Le reazioni degli editori all’intervista con Roberto Santachiara. Su Repubblica di oggi, e qui.
Abbassare il prezzo dell’Iva sui libri elettronici, ridiscutere i rapporti fra autore e editore, essere presenti sul mercato digitale. Gli editori italiani insistono sulla necessità di pubblicare on line subito e di posticipare la decisione sul diritto d’autore. “Sono convinto che tutto il processo vada rivisto e che le percentuali debbano cambiare – sostiene Riccardo Cavallero, direttore generale della Divisione Libri Trade del gruppo Mondadori – Ma il modello che si sta delineando è quello che prevede per gli autori una royalty più bassa – attorno al 25%- per i primi due anni, considerando lo sforzo fatto dall’editore per posizionare il libro sul mercato. E poi, superato il secondo anno, si arriverà a una ripartizione diversa che, a seconda del peso dell’autore, oscilla fra il 40 e il 50%.. Quel che è certo è che gli editori che ritengono di poter mantenere le posizioni di privilegio che il mondo cartaceo prevedeva sono fuori strada. Né penso che sia possibile mettersi alla finestra e aspettare di vedere cosa accade. Il mondo della rete è particolare e bisogna esserci subito: tutti guadagneremo meno soldi, autori e editori. Il cinema e la musica ce lo hanno insegnato. Ma bisogna partire. Al limite sbagliare, e poi rettificare”.
“Si sta creando una contrapposizione fittizia fra autore e editore per quanto riguarda l’eBook”, dice Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli. “Certo, bisogna negoziare la giusta quota dei diritti, ma senza porsi su fronti antagonisti. Sicuramente è vero che il libro elettronico elimina alcuni costi legati al libro fisico come stampa, magazzino, distribuzione e gestione delle rese. Ma sarebbe un errore considerare il lavoro dell’editore solo sulla base di questi elementi, oltre ai quali esiste un lavoro di accompagnamento all’autore nella stesura e al libro nella comunicazione e uscita sul mercato. Parlare di diritti al cinquanta e cinquanta non tiene conto di questi fattori”.
Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del gruppo GeMS, fa due conti: “Nel prezzo di copertina di un libro cartaceo, il cosiddetto fisico occupa il 60% fra costo della carta, distribuzione e sconto al libraio, promozione. Nel caso dell’eBook, il 20%, come detto, va all’ufficio Iva, il 30 alla piattaforma. Siamo al 50. Ma se un editore non vuole consegnare tutto ad Amazon deve mettere in piedi un minimo di struttura commerciale che si interfacci con Apple, Ibs e gli altri clienti. Siamo tornati al 60% di costo fisico. Senza considerare che l’editore che investe nel digitale non smette di lavorare sul cartaceo: su 150 dipendenti, solo quattro si occupano della parte “fisica” di un libro. All’autore va comunque un 14% , che è una percentuale più che rispettabile”. Mauri lancia anche un’ipotesi editoriale per il futuro: .”Non escludo che, quando il mezzo sarà diffuso, gli esordienti vengano pubblicati prima in eBook e i migliori passino alla carta”.
Dove tutti concordano è sulla necessità di abbassare l’Iva dal 20% del software al 4% del cartaceo. Marco Polillo, presidente dell’AIE, sbotta: “Se Santachiara è capace di convincere Tremonti e l’Unione Europea, si accomodi. E’ evidente che, come Associazione Italiana Editori, siamo perfettamente d’accordo che l’Iva debba scendere al 4% e che ci debba essere un’equiparazione per un prodotto che è pur sempre frutto dello stesso ingegno. Ci stiamo lavorando in sede comunitaria. Così come stiamo lavorando per quanto riguarda le tariffe postali agevolate per gli editori”. Foglia definisce quella dell’Iva “l’emergenza numero uno. Abbiamo sottoscritto un documento promosso da Gallimard e sono state messe in atto forme di pressione a livello internazionale. Forse gli editori italiani hanno peccato a non farne questione prioritaria dal punto di vista della comunicazione. Ma ce ne stiamo occupando”. Durissimo Cavallero: “L’Iva al 20% è un grande regalo che i governi d’Europa stanno facendo alla pirateria. Oltretutto, con l’Iva non uniformata all’interno delle varie nazioni si rischia di avere migrazioni dei negozi virtuali nei paesi con Iva più agevole, primo fra tutti il Lussemburgo E’ stato un errore della comunità europea non aver concepito l’eBook come libro ma come servizio. Un errore gravissimo”.
Mi viene in mente un piccolissimo dettaglio e lo butto lì (hai visto mai):
a farmi aguzzare le orecchie sono state queste parole:
.
“E’ evidente che, come Associazione Italiana Editori, siamo perfettamente d’accordo che l’Iva debba scendere al 4% e che ci debba essere un’equiparazione per un prodotto che è pur sempre frutto dello stesso ingegno.”
.
Ma anche:
.
“E’ stato un errore della comunità europea non aver concepito l’eBook come libro ma come servizio. Un errore gravissimo”
.
Dunque. Viviamo in Italia, un meraviglioso paese, ma un paese dove una parolina buttata lì all’interno di un farraginoso decreto legge può fare una differenza enorme per qualcuno. E’ già capitato.
Ma non sarà che battagliando per equiparare l’IVA al 4% anche per i libri in formato elettronico a quel punto questo formato andrà a perdere la sua specificità tecnica diventando una semplice declinazione dello stesso prodotto dell’ingegno?
Cioè: non sarà che, utilizzando l’IVA come un cavallo di Troia, in questo modo la totale potestà del prodotto dell’ingegno in quanto tale (almeno per le varie forme di “stampa”) passerà completamente nelle mani delle case editrici e quindi non ci saranno più diritti da concedere o non concedere da parte degli autori ma sarà tutto “in automatico” di totale pertinenza dell’editore?
Com’era quel refrain? Timeo Danaos …
Come al solito gli editori piangono miseria. Sul cartaceo la colpa è della distribuzione (distributore e libraio), nel digitale è IVA e piattaforma. Insomma loro sono innocenti, la colpa dei prezzi alti è sempre degli altri.
Sir Robin, hai letto l’intervista di Santachiara? Lui afferma che
“”Ci sono dei contratti che alcuni miei autori hanno firmato prima di essere rappresentati da me: e, come è noto, gli editori fanno firmare agli esordienti dei veri e propri patti leonini. Quindi, purtroppo, nel caso di Gomorra la Mondadori ha legalmente il diritto, nonostante possa esprimere un mio parere negativo, di pubblicarlo in e-book. Altra cosa è quando si parla, genericamente, di diritti validi per “tutti i supporti a venire”.
“.
In altre parole gli editori con questa clausola sperano di pubblicare il digitale senza dovere rinegoziare nulla.
AIE più o meno dice la medesima cosa, sia pure in forma criptica. Comunque Santachiara è un bel volpone pure lui.
@ Sir Robin: puoi scommetterci che l’editore vuole prendersi tutto il pacchetto facendo scattare ogni automatismo di sorta. Qui però dovrebbero entrare in campo la sensibilità e accortezza degli autori, come si diceva (che oggi, diciamo così, parlano per bocca di Santachiara e tirano il freno a mano).
Proprio perché ci si sta avventurando in un territorio inesplorato non bisogna lasciare che siano gli editori a scrivere le nuove leggi del Far West (l’AIE, poi, vogliamo scherzare?). O meglio: dato che ogni autore ha un potere contrattuale, deve metterlo in campo per non consegnarsi mani e piedi legati alla controparte. Se gli autori sono un buon numero e – fattore non secondario in termini del suddetto potere contrattuale – fanno mole anche in termini di fatturato, possono imporre un approccio diverso all’intera faccenda. E’ un peccato che siano ancora pochi quelli che hanno iniziato a ragionare su queste tematiche, ma l’azione di “lobby” resa pubblica da Santachiara è un primo passo importante.
certamente gli editori vorrebbero “andare in automatico”! Chi in buona fede, chi in pessima fede, ma l’andazzo è quello, e anche molto evidente…
Minimo sforzo, massimo risultato!
Per questo gli autori devono da ora, da subito, trovare un nuovo modo per gestire tutto questo, e per questo ribadisco il mio parere stra-positivo sull’intervista a Santachiara.
Questo articolo entra nel merito dell’iva e fa un certo ragionamento, che va a parere in una fantomatica differenziazione tipologica di ogni libro:
http://guaraldi.bibienne.net/2010/07/18/iva-al-4-paparazzate-da-palazzo/
Ho seguito il link che ha postato Alessandro Ansuini, e ho poi cliccato sul sito ebook che era li’ linkato. Ho visto quest’abominio: un ebook del principe del Machiavelli a 12 Euri:
http://www.ebook.it/Saggistica/10/Il_Principe.html
Un libro su cui non c’e’ piu’ nessun diritto d’autore, e’ venduto in un file a 12 euri. Paradossalmente, il “saggio” di accompagnamento e’ gratuito.
Ecco, per farvi capire come RUBANO le CE italiane.
Simplicissimus bookfarm vende lo stesso libro a 99 centesimi di dollaro (99 CENTESIMI DI DOLLARo) su Amazon. Ma sul sito italiano lo vende a 3.48 euri.
Ribelliamoci. RIBELLATEVI. Qui ci sono molti che cercano di prenderci per i fondelli.
(PS: avevo postato un commento con i link, ma e’ stato messo in moderazione)
Il principe su Amazon, edizione Simplicissimus (99 centesimi):
http://www.amazon.com/s/ref=nb_sb_ss_i_0_6?url=search-alias%3Ddigital-text&field-keywords=machiavelli+il+principe&x=0&y=0&sprefix=machia&ih=19_1_0_1_1_1_0_0_0_1.70_273&fsc=-1
Il principe edizione Simplicissimus sul sito italiano: 3.48 euri
http://store.simplicissimus.it/il-principe
Meditate.
in Europa però il Principe su Amazon viene € 2.44 perché c’è un sovrapprezzo per i Kindle internazionali. Che comunque è sempre meno di quello che costa sul sito italiano.
Buoni presagi, ok: ma dove sono gli editori italiani? Come giustificano un prezzo da 12 euri?
Un prezzo di uno-2 euri lo comprendo: impaginazione, indice, copertina: 12 euri?
e simplicissimus perche’ vende meno caro all’estero?
Cominciamo a parlare con i fatti davanti agli occhi. I massimi sistemi sono belli, pero’ poi bisogna partire dai fatti.
Qui ci vengono tanti che lavorano nelle case editrici, che scrivono, che pubblicano. Bene: un’anima pia che mi spieghi il Principe a 12 euri c’e’? O il differenziale di prezzo applicato dall’altro autore, per lo stesso testo (file), c’e’?
Invece di andare verso la gratuità si va verso l’assurdo. Penso all’utilizzo che si potrebbe fare nelle scuole, degli ebook, con un risparmio di carta, libri da portare per gli studenti, e risparmio anche economico per le famiglie. Se li lasci fare questi ti fanno pagare pure l’aria. Per non parlare dei corsi che si potrebbero ascoltare via audio, come riportava wu ming1 in un’altra discussione. tanto ci diranno che è il mezzo che è cattivo, invece è sempre e solo l’uso che se ne fa.
Demonio: non volevo polemizzare, era solo per precisare che.
Tra l’altro, a proposito di delirio (o furto), le sbaniderate edizioni Zanichelli su Kindle costano 13 dollari e qualcosa, 10 dollari. Il corrispettivo cartaceo dello stesso editore, ne costa 7. E a quanto mi risulta non è un’edizione che abbia un particolare apparato critico che possa giustificare un prezzo così alto.
Buoni presagi, non ce l’avevo con te…se e’ sembrato cosi’, me ne scuso. Ce l’ho con gli editori italiani che ci prendono tutti in giro. Tutti.
L’esempio della Zanichelli che citi tu e’ un altro caso in cui il lettore e’ davvero trattata da mentecatto. Basta. Forse non si rendono conto che basta un click ormai per smacherare i loro tentativi di abbindolarci. Ma continuino pure: emule ringrazia.
credo che con gli ebook gli editori possano fare, finalmente, quello che desiderano da tempo (e di cui si parla nel link suggerito da Alessandro Ansuini): vedere i libri a “prezzo libero” e non imposto e stabilito a priori basandosi sulle previsioni di vendita.
Scusate, faccio la romantica: che tristezza!
Credo che Zanichelli pensi più o meno così: vabbè, andrà come dopo l’avvento dei CD, quando molti hanno ricomprato tutto (o comunque molto) sul nuovo supporto (vuoi mettere? si sente meglio, puoi portarti in giro il lettore, ecc.). Molti dovranno “rifarsi il guardaroba” e quindi cominceranno a comprare i classici in versione ebook. Ora come ora possiamo fare il prezzo che vogliamo (nei limiti), con il marchio di garanzia del nome.
Ripeto: che tristezza!
Sto guardando, intanto, per capire meglio.
Sul suo store, Simplicissimus vende il Principe in edizione Giunti. Quindi fa da rivenditore.
Su Amazon, a giudicare dall’anteprima che ho scaricato, vende un file “autoprodotto” probabilmente partendo dal testo di Liber Liber o progetti simili di cui figura come “editore”.
Quindi forse è comprensibile la differenza di prezzo.
Resta che è una situazione abbastanza paradossale e sintomatica del caos e dell’incertezza di questa fase di approcci italiani all’ebook (e Simplicissimus è forse una delle realtà che si sono mosse per prime. Figuriamoci gli altri)
Danae: i classici senza copyright in versione ebook non c’e’ bisogno di comprarli da editori diversamente onesti: si trovano gratuiti su vari siti, proprio perche’ SENZA copyright. io ho scaricato una valanga di testi gratuiti (e legali) da amazon, liber liber, librerie online…
Zanichelli fa i conti senza l’oste, se fa come dici tu (ma magari sono io ad avere troppa fiducia nell’Uomo).
demonio pellegrino: senti, provo a fidarmi anch’io dell’Uomo. Mi fido cioè del fatto che, se non tutti, almeno molti dei futuri acquirenti di ebook dei “classici” sappiano che sono fuori diritti, che possono scaricarli da innumerevoli fonti, che non c’è bisogno di dare 13 dollari a Zanichelli… (anche se Zanichelli – o qualunque altro editore – potrà sempre dire: ah, ma io ti do l’introduzione, ah, ma io ti assicuro di aver controllato il testo…)
Domanda stupida e banale, chiedo venia, ma non ho Kindle: posso vedere un’anteprima degli ebook prima di acquistarli? cioè, se ad esempio amazon mi propone varie edizioni del Principe, posso “sfogliarle” prima di sceglierne una?
@danae: puoi fare di piu’: pui scaricare un “campione gratuito” di ogni libro, gratuitamente. A occhio e croce il campione corrisponde alle prime 20-30 pagine di un libro fisico. Se poi ti piace, lo compri. Altrimenti no.
@ WuMing4
ti faccio una domanda forse troppo personale perciò se non mi vuoi/puoi rispondere va bene
quando vi siete presi un agente eravate degli sconosciuti?
perché quello che ha detto Santachiara a proposito di Saviano che avrebbe fatto meglio ad avere un agente prima di firmare il contratto per Gomorra mi ha lasciato perplesso, è vero che anche le agenzie leggono esordienti, ma come li scelgono, se li scelgono? sono capaci di capire meglio dell’editore se un libro ha delle chances? di solito chi legge gli esordienti per le agenzie – magari pagato pochi euro a testo mentre in qualche caso sgradevole all’eventuale autore ne vengono chiesti parecchi – non ha una così grande capacità di giudizio.
Mi pare che in generale anche le agenzie tendano ad andare sul sicuro, o almeno a non perdere tempo e risorse.
Forse il commento qui è OT e dovevo postarlo di là, ma l’ho scritto di qua, abbiate pazienza.
@ Wu Ming 4
Ma sai, una volta passata una legge c’è poco da fare: o ti adegui o te ne vai.
Per chi ha in mano (o può influenzare) le dinamiche legislative non ci vuole molto. Tanto il vecchio adagio che in Italia non si legge, vale pure nei palazzi del potere: si mette all’ordine del giorno la discussione e la votazione di un decreto che riguarda argomenti vari, il più possibile lungo e articolato e onnicomprensivo (e facciamo presto che qui si produce, grazie). All’interno dello stesso in una piega di un comma di un codicillo ci inserisci la parolina magica e il gioco è fatto. Per le energie rinnovabili o assimilate, più o meno è andata così. E sono soldi veri.
Dopodichè non hai più nulla da far valere: lo dice la legge, punto e basta.
Tornando a bomba: in questo modo gli editori si troverebbero con una miniera d’oro in mano da gestire come meglio credono senza dover chiedere niente a nessuno.
Poi certo ci si può indignare, si può minacciare di lasciare la CE, la si può lasciare, ci si può consorziare fra autori, si può decidere di agire singolarmente etc… ma intanto sul catalogo esistente non si potrà fare nulla.
Tempus fugit.
Si può piratare Sir Robin. Tutta la vita. 😉
Questi non si rendono conto che gli ereader arriveranno presto o tardi. vi ricordate i lettori di cd? Una volta erano rarità. o gli ipod. E quando arriveranno, un file è un file. e si pirata. i libri si troveranno su emule ne più né meno che la musica. Metteremo un nome e ci scaricheremo la bibliografia intera degli autori. Poi chiedimi 12 euro per Macchiavelli. Da lettore, se un autore mette da solo il suo nuovo libro a tre euri sul suo sito, io me lo vado a scaricare e gli do i 3 euro. A un editore no, se pensano di fare i furbi.
@demonio pellegrino,
grazie!
@ sir robin,
Santachiara, però, fa delle considerazioni degne di riflessione anche su questo, proprio parlando di Gomorra. Dice che di solito i contratti per gli esordienti sono un po’ capestro, che contengono diciture un po’ fumose che appaiono onnicomprensive, ma forse – dice Santachiara – sarebbe da studiare un po’…
Se sul contratto che un autore firma si cedono i diritti per la riproduzione su qualsiasi supporto, andiamo in punta di fioretto, facciamo un po’ Perry Mason, ma c’è molto da discutere sulla natura di “supporto” di un ebook. In realtà, il supporto è il reader (o, tornando all’intervista, la pietra o la cera) non l’ebook.
Certamente gli editori hanno in mano una miniera d’oro, anche se, come scrivevo qualche commento fa, il passaggio da .pdf della tipografia a ebook scaricabile non è così automatico come si può pensare (lo sarà tra breve, anzi lo è già da adesso, che si comincia a usare In-design), quindi necessariamente si dovrà fare una selezione sui testi per i quali vale la pena offrire anche l’ebook
@ aldovrandi: più che personale la domanda è professionale. La verità è che temo sia ben difficile sfuggire al famigerato primo contratto capestro, quello che firma ogni esordiente. E per riuscire a ricontrattarlo, quando magari sei diventato un po’ più famoso, fai comunque una bella fatica (come si evince dalle parole di Santachiara sui diritti elettronici di Gomorra). Di solito l’agente te lo vai a cercare dopo, quando capisci che ti hanno fregato, affinché non si ripeta la stessa cosa con il secondo romanzo.
A noi andò così. Firmammo il contratto di Q da perfetti esordienti nella narrativa. Ci chiamavamo ancora Luther Blissett. All’epoca Stile Libero era una collana appena nata (stiamo parlando del 1995-96), di taglio più o meno giovanilista, e pubblicava cose abbastanza soft, con un badget limitato. In via del tutto eccezionale, perché eravamo in quattro, ci diedero un anticipo doppio del normale per gli esordienti, cioè dieci milioni di lire lordi, con una royalty sul prezzo di copertina oscillante tra il 6% e il 7%. In seguito, quando Santachiara accettò di rappresentarci, le percentuali e altre condizioni specifiche vennero ricontrattate, ma l’imprinting del primo contratto non poté essere completamente cancellato.
E’ vero che ci sono agenti letterari che fanno anche talent scouting (non è il caso di Santachiara), ma sinceramente io non li conosco e non so nemmeno se in Italia sia frequente. In realtà, stando a quanto dice Santachiara, pare non sia frequente nemmeno avere un agente letterario.
@ Danae
Ok, ma io parlavo di una pratica specifica: cambiare le regole del gioco in corso d’opera e dissimulando con nobili intenti. Pratiche lobbistiche, come dice WM4.
volevo essere un po’ (pro)positiva, provare a capire se c’è per l’autore qualche appiglio per non lasciare agli editori la “miniera d’oro”.
Insomma, abbiamo davanti agli occhi una pratica lobbistica, regole cambiate in corsa, e non facciamo niente per opporci? (per questo servono anche gli agenti letterari, esperti in questo)
Larsson ha superato il milione di copie vendute per il Kindle…
http://www3.lastampa.it/libri/sezioni/news/articolo/lstp/285222/
facciamo un gioco? quanto avranno guadagnato gli eredi? e se fosse stato italiano?
@ danae
ma la mia è solo un’ipotesi. Non sto dicendo che è in atto. Però certi segnali non sono tranquillizzanti. Se tanto mi dà tanto, conviene tenere gli occhi bene aperti. Meglio cercare di prefigurare che doversi poi trovare a cose fatte.
@Sir Robin,
OK, mi son persa, e forse non mi sono spiegata bene… ma diciamo la stessa cosa: conviene tenere gli occhi aperti
@WuMing4
thanks
Quindi se il lavoro di scouting per ora lo fanno gli editori, compreso tutto quel lavoro che viene fatto su e intorno al libro una volta che la pubblicazione è stata decisa, il 50 % di Wylie mi lascia perplesso.
@ A. Ansuini
I libri si trovano già su e-mule. E non solo. Ci sono siti appena un filino più in là dei confini dell’Occidente (delle sue attenzioni, o delle sue polizie postali, o delle sue conoscenze geografiche) che caricano libri su libri
@Girolamo
Sicuro! io intedo che si potranno piratare anche i bellissimi ebook che proporranno a 10 20 30 euro dando le briciole agli autori. Non è inneggiare alla pirateria, ripeto, darò molto volentieri i miei soldi agli scrittori che si svincoleranno da questo cappio. Sarà la volta buona che tornerò a comprare libri!
Ciao, mi chiedevo se siete a conoscenza della piattaforma “Kickstarter”, che permette di finanziare dal basso progetti creativi e/o editoriali. E’ il cosiddetto modello “ransom”, che a me pare molto interessante. Qui una storia positiva: http://craigmod.com/journal/kickstartup/
@gian Paolo
Certo che gli editori puntano a ripubblicare in digitale senza dover rinegoziare alcunché. Vedrai se non succederà lo stesso anche con le traduzioni.
Da quanto leggo qui e altrove vedo che a nessuno – editori e autori – importa una beneamata mazza dei lavoratori delle case editrici. A partire dai grafici fino ai magazzinieri, se si andrà verso un progressivo abbandono del cartaceo per il digitale, vi rendete conto che assisteremo a molte Pomigliano? Credete che i grandi editori non stiano progettando, assieme alla riduzione dei profitti per l’autore, anche un pesante ridimensionamento dei propri organici? A questi lavoratori che si ritrovano una bella spada di Damocle sulla testa cosa dobbiamo chiedere: sui compensi hanno ragione le case editrici o hanno ragione gli autori? Qualcuno mi deve spiegare perché noi lettori dovremmo passare all’ebook spendendo altri soldi per comprare un reader con la consapevolezza che, così facendo, il risparmio per noi sarà tutto da vedere e, in compenso, ci renderemo complici dell’ennesima “impresa” imprenditoriale italiana? Qui è vero che stanno facendo i conti senza l’oste, ma l’oste non sono gli autori, sono i lettori! Ricordiamocelo bene…
@ Anonimo,
ho solo sfiorato la questione dei lavoratori delle case editrici, che mi sta a cuore (perché mi coinvolge direttamente) e che davvero merita attenzione.
Quello che vedo io, dal mio punto di vista (parziale) è che:
1. Le ‘menti pensanti’ all’interno delle CE – tranne rarissime eccezioni – non hanno le conoscenze minime di quello che succede “in rete”. Hanno – chi più chi meno – in mente solamente il vago concetto di “diffondere cultura” (semplifico, eh!), ma non riescono a cogliere nuovi modi di rendere prassi tale intento.
2. A parte uno zoccolo duro di lettori forti, in generale in Italia non si legge molto, ergo si vende poco (i rarissimi best-seller possono aiutare una CE a respirare per un po’, ma non risolvono la vita), ergo alla fine gran parte delle decisioni riguardo la pubblicazione sono prese dal settore commerciale e/o marketing.
3. Gli addetti al settore commerciale/marketing sono venditori: vendono libri ma potrebbero vendere qualsiasi altra cosa. Sono però sensibili a “cosa c’è nell’aria”, talvolta lo anticipano, comunque lo vorrebbero utilizzare subito.
4. Non sempre all’interno di una CE è chiaro il ruolo di alcune figure professionali: il grafico non è l’impaginatore, il redattore non è il correttore di bozze. Sembra tutto un magma indistinto, e poi “dai, ma che ci vuole a fare una copertina!”, “ma che ci vuole a correggere un testo, su, dai, tanto ormai la gente è abituata a una fruizione veloce, manco si accorge….”, “abbattiamo i costi, ci facciamo mandare dall’autore il testo già pronto per essere impaginato, anzi ormai Indesign ce l’hanno tutti, può anche mandarcelo pronto per la stampa…”, “vabbè, sì, l’autore usa la punteggiatura un po’ come gli apre, ma che importa! tanto più o meno si capisce…”, “be’, però, questo è un professore universitario mica gli possiamo dire che non ha la minima idea di come si facciano le note… lasciamole così come le ha fatte lui”, “ah, sì, dici che è tutto copiato? ma chi se ne accorge, dai!”, ecc. ecc.
Da questa miscela esplosiva, vengono fuori solo gran problemi!
Il meraviglioso mondo del digitale e della rete (che ormai esiste da un po’) è considerato nelle CE una meraviglia manco fossimo uomini della preistoria davanti al primo focherello… Ma è una svolta, pensano! Buttiamo tutto in rete, e vai!! La rivoluzione digitale! Altro che Gutemberg! (sto elencando gli slogan che i “commerciali” propinano)
Cominciano a ragionare sulle tirature: ormai, con la stampa digitale si possono fare anche 20 copie e non ci si pensa più. Ma allora possiamo cominciare a fare basse tirature in cartaceo, tanto poi “buttiamo tutto nella rete”. E, alla fine, gli si accende una lampadina: ma così, niente più magazzini, niente più rese! Una svolta!
Da un sassolino, una valanga.
E’ vero: il ridimensionamento dell’organico è sempre più una realtà nelle case editrici e sempre di più i due attori a rimanere in piedi a fronteggiarsi sono l’editore (inteso come marchio) e l’autore. Entrambi però non capiscono che il marchio significa qualcosa, riassume un lavoro fatto da tanti…
usa la punteggiatura un po’ come gli pare…
È stimolante, ma molto complesso seguire tutti ‘sti fili di disscorso! danae dice cose verissime sulle CE. Ed è anche vero che molti lavori nella filiera del libro potrebbero scomparire o mutare in quantità e qualità, se l’e-book o il libro tradizionale non sapranno guadagnarsi il proprio spazio vitale (posso scrivere ‘spazio vitale’? Ieri WuMing 1 ha scritto ‘cavalcare la tigre’) nella società dei consumi digitali…
@danae, sono felice di vedere che non sono l’unico ad aver notato le possibili ricadute sull’occupazione derivanti da questa “rivoluzione digitale”. Posso immaginare cosa ne pensino gli editori, mi domando cosa ne pensano gli autori di questa faccenda? Forse hanno una visione un po’ miope del problema, più che altro chiedono attenzione per le loro questioni economiche.
@ Anonimo,
la premessa esplicita del tuo ragionamento è che l’e-book rimpiazzerà il cartaceo. Ho già scritto e riscritto che considero questa premessa fallace, e ho spiegato il perché.
Aggiungo che inventarsi d’amblée una contrapposizione tra autori e dipendenti delle case editrici sarebbe forse l’idiozia terminale, il più grande regalo che si potrebbe fare ai padroni delle ferriere.
Anche perché di autori che sono al tempo stesso dipendenti o comunque collaboratori subordinati delle case editrici (non necessariamente di quelle che pubblicano i loro libri) è pieno zeppo il panorama. Loro da che parte della barricata li facciamo cadere? Se tuteliamo i loro interessi come autori che succede, che roviniamo i loro interessi di dipendenti o collaboratori? Se Helena Janeczek spunta condizioni migliori per gli e-book dei suoi libri perde il lavoro a Segrate? E Franchini? E Altieri? E Pattavina? E Postorino? E Mozzi? E mille altri? Siamo seri, su. Ci mancava anche questo “divide et impera”…
P.S. Se gli editori in questi anni hanno tagliato, ridimensionato, esternalizzato, delocalizzato i posti di lavoro, non è certo colpa degli e-book, il cui “dominio” è ancora di là da venire.
Quello che dice Maurizio Maggiani nel tuo articolo di oggi su Repubblica. Quello è il Vangelo del vero intellettuale contemporaneo. Tutto il resto è muffa e occhio grifagno. Ci si rassegni.
Comunque, Maggiani santo subito. Smackkk
Il punto di vista di un “utente finale”: sono tentato, l’idea di poter scaricare un libro quando voglio senza doverlo andare a cercare/ordinare mi piace. Mi piacerebbe anche l’opportunita’ di avere magari degli extra (tipo DVD) che solo il supporto digitale potra’ offrire: book trailer per il pre-acquisto, chesso’ un intervista audio/video all’autore (o gli autori), short stories/videos sparsi tra le pagine del libro che arrichiscano l’esperienza (alla stessa maniera di una foto, un documento “originale” inserito nella trama)…insomma, vedo delle opportunita’ e allo stesso tempo non credo che il fascino, l’incanto di un bel libro stampato, tra le mani, potra’ essere rimpiazzato completamente (specialmente per cose tipo fumetti e graphic novels). “Dead tree media will still rule the roost”! E’ l’hardware (e di conseguenza il software) a non convincermi (e questa e’ l’unica ragione che mi impedisce di investire my hard earned cash). Aspetto un multimedia e-reader (e-ink), poi aspettero’ ulteriormente che le versioni a colori abbiano prezzi abbordabili…insomma per ora, in metropolitana, on my way from Brixton to Angel, mi limitero’ a sbirciare sull’Ipad dei tipi che scendono a Bank o Moorgate…intanto continuero’ a sfogliare pagine ed emozionarmi in versione economica. Una curiosita’ per gli addetti ai lavori: come pensate si evolvera’ il mercato delle Graphic Novels in questo contesto?
@Anonimo,
non penso che gli autori guardino con miopia al lavoro dei dipendenti delle case editrici. Penso, invece, che sia fondamentale – in questo momento – ragionare collettivamente, in modo serio, con ampiezza di sguardo, ognuno dal proprio punto di visuale: gli autori (senza i quali, come abbiamo più volte detto, non ci sarebbe tutto il resto), gli editori, i distributori, i lettori. Credo che da una riflessione ampia di questo tipo si possa arrivare a conseguenze (leggi: prassi) diverse da quelle previste e preconizzate ora da una sola delle parti in causa.
Vale quanto ho scritto a proposito degli autori: da soli non si fa poi molta strada…
Invece di prepararsi alla battaglia, per molti lavoratori dell’editoria, forse sarebbe bene e meglio predisporsi al cambiamento…cercare di pre-vedere…non necessariamente cambiando completamente…la fantasia di autori geniali come P.K.Dick ci puo’ essere di aiuto qui…oppure ad esempio Margaret Atwood…se non ricordo male nel romanzo The Handmaid’s Tale (Il racconto dell’ancella, 1985), la protagonista Offred, prima del cambio di regime, lavora in una biblioteca: fa parte di un gruppo di donne che trascrive TUTTI i libri su supporti digitali (poi la silurano ugualmente ma per altri motivi…comunque). Non e’ detto che il cambiamento porti solo e necessriamente rovina e desolazione.
@Wu Ming 1 Capisco il tuo ragionamento e di certo non auspico una contrapposizione tra autori e dipendenti delle case editrici. Anzi, semmai spero che – proprio in questa congiuntura particolare – si realizzi una maggiore coesione tra tutte le figure professionali che lavorano nell’editoria. Probabilmente l’abbandono totale del cartaceo in favore del digitale non avverrà mai, è vero. Però non credi che le case editrici stiano imboccando la strada del digitale anche per la riduzione di spese che, un suo eventuale successo, permetterebbe (sempre ammesso che i tagli non siano già in agenda…)? Ridotti drasticamente i guadagni dell’autore dove credi che potranno lavorare per massimizzare il profitto? Chi lasceranno a casa, secondo te? Adesso sono io a doverti invitare ad essere serio. Come me non vuoi il divide et impera tanto auspicato dagli editori? Bene, prendi posizione chiaramente, schierati in difesa dei lavoratori del settore, esorta i tuoi colleghi a fare altrettanto. Ha ragione danae: questa battaglia si vince collettivamente o non si vince. Dai solidarietà e la riceverai in cambio sia dagli altri lavoratori del settore che dai semplici lettori.
@Sir_gino
Non c’è più tempo per prepararsi alla battaglia, la battaglia è già in corso.
Anonimo, magari se mi spieghi, a parte astrattezze e cavalleresche dichiarazioni, cosa si dovrebbe fare nella prassi per tutelare quei lavoratori… Bisogna opporsi al digitale? Troppo tardi, mi sembra. Bisogna firmare petizioni agli editori perché non producano libri elettronici?