzi e le cene: ovvio che ci fossero così poche donne giovani. Mi fa molto piacere però che si sia parlato di precariato, leggo molta insistenza su questo punto del “se n’è parlato” e io provo proprio piacere di questa cosa del parlarne, del precariato.
Però, ahimè, come diceva qualcun’altra, potrebbe essere un po’ tardi.
http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=21766:abortire-per-precarieta-e-paura-di-perdere-il-lavoro-laura-bastianetto-pubblico
argomento cardine giovani/vecchi. non si è mai del tutto giovani, come non si è mai del tutto vecchi. i romanzi lo insegnano. altro discorso fondamentale: una comunità contro l’altra. le divisioni. non fanno altro che far vincere il nemico che, inutile negarlo, in questo momento c’è. ed è quello che toglie le pensioni, non dà il sussidio ai giovani, ai disoccupati, e che leva i fondi per le biblioteche, quando non proprio per la salute. scrivevo anche io, stamani, di giovani e vecchie. qui http://angelascarparo.blogspot.it/2012/10/elogio-della-marginalita-ammesso-che.html
sulle divisioni evito, perché non nego. a volte ho paura delle polemiche possibili.
Anche io sono per l’eliminazione dell’alibi generazionale, di più: io toglierei di mezzo anche quello di genere. Non emergiamo perchè non siamo attraenti, e parlo di pensiero, di idee, proposte, soluzioni, non certo di aspetto. In molti casi scriviamo per pavoneggiarci, godere dei complimenti. Se penso alle biblioteche dico che sono destinate a sparire, hanno fatto il loro tempo, è il progresso punto e basta. Anche la cultura Italiana entrerà nell’era digitale, presto o tardi, anzi, tardi. Sono contenta di aver scoperto il tuo blog. Ciao, xx
Ciao Giorgia P, piacere. Devo essermi spiegata molto male nel post: quello che mi preoccupa al momento sono le pur prevedibili divisioni interne al movimento, quelle che fanno sì che le comunità si dividono. Non il movimento. Non emergiamo perchè non siamo visibili, non perchè non siamo attraenti, se parli di scrittrici. Ma questo è un discorso che mi riservo di approfondire, e molto, appena avrò notizie sull’avvio di Dica.
Quanto all’idea del progresso punto e basta: ehm, credo che sia un po’ preoccupante come concetto. Non credo in un procedimento lineare della storia, e i fatti dimostrano che infatti non si procede in linea retta verso futuri radiosi. Le cose sono sempre sfumate e complesse. Le biblioteche, a mio avviso e auspicio, ci accompagneranno a lungo. E il digitale non è nè bene nè male: è un mezzo. E’ quello che ci metti dentro che cambia, semmai, la cultura.